IL CORRIERE DELLA SERA:
Appartiene al gruppo internazionale Mediagroup, è quotato in Borsa e controlla altri giornali e riviste popolari come “Il Mondo” “L’Europeo” “Oggi” “Visto” “Novella” “Max”. Nel suo Consiglio di Amministrazione ci sono personaggi indissolubilmente legati all’elite finanziaria internazionale e ai suoi circoli mondialisti come John Elkan (Gruppo Bilderberg), presidente di FIAT e di Exor (la holding finanziaria della famiglia Agnelli); Carlo Pesenti, consigliere di Italcementi, Unicredit, Italmobiliare e Mediobanca; Berardino Libonati, consigliere di Telecom Italia e Pirelli; Diego Della Valle, possessore del 4% di Banca Nazionale del Lavoro, consigliere di Tod’s e Generali Assicurazioni, ex dirigente della Fiorentina coinvolto nello scandalo di Calciopoli; Renato Pagliaro, consigliere di Telecom Italia, Pirelli e Mediobanca.
Appartiene al gruppo internazionale Mediagroup, è quotato in Borsa e controlla altri giornali e riviste popolari come “Il Mondo” “L’Europeo” “Oggi” “Visto” “Novella” “Max”. Nel suo Consiglio di Amministrazione ci sono personaggi indissolubilmente legati all’elite finanziaria internazionale e ai suoi circoli mondialisti come John Elkan (Gruppo Bilderberg), presidente di FIAT e di Exor (la holding finanziaria della famiglia Agnelli); Carlo Pesenti, consigliere di Italcementi, Unicredit, Italmobiliare e Mediobanca; Berardino Libonati, consigliere di Telecom Italia e Pirelli; Diego Della Valle, possessore del 4% di Banca Nazionale del Lavoro, consigliere di Tod’s e Generali Assicurazioni, ex dirigente della Fiorentina coinvolto nello scandalo di Calciopoli; Renato Pagliaro, consigliere di Telecom Italia, Pirelli e Mediobanca.
LA REPUBBLICA: è il quotidiano del
Gruppo l’Espresso di Carlo de Benedetti (Gruppo Bilderberg) ex amministratore
delegato FIAT, banchiere ex vicepresidente del Banco Ambrosiano. Nel consiglio
di amministrazione del Gruppo l’Espresso siedono Sergio Erede, amministratore
di Luxottica e Carlo Secchi ex Rettore della Bocconi e amministratore di
Mediaset.
IL
GIORNALE: edito dal Gruppo Mondadori è il quotidiano della Famiglia
Berlusconi.
LA STAMPA: è il quotidiano torinese
della Famiglia Agnelli (Club Bilderberg)
IL MESSAGGERO di Roma, IL MATTINO di
Napoli, IL GAZZETTINO di Venezia e IL NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA
sono quotidiani editi dalla Caltagirone Editori (Club Bilderberg) di proprietà
della Famiglia Caltagirone (Grandi Opere,, cementifici, immobili). Francesco
Gaetano Caltagirone, anche noto come Franco (Roma, 2 marzo 1943), è un
imprenditore italiano, a capo di uno dei più importanti gruppi industriali
italiani, con un fatturato globale di circa 1,7 miliardi di euro e oltre 5.600
dipendenti; le sue ricchezze ammontano a circa 2,6 miliardi di dollari, questo
fece di lui nel 2008 il decimo uomo più ricco d’Italia e il 446° uomo più ricco
del mondo. Siedono nel consiglio di amministrazione di Caltagirone Editore
Azzurra Caltagirone, moglie dell’Onorevole Pier Ferdinando Casini e Francesco
Gaetano Caltagirone, consigliere di Monte dei Paschi di Siena e di Generali
Assicurazioni.
IL RESTO DEL CARLINO di Bologna, LA
NAZIONE di Firenze e IL GIORNO di Milano appartengono alla
Poligrafici Editorile, collegata a Telecom Italia, Generali Assicurazioni e
alla Premafin di della famiglia Ligresti. Salvatore Ligresti è stato membro del
consiglio di amministrazione di Unicredit, è presidente onorario di Fondiaria
Sai, gruppo assicurativo torinese quotato sulla Borsa di Milano e controllato
dalla famiglia Ligresti; è coinvolto nei più rilevanti interventi urbanistici
di Milano (Expo, Fiera e Garibaldi-Repubblica), di Firenze (Castello e
Manifattura Tabacchi) e di Torino.
LIBERO (l’aggressiva testata di destra)
e IL RIFORMISTA (quotidiano timidamente di sinistra) hanno lo stesso
editore Giampaolo Angelucci proprietario di un impero fatto di cliniche e
strutture sanitarie, fra cui l’Ospedale San Raffaele di Roma, condannato agli
arresti domiciliari per falso e truffa ai danni delle ASL
L’UNITA’: il quotidiano fondato da
Gramsci e attualmente vicino al principale partito della sinistra italiana , il
PD, ha come editore Nuova Iniziativa Editoriale S.p.A. il cui azionista
principale è Renato Soru, presidente e amministratore delegato della compagnia
di servizi internet Tiscali Italia S.p.A. Renato Soru è apparso nella lista
edita da “Forbes” come uno degli uomini più ricchi del mondo con un capitale
stimato in 4 miliardi di dollari nel 2001. Negli ultimi anni la sua compagnia
ha rilevato sei compagnie telefoniche in Germania, Francia, Svizzera, Belgio e
Repubblica Ceca.
IL SOLE 24 ORE: ha nel suo consiglio di
amministrazione Luigi Abete, Membro del Comitato Esecutivo dell’Aspen Institute
Italia e presidente della Banca Nazionale del Lavoro; fa anche parte del
consiglio di amministrazione della Carlo Erba Farmitalia; il fratello di
Giancarlo Abete (Presidente della Figc) è consigliere della Tod’s di Diego
Della Valle.
Tutte le aziende citate sono direttamente
collegate fra di loro: grande finanza, banche, assicurazioni,
telecomunicazioni, cementifici, costruzioni, farmaceutica, acciaierie,
pneumatici, moda.
Mentre nelle dittature il popolo è sempre
consapevole di essere oppresso e l’ordine deve necessariamente essere mantenuto
con la forza, nei regimi dove vige la “democrazia rappresentativa” il sistema
sociale è stabile poiché il controllo sull’informazione e sul consenso avviene
in maniera occulta, proprio per lasciar credere alla popolazione di vivere in
un mondo libero.
Sappiamo quindi da decenni che i media sono
tutti intestati a partiti politici e loro familiari, attingono notizie da una
unica fonte l’ANSA. Creata nel 1945 per sostituire l'operato dell'agenzia Stefani, trasferita a
Milano per soddisfare le esigenze informative della Repubblica Sociale Italiana,
ebbe il consenso dalle autorità militari
alleate che, pochi mesi dopo, favorirono il successo della nuova agenzia
italiana chiudendo la NNU (acronimo
di Notizie Nazioni Unite), l'agenzia in lingua italiana creata dagli alleati e
operante in Italia.
Riporto un elenco dei giornali associati
all’Ansa:
L’Adige
Alto Adige
L’Arena
Avvenire
Bresciaoggi
Il Centro
Corriere della Sera
Corriere dello Sport
Il Corriere Mercantile
L’Eco di Bergamo
La Gazzetta del Mezzogiorno
Gazzetta del Sud
La Gazzetta dello Sport
Gazzetta di Mantova
Nuova Gazzetta di Modena
La Nuova Ferrara
Gazzetta di Parma
Gazzetta di Reggio
Il Gazzettino
Il Giornale
Giornale di Brescia
Giornale di Sicilia
Il Giornale di Vicenza
Il Giorno
Libertà
Il Mattino
Il Mattino di Padova
Il Messaggero
Messaggero Veneto
La Nazione
Il Piccolo
La Prealpina
La Provincia
La Provincia (di Cremona)
La Provincia Pavese
Il Resto del Carlino
La Sicilia
Il Secolo XIX
Il Sole-24 Ore
La Stampa
Il Tempo
Il Tirreno
Trentino
La Tribuna di Treviso
La Repubblica
La Nuova Sardegna
L’Unione Sarda
L’Unità
La Nuova Venezia
Allora che ne dite?
Se tutti o quasi, i giornali italiani
propongono le notizie provenienti da un organo governato ad arte per pilotare
l’informazione, quale differenza di opinione volete che ci sia nelle notizie?
Se la Stampa italiana si abbevera e rumina le
stesse notizie dalla stessa fonte, quale pluralità di opinioni e di notizie
volete che esca?
Fonte: visto e liberamente tratto da Informare per Resistere del 31
dicembre 2014
CHI CONTROLLA I PRINCIPALI QUOTIDIANI ITALIANI?
Tre gradi di separazione, Finanza, Industria
e Stampa – proprietà e Consigli di amministrazione.
La teoria dei ‘sei gradi di separazione’ è
un’ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altro
abitante del globo terrestre attraverso una catena di conoscenze con non più di
cinque intermediari.
Proposta per la prima volta nel 1929 dallo
scrittore ungherese Karinthy in un racconto breve intitolato Catene,
venne confermata nel 1967 dal sociologo americano Stanley Milgram e più
tardi, nel 2001, da Duncan Watts della Columbia University. La ricerca
di Watts, pubblicata su Sciencenel 2003, permise
l’applicazione della teoria dei sei gradi di separazione anche in aree
differenti, tra cui l’analisi delle reti informatiche ed elettriche, la
trasmissione delle malattie, la teoria dei grafi, le telecomunicazioni e la
progettazione della componentistica dei computer.
La nostra inchiesta vuole dimostrare che la
legge di Watts non si applica alle relazioni fra le principali testate
giornalistiche italiane e il capitalismo industriale-finanziario, o più
precisamente che, analizzando i legami esistenti, andrebbe corretta al ribasso,
in non più di tre gradi di separazione. Con quali effetti sulla libertà di
informazione?
La cosiddetta linea editoriale è ciò che
distingue in sostanza una testata giornalistica da un’altra. Rappresenta,
diremmo in linguaggio aziendale, una sorta di missione strategica, l’ipotesi di
fondo a partire dalla quale si scelgono e si analizzano le notizie.
Dall’esistenza di linee editoriali diverse – il
cosiddetto pluralismo informativo – dipende la qualità dell’informazione,
perché il pluralismo garantisce al cittadino/lettore la possibilità di
conoscere notizie differenti lette da punti di vista differenti. Non solo. Dal
pluralismo informativo dipende anche la possibilità che uno Stato possa dirsi
democratico, dal momento che un elettore adeguatamente informato è messo in
condizione di esercitare un voto consapevole. Il caso opposto, quello cioè di
una rappresentazione univoca della realtà socio-politico-economica di un Paese
(pensiamo alla Pravda di staliniana memoria), impedisce la corretta formazione
del consenso, e quindi il libero esplicarsi dei meccanismi democratici.
Ciò detto, dove si forma la linea editoriale di
una testata?
Come suggerisce il termine, è espressione della
visione dell’editore, e si forma nel luogo in cui questi (che è il proprietario
del giornale) prende le sue decisioni strategiche. Nelle moderne società
capitalistiche questo luogo è il Consiglio di amministrazione. Diamo quindi
un’occhiata a chi siede nei Cda dei principali giornali italiani e valutiamo di
quali tipi di interessi siano portatori, dal momento che sulla base degli
interessi del Consiglio si forma la linea editoriale.
Partiamo dal più importante quotidiano a
diffusione nazionale, il Corriere della Sera.
Il suo editore è il gruppo RCS (Rizzoli
Corriere della Sera), quotato in borsa. Il Corsera ha fama di essere il
giornale super partes per definizione, quello che meglio rappresenta il tipo di
linea editoriale tipico dell’informazione anglosassone (come si dice di solito,
‘all’americana’), per definizione indipendente da interessi particolari.
Ma, analizzando il suo Cda, più che super
partes dovremmo definirlo inter partes: in esso
siedono infatti:
John Elkann, presidente di Fiat e di Exor
(la holding finanziaria della famiglia Agnelli);
Franzo Grande Stevens, avvocato storico di
casa Agnelli, ex vicepresidente Fiat e attualmente presidente della Fondazione
San Paolo;
Carlo Pesenti, consigliere di Italcementi,
Unicredit, Italmobiliare e Mediobanca;
Berardino Libonati, consigliere di Telecom
Italia e Pirelli;
Jonella Ligresti, consigliere di Fondiaria,
Italmobiliare e Mediobanca;
Diego Della Valle, consigliere di Tod’s,
Marcolin e Generali Assicurazioni;
Renato Pagliaro, consigliere di Telecom
Italia, Pirelli e Mediobanca;
Giuseppe Lucchini delle omonime acciaierie;
Paolo Merloni, CEO (Chief Executive Officer,
ossia amministratore delegato) di Merloni Finanziaria, gruppo Indesit Company;
Enrico Salza, consigliere di Intesa San
Paolo; Raffaele Agrusti, consigliere di Assicurazioni Generali;
Roberto Bertazzoni, consigliere di
Mediobanca;
e Claudio De Conto, di Pirelli Real Estate.
Fra Corsera e Fiat, Pirelli, Telecom Italia,
Mediobanca, Intesa, e tutte le altre aziende citate, ci sono zero gradi di
separazione, cioè sono direttamente collegate fra loro. Grande finanza, banche,
assicurazioni, automotive, telecomunicazioni, cementifici, acciaierie,
pneumatici, immobili, moda, elettrodomestici: non c’è praticamente nessun
settore del made in Italy che non possa dire la sua sui contenuti e sulla
posizione del giornale. Viene da dire che in Italia essere indipendenti
coincide col dipendere da tutti, nessuno escluso: la linea editoriale del
Corrierone nazionale risentirà quindi delle esigenze e degli accordi reciproci
fra le aziende che siedono in Consiglio: nessuna visione strategica a
prescindere, e una pletora di manovre tattiche in risposta alle necessità del
momento.
Meno
compromessa, ma solo all’apparenza, La
Repubblica, che fa parte del Gruppo l’Espresso di Carlo De Benedetti.
Nel Cda de L’Espresso troviamo Sergio Erede,
amministratore di Luxottica;
Luca Paravicini Crespi, consigliere della
Piaggio dei Colaninno (dove siede accanto a Vito Varvaro, il quale a sua volta
è anche nel Cda della Tod’s di Diego Della Valle) e figlio di Giulia Maria
Crespi, ex direttore editoriale del Corriere ed ex presidente del Fai;
e Mario Greco, consigliere di Indesit
Company (dove siede anche Emma Marcegaglia) e della Saras di Massimo Moratti
(già rappresentato nel Cda del Corriere attraverso i consiglieri del gruppo
Pirelli).
Massimo Moratti rappresenta inoltre il trait
d’union fra il Gruppo L’Espresso e la famiglia Berlusconi, poiché siede, oltre
che nel Cda della Saras, anche in quello della Pirelli, accanto a Carlo Secchi,
ex rettore della Bocconi e amministratore Mediaset.
La
famiglia Berlusconi controlla
direttamente Il Giornale, edito dal
gruppo Mondadori,
mentre la famiglia Agnelli è proprietaria
del quotidiano La Stampa di Torino.
Il Messaggero di Roma, il Mattino di Napoli,
il Gazzettino di Venezia e il Nuovo Quotidiano di Puglia sono editi dalla
Caltagirone Editore, di proprietà della famiglia Caltagirone (grandi opere,
cementifici, immobili): fra gli altri, siedono nel Cda di Caltagirone Editore,
Azzurra Caltagirone, moglie di Pier Ferdinando Casini, e Francesco Gaetano
Caltagirone, consigliere di Monte dei Paschi e di Generali Assicurazioni.
Il Resto del Carlino di Bologna, la Nazione
di Firenze e Il Giorno di Milano sono invece posseduti dalla Poligrafici
Editoriale, collegata con due gradi di separazione a Telecom Italia, Generali
Assicurazioni e Gemina (attraverso Massimo Paniccia e Aldo Minucci);
e con tre gradi di separazione (attraverso
Roberto Tunioli, Sergio Marchese e Giuseppe Lazzaroni), alla Premafin della
famiglia Ligresti.
Infine una notazione quasi umoristica. Libero, l’aggressiva testata di destra
e Il Riformista, quotidiano
timidamente di sinistra, hanno lo stesso editore (e quindi zero gradi di
separazione!): Giampaolo Angelucci,
proprietario di un impero fatto di cliniche e strutture sanitarie (fra cui
l’ospedale S. Raffaele di Roma), e messo agli arresti domiciliari il 9
febbraio dello scorso anno per falso e truffa ai danni delle Asl.
La situazione non migliora, anzi se possibile
peggiora, quando si analizzano i quotidiani finanziari.
Il Sole 24 Ore, come è noto, è
appannaggio dell’universo Confindustria, quindi diretta espressione dei
desiderata dei principali gruppi industriali del Paese.
Nel suo Cda siedono, fra gli altri, Giancarlo
Cerutti, consigliere di amministrazione di Saras;
Luigi Abete, presidente di Bnl (gruppo
Paribas), fratello di Giancarlo Abete (presidente della Figc) e consigliere
anche della Tod’s di Diego Della Valle;
e Antonio Favrin, collega di Cda, in Safilo
Group, di Ennio Doris, che siede in Mediolanum della famiglia Berlusconi e in
Mediobanca.
A proposito dei legami fra industria, editoria
e sport, è interessante notare come quattro delle principali squadre di
calcio italiane appartengono a gruppi industriali che possiedono, o
amministrano più o meno direttamente, almeno un quotidiano generalista:
la Juventus degli Agnelli (che influenzano
la Stampa e il Corriere),
il Milan di Berlusconi (Il Giornale),
la Fiorentina dei fratelli Della Valle (il
Corriere),
e infine l’Inter di Massimo Moratti (il
Corriere e La Repubblica).
Milano Finanza e Italia Oggi, quotidiani
economici molto conosciuti fra gli addetti ai lavori, sono invece editi dalla
Class dei fratelli Panerai, e nel Cda del gruppo “leader nell’informazione
finanziaria, nel lifestyle e nei luxury good products” (come si autodefinisce),
siedono Maurizio Carfagna, consigliere di Mediolanum, e Victor Uckmar, il più
celebre fiscalista italiano, i cui servigi sono stati richiesti in passato da
ogni possibile gruppo industriale, e che oggi è amministratore della Tiscali di
Renato Soru.
Non sorprende quindi che gli analisti
finanziari italiani lamentino l’impossibilità di rintracciare informazioni
equilibrate sulla base delle quali valutare i bilanci delle società, o che scandali
come quello della Cirio o della Parmalat siano stati tenuti nascosti finché
non è stato ‘troppo tardi’ perché i piccoli investitori (ma non le grandi
banche!) potessero rendersi conto della reale situazione.
E qui è necessario notare un dettaglio
sconcertante.
Tiscali è l’editore de L’Unità – il
quotidiano del principale partito ‘di sinistra’ del Paese, il Pd – che risulta
pertanto a un solo grado di separazione da Milano Finanza e Capital (attraverso
Uckmar); e a due gradi di separazione (lo stesso Uckmar e Carfagna), dalla
Mediolanum di Berlusconi.
Esiste poi un Consiglio di amministrazione dove
tutti i gruppi industriali e bancari citati, a eccezione della famiglia De
Benedetti, si incontrano, ed è quello di Mediobanca, ai tempi di Enrico Cuccia
– suo fondatore – il ‘salotto buono’ della grande finanza, quella che dirigeva
i destini dell’economia italiana sulla base di un preciso progetto strategico
(più o meno condivisibile, per carità, ma almeno un progetto c’era), e ora
trasformato in enclave di ogni possibile mediazione.
Nessuno stupore che l’economia italiana
navighi, per la verità a ritmi piuttosto bassi, alla deriva, priva com’è di un
timoniere (una volta questo era il ruolo dei politici), in grado di darle una
rotta qualsiasi.
E ora tiriamo le somme: se sei sono i gradi
di separazione fra due entità qualsiasi prese a caso, è evidente che tre, due,
uno, o nessun grado di separazione non rappresentano un legame casuale.
Esiste quindi la precisa volontà da parte di
industria e finanza di controllare le notizie. Prova ne sia l’ostinazione con
cui tanti imprenditori e manager italiani (un esempio per tutti – senza
scomodare Silvio Berlusconi – è Diego Della Valle, che si è sottoposto ad anni
di paziente anticamera pur di essere ammesso al Cda del Corsera), cercano di
forzare la porta dei circuiti informativi.
Ovviamente non è prudente che il legame sia
sempre diretto, perché una situazione di controllo trasparente potrebbe far
nascere qualche lecito dubbio nella mente dei cittadini lettori/elettori
sull’attendibilità di quel che apprendono nella lettura dei quotidiani o
addirittura potrebbe obbligare i direttori e le redazioni dei grandi giornali a
fare i conti con il loro ruolo di utili idioti (ovviamente in buona fede, non
ne abbiano a male per la definizione).
Divengono quindi necessari degli ‘intermediari’
che intorbidino le acque nascondendo gli interessi reali, e che nello stesso
tempo costituiscano il trait d’union fra quelli che devono apparire come
opposti estremismi.
Il profilo tipico di questa figura essenziale è
quello del ‘tecnico’: avvocato, consulente, commercialista, revisore, sempre al
corrente dei panni sporchi di famiglia (di più famiglie), al contempo
confessore e uomo di fiducia, vincolato, più o meno direttamente, al segreto
professionale.
Come Berardino Libonati (classe 1934),
titolare dello studio legale Jaeger-Libonati e ordinario di diritto commerciale
all’Università La Sapienza di Roma, che ha ricoperto la carica di presidente
del Cda del Banco di Sicilia dal 1994 al 1997; dal 1998 al 1999 e stato
presidente di Telecom Italia e di Tim;
ha fatto parte del collegio sindacale di Eni
dal 1992 al 1995; dal 2003 al 2007 è stato membro del Cda della Nomisma di
Romano Prodi;
dal 2001 al 2007 è stato consigliere di
amministrazione di Mediobanca; è stato presidente del Cda di Alitalia dal
febbraio al luglio 2007, e presidente del Cda di Banca di Roma dal 2002 al
2007.
Attualmente, oltre a far parte dei Cda di
Pirelli, Telecom e RCS, è vicepresidente del gruppo Unicredit. Nel suo
curriculum vitae pubblicato sul sito di Pirelli, in una nota particolarmente
umoristica, si legge che “è in possesso dei requisiti contemplati dal codice di
autodisciplina delle società quotate per essere qualificato come indipendente”.
Un altro ‘super tecnico’ è Mario Greco
(classe 1957), consigliere del gruppo l’Espresso, di Saras, di Indesit Company,
di Fastweb e di Banca Fideuram, laureato con lode in economia all’Università di
Roma. Partner fino al 1994 di McKinsey&Company, la più importante società
mondiale di consulenza strategica, è stato amministratore delegato e CEO di Ras
dal 1998 fino al 2005.
Poi c’è Carlo Secchi (classe 1944),
professore ordinario di Politica economica europea all’Università Commerciale
Luigi Bocconi (è stato il diciassettesimo rettore della stessa università dal
2000 al 2004), attualmente nel Consiglio di amministrazione di cinque aziende
quotate in borsa: Pirelli, Italcementi, Mediaset, Allianz-Ras e Parmalat,
nonché di Fondazione Teatro alla Scala, TEM Tangenziali Esterne di Milano, Milano
Serravalle, La Centrale Sviluppo del Mediterraneo, Premuda, e futuro
consigliere della società che dovrà organizzare l’Expo 2015 a Milano.
Uomini potenti perché – loro sì – informati, ma
nello stesso tempo condannati a servire il sistema, indispensabili ma
sostituibili, schiavi delle beghe piccole e grandi e dei capricci degli
imprenditori di cui sono al soldo, con la loro indubbia statura professionale
che basta a stento a ritoccare la facciata.
Quali sono gli effetti di questa tragica
analisi sulla libertà di informazione?
7 aprile 2010. Poco prima delle 10.30 decolla
dall’aerodromo militare di Payerne il primo aereo alimentato esclusivamente a
energia solare. Si chiama Solar Impulse e ha sorvolato per due ore la Svizzera
occidentale. L’aereo è stato progettato per volare giorno e notte senza
produrre alcuna emissione. Sulle ali del Solar Impulse, costruito in fibra di
carbonio, sono installate 12mila cellule fotovoltaiche. L’aereo è a elica ed è spinto
da quattro motori elettrici, per la costruzione sono stati impiegati sei anni.
Si tratta di un aereo dalle vaste dimensioni,
ha infatti l’apertura alare di un Airbus A340, ma il suo peso è equivalente a
quello di un’auto di medie dimensioni.
In un periodo in cui il prezzo del petrolio è
in brusca risalita e il tema della sostenibilità ambientale sempre più
trattato, ci si immagina che questa notizia debba ricevere gli onori della
cronaca e che venga salutata con entusiasmo. Invece no, in Italia nemmeno una
parola, né in televisione né sui giornali, con l’eccezione di un articoletto
sul Sole 24 Ore pubblicato sull’inserto online Nuove energie e di un pezzo su
L’Osservatore Romano. Forse perché l’opinione pubblica rimanga convinta dell’insostituibilità
dell’oro nero?
Quante altre notizie non vengono date? Non
possiamo saperlo, ma siamo ragionevolmente certi che le notizie pubblicate sono
quelle che non infastidiscono nessuno. Cronaca nera, pettegolezzi politici e
non, pochissimo approfondimento e quasi nessuna inchiesta, notizie dall’estero
estremamente limitate, e solo quando non se ne può fare a meno: guerre,
tsunami, terremoti. Anche la lotta tutta nostrana fra chi è pro e chi contro
Berlusconi, fra il partito dell’odio e quello dell’amore, o la querelle fra
Stato confessionale e Stato laico, sono comode cortine di fumo per non parlare
di altro: la crisi economica, la responsabilità delle banche nel suo perdurare,
la grande impresa che non sa che fare.
Emma Marcegaglia chiede al governo, nel corso del
convegno degli industriali del 10 aprile 2010, di impegnarsi entro due mesi per
un investimento di almeno 1 miliardo di euro su ricerca e innovazione e di
circa 1-1,5 miliardi sulle opere infrastrutturali. Ma con i soldi di chi? E
tagliando quali costi? E cosa ci darebbe in cambio la grande industria? Emma
non lo dice, nessuno glielo chiede.
Intrallazzi fra pubblico e privato
costantemente oscurati, miliardi che corrono ma nessuno lo sa, accordi
sottobanco con la criminalità organizzata, servizi segreti a disposizione di
interessi privati: verità solo annusate che è impossibile addentare, mentre
leggiamo di pedofilia vaticana, di un federalismo misterioso, dell’ennesima
esternazione di un premier che ormai ha superato i confini del bene e del male
e della morte prematura di un Presidente polacco. È proprio il caso di dirlo:
beata ignoranza!
Giovanna Baer.
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