Dal testo di Francesco Zanotto
"Sbarcati i Veneziani, corsero
subitamente a dare l'assalto al ben munito monastero di S. Saba, il quale fra
il fuoco appiccatovi ed i colpi d'espugnazione dovette aprire le porte e
crollare in brevi ore. Lo spavento che
invase i Genovesi e tutti gli altri abitanti d'Acri non die' loro modo a
difendersi. Come fosser colpiti da fulmine, cercaron riparo, altri
nascondendosi, altri, durante la notte, fuggendo in ver Tiro, seco recando
l'aver loro prezioso; ed allorquando il nuovo giorno sorse ad illuminar le
ruine accadute nella notte già scorsa, uscirono di nuovo i Veneziani ad
invadere e saccheggiare il quartiere abitato dai Liguri ... "
ANNO 1256
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
La schiacciante
vittoria della flotta veneziana ad Acri, davanti alle coste della Siria, priva
Genova dei mercati mediorientali e la confina
al rango di potenza di
second'ordine. Ma la situazione
aggrava ancor più che risolvere l'annoso conflitto e Venezia si troverà sempre Genova davanti ...
37 - LA SCHEDA
STORICA
Attorno alla metà del XIII secolo l'attenzione del governo
veneziano venne nuovamente richiamata in Oriente. Questa volta non era
Costantinopoli a preoccupare il doge quanto il più vicino Medio-Oriente con i
suoi sempre più precari e pericolosi mercati.
A scatenare una vera e propria guerra con i veneziani non
furono tuttavia gli "infedeli" o le popolazioni locali, ma un'altra
città cristiana che, come Venezia, vantava importanti e vitali interessi
commerciali nell'area: Genova. I rapporti fra le due repubbliche si erano da
sempre caratterizzati per un crescente livello di tensione sin dal XII secolo a
causa della concorrenza commerciale che lo sviluppo di Venezia inevitabilmente
comportava. Una tensione che già aveva avuto modo di emergere, seppur ancora
velatamente durante le prime crociate in Terrasanta per esplodere dopo la
conquista di Costantinopoli da parte dei veneziani. Questa aveva comportato,
anche se solo temporaneamente, l'esclusione dei genovesi dai mercati orientali
e dalla stessa Costantinopoli dove Genova, già dal XII secolo, vantava uno dei più
ricchi ed attivi quartieri commerciali. Lo scontro, questa volta, ebbe come
scenario la Terra Santa e in particolare uno dei suoi più importanti porti: S. Giovanni
d'Acri.
Il pomo della
discordia fu inizialmente la giurisdizione e il possesso della chiesa con
l'annesso monastero di S. Saba. Sul
complesso, infatti, era stato riconosciuto fin dalla conquista crociata della
città, il comune diritto di gestione alle due repubbliche nemiche. I veneziani,
tuttavia, nel 1256 avanzarono la pretesa di una loro totale ed esclusiva
giurisdizione sul complesso monastico oltre che su di un terzo della città.
Una mediazione ormai impossibile
La questione venne
presentata al Pontefice quale unico possibile mediatore nelle continue
discordie e gelosie dei crociati in Terra Santa, ma prima ancora che Alessandro
IV si pronunciasse in merito i genovesi erano già passati alle vie di fatto. La
chiesa e l'area circostante vennero infatti militarmente occupate e prontamente
fortificate.
Alla notizia di quanto stava accadendo ad Acri, il governo
veneziano mandò a Genova degli ambasciatori per chiedere soddisfazione ed un
giusto risarcimento per i danni subiti,
ma la delegazione se ne tornò in laguna a mani vuote. La parola, allora, dalla
diplomazia passò presto così alle armi. I veneziani erano riusciti in questa
delicata circostanza ad assicurarsi l'alleanza dei pisani, tradizionalmente
filo-genovesi, stringendo con essi un patto decennale.
La notizia di questo accordo, preoccupò non poco i genovesi
che risposero alleandosi con i greci che ancora abitavano in S. Giovanni d'Acri
riuscendo, fra l'altro, a strappare ai pisani due importanti torri e
costruendone poi una terza detta "Mongioia''.
A quel punto il governo veneziano non aveva altra scelta ed
inviò prontamente una flotta da guerra guidata da Lorenzo Tiepolo, figlio del
defunto doge Jacopo, flotta già da qualche tempo in attesa nel vicino porto di
Tiro. A nulla valsero le difese del porto e della città approntate dai
genovesi. La grossa catena che era stata posta a chiusura dell'ingresso del
porto, venne fragorosamente spezzata dall'urto delle navi veneziane che presto
si scontrarono con le galee genovesi.
Il comportamento dei
genovesi, in quell'occasione non fu certo dei più esaltanti, stando almeno alle
parole di un testimone di allora. "Quelli - i genovesi -, erano buoni
soltanto per i bordelli e come uccelli che mangiavano pesci, si gettavano in
mare annegandovi".
Intanto l'esercito veneziano vittorioso, dilagava nella
città dando subito l'assalto all'ultima roccaforte genovese: il monastero di S.
Saba presto riconquistato. Dalla chiesa Lorenzo Tiepolo portò in patria al suo
rientro, quale segno della clamorosa vittoria, tre colonne, una cilindrica e
due quadrangolari di marmo bianco, le stesse ancora oggi ammirabili nell'angolo
sud-ovest della Basilica Marciana.
L'umiliazione per Genova non poteva essere più pesante, ma
ancora non era sufficiente. I genovesi infatti, incassato il colpo, fecero
successivamente venire dei rinforzi da Cipro mentre i veneziani li facevano
giungere da Creta arrivando così inevitabilmente ad una serie di nuovi scontri.
Nel frattempo a Genova veniva eletto il nuovo Capitano
Guglielmo Boccanera che subito fece intendere i suoi bellicosi propositi
inviando ad Acri una nuova squadra di 40 galee e 10 navi.
La nuova mossa genovese non fece altro che provocare
l'immediata risposta dei veneziani che inviarono a loro volta in Siria 20 galee
e 10 navi agli ordini di Andrea Zen e Paolo Falier. Le loro navi, poi, si
unirono con quelle del Tiepolo e dei pisani pronti ormai al nuovo scontro con i
genovesi. Inutilmente il pontefice tentò un altro arbitrato fra le parti ormai
decise a risolvere una volta per tutte la questione attraverso le armi.
Quando il pontefice infatti si pronunciò, Genova e Venezia
si stavano già duramente scontrando nelle acque antistanti il porto di S. Giovanni
d'Acri. Era il 24 giugno del 1258 e dalla durissima battaglia Genova doveva
uscirne tragicamente e nuovamente sconfitta. Nelle mani dei veneziani
vittoriosi caddero ben 25 galee nemiche, ma, fatto ancor più grave, Genova
aveva perso l'importante mercato di Acri. Nella città infatti, i veneziani
portarono a compimento la loro impresa distruggendo, saccheggiando ed infine
facendo radere al suolo il ricchissimo quartiere genovese.
La vendetta della repubblica ligure, tuttavia, non doveva
aspettare ancora molti anni e si dimostrerà di una tale portata che le
conseguenze per Venezia rispetto a quelle subite momentaneamente da Genova,
saranno a dir poco catastrofiche.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco
Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA
VENETA, volume 2, SCRIPTA EDIZIONI
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