Bugnini Annibale
Sull'ultimo numero della principale rivista cattolica in lingua inglese "Inside the Vatican", il giornalista Robert Moynihan racconta della sua intervista con un "monsignore" anonimo indicatogli dal Cardinal Gagnon poco prima che quest'ultimo morisse. Il "monsignore" è il depositario del mistero relativo all'affiliazione massonica di Bugnini (noto anche agli addetti ai lavori come nome in codice "BUAN").
Sull'ultimo numero della principale rivista cattolica in lingua inglese "Inside the Vatican", il giornalista Robert Moynihan racconta della sua intervista con un "monsignore" anonimo indicatogli dal Cardinal Gagnon poco prima che quest'ultimo morisse. Il "monsignore" è il depositario del mistero relativo all'affiliazione massonica di Bugnini (noto anche agli addetti ai lavori come nome in codice "BUAN").
Ma non solo! Sappiamo infatti anche dal libro di Mons. Marinelli (Via col vento in
Vaticano) che Gagnon fu redattore di un dettagliatissimo dossier sui Massoni in
Vaticano (vedi pagg.57-59). Commentano "i Millenari": "Il materiale
raccolto fu interessante e rivoluzionario. Il presidente della commissione
monsignor Gagnon stette per tre mesi impegnato a stendere una voluminosa
relazione che alla massoneria vaticana apparve subito scottante e pericolosa:
si facevano i nomi e le attività occulte di certi personaggi di curia."
Questo dossier fu rubato fra il 31 maggio ed il 1 giugno
del 1974 dalla scrivania di Mons. Mester
(collaboratore di Gagnon). Il Cardinale così rifece il dossier di suo pugno e
chiese udienza. Non gli fu accordata, capì l'antifona e dopo qualche anno se ne
tornò in Canada.
Ma la questione di Bugnini è fondamentale. Le lettere qui
citate e indirizzate a Bugnini dal Gran Maestro furono pubblicate da "30 Giorni" nel 1991 in un articolo
a firma di Andrea Tornielli. Non
riuscendo a recuperare l'edizione italiana vi segnalo un articolo in cui
sono tradotte in inglese ed un altro in cui sono leggibili in portoghese
(entrambi provengono da autori un po' estremi e molto duri riguardo alla
riforma, ma sono le uniche fonti sulla rete riguardo alla pubblicazione di
30Giorni).
Il reportage-intervista di Inside the Vatican preannuncia
ulteriori sviluppi e comunque afferma con ulteriore certezza che Bugnini,
l'autore della Riforma Liturgica, era stipendiato dalla Massoneria Italiana. Libertè, Egalitè, Fraternitè!
di Dr. Robert Moynihan
Ho cominciato la mia conversazione con il monsignore
indicatomi dal Cardinal Gagnon dopo la sua morte nell'agosto del 2007. Questa
conversazione ebbe luogo sul finire del 2007.
"Sono rimasto
molto rattristato dalla morte del Cardinal Gagnon" dissi.
"Si, anch'io" disse il monsignore. "E' stato un
valido servo della Chiesa. Ha sofferto molto."
"Lo
conoscevo", dissi. "Mi ha sempre aiutato, specialmente agli
inizi".
"Era un uomo gentile".
E quindi abbiamo cominciato la nostra solita conversazione
sullo stato della Chiesa, le ultime notizie dal Vaticano e così via. La nostra
conversazione si è così concentrata naturalmente sulla pubblicazione del Motu
Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, che promuoveva un più ampio uso
del rito antico della Messa.
"Sono
confuso" dissi.
"Perchè?" fece lui.
"L'intera
questione. Ciò che è accaduto nel Concilio Vaticano II, la Costituzione sulla
Liturgia, la Commissione stabilita per rivedere la Messa, Monsignor Bugnini...
ed ora, 40 anni dopo, sembriamo ancora in uno stato di confusione. Sembra come
se tutte le cose che consideravamo sacre - tutte le cose che amavamo - fossero
state calpestate."
"Tu sei troppo cupo" disse, facendo ondeggiare le
mani come a voler respingere le mie conclusioni. "Si, molte cose sono
state calpestate, ma l'essenziale rimane. Non si è perso il cuore."
"L'essenziale
rimane? Si guardi intorno. Abbiamo alcuni che non si interessano affatto ad
alcuna tradizione, guardano la 'Chiesa Antica' con senso di colpa e farebbero
di tutto per non tornare indietro. E abbiamo molti tradizionalisti che sembrano
focalizzarsi soltanto sulle cose esteriori - e ciò talvolta somiglia ad una
idolatria del rituale..."
"Non la vedo così in bianco e nero. Stai tralasciando
del tutto gli individui, tutti i loro atti di sacrificio, il loro buon umore,
le loro preghiere. Sei caduto nella trappola. Nella battaglia per la verità,
non dimenticare la grazia. Ricorda c'è Dio, lo Spirito Santo, la
Vergine..."
"Ma perchè così
tanti sembrano indifferenti?".
"Alcuni non hanno un'opinione, alcuni sono persuasi che
la Chiesa doveva essere cambiata. Alcuni semplicemente hanno seguito la marea.
Alcuni sono motivati dal denaro. E poi ci sono quelli che servono altri
padroni. Questo era il caso di Bugnini..."
Così cominciammo. Non per ciò che disse, visto che si tratta
di una antica accusa, ma per il modo in cui lo disse, come se fosse una cosa
fuori discussione e ormai assodata.
"Naturalmente,
ho udito di ciò" dissi, "ma perchè lei lo dice così schiettamente,
come se ne fosse certo? Pensavo fosse solo un'accusa?"
"E' certo" mi disse "almeno certo come lo
sono le cose di questo mondo. Lui si recò ad un incontro dal Segretario di
Stato con la sua valigetta. Era il 1975. Più tardi quella sera, quando tutti
erano andati a casa, un monsignore trovò la valigetta che Bugnini aveva
lasciato. Il monsignore decise di aprirla per vedere chi ne fosse il
proprietario. E quando la aprì, trovò lettere indirizzate a Bugnini definito
'fratello', da parte del Gran Maestro della Massoneria Italiana..."
"Ma è possibile
che queste lettere fossero dei falsi?" domandai. "Qualcuno poteva
aver aperto la valigetta, visto che era di Bugnini, e quindi infilatoci le
lettere false, per diffamarlo?"
"Beh, teoricamente, suppongo che sia possibile. Ma
Paolo VI, almeno, non lo pensava. Quando gli fu portata questa prova, giunse
alla conclusione che Bugnini dovesse essere rimosso immediatamente dal suo
posto. Così Bugnini fu nominato nunzio apostolico in Iran. Dopo più di 25 anni
alla guida della riforma liturgica fu licenziato bruscamente e inviato in una
nazione in cui non ci sono affatto cattolici. Era una forma di esilio."
"Ciò è davvero
triste".
"No," disse, "è davvero umano... E oggi, 35
anni dopo, appartiene al passato. E' qualcosa per cui non possiamo fare
nulla."
"Ma se è
realmente vero," dissi "allora Paolo VI avrebbe potuto approvare la
Nuova Messa sotto false pretese, così com'era? Ciò non avrebbe dobuto sollevare
domande sull'intera riforma liturgica? E perchè allora Paolo VI non risalì
all'intera commissione preparatoria, se credeva che quanto lei mi sta dicendo
fosse vero?"
"Guardi, " disse il monsignore "non è
importante quante sconfitte subisca la Chiesa, non è importante quanti
tradimenti, ma che ci sia sempre la speranza..."
"Ma le perdite
sono immani" dissi, "è come se il nostro legame col passato fosse
stato interrotto..."
"No!". Mi guardò con fierezza: "Tu stesso sei
la prova che questo legame non è stato rotto. E lo sono anch'io. E ti dico che
anche se dovessi cadere e tradire la fede, e anche se dovessi farlo io, ed
anche se tutti nel mondo dovessero cadere, la Chiesa non sarebbe sconfitta.
Essa prevarrà! Non praevalebunt!"
E lo guardai
meravigliato per la sua fede. Ma non gli domandai ancora del dossier Gagnon.
(continua).
Traduzione: Francesco Colafemmina - Tratto da Inside the
Vatican 19.07.2000
Fonte: visto su
FIDES ET FORMA del 21 luglio 2009
NOME IN CODICE: BUAN
Papa Paolo VI
Il Concilio Vaticano
II, monsignor Bugnini, la massoneria, e la Babele dell’informazione
La questione dell’influenza massonica sui lavori del
Concilio Vaticano II è stata ampiamente dibattuta: qui vorrei solo proporvi uno
spunto - che lascio ai vostri approfondimenti- su un personaggio che è stato al
centro della riforma liturgica e di cui tutt’oggi permangono dubbi sulla sua
appartenenza massonica.
Districarsi fra notizie e contro-notizie non è semplice,
specialmente in vicende così complesse: ed è proprio questa confusione uno dei
mezzi utilizzati dalla massoneria, ma anche dai servizi segreti, per fare in
modo che le persone si stanchino di cercare e non si pongano domande. Cosa che
dovremmo invece fare molto più spesso e con molta più ostinazione.
Monsignor Annibale
Bugnini, di cui potete trovare informazioni biografiche su Provincia Romana
e su Wikipedia, fu nominato da papa Paolo VI segretario della Commissione per
la Liturgia per il Concilio Vaticano II. Questo cruciale evento prese avvio nel
1962 sotto il pontificato di Giovanni XXIII e terminò nel 1965 sotto Paolo VI.
I risultati furono tanto imponenti quanto radicali su molti aspetti: da riforma
che riguardava inizialmente più gli aspetti formali della dottrina e la
modernizzazione della Chiesa, si trasformò in una riforma che mutava passaggi
fondamentali della liturgia stravolgendone spesso il significato.
Mons. Annibale Bugnini
Un video documentario che tratta questo punto è per esempio “Ciò che abbiamo perso”, che offre
ancora spunti interessanti sebbene un po’ datato e dal taglio molto
tradizionalista, visibile in
streaming con RealPlayer.
Protagonista del Concilio fu proprio Mons. Bugnini, che
apportò le modifiche principali alla liturgia definendo le “linee-guida” per il
nuovo rito della Messa, da cui scaturì il Missale
Romanum del 1969 (Novus Ordo Missae, Nuovo Ordinario della Messa), che è la
riforma vera e propria della liturgia, sempre pubblicata da papa Paolo VI.
Non si tratta, come spesso si dice, di soli cambiamenti di
forma, per esempio l’abbandono del latino e l’adozione delle lingue nazionali,
ma anche di riforme sostanziali del rito, tra
cui l’avvicinamento alle idee protestanti con l’abolizione o la modifica di
varie frasi-chiave del rito eucaristico, per cui il dogma della
transustanziazione, caposaldo della messa cattolica, diviene qualcosa di
evanescente e “interpretabile”: da qui il decentramento del tabernacolo (che
conserva le ostie consacrate e quindi sottolinea la presenza reale di Cristo in
mezzo ai fedeli), tolto dalla posizione centrale e relegato sempre più ai
margini della chiesa. Le chiese post-conciliari sono riconoscibili anche per
questo aspetto, oltre che per un ambiguo concetto di “creatività
architettonica”.
Chiesa post-conciliare
(Irlanda)
Una disamina della nuova liturgia post-conciliare è il “Breve esame critico del Novus Ordo Missae”
presentato a Paolo VI dai cardinali Ottaviani e Bacci, respinto dall’allora
Prefetto della Fede, cardinale Seper.
Durante i lavori della Commissione Liturgica, diversi gruppi
esternarono le proprie rimostranze (tra questi per esempio la Fraternità San
Pio X fondata da Marcel Lefebvre, i cui sacerdoti furono poi sospesi dalle loro
funzioni): essi criticavano in particolare le eccessive concessioni al
Protestantesimo in nome dell’ecumenismo e il divieto di celebrare la messa
secondo l’antico rito tridentino, in vigore fino al Concilio Vaticano II.
Ma torniamo a mons. Annibale Bugnini e al suo ruolo di
promotore della riforma liturgica.
La sua vicenda si intreccia strettamente con quella del
Concilio, perciò ho deciso di spendere due parole su di esso e far capire cosa
vi fosse in gioco.
E qui inizia anche la parte più nebulosa di tutta la
faccenda. Cerchiamo quindi di chiarirne i punti principali seguendo un ordine
cronologico.
Mons. Gagnon
Secondo quanto affermato in “Via col vento in Vaticano”, fra
il 31 maggio e il 1 giugno del 1974 un voluminoso dossier sulla presenza
massonica in Vaticano viene rubato dalla scrivania di mons. Mester, collaboratore dell’autore del dossier, il cardinale
Gagnon.
Mons. Gagnon non si perde d’animo: riscrive di suo pugno
l’intero dossier e chiede udienza. Non gli viene accordata.
E’ l’estate del 1975 quando Mino Pecorelli, affiliato alla P2, pubblica sulla rivista “Osservatorio Politico” la fotografia di
un assegno, con tanto di matrice, del Gran
Maestro del Grande Oriente d’Italia, Lino Salvini. L’assegno è in favore di
Annibale Bugnini.
Lo stesso Mino Pecorelli riporterà in seguito gli estremi
dell’affiliazione di Bugnini al GOI (Grande Oriente d'Italia): iniziato il 23
aprile 1963 con il numero 1365/75 e
il nome in codice BUAN.
Consiglio questa
pagina web per approfondire i ruoli dei prelati presenti sulla “lista
Pecorelli” e le oscure vicende che le fecero seguito.
Nell’aprile del 1976 lo scrittore cattolico Tito Casini pubblica un articolo in cui
sostiene che Paolo VI avrebbe ricevuto informazioni sull’affiliazione di
Bugnini alla massoneria. Queste accuse emergono all’indomani
dell’allontanamento di Bugnini dal Vaticano, essendo stato da poco nominato
nunzio apostolico in Iran.
Bisogna aspettare fino a ottobre del 1976 per una smentita
da parte del Vaticano, dopo che a giugno altri cento prelati vengono accusati
di far parte della massoneria (la “lista Pecorelli” compare sulla rivista
Panorama).
Lino Salvini
Passano quindici anni. Siamo nel 1991: la rivista “30 Giorni” pubblica un articolo a firma
di Andrea Tornielli e riporta due
lettere che, si dice, vennero trovate in una valigetta lasciata in Vaticano da
mons. Bugnini:
la prima lettera, datata 14 luglio 1964, comincia con “Caro
Buan” e sarebbe a firma del G.M. Salvini;
la seconda invece, del 2 luglio 1967, sarebbe dello stesso
Bugnini.
Il Gran Maestro della massoneria italiana espliciterebbe il
compito affidato al monsignore di “diffondere
la de-cristianizzazione tramite la confusione dei riti e dei linguaggi” e
di “mettere vescovi e cardinali l’un
contro l’altro”.
La lettera continua dichiarando che “tutto deve avere luogo entro un periodo di 10 anni” e sottolinea:
“la Babele
linguistica e rituale sarà la nostra vittoria”.
La lettera di risposta di mons. Bugnini rassicurerebbe sul
fatto che “la de-sacralizzazione prosegue rapidamente” e annuncia:
“possiamo già cantar
vittoria, poiché la lingua volgare è già sovrana in tutta la liturgia, incluse
le parti essenziali”.
La lettera proseguirebbe ringraziando per i fondi ricevuti e
auspicando un incontro a breve.
Le lettere, fotocopie prive di intestazione, si possono
leggere in inglese e in portoghese sul sito Tradition in action.
La rivista 30giorni
(vers. portoghese)
Passa un'altra ventina d’anni prima dell’ennesima
rivelazione: nel numero del 19
luglio 2009 di “Inside the Vatican” il dr. Robert Moynihan pubblica una conversazione avvenuta nell’autunno
del 2007 con un anonimo monsignore indicatogli dal cardinale Gagnon.
E’ possibile leggerne la traduzione in italiano sul blog
Fides et Forma.
Nella conversazione, il monsignore dà per assodata
l’affiliazione di Annibale Bugnini alla massoneria
(“Alcuni non hanno un'opinione, alcuni sono persuasi che la
Chiesa doveva essere cambiata. Alcuni semplicemente hanno seguito la marea.
Alcuni sono motivati dal denaro. E poi ci sono quelli che servono altri
padroni. Questo era il caso di Bugnini” …
“Lui si recò ad un incontro dal Segretario di Stato con la
sua valigetta. Era il 1975. Più tardi quella sera, quando tutti erano andati a
casa, un monsignore trovò la valigetta che Bugnini aveva lasciato. Il
monsignore decise di aprirla per vedere chi ne fosse il proprietario. E quando
la aprì, trovò lettere indirizzate a Bugnini definito 'fratello', da parte del
Gran Maestro della Massoneria Italiana”).
A seguito di questa pubblicazione si scatena di nuovo la
bagarre, come si può leggere per esempio sui blog di Francesco
Colafemmina e di Padre
Giovanni Scalese, che torna sulla vicenda a seguito
di critiche mossegli da Padre Matias
Augé.
Ora.
Immagino sarete un filo confusi.
Se non lo siete, permettetemi di esporre alcuni fra i motivi
per cui ritengo naturale sentirsi confusi dopo un simile profluvio di date,
eventi e personaggi.
(Se avete anche la sensazione che i vostri neuroni siano
prossimi a fare harakiri, è il momento giusto per prepararvi un buon thè prima
di proseguire la lettura!)
Ci sono alcune domande a cui non è facile rispondere con i
pochi e incerti elementi in nostro possesso. E ogni domanda sembra contraddire
qualunque punto fermo acquisito in precedenza.
1) La questione della
valigetta
E’ questo il punto più nebuloso dell’intera faccenda. Sembra
anzi un tipico elemento inserito ad hoc per depistare e confondere.
Innanzitutto: se io fossi un alto prelato affiliato alla
massoneria e stessi lavorando per sovvertire la tradizione cattolica, mi
porterei appresso lettere compromettenti? E se fossi così sciocco, sarei anche
così sbadato da dimenticare la mia valigetta col suo prezioso contenuto proprio
nella "tana del lupo", così che chiunque possa scoprirmi? Peraltro,
le due lettere sono talmente brutali nella loro chiarezza da risultare grottescamente
ingenue. Se non puzza di bruciato questo, non so che altro potrebbe farlo.
In secondo luogo: perché le lettere sono fotocopie prive di intestazione?
Se avessi voluto portarmi appresso un documento che potesse provare la mia
affiliazione, avrei scelto -se non gli originali- almeno una copia fedele. (Ma
torniamo al punto: perché portare con sé in Vaticano documenti così scottanti?)
E infine: perché mons. Bugnini venne spedito a fare il
nunzio apostolico in un paese come l’Iran? Se Paolo VI si convinse della sua
affiliazione alla massoneria, avrebbe dovuto scomunicarlo. Altrimenti avrebbe
potuto mantenerlo in Vaticano, come segno evidente che riteneva infondate tutte
le accuse.
2) La “lista
Pecorelli”
Mino Pecorelli
Vero o no, l’elenco contiene i nomi dei più alti prelati
vaticani, cardinali della cerchia papale che avevano in mano la direzione della
Chiesa. Se Paolo VI riteneva infondate le accuse, perché non c’è stata alcuna
querela nei confronti di chi pubblicò la lista, nemmeno da parte dei singoli
prelati, e nemmeno in forma di richiesta di indagine giudiziaria? Se invece le
accuse erano vere, come sembra almeno nel caso di alcuni cardinali, perché non
vi è stata una “epurazione generale” nelle file della cerchia papale?
Eppure, che “il fumo
di Satana” si fosse infiltrato in Vaticano era chiaro allo stesso Paolo VI
già da tempo ("Attraverso qualche
fessura il fumo di Satana è entrato nella Chiesa”, 29 giugno 1972).
E il suo successore, papa Luciani, che dichiarò di voler
fare pulizia dei prelati massoni, morì dopo 33 giorni di pontificato in quel
terribile settembre del 1978.
Ma sono coincidenze…
3) La riforma
liturgica
E veniamo al punto fondamentale. Se papa Paolo VI si
convinse delle accuse contro Bugnini (ricordiamo che nel ’76 lo spedì in Iran),
perché non rigettò la riforma che era palesemente una sua creatura? Perché non
rimetterla in discussione, riaprendo il dibattito? Se l’impianto della riforma
liturgica era stato ideato da un massone, sarebbe stato doveroso nei confronti
dei fedeli e della stessa Chiesa tornare sui propri passi e rivedere tutto.
D’altra parte era in gioco l’essenza stessa del rito della Messa e il futuro
della religione cattolica.
E se Paolo VI ritenne mons. Bugnini un massone, perché
spedirlo in Iran e non scomunicarlo, come avrebbe dovuto fare? Le prove della
sua affiliazione sembravano piuttosto solide, dopotutto. I riferimenti alle
date e ai codici di iniziazione avevano almeno l’apparenza di essere qualcosa
più che una montatura (e se montatura era, a che pro?).
Chiesa post-conciliare
(Foligno)
Certo se consideriamo l’atteggiamento nei confronti del
cardinale Gagnon e del suo dossier
sulla massoneria in Vaticano, a cui non venne concessa udienza, l’intero
operato di Paolo VI viene illuminato da una nuova luce.
Pensiamo anche a quanto doveva essere ben infiltrata la
massoneria in Vaticano se fu in grado di sottrarre il dossier dalla scrivania
di Gagnon quando esso iniziò a diventare troppo corposo…
Certo la storia della valigetta sembra inventata
appositamente per gettare discredito su mons. Bugnini. Ma le circostanze in cui
la sua vicenda è immersa sono senza dubbio torbide. Teniamo presente inoltre
che quelli erano gli anni dello IOR, di Marcinkus, Calvi e Sindona: di
massoneria in Vaticano si parlava già da tempo.
Forse si è riusciti a zittire tutto prima che a qualcuno
venisse in mente di fare davvero le "pulizie di primavera" in
Vaticano. O forse, la parte più legata alla tradizione cristiana è sempre stata
una minoranza, in quegli aurei lidi…
Nel mare di informazioni ambigue che intesse questa vicenda,
emerge chiaro forse solo un punto: è essenziale porsi domande, chiedersi sempre
i “perché” delle cose. Spesso la risposta è semplice, a fronte di un caos
informativo messo a bella posta: bisogna cercare le giuste connessioni logiche.
Fonte: visto su NUOVO
ORDINE MONDIALE del 2 gennaio 2012
Nessun commento:
Posta un commento