Parlare (e scrivere) non costa nulla. È quello che ho
pensato quando ho letto l’articolo del professore di economia Michele Boldrin
sulla cosiddetta “Teoria Austriaca”. Questo. Indicatomi
dall’amico Leonardo Facco. Eroico e indomito ricercatore di verità.
Raramente mi cimento in dibattiti sulle varie teorie
economiche li considero sterili, inconcludenti e spesso talmente teorici
dall’essere completamente avulsi dalla realtà. Perditempo. Da appassionato
studioso di economia, preferisco applicare le teorie al business.
Tra le varie, non è un mistero che io simpatizzi per quella
“austriaca”. La stessa per cui Boldrin non ha particolare stima. Peccato
che la sua critica sia così piena di contraddizioni ed errori da essere
(appunto) sterile e inconcludente. Mi limiterò ad elencare solo alcuni dei motivi.
- Sostiene la sciocchezza che esista una sola
teoria economica, “unica” come la chiama lui. Leggere per credere. Una
teoria che ha inglobato ciò che di buono in passato è stato detto, e che ha
escluso il resto. E sarebbe questo il motivo per cui la Scuola Austriaca non
esiste, come se le diverse correnti di pensiero fossero un problema temporale e
non ideologico. Se così fosse, la teoria unica del Boldrin sarebbe ben poca
cosa: il pensiero unico per definizione è pensiero debole. Ogni forza ha
bisogno sempre di una resistenza per essere misurata, ma in definitiva per
esistere.
- Non ha studiato (o non ha capito) la Teoria
Austriaca. E non perché “Hermando” De Soto, come lo chiama lui, non esiste
! Ma perché, per esempio, trova risibile, l’affermazione per cui ogni
spiegazione dei fenomeni sociali debba basarsi sull’azione umana. La trova
ovvia. Giusto. Peccato però che finisca per sostenere una “teoria
unica” basata su assurde formule matematiche. Quella teoria che ritroviamo
nelle scelte dei governi e delle banche centrali.
- Non sa spiegare perché siamo in crisi.
Nell’occasione mi sono guardato un po’ dei suoi interventi e Boldrin
non spiega il perché i paesi ogni tanto vadano in crisi. Facile
sparare a zero su chi ha una teoria, senza sostenere la propria. E se
dovessimo dare per scontato che la sua posizione sia quella della Teoria
Dominante (quella unica a dir suo), dovremmo parlare di “trappola della
liquidità” e di “improvvisi attacchi di panico dei consumatori”. Boiate
pazzesche.
- Commenta il nulla. Non riflette sulla Scuola
Austriaca in generale, ma su singole parole come “razionalismo”,
“prasseologia” o “storia”. Ma che senso ha ? Ed in effetti se ne accorge,
tanto che a un certo punto scrive “se solo uno riflette un attimo sulla
sequenza di parole che sto commentando si rende conto che non vogliono dire
assolutamente nulla”, ed in effetti un approccio di questo tipo, da “atomista
logico”, è solo una perdita di tempo.
- Scrive male, ed è tutto tranne che un divulgatore.
Le prime righe dell’articolo dimostrano che avrebbe la capacità di scrivere, ma
poi si perde in una compiaciuta dimostrazione della sua “conoscenza”. Tutta
intrisa di criptiche citazioni, discorsi sospesi e riferimenti personali. È
evidente come il fine non sia “insegnare agli altri”, ma dimostrare “quanta ne
sa”. E per un professore questo è un peccato imperdonabile.
Ora però veniamo al succo della questione. Io non ho la
pretesa di essere un economista e neppure un professore di economia. Sono un
imprenditore con la passione per lo studio dell’economia e della divulgazione.
Ma il mio lavoro è “fare business”.
Sono vent’anni che faccio impresa, in vari settori, e con
profitto. Non sono un sostenitore aprioristicamente schierato della
Teoria Austriaca (a cui cambierei nome perché fuorviante). E non
penso neanche che sia perfetta. Ma il punto è questo: molti dei principi
di questa scuola funzionano e servono per far soldi. Capire per esempio i cicli
economici di “boom e bust” serve per calibrare gli investimenti. Per sapere
quando entrare in un settore o in un paese e quando uscirne. Intuire come
la massa monetaria in circolo condiziona la formazione dei prezzi, aiuta a
sviluppare dei business plan più affidabili. Sapere che l’immissione di nuovo
denaro fiat da parte delle banche (attività socialmente utile come
sostiene Boldrin) dia un grande privilegio a qualcuno e grande maleficio
ad altri è fondamentale per mettersi “dalla parte giusta”. E questo lo spiega
la scuola austriaca (o il mio libro Matrix Economy),
non certo Boldrin. Se avessi operato nel business in base ai
contenuti della cosiddetta Teoria Dominante, sarei sul lastrico.
Talk is cheap, ovvero parlare è facile, “fare” lo è un po’
meno. Nessuno chiede a un professore di economia la prova della sua
capacità di far soldi. Se così fosse la maggior parte di loro non verrebbero
neanche assunti. Ed in effetti dalle università di economia, non escono bravi
imprenditori o persone in grado di produrre ricchezza. Sembra strano, ma
la Teoria Austriaca spiega anche il perché di questa apparente
contraddizione.
Dispiace che Boldrin contribuisca, con la sua divulgazione,
a confondere le idee, già poco chiare, di tanti ignari cittadini e studenti.
Ignari lavoratori (attuali e futuri) intenti a correre come criceti in gabbia.
Colpa dei cattivi maestri, di cui il nostro fa senz’altro parte.
Fonte: visto su MOVIMENTO LIBERTARIO del 19 ottobre 2014
Link: http://www.movimentolibertario.com/2014/10/scuola-austriaca-certo-che-parlare-e-davvero-facile/
Nessun commento:
Posta un commento