martedì 30 giugno 2015

STORIA VENETA - 52: 1346 - LA GIOSTRA IN PIAZZA SAN MARCO. PER CELEBRARE LA VITTORIA SUI RIBELLI DI CANDIA



Dal testo di Francesco Zanotto


"Eseguito infrattanto lo sbarco dal prode del Verme, una sola battaglia data per mare e per terra valse a' Veneziani per disperdere e conquidere i rivoltosi, e a prendere i sobborghi della città. Per la qual cosa vedutisi alle strette, i ribelli spedirono, a' vincitori, Andrea Cornaro e Michele Faliero; i quali con calda orazione scusarono i rei,  ed ottennero speranza di venia. (... ) Indicibili furono le feste fatte da' Veneziani per quella vittoria, e dopo rese grazie a Dio nella Basilica, fra le altre solennità si ordinarono splendide giostre in sulla piazza maggiore di S. Marco".


ANNO 1346


 Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Risolto il problema di Candia lo stato veneziano potè tirare un sospiro di sollievo: era stata garantita la legittimità della repubblica e la gioia fu tale che  fu indetta una gran giostra con torneo di cavalieri in piazza San Marco ...


LA SCHEDA STORICA - 52


Il   governo veneziano aveva dunque tentato più volte di far rientrare la rivolta dei coloni veneziani di Creta attraverso l'invio ripetuto di una delegazione diplomatica. La prima era stata guidata da Pietro Soranzo, Andrea Zenò e Marco Morosini, ma non era riuscita neppure ad attraccare al porto con le sue galee tanta era la furia dei rivoltosi. La seconda spedizione era invece composta da cinque senatori che pur riuscendo a sbarcare nell'isola e ad incontrare i ribelli, se ne tornarono in patria senza un nulla di fatto. A quel punto le maniere forti restavano l'unica ed estrema possibilità per il governo ducale.
Vennero così armate 33 galee e 12 navi onerarie dove vennero imbarcati 1.000 cavalieri e 2.000 fanti al comando di Luchino del Verme. Era questi uno dei più contesi e valorosi capitani di ventura dell'epoca. Di origine lombarda aveva prestato servizio presso i più potenti signori, dai della Scala ai Visconti per arrivare proprio nel 1364 in laguna al servizio del doge che lo scelse proprio per le sue note qualità di comando e militari. E così, il 10 aprile di quello stesso anno la flotta ducale salpava da Venezia alla volta di Candia dove arrivò il mese successivo. La flotta ormeggiò nel porto di Faschia mentre gli uomini si preparavano alla sortita.
Il tempo trascorso aveva tuttavia lavorato a favore di Venezia Fra i ribelli infatti, iniziarono ad affiorare le prime, profonde spaccature accanto alle sempre più numerose defezioni. L'esercito dei rivoltosi, poi, era per lo più composto da briganti e malfattori usciti di prigione a seguito dell'amnistia concessa da Marco Gradenigo. Non pagati -e dove si poteva trovare tanto denaro?-, questi furfanti non trovarono di meglio che approfittare della situazione e dedicarsi a violente e indiscriminati saccheggi. Le famiglie veneziane, poi, iniziarono a preoccuparsi per le crescenti aspirazioni politiche dei greci, molto più numerosi di loro, ai quali la rivolta aveva dato un formidabile spazio e potere. Ben si comprende come le truppe veneziane, ben equipaggiate e fortemente motivate ebbero facilmente alla fine la meglio.
Quando queste sbarcarono e dilagarono nella città, fu così un fuggi fuggi generale. Leonardo Gradenigo, il Calogero, colui che aveva portato agli estremi le premesse della rivolta mettendosi a capo dei gruppi più estremistici, venne catturato e decapitato mentre nell'isola stava tornando gradualmente la calma. Il 4 giugno del 1364 la galea di Pietro Soranzo entrava trionfante nel porto di Venezia con gli alberi ornati di fronde e i rematori incoronati di alloro in segno di vittoria.
Testimone d'eccezione alla vittoria riportata sui ribelli di Candia, Francesco Petrarca, allora a Venezia e alloggiato in una casa sulla riva degli Schiavoni ospite di riguardo del doge Lorenzo Celsi durante i festeggiamenti tenuti in Piazza  S. Marco. " Niun sesso, nessuna età, nessuna condizione mancava. Il doge con numerosissimo seguito occupava la fronte del tempio sopra il vestibolo ed ivi dalla marmorea loggia vedeva tutto agitarsi sotto i suoi piedi. Era il sito dove propriamente stanno i quattro cavalli di bronzo dorato .... lo stesso colà invitato fui posto a sedere alla sua destra. La gran piazza, la chiesa stessa, la torre i tetti, i portici, le finestre, tutto era non dico pieno, ma zeppo, murato di gente. In fianco alla chiesa erasi alzato magnifico palco per le veneziane matrone che in numero di ben 400 rendevano più gaia la festa ... " Così il poeta alla vista dello straordinario spettacolo. Uno spettacolo che si protrasse per ben tre giorni richiamando genti da tutti i paesi:" ...


Una festa memorabile


“Alla festa presero parte parecchi inglesi, parenti del re, tutti esultanti per la loro recente vittoria (probabilmente quella sui francesi), che allora trovavansi a Venezia e in questa spirava per più giorni la gioia e il forestiero rimaneva sbalordito alla vista di tanta magnificenza", racconta ancora il Petrarca.
I festeggiamenti si distinsero anche per tutta una serie di giostre e tornei che si tenevano principalmente in Piazza S. Marco che per l'occasione diventava un grande, eccezionale palcoscenico.
Il primo giorno fu la volta della giostra dei 24 giovani nobili vestiti con abiti riccamente ornati e guarniti d'oro e d'argento che montavano sopra altrettanti superbi cavalli divisi in due squadre per poi simulare una sorta di torneo cavalleresco.
I due giorni successivi la giostra procedeva con la partecipazione di molti signori provenienti numerosi anche da altre provincie italiane ai quali si univano altri nobili veneziani in una giostra che in quell'occasione vide vincitore Pasquale Minotto. A questi il doge consegnò il premio stabilito di una corona d'oro del valore di 360 ducati aurei. L'altro premio andò invece al secondo classificato, un cavaliere ferrarese come ci informa ancora il Petrarca. Gli eventi successivi tuttavia, dovettero mettere in luce quanto prematuri fossero stati questi festeggiamenti.
Per i cretesi infatti, la partita non era ancora chiusa. Giovanni e Giorgio Kalergis, Tito Venier e altri ribelli ritornarono infatti clandestinamente nell'isola da poco riappacificata riaccendendo sui monti dell'isola una guerriglia che tenne impegnati i veneziani per altri tre anni anche se alla fine vi aderivano ormai i soli ribelli locali.
La repressione di Venezia questa volta fu davvero senza pietà. Atroci e sommarie esecuzioni, distruzioni e atti di violenza si susseguirono nell'isola senza tregua per giorni e giorni mentre la ricca pianura della Mesarea che dava i prodotti per sfamare gli insorti, venne lasciata volutamente incolta per poter prender per fame i ribelli. La strage dovette essere veramente consistente dal momento che nel 1368 si rese indispensabile far venire da altre isole vicine e dalla Cilicia dei profughi per far ripopolare l'isola.
 La situazione, con il terrore, era nuovamente sotto controllo. Il governo ducale poteva ritenersi finalmente soddisfatto anche se la rivolta lo aveva messo in guardia sui possibili e negativi risvolti di una politica eccessivamente dura e spregiudicata nei confronti delle colonie. Per il momento comunque, anche se a caro prezzo, l'ordine tornava a regnare nell'isola.



Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  2, SCRIPTA EDIZIONI




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