I Borbone avevano conservato il loro regno integro; i
piemontesi, che avevano invaso un Regno senza dichiarazione di guerra,
trovarono oro e denaro, saccheggiarono tutto quello che c’era da saccheggiare,
massacrarono intere popolazioni, misero a ferro e fuoco il Sud per dieci anni,
lo impoverirono, trasferendo tutte le sue ricchezze nel Piemonte.
Francesco II, partendo da Gaeta il 14 febbraio 1861, disse
al comandante Vincenzo Criscuolo: «Vincenzino, i napoletani non hanno voluto giudicarmi a ragion
veduta; io però ho la coscienza di avere fatto sempre il mio dovere, Il Nord
non lascerà ai meridionali neppure gli occhi per piangere”.
Mai parole furono
così vere!
Dal 1860 al 1870 i piemontesi riuscirono a depredare tutto
quello che c’era da prendere, svuotarono le casse dei comuni, quelle delle
banche, quelle dei poveri contadini, quelle delle comunità religiose, dei
conventi; saccheggiarono le chiese e le campagne; smontarono i macchinari delle
fabbriche per montarli al nord; rubarono opere d’arte, quadri, statue.
Le miniere di ferro, il laboratorio metallurgico della
Mongiana in Calabria; le industrie tessili della Ciociaria; le manifatture di
Terra di Lavoro; i tanti cantieri navali sparsi per tutto il Mezzogiorno; la
magnifica fabbrica di Pietrarsa che dava con l’indotto lavoro a settemila
persone; le scuole pubbliche e, soprattutto, la dignità e la libertà furono
tolte ai Meridionali i quali, coraggiosamente, preferirono andare a morire
partigiani sui monti dell’ Appennino, piuttosto che veder calpestato il suolo
della patria napoletana dalle “orde di
assassjnj e ladroni del nord”.
Erano così rapaci i fautori dell’Italia Unita che a Napoli
furono trafugate anche le batterie della cucina dei palazzi reali. Presero la
via di Torino anche due enormi mortai di bronzo cesellati, che stavano negli
ospedali militari della Trinità e del Santo Sacramento, tali opere erano state
create da Benvenuto Cellini.
Tutto il Sud fu razziato e spogliato delle sue fabbriche e
delle sue ricchezze: a guerra civile terminata, nel 1871, le più oneste e
migliori menti della classe imprenditoriale, quel poco che restava di media
borghesia oltre a una miriade di contadini e di operai del Sud, che fino al
1860 non avevano mai conosciuto l’emigrazione, furono costretti ad arricchire
gli stati del continente americano.
Fino al 1860, il Regno delle Due Sicilie, ricco di pace, di
memorie, di costumi, di commercio, di prosperità, di arti, di industrie, di
pesca, di agricoltura, di artigianato, era l’invidia delle genti: scuole
gratis, teatri, opere d’ingegneria, meravigliosi musei, strade ferrate, gas,
opifici, opere di carità, bacini, cantieri navali, arsenali davano lavoro a
tutto il popolo.
Non c’era disoccupazione, era il primo stato Sociale, il
primo stato Illuminato del mondo.
Dal 1860 al 1871 il
Meridione divenne un inferno.
Secondo i dati del primo censimento dell’Italia unita (1861) risulta che su 668
milioni di lire incamerati nelle casse piemontesi, ben 443 appartenevano al
Regno delle Due Sicilie
NORD LADRO
Quando si parla d’industria, l’immaginario collettivo pensa
al Nord, pensa al triangolo industriale Milano, Genova, Torino, come se il
Padreterno avesse eletto i padani a condurre l’economia, come se i meridionali
fossero incapaci di produrre beni, ma solo in grado di consumare ricchezza.
Leggendo le statistiche del primo censimento dell’unità
d’Italia, ci accorgiamo che gli addetti nell’industria.
Questi sono dati forniti dal governo piemontese nel 1861 e
quindi inconfutabili. 1.595.359 addetti nell’industria del Regno Borbonico
contro 1.170.859 addetti del resto d’Italia.
La Campania nel 1860 era tra le regione più industrializzata
del mondo ed oggi, dopo 150 anni di potere liberal massonico, è definita terra
di camorra.
Oggi è sotto gli occhi di tutti la voragine debitoria di
questo Stato!
Nel 1860 scannarono
il Sud e il Sud ha pagato un prezzo enorme alla causa unitaria: quasi un
milione di morti, tra fucilati, incarcerati, impazziti, un decimo della
popolazione, 20 milioni di emigranti; la spoliazione delle terre demaniali e
dei beni ecclesiastici, tutti i risparmi dei Meridionali rapinati.
I pennivendoli di regime continuano a scrivere libri di
storia menzogneri sull’Unità d’Italia, danno al Sud colpe tremende di
parassitismo; continuano a chiamare “borbonica” la cattiva amministrazione e la
burocrazia di stampo piemontese e, soprattutto, sono riusciti ad inculcare
nell’immaginario collettivo, senza spiegarne le cause, bombardando
continuamente le menti ormai fiaccate della gente, che Sud vuol dire mafia,
vuol dire camorra, vuol dire ‘ndrangheta, vuol dire far niente, vuol dire
assistito.
Ecco, questi pennivendoli sperano di mettere un velo
sull’intelligenza umana, di far dimenticare a qualcuno le miserie del Nord, gli
eccidi perpetrati dagli invasori piemontesi, le prepotenze dei liberalmassoni
di ieri e di oggi e soprattutto vorrebbero farci dimenticare che il Sud era
ricco.
autore Antonio Ciano
Fonte: srs di Antonio Ciano; visto su BRIGANTI.it del 5
febbraio 2015
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