Il pozzo venuto alla luce al centro del sito archeologico di
età romana scoperto a Michellorie di Albaredo d’Adige
Verona
L'intervento eseguito dalla Snam ha portato alla luce un
approdo fluviale a ferro di cavallo con magazzini e attività di
lavorazione del grano.
Un piccolo approdo fluviale per le imbarcazioni, con tanto
di magazzini ed attività di lavorazione del grano, nella Michellorie romana. Il
gasdotto dei record Zimella-Cervignano d'Adda (Lodi) continua a restituire
tesori agli archeologi.
Ancora una volta, com'era successo per gli scavi di Oppeano
e Palù, i lavori per la posa del metanodotto più lungo d'Europa hanno dato
infatti la possibilità agli studiosi di avanzare ipotesi interessanti sulla
storia antica dei paesi della Bassa.
Nel corso del 2014 la società «Snam Rete Gas», che sta finanziando la costruzione del gasdotto da
170 chilometri che parte dal Basso veronese e raggiunge il Lodigiano (in
Lombardia), ha effettuato la bonifica archeologica di un'area di 400 metri
quadrati nella frazione di Michellorie, a sud est del centro di Albaredo.
I lavori di bonifica sono stati compiuti durante la
primavera e l'estate dello scorso anno, sotto la direzione della Soprintendenza
ai beni archeologici del Veneto, Nucleo operativo di Verona. Coordinatrici del
cantiere sono state Chiara Maccani e
Silvia Nuvolari, archeologhe della
cooperativa «Ante Quem» di Bologna.
«Ringrazio sia la ditta che ha compiuto gli scavi, formata
da un team molto preparato, sia la Snam per l'apertura al dialogo che ci ha
permesso di trovare le soluzioni più congeniali per la gestione di un cantiere
su cui è stata fatta un'importante tutela archeologica», commenta Federica Gonzato, funzionario del
Nucleo veronese della Soprintendenza.
Durante lo scavo sono emersi resti di ceramiche, frammenti
di mattoni e tegole risalenti ai primi secoli dopo Cristo. Si tratta di un sito
di età romana, probabilmente con funzioni produttive. L'ipotesi più
accreditata, portata avanti dal gruppo di lavoro che sta studiando i
ritrovamenti fatti, è che in quella zona vi fosse una darsena a forma di ferro
di cavallo che occupava un'area di circa 100 metri quadri. Con ogni
probabilità, i lati est e nord erano delimitati da pareti in legno o in mattoni
crudi, data la presenza di una fondazione in laterizi, mentre il confine ad
ovest e il tratto lungo il canale navigabile erano coperti soltanto da
pensiline. Tutto intorno all'ormeggio erano collocati depositi e piccole
attività legate al commercio, all'agricoltura e al settore tessile. Prova ne
sono una serie di buche di palo di varia grandezza (residui di tettoie per il
ricovero merci), sei macine (tre in trachite e tre in porfido rosso), alcune
anfore e pesi in terracotta per telai.
«Se venisse confermata la presenza in loco di un ormeggio
per le barche, si tratterebbe di una scoperta davvero significativa, visto che
nel Veronese non era stata finora rinvenuta alcuna darsena di età romana»,
spiega l'ispettore onorario della Soprintendenza Gianni Rigodanzo.
«La darsena è una
prova dell'importanza della navigazione fluviale per il trasporto di uomini e
merci, in una zona ricca d'acqua come la nostra e in un'epoca in cui lo
spostamento su strada era molto difficoltoso. Grazie alla rete di canali minori
si potevano raggiungere anche le località più remote dell'impero», continua
Rigodanzo.
Al centro del sito è stato riportato alla luce un pozzo per
l'approvvigionamento dell'acqua di falda. Il pozzo, di ottima fattura, è stato
costruito tramite il cosiddetto affondamento, una tecnica che prevede l'uso di
un anello ligneo che viene inserito nella fossa e via via scavato. Mentre il
manufatto si abbassa gradualmente, si sovrappongono gli elementi del
rivestimento fino a raggiungere la profondità voluta. Nel fondo del pozzo è
stato infine recuperato un vaso per l'acqua ancora integro.
Paola Bosaro
Fonte: srs di Paola
Bosaro, da L’Arena di Verona del 2 febbraio 2015
Link: http://www.larena.it/stories/Home/1039391_una_darsena_di_epoca_romana_spunta_da_scavi_al_gasdotto/
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