Dal testo di Francesco Zanotto
"Eseguito infrattanto lo sbarco dal
prode del Verme, una sola battaglia data per mare e per terra valse a'
Veneziani per disperdere e conquidere i rivoltosi, e a prendere i sobborghi
della città. Per la qual cosa vedutisi alle strette, i ribelli spedirono, a'
vincitori, Andrea Cornaro e Michele Faliero; i quali con calda orazione
scusarono i rei, ed ottennero speranza
di venia. (... ) Indicibili furono le feste fatte da' Veneziani per quella vittoria,
e dopo rese grazie a Dio nella Basilica, fra le altre solennità si ordinarono
splendide giostre in sulla piazza maggiore di S. Marco".
ANNO 1346
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Risolto il
problema di Candia lo stato veneziano potè tirare un sospiro di sollievo: era
stata garantita la legittimità della repubblica e la gioia fu tale che fu indetta una gran giostra con torneo di
cavalieri in piazza San Marco ...
LA SCHEDA STORICA - 52
Il governo veneziano aveva dunque tentato più
volte di far rientrare la rivolta dei coloni veneziani di Creta attraverso
l'invio ripetuto di una delegazione diplomatica. La prima era stata guidata da
Pietro Soranzo, Andrea Zenò e Marco Morosini, ma non era riuscita neppure ad
attraccare al porto con le sue galee tanta era la furia dei rivoltosi. La
seconda spedizione era invece composta da cinque senatori che pur riuscendo a
sbarcare nell'isola e ad incontrare i ribelli, se ne tornarono in patria senza
un nulla di fatto. A quel punto le maniere forti restavano l'unica ed estrema
possibilità per il governo ducale.
Vennero così armate 33 galee e 12 navi onerarie dove vennero
imbarcati 1.000 cavalieri e 2.000 fanti al comando di Luchino del Verme. Era
questi uno dei più contesi e valorosi capitani di ventura dell'epoca. Di
origine lombarda aveva prestato servizio presso i più potenti signori, dai
della Scala ai Visconti per arrivare proprio nel 1364 in laguna al servizio del
doge che lo scelse proprio per le sue note qualità di comando e militari. E
così, il 10 aprile di quello stesso anno la flotta ducale salpava da Venezia
alla volta di Candia dove arrivò il mese successivo. La flotta ormeggiò nel
porto di Faschia mentre gli uomini si preparavano alla sortita.
Il tempo trascorso aveva tuttavia lavorato a favore di
Venezia Fra i ribelli infatti, iniziarono ad affiorare le prime, profonde
spaccature accanto alle sempre più numerose defezioni. L'esercito dei
rivoltosi, poi, era per lo più composto da briganti e malfattori usciti di
prigione a seguito dell'amnistia concessa da Marco Gradenigo. Non pagati -e
dove si poteva trovare tanto denaro?-, questi furfanti non trovarono di meglio
che approfittare della situazione e dedicarsi a violente e indiscriminati
saccheggi. Le famiglie veneziane, poi, iniziarono a preoccuparsi per le
crescenti aspirazioni politiche dei greci, molto più numerosi di loro, ai quali
la rivolta aveva dato un formidabile spazio e potere. Ben si comprende come le
truppe veneziane, ben equipaggiate e fortemente motivate ebbero facilmente alla
fine la meglio.
Quando queste sbarcarono e dilagarono nella città, fu così
un fuggi fuggi generale. Leonardo Gradenigo, il Calogero, colui che aveva
portato agli estremi le premesse della rivolta mettendosi a capo dei gruppi più
estremistici, venne catturato e decapitato mentre nell'isola stava tornando
gradualmente la calma. Il 4 giugno del 1364 la galea di Pietro Soranzo entrava
trionfante nel porto di Venezia con gli alberi ornati di fronde e i rematori
incoronati di alloro in segno di vittoria.
Testimone d'eccezione alla vittoria riportata sui ribelli di
Candia, Francesco Petrarca, allora a Venezia e alloggiato in una casa sulla
riva degli Schiavoni ospite di riguardo del doge Lorenzo Celsi durante i
festeggiamenti tenuti in Piazza S. Marco.
" Niun sesso, nessuna età, nessuna condizione mancava. Il doge con
numerosissimo seguito occupava la fronte del tempio sopra il vestibolo ed ivi
dalla marmorea loggia vedeva tutto agitarsi sotto i suoi piedi. Era il sito
dove propriamente stanno i quattro cavalli di bronzo dorato .... lo stesso colà
invitato fui posto a sedere alla sua destra. La gran piazza, la chiesa stessa,
la torre i tetti, i portici, le finestre, tutto era non dico pieno, ma zeppo,
murato di gente. In fianco alla chiesa erasi alzato magnifico palco per le
veneziane matrone che in numero di ben 400 rendevano più gaia la festa ...
" Così il poeta alla vista dello straordinario spettacolo. Uno spettacolo
che si protrasse per ben tre giorni richiamando genti da tutti i paesi:"
...
Una festa memorabile
“Alla festa presero parte parecchi inglesi, parenti del re,
tutti esultanti per la loro recente vittoria (probabilmente quella sui
francesi), che allora trovavansi a Venezia e in questa spirava per più giorni
la gioia e il forestiero rimaneva sbalordito alla vista di tanta
magnificenza", racconta ancora il Petrarca.
I festeggiamenti si distinsero anche per tutta una serie di
giostre e tornei che si tenevano principalmente in Piazza S. Marco che per
l'occasione diventava un grande, eccezionale palcoscenico.
Il primo giorno fu la volta della giostra dei 24 giovani
nobili vestiti con abiti riccamente ornati e guarniti d'oro e d'argento che
montavano sopra altrettanti superbi cavalli divisi in due squadre per poi
simulare una sorta di torneo cavalleresco.
I due giorni successivi la giostra procedeva con la
partecipazione di molti signori provenienti numerosi anche da altre provincie
italiane ai quali si univano altri nobili veneziani in una giostra che in
quell'occasione vide vincitore Pasquale Minotto. A questi il doge consegnò il
premio stabilito di una corona d'oro del valore di 360 ducati aurei. L'altro
premio andò invece al secondo classificato, un cavaliere ferrarese come ci
informa ancora il Petrarca. Gli eventi successivi tuttavia, dovettero mettere
in luce quanto prematuri fossero stati questi festeggiamenti.
Per i cretesi infatti, la partita non era ancora chiusa.
Giovanni e Giorgio Kalergis, Tito Venier e altri ribelli ritornarono infatti
clandestinamente nell'isola da poco riappacificata riaccendendo sui monti dell'isola
una guerriglia che tenne impegnati i veneziani per altri tre anni anche se alla
fine vi aderivano ormai i soli ribelli locali.
La repressione di Venezia questa volta fu davvero senza
pietà. Atroci e sommarie esecuzioni, distruzioni e atti di violenza si
susseguirono nell'isola senza tregua per giorni e giorni mentre la ricca
pianura della Mesarea che dava i prodotti per sfamare gli insorti, venne lasciata
volutamente incolta per poter prender per fame i ribelli. La strage dovette
essere veramente consistente dal momento che nel 1368 si rese indispensabile
far venire da altre isole vicine e dalla Cilicia dei profughi per far
ripopolare l'isola.
La situazione, con il
terrore, era nuovamente sotto controllo. Il governo ducale poteva ritenersi
finalmente soddisfatto anche se la rivolta lo aveva messo in guardia sui
possibili e negativi risvolti di una politica eccessivamente dura e
spregiudicata nei confronti delle colonie. Per il momento comunque, anche se a
caro prezzo, l'ordine tornava a regnare nell'isola.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 2, SCRIPTA EDIZIONI
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