mercoledì 3 giugno 2015

STORIA VENETA - 39: 1261- L’IMPERO LATINO SCOMPARE. L’EFFIMERA CREATURA SCONFITTA DAI GRECI



Dal testo di Francesco Zanotto


"Svegliato Baldovino da coteste grida e dal tumulto che più sempre appressavasi al proprio palazzo, affrettassi ad abbandonare la città che non era più sua. Ebbe per somma ventura, che la flotta veneziana, in sull'albeggiare di quel giorno funesto, ritornasse indietro dalla spedizione di Dafrusa, sicchè potè salire a bordo di una galera  e salvarsi. Colle stesse navi furono posti in salvo anche tutti gli altri latini che erano rimasti fuggiaschi sulle sponde del Bosforo; ma spettacolo veramente desolante presentavano coloro che incalzati da necessità prepotente, quel dì fatale correvano quali forsennati al mare co' loro pargoli in collo ... "


ANNO 1261



Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Tenuto in piedi dalla caparbietà militare e dai calcoli politici di Venezia l'Impero Latino, creatura posticcia dell'europa cristiana e cattolica in terra bizantina crolla improvvisamente. Ai veneziani l'arduo compito di salvare i fuggiaschi che si rifugiano nel panico sulle navi ...
(Nella illustrazione di Giuseppe Gatteri le tragiche scene di disperazione dei Latini che abitavano a Costantinopoli salvati a stento dai marinai veneziani)


39 - LA SCHEDA STORICA

  
Con la vittoria e la conquista di S. Giovanni d'Acri da parte dei Veneziani nel 1256, la tensione con la rivale Genova era destinata a salire alle stelle. In ballo c'era il controllo dei traffici commerciali nel Mediterraneo e da qui verso l'Oriente, vitali per entrambe le repubbliche nemiche.  
Subìto il grave smacco, Genova non poteva darsi certo per vinta. In qualche modo i Veneziani dovevano pagare il fatto di aver sottratto ai Genovesi il loro più redditizio mercato nel Levante. E così Genova, guardava con rinnovato interesse verso Oriente ed in particolare al governo bizantino in esilio a Nicea dove era stato da poco eletto il nuovo imperatore Michele Paleologo. Michele, valido soldato ed abile diplomatico, era più che mai risoluto a porre fine all'ormai debolissimo impero Latino di Costantinopoli sul cui trono sedeva in quel momento Baldovino II.
Erano trascorsi quasi sessant'anni dalla conquista della città da parte dei crociati e della flotta veneziana nel 1204.  Sessant'anni durante i quali i Latini videro progressivamente ed inesorabilmente ridursi il loro potere acquistato col sangue e la violenza più cieca e per questo mai accettato dai Greci.
Durante quei decenni gli imperatori occidentali di Bisanzio dovettero scontrarsi inoltre con l'esercito dell'imperatore greco in esilio e con quello dello zar bulgaro che non aveva mancato di approfittare di quel momento di estrema debolezza dell'Impero Latino per estendere i suoi domini.
Ora era la volta di Michele Paleologo che, dopo aver sbaragliato l'esercito del despota d'Epiro e del principe di Morea ed aver conquistato la Tessaglia, stringeva ormai in una morsa sempre più stretta la capitale Costantinopoli.
Qui, inutilmente, l'imperatore latino Baldovino aspettava e chiedeva disperatamente aiuti all'Occidente. C'era bisogno di denaro fresco e contante per organizzare la difesa della città, di uomini pronti a combattere, ma l'eco e l'entusiasmo della quarta crociata erano ormai lontani e l'Europa era troppo impegnata a risolvere i propri problemi per poter accorrere in aiuto di un lontano imperatore latino di Bisanzio. Imperatore che si vide così costretto a dare in pegno il proprio figlio a dei banchieri veneziani pur di ottenere un prestito o a vendere agli stessi Veneziani la più preziosa reliquia della città, la Corona di Spine.
Abbandonato dai baroni e dal clero che non mancavano di portare con sè tutto quello che si poteva trasportare di prezioso e di valore, Baldovino si scopriva sempre più solo a fronteggiare una situazione che andava di giorno in giorno deteriorandosi, in un'atmosfera sempre più stagnante ed infida.
E come i Greci anche Genova non poteva non approfittare del momento estremo di debolezza di un impero nato sotto il vessillo di S. Marco.  E così, il 13 marzo del 1261 a  Ninfeo il governo genovese trattava con l'imperatore Michele Paleologo circa gli aiuti e le eventuali ricompense per il sostegno che Genova era disposta a concedere allo stesso imperatore per la riconquista di Costantinopoli. Ai Genovesi, in quell'occasione, vennero concessi tutti i privilegi commerciali già goduti dai Veneziani dal 1204 in quell'area, con in più anche le grandi isole di Chio,  Mitilene e in più Smirne oltre che l'isola di Creta se si fosse eventualmente riconquistata ai Veneziani.


La rivincita bizantina


Tuttavia la situazione evolveva rapidamente, tanto rapidamente che l'imperatore greco riuscì a muovere il proprio esercito prima dell'arrivo delle galee genovesi. Il  generale Alessio Strategopoulos si stava infatti spostando in Epiro con le sue truppe quando venne a sapere che i latini avevano inopportunamente preparato un'azione militare contro la base greca di Daphnousia sul Mar Nero, lasciando praticamente sguarnita la capitale. A quel punto restava solo una cosa da fare per i Greci: tentare la riconquista della città.
E così, attraverso una galleria sotterranea che portava direttamente oltre le mura, vicino ad una delle porte d'accesso, il generale bizantino fece calare una decina dei suoi uomini che, eliminate facilmente le sentinelle, aprirono la via all'esercito che poteva fare il suo ingresso trionfale nella città accolto dall'entusiasmo della popolazione greca.
Alessio Strategoupolos fece appiccare prontamente il fuoco in ben quattro distinti punti della città per fiaccare e vanificare definitivamente ogni possibile resistenza da parte dei Latini. In preda alle fiamme, nella città si ripeterono così le stesse scene di panico e terrore già viste nel 1204 con la differenza che ora a fuggire, per lo più, erano i conquistatori di allora, i Latini.
Il  porto divenne così ben presto la meta di migliaia di persone terrorizzate in fuga dalle fiamme.  Qui si trovava anche la squadra navale veneziana di ben 30 galee rientrata a voga da Daphnousia che non seppe o non potè far altro che imbarcare frettolosamente i Latini fuggiaschi fra i quali lo stesso sfortunato imperatore Baldovino, ferito, e il patriarca della città, il veneziano Pantaleone Giustinian. Con loro fuggiva anche il Podestà di Costantinopoli, ugualmente veneziano, Marco Gradenigo oltre che una folla indistinta di uomini, donne e bambini che andavano pericolosamente accalcandosi nelle navi.
Era il 26 luglio del 1261 quando quelle stesse navi con il loro carico umano, salparono dal porto della città verso Occidente. Ma le disavventure erano appena incominciate. I profughi imbarcati infatti, si rivelarono ben presto di numero eccessivo rispetto alla provviste presenti sulle navi e così ben 3000 di loro morirono di fame e di sete in uno dei più tragici ed umilianti viaggi di ritorno della flotta veneziana.
Con loro moriva nella più totale indifferenza dell'Europa, anche l'impero Latino d'Oriente. Con la sua scomparsa era morto un sogno, forse il sogno più ambizioso che Venezia abbia mai tentato di realizzare. Per i Greci, invece, la partenza dei Latini da Costantinopoli significò la fine di un incubo.



Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  2, SCRIPTA EDIZIONI



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