Secondo l’Agenzia delle Entrate la tassazione sul reddito
d’impresa raggiungerebbe questo valore percentuale.
Lui, Fabrizio
Castoldi, 70 anni, presidente del gruppo Bcs, 800 dipendenti, attivo nella
produzione di trattori agricoli (dà lavoro a mezza Abbiategrasso, provincia di
Milano), ritiene si tratti di un numero totalmente fuori dalla realtà perché
prende in considerazione soltanto i coefficienti iniziali (cioè la somma
dell’Ires al 27,5% e Irap al 3,9%). Anzi
in questo dato rinviene persino un raggiro nei confronti degli investitori
esteri che immaginano sia il dato puntuale della pressione fiscale nel nostro
Paese. Per suffragare la tesi ha elaborato un prospetto
– uscito dal suo ufficio contabilità – che potete vedere qui.
Il documento
Documento che evidenzia come l’imposizione fiscale sia
nettamente superiore perché l’Irap – l’imposta regionale sulle attività
produttive (pur rivisitata ora con la legge di Stabilità che ha azzerato la
componente del costo del lavoro) – varia dal 3,9% al 4,9% a seconda della
regione. A cui aggiungere l’Imu (non calcolata dalle Entrate), tassa
comunale/statale che grava su capannoni e immobili industriali, in una
variabile compresa tra lo 0,46% fino all’1,06% sul proprio imponibile a seconda
delle necessità di cassa del municipio di appartenenza. A cui sommare anche
l’Ires fissata al 27,5%.
Il conto sarebbe finito qui se non fosse che sull’Irap si
applica anche il 70% della componente Imu più gli interessi passivi solo al di
sopra di una certa soglia (il 30% del margine operativo lordo più ammortamenti,
più il leasing, più l’80% dei costi auto) e anche il costo del lavoro
dipendente a tempo determinato (cioè coloro i quali svolgono attività occasionali
e i lavoratori a progetto).
«Le tasse in Italia
non aumentano in funzione del reddito, ma in funzione dei posti di lavoro»,
dice adirato Castoldi. Tesi che
suggerisce di portare la produzione all’estero:
«Per produrre i
trattori ho bisogno di macchinari – spiega – quindi un capannone dove
sistemarli e un terreno su cui mettere il capannone, infine gli operai per far
funzionare i macchinari. In sostanza creo posti di lavoro. Peccato che su tutte
queste componenti lo Stato mi tassa proporzionalmente: più produco, più pago
imposte all’erario, secondo una logica distorta».
Il corollario è produrre oltre confine, delocalizzare. Con
il rischio di lasciare 800 famiglie sul lastrico. (tratto da www.corriere.it)
Fonte: visto su Movimento Libertario del 21 ottobre 2014
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