I media ripetono ossessivamente che per far ripartire la
crescita bisogna far aumentare i consumi. Mirabile dictu, quanto
l’affermazione che per non morire di fame bisogna mangiare.
La preoccupazione per il calo dei consumi e la
necessità di «rilanciare la domanda» viene auspicata anche dal presidente della
BCE che recentemente ha detto: «le
azioni della banca saranno più efficaci se i governi metteranno in atto altre
politiche per indirizzare la domanda».
La grande macchina della produzione, senza la quale il
consumo non sarebbe possibile, cioè l’offerta, evidentemente è un fatto
scontato. La teoria che sia la domanda il motore dello sviluppo è una delle più
grandi e pericolose fallacie economiche e risale ad un errore di Malthus, che
Keynes risuscitò per farne il pilastro del suo pensiero, diventato purtroppo la
pietra angolare dell’ortodossia contemporanea.
Ma il brillante economista francese Jean Baptiste Say
(che Keynes, nella sua opera principale cercò di smentire) contemporaneo di
Malthus, aveva già smontato la dottrina della domanda con il famoso aforisma
che i «prodotti si comprano con i
prodotti», il denaro naturalmente, facendo da tramite. Questa proposizione,
lampante nel baratto, dove per ottenere un prodotto bisogna scambiarlo con un
altro non è meno vera nell’economia monetaria dove il denaro interviene per
separare la domanda dall’offerta cioè l’acquisto dalla vendita, perché anche il
denaro lo si ottiene cedendo prodotti e questi cedendo denaro.
In primo luogo nell’economia, ladri e governi a parte, non esiste un soggetto a se stante
chiamato «consumatore» perché ogni individuo che si presenta sul mercato è
sempre e nello stesso tempo consumatore e produttore: chi compra deve avere i
mezzi necessari per acquistare, ossia deve avere prima qualcosa da offrire in
cambio; come chi vende vuole essere pagato da chi domanda. E perciò la domanda
e l’offerta sono due lati dello stesso fenomeno: la ricchezza totale, da un
lato è domanda, dall’altro è offerta.
Quest’ultima rappresenta il reddito. Chi vende patate
e vuole acquistare pomodori deve per forza vendere le patate con il cui
ricavato comprare pomodori. Sono le patate a costituire il reddito. Per dirla
con il Say, è l’offerta a costituire la
domanda. Dovrebbe esser ovvio che la produzione precede il consumo perché
nell’ordine naturale delle cose il consumo è l’effetto della produzione, non la
produzione l’effetto del consumo e non è possibile consumare ciò che non sì è
prodotto.
Non c’è mai bisogno di incoraggiare il consumo, di
per sé illimitato, é solo l’offerta cioè il reddito che lo limita. Dunque il
problema non è mai la domanda ma l’offerta ossia la produzione. L’economia
prospera non quando il consumo aumenta come sostengono gli economisti ma il
consumo aumenta quando l’economia prospera cioè produce. I maggiori paesi
consumatori sono appunto i paesi produttori. Sottosviluppo significa infatti incapacità a produrre non a consumare.
A rovesciare tutta questa logica è la macroeconomia o
economia degli aggregati basata su sofismi. Il primo abbaglio logico è
credere che quando i consumatori acquistano prodotti paghino i redditi di tutti
coloro che hanno contribuito al processo produttivo nelle sue varie fasi. Ad
es. pagando il prezzo per il pane il consumatore remunererebbe, il fornaio per
il pane, il mugnaio per la farina e l’agricoltore per il grano più tutti gli
altri fattori produttivi usati nella catena produttiva.
E così sembra che sia il consumatore a «finanziare» tutto
il processo economico. In realtà pagando il prezzo del pane il consumatore
reintegra e ricostituisce al fornaio quello che questi ha speso in anticipo
nella produzione del pane più il profitto necessario a ripetere l’operazione,
mentre è il fornaio a reintegrare costi e profitti del mugnaio e quest’ultimo
quelli dall’agricoltore. Se fosse il consumo a finanziare la produzione non si
capisce a cosa serva il capitale.
Aumentando la domanda, infatti, le imprese dovranno
attingere al loro capitale o al capitale altrui nella forma del credito per
ampliare la capacità produttiva e soddisfare l’incremento dei consumi. In
generale, senza aumento di produzione non c’è aumento di domanda che tenga: per
soddisfarla occorre proprio avere capitale per acquisire i mezzi di produzione
e anticipare salari e stipendi senza i quali i consumatori non potrebbero mai
spendere in consumo.
L’economia è una branca della logica. E’ il
consumatore a dipendere dal sistema industriale che mettendogli a disposizione
il potere d’acquisto lo mette in grado di esercitare la domanda. La teoria
della domanda aggregata vorrebbe invece farci credere che sono i consumatori a
fornire il potere d’acquisto al sistema industriale!! E’ il capitale
disponibile e speso produttivamente in investimenti a creare occupazione e
domanda solvibile.
Il potere del consumatore si manifesta solo nel
determinare la direzione del capitale e del lavoro verso quelle produzioni
che soddisfano le sue preferenze, ma mai determina il maggior o minore volume
di lavoro che dipende dal capitale o potere d’acquisto dell’industria che lo
remunera e mantiene. Non è un caso che
la macroeconomia ignori completamente la teoria del capitale: essa infatti
riguarda l’economia dello stato che è consumo.
Ed è per questo motivo che gli economisti non riescono
mai a prevedere una crisi in tempo. La depressione non nasce
dall’insufficienza della domanda che è una conseguenza, ma dalla scarsità di
capitale e questo è il motivo per cui non esiste né è mai esistita una sola
crisi dovuta a sottoconsumo generale. Se fosse vero sarebbero le industrie del
consumo a entrare per prime in crisi.
Quando vengono coinvolte, la crisi è già in fase
avanzata e irreversibile: gli economisti, ossessionati dalle statistiche sul
consumo non si accorgono che si è già manifestata a monte, nell’economia
primaria e secondaria (a livello del «grano» e della «farina» per intenderci,
non del loro prodotto finale). E’ come se il biologo studiasse la vita del mare
stando in superficie.
Ne consegue un’altra fallacia: credere che spesa e
deficit dei governi promuovano lo sviluppo economico. Ma stimolando il consumo
in assenza di offerta cioè di nuova produzione che, come abbiamo visto è la
fonte della domanda, cioè del potere d’acquisto, si pesta l’acqua nel mortaio.
Maggior consumo a spese dell’investimento riduce la produttività del lavoro, il
salario reale e l’occupazione e porta a nuovi squilibri tra produzione e
consumo cioè tra offerta e domanda nella forma di sovra consumo in alcuni rami
di produzione e sottoconsumo in altri e quindi un uso antieconomico del
capitale disponibile che si tradurrà in perdita (vedi le enormi
immobilizzazioni di capitale che hanno originato la crisi dei mutui americani).
Gli economisti ortodossi assomigliano ai teologi del
Cinquecento che credevano che la terra girasse attorno al sole e che
avevano almeno l’attenuante di non avere strumenti scientifici adeguati di cui
invece dispongono i teologi contemporanei. Ma senza la logica, i gulasch di
numeri, di statistiche e grafici di cui sono lardellate le loro analisi
economiche basate sulla teoria del consumo, sono solo spazzatura.
Deve ancora arrivare l’epoca del disincanto per la
terra promessa dalla macroeconomia che ci ha invece portato nell’abisso della
crisi perenne. Da quest’ultima si uscirà solo quando tutto il pericoloso
ricettario di politiche fiscali e monetarie accreditate dalla dottrina della
domanda sarà destinato al posto che gli spetta: il cestino della storia.
Fonte: da SCENARI ECONOMICI del 9 ottobre 2014
Nessun commento:
Posta un commento