Alla contrapposizione
“semplicità-complessità” si può accostare per convincente analogia quella
di “leggerezza-peso” che apre le “Lezioni americane” di Italo
Calvino. E un inno alla semplicità, audace e suggestivo, ci arriva dal
libro del giurista newyorchese Richard Epstein (“Regole semplici
per un mondo complesso”, pp. XVI+480, € 22,00) edito da Liberilibri,
casa editrice che in questi anni sta animando, in un ambiente tradizionalmente
ostile ai diritti individuali, una autentica contro-cultura. Il bersaglio è qui
la complessità delle leggi, frutto di un’iper-regolazione che pretende di
accompagnarci ‘dalla culla alla bara’ generando una marcata deresponsabilizzazione.
Per avere semplicità nel diritto non è
necessario andare lontano: si riprendano i testi del diritto romano e si
dia un bel calcio al mito della giustizia perfetta. Del resto “quanto
possiamo prendere sul serio un ordinamento giuridico che dedica la fetta
maggiore del suo impegno (…) a identificare e correggere i fallimenti del
mercato risultanti da un’informazione asimmetrica e imperfetta nei rapporti di
lavoro, piuttosto che a contenere la violenza nelle strade”? Non v’è norma
che possa assicurare l’aumento degli stipendi reali e delle opportunità di
lavoro!
L’alternativa è lasciare le iniziative che
possono derivare dalla cooperazione tra individui alla gestione privata –
presumendo che la maggior parte delle persone conosca bene le proprie
preferenze – piuttosto che al controllo pubblico,. La complessità delle norme
disloca il potere decisionale “nelle mani di altre persone a cui mancano le
informazioni essenziali e che sono indotte dall’interesse personale a usare
quelle poche che hanno in modi socialmente distruttivi”. Già Ludwig Von
Mises aveva affermato che per la burocrazia il risultato è la conformità
formale dei propri atti alle norme, non già l’efficacia della sua azione in
termini di benessere e di sviluppo economico.
Pragmatico e realista, Epstein bolla come
utopico l’obiettivo di una società senza governo, mentre considera primario quello di una
società con meno governo.
L’insistenza sull’autonomia della persona e sul
predominio della proprietà privata su quella collettiva “non è un tentativo
che mira a promuovere comportamenti avidi o egoistici”; all’opposto
è molto più sensibile a qualsiasi preoccupazione comunitarista che non le
soluzioni collettive solitamente sbandierate.
Metafora dell’iper-regolazione (e dello Stato
onnisciente e onniprevidente) è la “Babcock mobile”, dal nome
dell’ex-responsabile dell’ufficio legale della General Motors Charles
Babcock, che l’aveva costruita incorporandovi tutti i requisiti dettati
dalla giurisprudenza sui difetti di progettazione. Peccato che, con tutte le
sicurezze di cui era fornita, alla fine la vettura pesava una tonnellata più di
ogni altra in circolazione e per tanto… non era in grado di muoversi!
Compendio importante e pieno di buon senso,
per intelletti esigenti e (in ogni senso) resistenti, “Regole semplici”
assume la logica economica come canone della produzione normativa. Dovrebbero
ben leggerlo coloro che in questi giorni si sbracciano chiedendo l’ennesima
legge anti-corruzione e la centocinquantesima riforma del lavoro.
TITOLO: Regole semplici per un mondo
complesso; AUTORE: Richard Epstein; EDITORE: Liberilibri; PAGINE: 480; PREZZO:
22 euro
Fonte: visto su L’Indipendenza del 21 aprile
2013
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