Questa nazione è arrivata a un bivio, che impone di
procedere verso un cambiamento legislativo. In un momento simile dovremmo non
soltanto guardare al nostro passato, ma altresì adottare piani positivi per il
nostro futuro. L'iniziativa legislativa qui delineata si ripropone di rendere
l'Islanda un ambiente allettante per la registrazione e l'operatività di
organizzazioni internazionali della stampa, nuove start up nel settore dei
media, gruppi di attivisti per i diritti umani e data center di Internet. Si prefigge di rafforzare la nostra democrazia
tramite il potere della trasparenza e di promuovere lo status internazionale e
l'economia della nazione.
Propone infine di attirare l'attenzione su questi
cambiamenti tramite la creazione del primo premio islandese visibile a livello
internazionale: l'Icelandic Prize for Freedom of Expression, il premio
islandese per la libertà di espressione.
I media di tutto il mondo si stanno spostando su
Internet e questo consente di poter pubblicare da qualsiasi località. Per
i lettori è del tutto irrilevante che un quotidiano come il Guardian sia
pubblicato online a Reykjavik o a New York. Al contempo, però, si registra una
dichiarata crisi nel giornalismo di qualità. Dove pubblicare si decide oggi in
funzione di fattori quali la distanza e le capacità delle comunicazioni, i
costi dei server, l'ambiente legale. L'Islanda ha sicuramente dalla sua i primi
due vantaggi: ha veloci cavi sottomarini verso alcuni dei più grandi utenti di
informazione, ha energia pulita, ha basse temperature sempre molto allettanti
per chi deve gestire servizi su Internet. Possiamo creare un contesto politico
e legale ottimale per tutelare la libertà di espressione necessaria per il
giornalismo investigativo e altre forme di pubblicazioni importanti dal punto
di vista politico. Mentre alcuni Paesi assicurano parametri soltanto basilari,
l'Islanda adesso ha l'opportunità di costruire un pacchetto legislativo
stimolante a livello internazionale a partire dalle migliori leggi delle altre
nazioni.
Tra le leggi di maggior successo vi sono le seguenti:
- la recente legge dello Stato di New York per bloccare
l'applicazione delle sentenze del Regno Unito che limitano la libertà di
stampa;
- una legge belga del 2005 che assicura una solida
protezione alle comunicazioni dei giornalisti con le loro fonti;
- la legge sulla libertà di stampa della costituzione
svedese.
Un pacchetto legislativo che si basi su queste e altre forme
di protezione attirerebbe un'ampia gamma di media e di organizzazioni che si battono
per i diritti umani e che sistematicamente devono affrontare inique sanzioni.
Per esempio, le agenzie britanniche di stampa sono costrette
attualmente a redigere una quantità crescente di informazioni attingendo a
documentazioni storiche nel futile tentativo di eludere le disposizioni segrete
che imbavagliano la stampa e altre ingiuriose azioni legali promosse da
miliardari litigiosi e da multinazionali che cercano di insabbiare
comportamenti corrotti.
Nello stesso modo, Transparency International e altri gruppi
di attivisti che si battono per i diritti umani sono sistematicamente citati in
giudizio per aver denunciato episodi di corruzione sui loro siti web.
Questi gruppi influenti sarebbero inclini a promuovere e
proteggere la proposta di legge e tramite essa la forza a lungo termine della
nostra stessa democrazia.
Non sono soltanto gli altri Paesi ad aver bisogno di
accedere a leggi di maggior supporto: non dimentichiamo che il 2 agosto 2009 il
notiziario notturno di RUV è stato imbavagliato dalla banca Kaupthing.
Il potenziale è già molto chiaro. Molti importanti newswire
e associazioni di attivisti che si battono per i diritti umani si sono ormai
trasferiti a Stoccolma in virtù della legge svedese sulla libertà di stampa già
in vigore.
Nello stesso modo, anche la redazione di Malaysia Today si
è trasferita negli Stati Uniti dopo essere stata vittima di sopraffazione nel
suo stesso Paese. Poiché i costi legali per coloro che partecipano al mondo
dell'informazione stanno iniziando ad andare fuori controllo, ovunque si è alla
ricerca di una serie di normative coerenti tra loro che possano fissare e
garantire chiari limiti ai rischi che gli editori devono affrontare.
Non tutti i benefici di questa proposta sono quantificabili
in corone: come avvenne col summit Reagan-Gorbaciov, così non bisognerebbe
sottovalutare gli effetti indiretti ottenibili mettendo insieme gli interessi
del popolo islandese con gli interessi dei media mondiali.
La proposta prospettata sopra renderebbe unica l'Islanda nel
panorama globale e darebbe origine a buona volontà e rispetto delle altre
nazioni. È difficile immaginare rinascita migliore per un Paese devastato dalla
corruzione finanziaria che trasformare in un modello operativo efficace la
facilitazione della trasparenza e della giustizia.
Come trasformare in legge questa visione
Di seguito illustriamo a grandi linee alcune caratteristiche
delle leggi che si dovrebbero valutare con grande attenzione prima di adottarle
per realizzare questo ambiente legale protettivo. In alcuni casi, è evidente la
necessità di modificare la legislazione esistente, in altri occorrerebbe
approfondirne lo studio e ci limitiamo pertanto a sottolinearne i potenziali
problemi, offrendo spunti di riflessione sulle possibili soluzioni. Tenuto
conto del numero di leggi diverse che entrano in gioco e dell'indispensabile
coerenza tra di loro, esortiamo a iniziare quanto prima possibile tale studio.
Protezione delle
fonti.
Attualmente, la protezione delle fonti di un giornalista è
garantita dalla legge sul trattamento dei casi penali N. 88/2008 e dalla legge sul
trattamento dei casi civili N. 91/1991. L'attuale legge sui media contiene
articoli che prevedono la protezione delle fonti di un giornalista. In essa in
ogni caso si afferma che i giornalisti hanno il diritto di rifiutarsi di
rivelare le loro fonti tranne nel caso in cui un tribunale imponga loro di fare
altrimenti, in conformità con l'articolo 119 della legge sul trattamento dei
casi penali N. 88/2008.
Questa sembra proprio una deroga alquanto ampia per un
principio così importante e potrebbe oltretutto contraddire il terzo principio
della Raccomandazione R (2000)7 del Consiglio d'Europa, sulla quale si basano
gli statuti di protezione delle fonti dei media.
Considerata la natura consensuale delle raccomandazioni del
Consiglio d'Europa, dovremmo rafforzare ulteriormente la protezione delle fonti
e andare ben oltre questa semplice raccomandazione.
Protezione di coloro che segnalano possibili reati
Dove è stato possibile raccogliere delle statistiche, si è
evidenziato che a coloro che segnalano possibili reati si devono le rivelazioni
sulla corruzione all'interno delle corporation e dei governi nei quali
lavorano. I diritti delle popolazioni a beneficiare di queste rivelazioni non
dovrebbero essere limitati e, proprio come esistono in molti altri Paesi, si
dovrebbe incoraggiare l'individuazione di meccanismi specifici atti a
denunciare le prassi e le pratiche contrarie all'etica.
Si potrebbe pensare, per esempio, a un diritto assoluto a
comunicare le informazioni a un membro del Parlamento islandese. L'USA Federal
False Claims Act (31 U.S.C. §§3729-3733) fornisce tutele e incentivi modello
per coloro che riportano eventuali frodi perpetrate ai danni del governo.
Secondo l'Ufficio contabilità del Governo (2006), grazie a
questa legge che assicura protezione e incoraggia a denunciare i casi di frodi
contro il governo in molteplici modi, è stato possibile per il governo
recuperare la somma di 9,6 miliardi di dollari.
Per esempio, fornendo agli impiegati la garanzia di
conservare il proprio livello di anzianità e il proprio stipendio, si è
previsto che ricevano altresì dal 15 al 30 per cento dei beni recuperati, come
compenso e come incentivo per riferire in relazione ai reati di cui fossero a
conoscenza.
I proponenti la legge suggeriscono di modificare quelle
norme relative ai diritti e ai doveri dei lavoratori ufficiali (n.70/1996),
così che gli impiegati pubblici possano rompere il loro obbligo al silenzio in
casi di situazioni estreme di interesse pubblico.
Analoghi cambiamenti dovrebbero essere fatti per le leggi
municipali governative (n. 45/1996) relative ai dipendenti dei governi
municipali.
Sono già state presentate modifiche per tre proposte di
legge: il documento parlamentare 41 della 130esima assemblea legislativa, il
994 della 132esima assemblea legislativa, e il 330 della 133esima assemblea
legislativa.
Potrebbe essere opportuno apportare qualche emendamento
anche all'articolo 136 del codice penale generale (n. 19/1940), come quello che
prevede che l'interesse dell'opinione pubblica debba sempre essere ben
determinato nelle procedure contro i dipendenti pubblici che hanno reso note
informazioni coperte da segreto.
Protezione delle comunicazioni
La legge belga sin dal 2005 è stata concepita per proteggere
espressamente ogni forma di comunicazione tra fonti e giornalisti, la cui
definizione di gruppo è da intendersi in senso lato.
Simili tutele però possono avere un effetto limitato qualora
le documentazioni delle comunicazioni protette tra giornalisti e fonti siano
conservate automaticamente da parti terze.
La legge islandese sulle telecomunicazioni N. 81/2003 oggi
in vigore prevede l'obbligatoria conservazione dei dati come previsto dall'EEA.
Si applica ai provider delle telecomunicazioni e la sua applicazione attuale
prevede l'obbligo di conservare tutta la documentazione relativa a tutto il
traffico di comunicazioni per 6 mesi. Essa prevede altresì che le aziende delle
comunicazioni possano consegnare le informazioni sulle telecomunicazioni
esclusivamente nei casi penali o quando siano relative a questioni di pubblica
sicurezza. Prevede anche che simili informazioni non siano passate a nessun
altro se non alla polizia e al pubblico ministero.
La direttiva europea che ha fatto entrare in vigore questa
legge – la 2002/58/EB del 12 luglio 2002 sulla privacy e le comunicazioni per
via informatica - nell'autunno del 2010 dovrà essere riveduta e si prevede che
la Corte costituzionale tedesca deciderà se la conservazione delle informazioni
sia o meno in conformità con il Trattato europeo per i diritti umani.
Considerati questi sviluppi e il trend generale verso una
maggiore consapevolezza della privacy, le leggi islandesi sulla conservazione
delle informazioni potrebbero dover essere aggiornate così da rispettare in
toto tali direttive.
Un altro aspetto della protezione delle comunicazioni è
legato al capitolo V della legge 30/2002 attualmente in vigore relativa ai
servizi di e-commerce ed elettronici in genere, che offre una deroga per il
"mero passaggio", come quello che avviene sui network delle
telecomunicazioni e sui provider su Internet. Esistono poche e ben definite eccezioni a
questa deroga, ma l'eccezione per disposizioni non meglio definite dei
tribunali, senza definizioni più esaustive, solleva non poche preoccupazioni.
Presumibilmente sarebbe necessario migliorare questo
aspetto, chiarendo quali circostanze possano nello specifico innescare e
rendere praticabili queste eccezioni.
Limitazioni alla censura preventiva
La censura preventiva è qualsiasi meccanismo legale al quale
si può ricorrere per evitare efficacemente che qualcosa sia pubblicato. Simili
limiti hanno un impatto significativamente negativo sulla libertà di espressione.
La maggior parte delle democrazie pone limiti forti e in alcuni casi assoluti
alla censura preventiva.
Si dovrebbero inoltre indagare metodi atti a garantire che
le leggi esistenti non siano aggirate o usate male nel tentativo di limitare la
libertà di espressione.
Protezione dei processi
Presupposto fondamentale della democrazia è un equo accesso
alla giustizia. Perfino nei Paesi che hanno forti protezioni costituzionali per
la stampa, come gli Stati Uniti, c'è una carente protezione nei confronti dei
processi e di conseguenza potrebbe essere finanziariamente impraticabile per le
pubblicazioni prendere parte alle battaglie legali. Anche nel caso in cui le
varie pubblicazioni avessero la capacità effettiva di difendersi, ciò potrebbe
rivelarsi controproducente per i loro interessi economici.
Un esempio di ciò è il caso di Time Magazine, quando
dovette affrontare una causa negli Stati Uniti per aver pubblicato in prima
pagina un articolo sulla corruzione finanziaria della setta di Scientology.
Anche se alla fine Time Magazine vinse il ricorso in
tribunale, fu costretta a spendere sette milioni di dollari in spese legali per
portare il caso fino alla Corte Suprema: effettivamente per la rivista Time
si trattò di una sorta di multa di svariati milioni di dollari per aver
semplicemente fatto giornalismo di qualità e una ricerca approfondita.
Per una pubblicazione meno importante sarebbe stato
impossibile permettersi una tale difesa, e sarebbe in ogni caso stato
impossibile per la stessa Time Magazine affrontare altre battaglie del
genere, col risultato implicito che quel caso specifico ebbe un "effetto
raggelante" sul giornalismo di qualità della rivista e interferì con il
processo democratico.
In realtà, per un piccolo editore dovrebbe essere sempre positivo
dal punto di vista dei costi ergersi contro un litigante molto solido dal punto
di vista finanziario e il cui unico scopo sia quello di nascondere la verità e
in linea generale dovrebbe essere possibile per le piccole entità difendersi
nei confronti di quelle più grandi.
Un modo per riuscirci è facendo ricorso a una metodica
simile agli statuti californiani detti anti-SLAPP (Strategic Litigation against
Public Participation). In virtù di tale sistema, chi si difende potrebbe sempre
chiedere al giudice incaricato di considerare il caso in questione come una
faccenda di libertà di parola. Se tale approccio fosse autorizzato, durante il
caso si attiverebbero infatti varie tutele e protezioni, e qualora il caso
fosse difeso con successo, il querelante dovrebbe pagare in toto tutte le spese
legali connesse al caso.
Protezione della
storia
Il 9 marzo 2009 la Corte Europea di Strasburgo per i Diritti
Umani ha emesso una sentenza contro il Times di Londra che ha
contribuito a diffondere grande incertezza tra gli editori europei. La Corte ha
confermato che ai fini della legge contro la diffamazione a mezzo stampa, una
pubblicazione su Internet dovrebbe essere considerata pubblicata ex novo ogni
volta che un nuovo lettore la legge.
Dalla sentenza si evince anche che le azioni legali per
diffamazione a mezzo stampa intentate contro un editore dopo un significativo
periodo di tempo potrebbero, in assenza di circostanze eccezionali, dare adito
a una sproporzionata interferenza con la libertà di stampa…La Corte ha lasciato
agli stati membri la possibilità di decidere quale periodo, se mai debba
esservi, possa essere applicato agli archivi storici.
L'idea che un archivio elettronico sia
"pubblicato" ex novo ogni volta che un nuovo utente vi accede è stata
sfruttata in modo fin troppo eccessivo per far sparire importanti articoli
riguardanti la corruzione presenti in archivi giornalistici online, ben dopo
che erano stati pubblicati.
Per esempio, il Guardian al fine di non incorrere in
infinite spese legali, nel 2008 ha rimosso dai propri archivi online parecchi
articoli di questo tipo, originariamente pubblicati nel 2003, che riferivano
della condanna per corruzione di un miliardario coinvolto nello scandalo
Elf-Acquitaine.
Per proteggere gli archivi storici e offrire certezze agli
editori, noi proponiamo che sulla falsariga del modello utilizzato in Francia,
il procedimento intentato a un editore possa essere presentato entro due mesi
dalla pubblicazione e che si fissi un tetto massimo di 10.000 euro come risarcimento
danni (in Francia il periodo considerato è di tre mesi e il tetto limite è
fissato a 15.000 euro).
Protezione del turismo per calunnia
L'abuso della legge britannica sulla diffamazione è stato a
lungo discusso negli ultimi anni ed è stato contrastato nello stato di New York
dal New York Libel Terrorism Protection Act (che estende la giurisdizione in
materia di diffamazione in modo da includere cittadini stranieri che ottengano
sentenze per calunnia contro cittadini newyorkesi, NdT).
Una legge avente il medesimo scopo era stata approvata nello
Stato della Florida il primo luglio 2009, e una proposta simile era stata fatta
anche a livello federale, senza essere ancora approvata.
Il metodo utilizzato negli Stati Uniti consiste da una parte
nel rifiutarsi di rispettare qualsiasi verdetto di una Corte che sia in palese
contraddizione con il primo emendamento della Costituzione statunitense, e che
d'altra parte fornisca una premessa per casi di ritorsione contro simili
procedimenti legali. Il capitolo XXV del Codice generale di procedura penale
islandese, legge 19/1940 ("Almenn hegningarlög"), contiene la messa
in applicazione della legge anticalunnia.
I problemi erano insorti quando i tribunali di altri Paesi
hanno dichiarato di avere giurisdizione in relazione alle pubblicazioni o alle
osservazioni pubblicate o fatte in Islanda.
Un'accusa di diffamazione contro Hannes Hólmsteinn
Gissurarson presentata nel Regno Unito ha ricevuto considerevole attenzione, in
parte per le dichiarazioni inerenti alla giurisdizione e per la severa legge
antidiffamazione in vigore nel Regno Unito. I sostenitori di questa proposta
desiderano far entrare in vigore una legge simile a quelle in vigore negli stati
di New York e Florida.
Da questo punto di vista occorrerà esaminare con grande
attenzione le normative e disposizioni del Trattato di Lugano sulla
giurisdizione e l'applicazione della sentenza. I suoi sostenitori credono
inoltre che gli imputati debbano essere autorizzati a querelare a loro volta il
querelante originario per risarcimento danni, nei casi in cui la sentenza sia
da considerarsi in violazione alle leggi generali vigenti.
Legge sulla libertà di informazione
La legge islandese sulla libertà dell'informazione (Upplýsingalög,
50/1996) è stata promulgata nel 1996 e da allora è stata emendata in varia
misura e in vario modo sei volte. Si può dire che si ispiri in linea di massima
alle leggi danesi e norvegesi del 1970.
L'attuale legge islandese FOI non è conforme alla Convenzione
CoE, e non si adegua ai parametri fissati dal trattato di Aarhus per l'accesso
all'informazione. Ciò offre
l'opportunità di creare la massima trasparenza per mezzo di una legge islandese
FOI nuova, migliore e più conforme a quanto previsto.
Qualsiasi nuova definizione della legge islandese FOI
dovrebbe essere redatta soltanto dopo aver dato un'occhiata da vicino alle
raccomandazioni CoE e OAS del 2009, come pure ad alcuni elementi
particolarmente buoni e moderni delle leggi FOI di Estonia, Scozia, Regno Unito
e Norvegia.
Gli standard che prevedono una risposta rapida, un numero
ristretto di esenzioni e un accesso rapido alle procedure amministrative di
reclamo nei confronti del trattato Aarhus per l'accesso alle informazioni
dovrebbero essere la regola per ogni tipo di informazione.
Potrebbe a tal proposito essere logico assicurarsi che tale
legge si applichi a tutte le istituzioni di governo e a tutte le entità non di
governo che operano però per suo conto, come pure a tutte le istituzioni che
esplicano una concessione pubblica o un incarico pagato con fondi pubblici. La
misura con la quale le aziende possono prevenire la pubblicazione di documenti
che le riguardano dovrebbe essere rigidamente limitata. La legge attuale non si
applica a nulla di pertinenza della legge amministrativa pubblica e degli
accordi internazionali. Le limitazioni riguardanti le leggi amministrative
pubbliche sono di gran lunga quelle di più vasta portata per le attuali
limitazioni e verosimilmente dovrebbero essere riprese in considerazione e
modificate.
Attualmente non esiste alcun registro centrale di documenti
in possesso degli enti governativi e non vi è un modulo di richiesta standard
per documenti FOI.
Un requisito che potrebbe aggiungere maggiore trasparenza è
un registro centrale pubblicato su Internet di tutti i documenti posseduti
(invece che semplicemente prodotti) da un'istituzione. Al tempo stesso l'accesso ai documenti
dovrebbe essere possibile per soggetto, e in questo modo i richiedenti non
dovrebbero necessariamente sapere a priori dell'esistenza di un documento.
Gli artefici della nuova legge islandese FOI dovrebbero
prendere in considerazione l'idea di garantire che la legge si applichi nello
stesso identico modo ai documenti classici (cartacei) e a quelli moderni
(digitali).
Potrebbe altresì valere la pena prendere in considerazione
l'idea di alzare il livello di reclamo amministrativo possibile portandolo a un
modello di conformità maggiormente internazionale, come un commissario
dell'informazione con poteri esecutivi e sanzionatori più vincolanti.
Con una simile seria procedura di reclamo si ridurrebbe il
carico dei tribunali, perché si prevede che un numero minore di richiedenti si
rivolgerebbe alla corte dopo aver presentato il reclamo al commissario
dell'informazione. Sarebbe meglio se i limiti alla pubblicazione dei documenti
non fossero mai assoluti e se si dovesse sempre tenere nella debita
considerazione il pubblico interesse.
Le limitazioni relative alla privacy non dovrebbero essere
applicabili ad alcuna informazione avente attinenza con il lavoro. Le esenzioni dovrebbero scadere nel minor
tempo ragionevole possibile.
Si dovrebbe altresì prendere in considerazione un regime in
virtù del quale qualsiasi esenzione utilizzata per evitare con successo la
pubblicazione di un documento debba essere pubblicata su Internet
immediatamente e in virtù del quale simili documenti che godono di questa
esenzione possano essere automaticamente pubblicati dopo lo scadere
dell'esenzione.
Come regola generale, i documenti pubblicati dovrebbero
essere accessibili online a tutti i cittadini: ciò aumenterebbe la trasparenza,
eviterebbe che le richieste venissero presentate più di una volta e gli enti di
governo si sentirebbero esortati a rendere noti e a desecretare pro-attivamente
tutti i loro documenti.
La legge dovrebbe basarsi sul concetto che i documenti di
governo sono per principio pubblici, a meno che qualche ragione eccezionale non
ne impedisca la pubblicazione.
Traduzione di Anna Bissanti
Fonte: visto su L’Espresso del 16 febbraio 2010
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