Durante la tradizionale sfilata del 1° maggio 2011, davanti
ad una numerosa platea, Marine Le Pen
tenne un discorso dedicato a Giovanna d’Arco ed ai lavoratori.
Mi sono imbattuto per caso su facebook in questo discorso,
postato in bacheca da un cittadino italiano, che di mestiere fa il cameriere e
che come immagine introduttiva del “diario facebook” ha una foto che
rappresenta il volto di Che Guevara. La circostanza mi ha incuriosito e ho
cominciato a leggere. Confesso che ignoravo completamente i toni, lo stile, i
contenuti, le posizioni di Marine Le Pen e che non mi sono minimamente
interessato alle elezioni presidenziali francesi.
Leggendo il discorso, ho capito – lo capirebbe anche un
bambino – per quale ragione Marine Le Pen ha ricevuto tanti voti e perché il
F.N. sia stato il partito più votato nel primo turno tra le fasce sociali più
deboli (33%, secondo i sondaggi).
Voglio chiederei ai lettori di Appello al Popolo di
commentare questo articolo, secondo uno schema semplice. Lo schema è questo:
“Condivido e/o apprezzo: 1)…2)…3)…”; “Non condivido e/o non apprezzo: 1)… 2)…
3)”; ovviamente è opportuno segnalare anche ciò che manca, ossia le lacune
della proposta politica di Marine Le Pen. Chiederei a tutti di muovere da ciò che
condividono o apprezzano. Io mi riservo di intervenire per ultimo. Mi
raccomando soltanto di farvi coraggio e di essere sinceri. Anche se siete
comunisti comunisti comunisti dichiarate ciò che condividete e/o apprezzate,
senza tralasciare alcun profilo di vostro gradimento. Potrete sempre sostenere
che Marine Le Pen certe cose le dice ma non le pensa. E’ un esperimento, utile
a sondare se e in che modo regga la tradizionale distinzione sinistra/destra
(SD’A).
«Signore, Signori,
miei cari compatrioti,
Mi sia permesso dirvi
quanto mi tocca la vostra presenza numerosa, gioiosa e fraterna. Grazie a tutti
quelli che seguono questa tradizione che ci permette di ritrovarci ogni anno
per la commemorazione di quella meravigliosa ed incomparabile figura della
nostra storia nazionale che è Giovanna d’Arco.
Un benvenuto a tutti
coloro che – e sono molto numerosi lo so – per la prima volta si uniscono a noi
in questo incontro primaverile; spero abbiano colto il calore dell’amicizia che
ci unisce. Un saluto amichevole a tutti i telespettatori e soprattutto ai
nostri simpatizzanti che, grazie alla messa in onda di questo discorso, ci
fanno l’onore di ascoltarci.
Un pensiero ai nostri
compatrioti d’oltremare, in particolare a quelli della Martinica, messi alla
prova da gravi inondazioni; sappiano che pur lontani dai nostri occhi sono
sempre vicini ai nostri cuori. Non voglio dimenticarmi, testimoniando
pubblicamente la mia gratitudine, l’impegno dei volontari e quello delle
amministrazioni locali e centrali che hanno garantito lo svolgersi ed il
successo di questa splendida manifestazione.
Infine, a nome di
tutti gli aderenti al Fronte Nazionale, mi permetterete di rendere un omaggio
particolare al nostro Presidente onorario, che come sempre ha mantenuto la
parola ed è riuscito in condizioni difficilissime a portare a buon fine la
vendita del nostro paquebot (la vecchia sede sociale del FN situata a
Saint-Cloud venduta per 10 milioni di euro, ndr), risanando così le finanze del
nostro movimento e permettendoci di guardare al futuro con fiducia.
All’inizio di questo
terzo millennio, ad un anno dalla celebrazione del sesto centenario dalla sua
nascita, può sembrare anacronistico il celebrare Giovanna d’Arco. Ma questa
celebrazione è – ve lo ricordo – una festa nazionale repubblicana in quanto Giovanna
d’Arco è sia una santa cattolica che un’eroina nazionale.
Sarebbe stato doveroso
che Jean Marie Le Pen ridesse vita e vigore a questa festa nazionale.
Riteniamo infatti di
essere gli anelli di una catena che ci ricollega al passato per via della nostra
storia, ed al futuro per la nostra volontà di crearci il destino. Quindi, lungi
dal ripudiarla, noi rivendichiamo l’eredità dei nostri eroi, eroi nei quali la
gloria non ha macchie da cancellare, la cui vita è fatta di purezza di
sentimenti, di vittorie e di martirio.
Questi esempi ci
arricchiscono per quanto radicano il nostro coinvolgimento nella storia, ma che
dico storia, con l’anima del nostro popolo. E dato che la storia qualche volta
vuole farci delle strizzate d’occhio maliziose, noi terremo presente che il
padre spirituale della piccola Giovanna di Domrémy – colui che si occupò di
elevarne anima e spirito preparandola così al suo glorioso destino – si
chiamava Guillaume Front.
Ma cosa più importante
è il messaggio che ereditiamo dalla vicenda di Giovanna, vicenda di cui voglio
mostrarvi la sorprendente modernità.
A parte la gloriosa
parentesi dell’eroico Bertrand du Guesclin – il più francese dei Bretoni – la
Francia si impantana in questa Guerra dei Cento Anni che vede il suo suolo
invaso dagli inglesi ed il suo popolo, in preda alla guerra civile, dividersi
in due fazioni.
I Burgundi (mi
dispiace per quelli di loro che ci ascoltano), favorevoli all’annessione
all’Inghilterra, volevano far diventare il re d’Inghilterra il “Re di
Inghilterra e di Francia”, all’epoca erano chiamati «francesi rinnegati», e
oggi li si chiamerebbe collaborazionisti. I partigiani di questa doppia corona,
appoggiati a livello intellettuale dalla Sorbona, suggellarono la propria resa
nel trattato di Troyes con la pseudo-buona intenzione di metter fine alla
Guerra dei Cento Anni e di costruire (e non è una novità ), «l’Europa della
pace».
Facciamo presente,
dato che spesso la storia si ripete, che dopo la sconfitta nella Francia del
1940, è ancora il pacifismo, è ancora l’illusione di una pace al costo della
servitù – in pratica una inquietante rinuncia – a condurre alcuni francesi ad
un indegno collaborazionismo con gli invasori.
Comunque, in
quell’anno (1429), il partito della Francia, quello degli Armagnacs, è raccolto
attorno ad un povero e pallido delfino, il piccolo re di Borges. Isolato e
tradito, minato dall’indecisione ed accerchiato dalla cortigianeria più
vigliacca. Malgrado la resistenza dei patrioti francesi nella zona di
occupazione, malgrado il sorgere di movimenti spontanei armati di ribellione
contro l’occupante, per mano di partigiani fra i quali ricordiamo
Mont-Saint-Michel, Reims o Tournai in Vallonia, l’esito sembrava già scritto.
La Francia era destinata a scomparire, annegata nella nuova Europa dell’epoca,
come la chiamavano già a gran voce le supposte elite.
Il seguito lo
conosciamo. Quella giovane ragazza del popolo capace di tanto coraggio quanto
di dolcezza, tanta nobiltà quanta semplicità, tanto ardore quanta modestia,
tanta disinvoltura quanta pietà, riesce a dissipare con la luce della sua
presenza e con l’intensità della sua fede patriottica i dubbi che tenevano
imbavagliate le nostre migliori risorse. Il suo coraggio, potenziato da una
santa innocenza, fa ritrovare subito, anche ai soldati più brutali, la strada
della virtù ed agli alti gradi la strada del dovere e dell’onore. Ai più vili,
l’onta della codardia o del tradimento.
Lei, che piange
davanti al sangue che scorre, dall’alto dei suoi diciotto anni brandisce lo
stendardo della riconquista, libera Orléans e restaura, con l’unzione del santo
di Reims, la legittimità reale. Diremo oggi: la legittimità dello Stato.
Così, in un’atmosfera
di sconfitta morale, di scoraggiamento, di rinuncia e di tradimento perpetrato
da un’elite venduta all’occupante, questa piccola contadina che si definisce
«francese per nascita e per affetto» impersona il soprassalto patriotico del
popolo in un Paese in preda alla spartizione, impersona la lealtà verso questo
Paese, lealtà che si oppone al tradimento perpetrato da parte delle
autoproclamatesi autorità morali del tempo.
In lei si incarna lo
spirito che si oppone alla schiavitù, all’oppressione ed alla collaborazione
con i nemici della sovranità – cosa che avrà in sé un’eco terribilmente attuale
– e la sua favolosa epopea porta ugualmente in sé il marchio inequivocabile
dell’aspirazione del nostro popolo a questa sovranità.
Miei cari amici, che
cosa è la sovranità se non la libertà dei popoli? Che cosa è la sovranità
francese se non la libertà della Francia e del popolo francese? Possiamo noi
rimproverarci di render gloria e di batterci per una Francia libera, per LA
Francia libera? Credo di no.
Certo, i trattati di
Maastricht e di Schengen, come dicono i nomi stessi, non sono stati firmati a
Troyes. Ma avrebbero potuto esserlo benissimo. Del resto, come non fare oggi il
paragone con l’azione antirepubblicana con la quale i nostri governanti di
sinistra e di destra hanno consentito la rapina e l’abbattimento della
sovranità francese ai danni del nostro popolo? La sovranità è prima di tutto la
libertà di determinare le proprie leggi. La sovranità è quanto dichiarato nella
Costituzione della nostra Repubblica: «Il governo del popolo, esercitato dal
popolo, a favore del popolo».
È un fatto che non
deteniamo più la matrice della nostra sovranità perché tutto quello che è il
lavoro legislativo consiste ormai in una servile trascrizione delle direttive
europee. Il parlamento non fa che seguire pedissequamente il cammino che gli
viene indicato dal suo nuovo padrone.
Dove è la democrazia
quando non abbiamo più né libertà legislativa, né libertà giuridica, né libertà
monetaria, né libertà di bilancio?
Oggi, milioni di
francesi – operai, impiegati, disoccupati, agricoltori, artigiani, commercianti
e pensionati – si rivolgono a noi per dire: «Liberateci dalla schiavitù,
rompete le nostre catene, liberateci!».
Amici miei, la Francia
deve liberarsi da una Unione Europea che non ha smesso di indebolirla e di
ridurne le libertà. Le istituzioni sovranazionali che hanno fatto tanto male al
mondo, la prima delle quali è il Fondo Monetario Internazionale, non detteranno
più legge in Francia.
L’era dei tecnocrati,
dei gruppi di pressione, della potenza corruttrice, dei giudici anonimi, degli
esperti venduti e dei recidivi del conflitto di interesse, quell’era avrà fine.
Non c’è cessione di
sovranità più pericolosa della cessione di sovranità territoriale, perché mette
il Paese alla mercé degli occupanti, delle esazioni e delle invasioni.
Oggi non abbiamo più
il controllo delle nostre frontiere perché, dopo aver soppresso le nostre
frontiere nazionali, abbiamo ceduto l’integrità territoriale francese ed
europea ad un organismo europeo denominato Frontex. E siccome ho appena parlato
di anonimato, faccio una domanda : I francesi sanno cosa sia il ’Frontex’? No,
non lo sanno di certo.
La casa è aperta e noi
abbiamo dato le chiavi del giardino ad uno sconosciuto, un incapace, un assente
per giunta verosimilmente desideroso di vedere altri installarsi in casa a
nostra insaputa.
Come Fantomas, Frontex
è invisibile. Vengono distribuiti dei permessi di soggiorno provvisori che di
fatto diventeranno definitivi perché immediatamente prevengono qualsiasi
ritorno nel Paese d’origine. Chiunque può scomparire nel territorio europeo,
facendo rotta per la Francia, la nazione più attraente di tutte per le sue
politiche sociali.
Questa perdita di
sovranità, cioè questa perdita di libertà, non è solo a livello legislativo o
territoriale. Essa infesta tutti i settori dato che la nostra classe dirigente
vuole avere il potere solo per gli onori e non per gli oneri né per le
responsabilità legate alle loro prerogative.
Il servilismo
garantisce un certo tipo di tranquillità che la libertà non permette. Il
servilismo è spesso tranquillità, la libertà è sempre esigente.
Che cosa non mi sono
sentita dire per aver sostenuto che bisognava anticipare, e non subire,
l’uscita dall’euro, l’uscita da una moneta, scusatemi… da un dogma, che porta
dentro di sé troppe contraddizioni per essere fattibile e che è fallito ormai
anche agli occhi dell’intero pianeta e di economisti sempre più numerosi.
Di volta in volta,
sono stata accusata dai sapientoni, dai professoroni della morale pubblica,
dagli espertoni che si sono sempre sbagliati, sono stata accusata di debolezza,
avventurismo, incoscienza nel scegliere la libertà, la libertà di avere una
moneta nazionale.
Forse le nostre élites
sono così sovvertite, subordinate od in malafede da non poter ipotizzare quella
stessa sovranità monetaria che Svizzera, Inghilterra – e con loro il 95% delle
nazioni del mondo – vivono con soddisfazione?
La verità è che oggi
la zona euro vive completamente isolata dal mondo, discostata dalla crescita
mondiale, essendosi bloccata in una politica assurda, una politica suicida. La
Francia rientrerà nel novero delle nazioni grazie alla libertà monetaria!
Questi bei signori,
per così dire illuminati, si sono forse dimenticati che la Francia è stata
definita nella sua storia la «grande nazione» e che il genio del suo popolo
l’ha fatta risplendere nel mondo intero? Bisogna forse ricordare loro che
durante i secoli, il nostro Paese ha gestito l’intera emissione della propria
moneta nazionale con il più grande beneficio per la sua economia e la sua
prosperità? Si sono forse dimenticati che alla fine della guerra, c’è stata
l’indipendente determinazione del Generale de Gaulle di rifiutare di vedersi
imporre una valuta USA che i liberatori americani avevano importato insieme ai
loro mezzi militari?
Scommetterei per certo
che gli odierni euromaniaci avrebbero applaudito una tale paternalistica
colonizzazione monetaria del nostro Paese. Come in campo militare, dove la
Francia è stata dotata, per la propria indipendenza, dell’arma nucleare ed
aveva preso le distanze dalla NATO, il rifondatore della Francia moderna ha
così testimoniato in ogni momento la propria sana ed esigente determinazione
all’indipendenza nazionale.
La tranquillità della
schiavitù la si ritrova in ogni epoca ed è giunta a noi fin dai tempi di
Giovanna d’Arco. Da parte mia, traggo inspirazione da quelli che hanno osato,
perché lungi dall’aver dubbi, credo nel genio francese ed ho fiducia in una
Francia legittimamente fiera di se stessa ed orientata verso il proprio futuro.
Mi metto nel novero
degli storici combattenti per la libertà, dei milioni di combattenti anonimi
morti per essa, da Bouvines a Chemin des Dames, le battaglie del grande destino
repubblicano, da Victor Schoelcher a Charles de Gaulle, le battaglie di tutti
quelli che hanno difeso la libertà a dispetto delle pressioni, a dispetto degli
inviti suadenti a rinunciare!
Credo nella
predisposizione del nostro popolo, nella nostra capacità collettiva di farsi
carico del proprio destino e, ad un livello più ampio, nella vocazione dei
popoli – di tutti i popoli del mondo – di disporre di se stessi.
Miei cari amici, oggi
ve lo dico con un tono grave: la libertà dei popoli non è collocata nella
testata di un missile NATO!
Si trova nel genio
nazionale, nell’educazione e nella diplomazia!
Inoltre, io non vedo
chi meglio di noi, che siamo il popolo francese, possa sapere cosa sia buono,
utile e giusto per noi stessi. Non vedo chi ami i nostri figli più di noi, chi
possa trasmettere loro con maggior premura – e senza manometterlo – lo
straordinario patrimonio che abbiamo ricevuto.
In una parola, non se
ne abbiano a male il signor Von Rompuy od il signor Barroso, ma tocca a noi
decidere di noi stessi!
Ecco perché, con una
tale perseveranza, il Fronte Nazionale difende da decenni un sistema elettorale
totalmente proporzionale, un sistema che permetta a tutti i francesi e ad
ognuno di voi, di essere ascoltato e rappresentato. È la ragione per la quale
noi reclamiamo da sempre, con lo scopo di una democrazia ritrovata, una
repubblica referendaria che si rivolga al popolo ogni volta che sono in gioco
aspetti essenziali.
Perché a differenza
della sprezzante casta al potere da oltre 30 anni, io credo nell’intuizione e
nell’intelligenza del popolo ed alla sua vocazione ad innalzarsi un po’ ogni
giorno.
Questa intelligenza,
questa intuizione, questo buon senso, io li ritengo infinitamente superiori a
quelli delle élites autoproclamatesi, le quali non abitano nella stessa nazione
nella quale abitiamo noi!
Ecco perché, quando
sarò eletta, io chiederò ai francesi, per via referendaria, quale impostazione
vorranno dare alla nostra politica di libertà in Europa. Un tema che non
permetteremo, agli altri partiti, che sia messo a tacere.
La sovranità – cioè la
nostra libertà collettiva – sarà, io credo, una delle grandi scommesse delle
presidenziali.
Voglio ricordarvi
subito i grandi insegnamenti della vicenda militare epica di Giovanna d’Arco.
Questa epopea, che ha cambiato la faccia dell’Europa, Europa che per l’epoca
equivaleva al mondo, fu breve: un anno. Un anno durò anche il martirio di
questa giovinetta diciannovenne venduta agli inglesi, incarcerata, controllata
da dei codardi, e giudicata in un processo nel quale, sola contro una muta di
bestie, impressionerà ancora di più per la sua opposizione ad ogni arbitrio.
Dunque, un periodo
così breve, tumultuoso e di sofferenze, che precedette il terribile supplizio
del rogo, è un’ode magnifica e terribile alla libertà: la libertà di un popolo
in lotta per la propria sovranità, per la libertà dell’uomo contro ogni
oppressione.
Noi soli possiamo
restituire al popolo francese la sua sovranità e quindi la sua dignità e
fierezza. Noi siamo anche i difensori delle libertà pubbliche ed individuali
meno visibili! Perché le nostre libertà non sono un’acquisizione certa, non
basta inorgoglirsi per l’essere la patria della libertà perché ciò resti vero
per l’eternità.
La realtà è che la
difesa della libertà è un combattimento impegnativo e quotidiano! Infatti è nel
vissuto quotidiano dei francesi che le nostre libertà si sono spente,
affievolite e sono state barattate dalle élites autoproclamatesi con lo scopo
di consolidare il proprio potere e di difendere gli interessi personali e le
proprie prebende».
Marine Le Pen
…«Ed è dunque per
questo che la libertà di discussione è stata totalmente annichilita. Il
dibattito è ridotto, condizionato o addirittura palesemente proibito.
- L’affondamento
annunciato dell’euro? Proibito parlarne…
- Il fallimento
dell’Europa?… proibito
- L’immigrazione…
proibito…
- L’arretramento dei
nostri valori sociali… proibito…
- Il dramma del libero
scambio… proibito…
Noi, difensori della
libertà di pensiero e di opinione senza le quali democrazia non è che una
parola morta, noi obblighiamo al dibattito… e la cosa da fastidio.
Un grande
rivoluzionario l’aveva già previsto: «L’uomo geniale che rivela delle grandi
verità ai propri simili è quello che ha superato il modo di pensare del proprio
secolo. L’ardita novità delle sue idee spaventa sempre le altrui debolezze e
l’altrui ignoranza. I pregiudizi si legheranno sempre con l’invidia e lo
dipingeranno od in modo odioso o ridicolo».
Jean-Marie Le Pen, che
ha subìto tutto ciò per oltre 40 anni senza mai arrendersi e che per questo ha
meritato la nostra immensa ammirazione e la nostra eterna riconoscenza, ci ha
mostrato il cammino. Ed il cammino è quello della verità e della libertà.
Certo, la libertà di discussione fa loro paura perché da tale libertà escono
una verità ed una speranza per il popolo francese. All’opposto, devono
camuffare la verità e soprattutto le loro responsabilità nella terribile crisi
che sta vivendo il nostro Paese.
Somma del fallimento
della destra e della sinistra confuse fra di loro da oltre 40 anni: non si
discute, non si discute oppure parlano gli esperti, nel qual caso questi ultimi
saltano in prima linea ed infestano tribune e platee. Esperti.
Ma, Esperti di che?
Esperti di cosa?
Perché se c’è una
crisi è quella dovuta alla pseudo-esperienza ed alla pseudo-competenza!
Esperti in
disoccupazione, questo è sicuro, perchè ne hanno prodotti quasi 5 milioni.
Esperti in diminuzione
del potere d’acquisto, certo, perchè una categoria sociale dopo l’altra –
agricoltori, pescatori, operai, piccoli funzionari – sono state colpite tutte.
Esperti in debito
pubblico, non c’è dubbio: ne hanno prodotto uno da 1.700 miliardi di euro.
Esperti in deficit,
altrochè.
Ed Esperti in
delinquentocrazia che prospera.
Esperti nella
proletarizzazione della classe media.
Esperti nell’incultura
avanzante.
Esperti
nell’indebolimento dello Stato.
In una parola: Esperti
sì, ma Esperti del caos!
Quotidiani dopo
quotidiani, programmi televisivi dopo programmi televisivi, finti dibattiti
dopo finti dibattiti, una volta certi di aver soffocato la discussione, gli
Esperti possono allora prendersi il lusso di cantarci l’inno della libertà… ma
non è né Verdi né il Nabucco!
Il loro inno è un de
profundis cantato nei cimiteri: i cimiteri delle loro promesse non mantenute, i
cimiteri delle loro menzogne, delle nostre speranze ammazzate, del nostro
avvenire fatto a pezzi. E moltiplicano il loro starnazzare come galli spiumati
che raspando nel concime pensano di esser loro a far uscire il sole!
Avete votato ieri per
l’UMP (Unione per un Movimento Popolare), o per il PS (Partito Socialista),
avete accettato senza brontolare la vostra diminuzione del potere d’acquisto,
la vostra disoccupazione, una crescente insicurezza, un triste futuro personale
che immaginate ancora più difficile per i vostri figli? Allora siete dei bravi
elettori: molto educati, per nulla imbarazzanti, intenti a cercare di
sopravvivere, impegnati ad aggiungere altri lavoretti per compensare la
riduzione del potere d’acquisto, con il massimo di aiuto e solidarietà
famigliare.
Ma ecco che la crisi
colpisce più forte, la vostra sofferenza diventa insopportabile e malgrado le
preghiere e le omelie di tutti questi nuovi sacerdoti della mondializzazione,
voi vi rendete conto di come stiano veramente le cose, perché vi rendete conto
che vi hanno mentito, vi hanno mentito ancora una volta, vi hanno mentito
sempre, ed allora comprendete il nostro progetto di speranza, iniziate a
rivolgervi verso una speranza nuova, quella che gira le spalle alla
mondializzazione, quella che vi protegge da essa; perché la mondializzazione è
l’appiattimento del mondo.
È Coca-cola e Nike per
tutti, in un universo che diventa un’unica periferia disseminata di ipermercati
intasati da prodotti provenienti dal mondo intero e frutto dello sfruttamento –
condotto senza il minimo imbarazzo – di produttori che si trovano qui, od in
qualunque altra parte del mondo.
Questa è la
distruzione voluta e programmata delle nazioni, dei popoli, delle identità
culturali e la mercificazione di tutto e di tutti.
È la schiavitù dei
tempi moderni: popolazioni che si spostano da un continente all’altro a formare
l’armata di riserva del capitalismo, armata che permette ai grandi proprietari
di sfruttare i lavoratori francesi; che permette di abbassare i salari grazie a
questa delocalizzazione interna e che frantuma il potere d’acquisto, ma che è
così vantaggiosa per i super profitti degli azionisti.
E questa presa di
coscienza vi spinge a votare per il Fronte Nazionale e per i suoi candidati,
rendendovi conto che non vi hanno mai mentito, che siamo stati sempre fedeli
alle nostre convinzioni e che le nostre analisi vengono confermate ogni giorno,
basta osservare la terribile realtà quotidiana. Ogni giorno sempre più
numerosi, vi accorgete che il Fronte Nazionale propone delle soluzioni e delle
risposte concrete ai problemi che vi assillano.
Ogni giorno sempre più
numerosi, comprendete che le vostre libertà dipendono dalla salita al potere
dell’unico movimento capace di difenderle.
Perché noi siamo i
soli ad osare dire la verità. Gridiamola!
Dove è la libertà
sindacale se gli operai sindacalizzati sono inseguiti ed esclusi se la pensano
in modo diverso, semplicemente perché pensano?
E quando dei dirigenti
sindacali tradiscono i lavoratori conducendo col potere politico od economico
dei negoziati alle loro spalle?
Quando la corruzione
impera e l’UIMM [Union des Industries et Métiers de La Métallurgie, Sindacato
dei metalmeccanici, ndt], tacita le rivendicazioni con valigiate di soldi?
Quando i grandi
sindacati non devono nemmeno rendere conto dei propri bilanci e non esiste
alcun controllo sulle loro finanze che derivano dai soldi usciti dalle tasche
dei contribuenti?
Allora sì, noi
ristabiliremo la libertà sindacale, quella vera! Esigeremo che i finanziamenti
ai sindacati siano oggetto di controlli come i finanziamenti ai partiti
politici. Esigeremo che si metta fine alla totale opacità in materia.
Noi contribuiremo a
far emergere un sindacalismo finalmente rappresentativo, permetteremo ovunque
la creazione di sindacati realmente liberi che raccoglieranno quei dipendenti,
funzionari, impiegati, operai ed agricoltori che, a milioni, si rivolgono a
noi.
Dovrà analogamente
essere ristabilita la libertà di stampa. Possiamo ancora parlare di vera
libertà di stampa – sia scritta che radiofonica od audiovisiva – quando questa
è finita nelle mani di grandi gruppi industriali o finanziari?
La vera domanda che si
pone è: la stampa può essere davvero libera senza essere indipendente? Può
agire liberamente quando gli stessi gruppi che la possiedono dipendono essi
stessi dagli enormi contratti concessi dai poteri pubblici? La libertà, è
compatibile con i monopoli?
E voi, giornalisti,
dov’è la vostra libertà quando è la paura a guidarvi? Quando la tirannia del
pensiero unico fa sì che voi stravolgiate la lingua nella vostra bocca o la
penna con la quale scrivete, per la paura di essere accusati di «dire come
Marine Le Pen» [e cioè] che quando siamo in agosto siamo in estate o che Parigi
è la capitale della Francia, due palesi mostruosità!
Dove è la vostra
libertà d’informazione quando il totalitarismo del pensiero vi porta a
denunciarvi l’un l’altro, a compilare delle liste di devianti come ancora di
recente ha fatto il Nouvel Observateur, accusando di eresia questo o quello la
cui analisi o giornale è tacciato di compiacenza quando spesso altro non è che
descrittivo od oggettivo?
Qual è la vostra
libertà, voi che non osate alzarvi contro questo nuovo maccartismo temendo di
fare la fine di Elisabeth Lévy, Robert Ménard, Eric Zemmour, Philippe Cohen,
Natacha Polony, Luc Ferry o di Ivan Rioufol, temendo di essere il prossimo
sulla lista delle vittime di queste piccole Torquemada dei tempi moderni che
sono però [fatte] di vostri confratelli!
Ah, la libertà di
stampa è fondamentale perchè fa parte della democrazia. Avere la libertà di
infilare una scheda nell’urna va bene, ma dobbiamo ancora sapere perchè ed a
vantaggio di chi, ed essere informati nella maniera più obbiettiva possibile.
Ed affermo anche
questo: anche la stampa dovrà essere liberata dalla dittatura dei benpensanti e
dalle pressioni degli interessi politici e finanziari.
Parallelamente, e per
le stesse ragioni, veglieremo gelosamente per la libertà su internet lottando
in modo risoluto contro la scandalosa legge Hadopi; un tentativo totalitario di
sorveglianza e di tracciamento degli internauti che nemmeno il Grande Fratello
di Orwell si sarebbe mai sognato ed il cui scopo evidente è quello di tentare
di fare tacere questa dissidenza, questo ribollire d’intelligenza che ha
trovato rifugio nella rete.
Ristabiliremo la vera
libertà economica, perché la libertà è tutto tranne che l’ultraliberismo. Gli
europeisti si vantano di difendere la libertà accampando che l’Europa è
ultraliberista. Ma questa è una manipolazione perché in realtà non difende che la libertà di quelli
che hanno già tutto ed opprimono gli altri, quelli che non hanno niente.
Questa cosiddetta
libertà è quella della volpe nel pollaio, è la legge della giungla, la legge
del forte contro il debole. Perché, alla fine, qual è la libertà di un piccolo
commerciante schiacciato dalla forza della grande distribuzione che gli ha
imposto una concorrenza insostenibile e mortale?
Qual è la libertà del
piccolo produttore, dell’industriale, dell’agricoltore? Davide contro Golia,
schiacciati da ogni parte, col ricatto delle garanzie da dare e l’obbligo a
ridurre sempre più i propri margini di guadagno, fino alla miseria e talvolta
il fallimento?
Qual è la libertà dei
piccoli e medi imprenditori, dei commercianti, dell’artigiano, schiacciati da
una burocrazia sempre più insopportabile, da tasse sempre più pesanti, di
fronte alle multinazionali del CAC 40 [indice di Borsa che raggruppa le 40
aziende francesi più capitalizzate, ndt], che sfuggono alle tasse a colpi di
vantaggi fiscali ottenuti grazie ai propri eserciti di avvocati e consiglieri
fiscali?
Quale è la libertà per
il contribuente se non quella di pagare le perdite dei banchieri – unica vera
doppia pena – perché hanno giocato con la nostre economie e se le sono perse,
ed hanno dedotto le perdite d’imposta che non hanno versato allo Stato e si
sono intascati le sovvenzioni ed oggi realizzano dei guadagni esorbitanti senza
precedenti?
Non c’è nessuna
libertà in questo liberismo che impedisce allo Stato programmatore, di
intervenire, di regolamentare, di proteggere il debole contro il forte, di
fermare la speculazione, di lottare contro gli intrallazzi, di sopprimere i
paradisi fiscali, di garantire la giustizia fiscale e di limitare i bonus
indecenti.
Non c’è nessuna
libertà in questo ultraliberismo che soffoca i talenti, scoraggia l’iniziativa,
rovina la buona volontà ed uccide gli indipendenti. Non c’è nessuna libertà in
questo sistema iniquo di disoccupazione di massa e di costante spinta verso il
basso dei salari.
Dov’è la libertà
quando non ci si può più guadagnare onestamente di che vivere grazie ai frutti
di un lavoro giustamente retribuito?
Dov’è la libertà
quando non ci si può più creare un patrimonio frutto del proprio risparmio, al
riparo dall’avidità delle banche?
Dov’è la libertà
quando non ci si può più garantire un avvenire per i propri figli né ricevere
una pensione decente?
Dunque, l’imperativo
per restituire ai francesi la libertà di costruirsi il proprio futuro passa
attraverso un progetto economico ambizioso che ritrovi la strada per creare dei
posti di lavoro a tempo indeterminato. Noi libereremo i nostri imprenditori
della piccola e media industria [PME, ndt], i nostri artigiani, ed i nostri
commercianti. Li libereremo dai pesi amministrativi e fiscali che legano la
loro creatività e soffocano la vita economica.
Affinché non siate
abbindolati, miei cari compatrioti, [sappiate che] il vostro essere impoveriti
è un mezzo per asservirvi. Infatti, il tempo che dovete usare per sopravvivere,
non lo potete passare a combattere, né a pensare, né a costruire. Allo stesso
modo bisogna rendersi conto della distruzione della nostra libertà individuale
quando delinquenza e barbarie esplodono nelle nostre campagne e città.
In questa battaglia
per la sicurezza – la prima delle libertà – i poteri che si sono succeduti si
sono gravemente incagliati, incastrati fra lassismo e cultura delle
giustificazioni, hanno permesso che si moltiplicassero le aree prive di leggi,
lasciando interi quartieri alla legge della mafia ed i francesi che vi vivono
in balìa dell’oppressione del disordine.
Dunque, aveva ragione
Charles Péguy quando sosteneva che «è l’ordine e solo l’ordine che in
definitiva determina la libertà, il disordine crea la schiavitù».
È questa esigenza di
libertà che oggi, come sempre, ci spinge a combattere il comunitarismo che è la
negazione della laicità, della repubblica, dell’individuo libero e la negazione
del cittadino quale membro di una nazione politica e fisica.
La nostra visione
dell’uomo è quella di un individuo saggio, libero nelle sue scelte,
affrancatosi dalle pesantezze di una comunità che spesso non ha scelto e che
troppo spesso lo limita. Ne deriva che l’unica comunità che valga è quella
nazionale, in quanto è l’unica che permetta la crescita e la libertà.
Gli integralisti
isolazionisti, che finora sono entrati nella repubblica come si entra nel
burro, devono sapere che con noi questo principio fondamentale sarà ribadito
alto e forte e ristabilito ovunque: non c’è uno Stato dentro ad uno Stato e non
c’è un metro quadrato di territorio nazionale nel quale noi accetteremo che le
leggi di una comunità si sostituiscano alla legge francese.
Da ultimo, miei cari
amici, l’apprendimento della libertà si fa – e lo sapete bene – a partire dalla
scuola.
Ci diceva Condorcet:
«Non c’è libertà per l’ignorante», ed aveva ragione. L’appiattimento del
livello e delle esigenze della scuola non poteva infliggere danno peggiore al
nostro Paese ed alla gioventù della Francia. Il re bambino e tutte quelle
teorie drammatiche smerciate dai pedagogisti stile '68 hanno rovinato la scuola
che non ha più trasmesso il sapere, cosa che è il suo ruolo primario.
Ma nulla è perduto.
Rimettere a posto la
scuola richiederà il rilevarne le esigenze, sia per la formazione dei
professori che sui banchi della classe: esigenze di preparazione, esigenze di
disciplina, esigenze nella trasmissione dei valori. Imparare non è un gioco, è
difficile, impegnativo, talvolta fin doloroso. Ma apprendere è bello, miei cari
amici, è bello!
È bello uscire dalla
caverna, uscire dall’illusione e capire com’è veramente il mondo! Il libero
arbitrio è un felice dono per l’uomo e la scuola deve dotarsi dei mezzi per
svilupparlo nei nostri figli. Il gusto dell’impegno, il merito repubblicano ed
il lavoro, saranno ricompensati.
Quanto al lavoro
manuale, sarà liberato dal disprezzo dei saputelli e ritroverà la dignità che
aveva ingiustamente perduto. Eviteremo anche di pensare che in quel quartiere o
quell’altro non ci sia nulla da fare e che alcuni giovani non abbiano altro
destino che giocare a football, il rap, la droga od un lavoro precario in nero.
No, dobbiamo essere
esigenti con tutti e credere nelle capacità di ognuno e non cedere mai alla
demagogia: il prestigio dell’autorità è il miglior servigio che si possa
rendere ad uno scolaro che si è perso.
Una simile scuola
esigente sarà la sola e vera scuola della libertà!
Francesi, rendetevi
conto che il Fronte Nazionale è l’unico partito che rispetti, e che farà rispettare,
tutte le vostre libertà individuali!
Fra un anno noi ci
ritroveremo qui, nel mezzo dei due turni delle presidenziali. Il popolo di
Francia avrà iniziato a disfarsi delle catene che lo imbrigliano. Ma il meglio
dovrà ancora venire. Io ve lo dico, miei cari amici, fra un anno ci ritroveremo
a pochi giorni dalla primavera francese! Il nostro magnifico Paese, ricco di
così tanti talenti, ha immense riserve di coraggio e di patriottismo. E questo
coraggio è essenziale, come ha già detto così giustamente Pericle: «Non c’è
felicità senza libertà, nè libertà senza coraggio!».
Vi chiedo di aiutarmi
e di aiutare il popolo francese a scegliersi un nuovo destino. Un vero destino,
a respingere i sentimenti tristi ed a costruire insieme un avvenire per i
francesi!
Miei cari compatrioti,
usciremo presto dalle tenebre! Il popolo sta facendo ritorno! La Francia sta
facendo ritorno!
Viva il Fronte
Nazionale, viva la repubblica, viva la Francia!»
Marine Le Pen
Fonte: Appello al Popolo del 5 maggio 2012
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