di MAURIZIO DEL MASCHIO
Egregio Direttore, ho
letto con attenzione l’articolo il cui incipit costituisce l’oggetto di questa
mia e-mail.
Sono fieramente Veneziano, come ha il diritto di sentirsi
chi, come me, lo è da sette generazioni per parte di padre e i suoi antenati
materni erano già a Venezia nel Quattrocento, essendo stati ascritti nell’Albo
d’Argento della Serenissima. Ne condivido il contenuto, in particolare
l’affermazione che la pluralità di gruppi indipendentisti non è di per sé né un
bene né un male. Peraltro, è un male se si configura come un’accozzaglia di
rozzi gruppuscoli l’un contro l’altro armato, che vogliono imporre il proprio
punto di vista, che si ritengono depositari della verità, che si sentono
portatori del verbo venetista migliore. Con questo velleitarismo non si va da
nessuna parte e si fa il gioco della potenza dominante.
Per contro, è
necessario che i gruppi sinceramente indipendentisti stanino gli
autonomisti che dissimulano solo il desiderio di entrare nell’élite di coloro
che si spartiscono il potere in conseguenza di una Costituzione
catto-bolscevica che ha stretto l’Italia in una camicia di forza apparentemente
democratica ma che di fatto ha solo sostituito la dittatura di un partito, il
PNF, con quella di una partitocrazia tanto più rivoltante quanto ipocritamente
sventolante la bandiera della democrazia di cui fa strame. E’ stata persa
l’occasione nel dopoguerra, quando gli sciacalli che pretendevano falsamente di
accreditarsi come vincitori, liberatori dell’Italia dal giogo nazi-fascista, si
sono limitati a spartirsi la preda di uno Stato accentratore e non hanno voluto
seguire l’esempio della Germania che si è data un assetto istituzionale
federale.
Ora è giunto il
momento di fargliene pagare le conseguenze. L’unico obiettivo che deve unire
tutti coloro che si sentono autenticamente Veneti e desiderosi di
riallacciarsi ad una storia proditoriamente ed illegittimamente interrotta nel
1797 è l’ottenimento dell’indipendenza, l’affrancamento, l’emancipazione dallo
Stato italiano. Le diverse visioni dell’assetto dello Stato veneto devono
confrontarsi solo nella fase successiva, in una regolare e democratica competizione,
lasciando al popolo veneto il potere e il compito di darsi l’ordinamento che
ritiene più consono alla tutela della propria dignità e alla realizzazione del
suo futuro, memore dei valori e dei principi morali che hanno fatto grande la
nostra ultramillenaria Repubblica, lo Stato più longevo che sia mai apparso
alla ribalta della Storia dell’umanità. Solo così la Serenissima può risorgere
dalle sue ceneri come una nuova Fenice e si intraprende quel cammino che un
patriziato rilassato e desideroso solo godersi la propria ricchezza ha
illegalmente interrotto. Divisi si perde, si fa il gioco dell’avversario. Uniti
si vince.
Io sogno un libero
Veneto, con Venezia sua naturale capitale, in un’Europa federale, un’Europa
dei popoli che spazzi via il giogo di questa burocratico carrozzone al quale
hanno voluto dare il nome di Unione Europea, tradendo l’ideale che aveva
accomunato i suoi padri fondatori che volevano qualcosa di radicalmente diverso
da questo mostro: Conrad Adenauer, Josef Bech, Alcide De Gasperi, Jean Monnet,
Robert Shuman, Paul-Henri Spaak, Gualtiero Spinelli.
Cordialità
W san Marco!
Fonte: visto su L’Indipendenza del 16 novembre 2013
Link: http://www.lindipendenzanuova.com/sogno-un-veneto-libero-venezia-capitale-e-uneuropa-federale/
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