Una suora in piazza a Parigi per stare con Charlie Hebdo, per urlare grazie all'Occidente nonostante ospitasse le vignette contro il Papa. Convinta che senza la libertà di bestemmiare non c'è nemmeno quella di adorare Dio. Sta qui tutta la differenza con l'Islam
Io sono a favore delle donne con il velo. Sono a favore del
diritto di una donna a farsi suora, a coprirsi con un velo e a manifestare in pubblico. Io
non so nemmeno chi sia suor Marie-Emmanuel, che domenica è scesa in
piazza a Parigi contro il terrorismo. L’ho solo vista, come molti altri, in una
foto d’agenzia pubblicata anche dalla stampa italiana. Non so come la pensi; se
sia cioè “di destra” o “di sinistra”, progressista o conservatrice, papalina o
antipapalina, e francamente me ne infischio.
Mi basta il suo velo che mi dice che un dì ha scelto di
farsi suora, che a questo suo essere suora resta fedele e che di questo
suo essere suora non si vergogna, tanto da portarlo in piazza a fianco di molti
altri che su quell’abito sputerebbero volentieri; se poi caso mai suor Marie-Emmanuel nutrisse idee teologiche
bislacche, il problema sarebbe suo e della Congregazione per la dottrina della
fede, non mio e del mio apprezzare il suo velo portato orgogliosamente
in piazza. L’abito non fa il monaco, lo so anch’io; ma so anche che il monaco
porta l’abito (sennò non lo distinguerei), il prete sarebbe bello indossasse la
talare e una suora veste l’abito velato che il suo ordine richiede, quello che
velandola ne svela l’identità senza paura.
Suor Marie-Emmanuel ha sfilato con migliaia e migliaia di
altre persone che in testa avevano Voltaire, l’autore di una delle
frasi più imbecilli della storia: «Non condivido le tue idee, ma mi batterò
fino alla morte affinché tu possa esprimerle». Balle. Nessuno lo farebbe,
nessuno lo fa, nessuno lo ha mai fatto. Nemmeno Voltaire.
Quel che invece accade quando gli uomini sanno vivere con coraggio
è che muoiano per difendere le proprie di idee.
Questo hanno fatto i giornalisti di
Charlie Hebdo: sono morti per difendere le proprie idee, non quelle degli
altri. È per questo motivo che si può salutarne il sacrificio, onorarne
la morte e raccomandare le loro anime a Dio (come certamente ha fatto suor
Marie-Emmanuel) pur senza condividere uno iota delle loro idee (come mi auguro
faccia suo Marie-Emmanuel). Quella di Charlie Hebdo non è la mia posizione; ma
ho avuto l’impressione che qualcuno sussurrasse
“se la sono cercata” e allora marco il territorio come fanno i cagnolini.
Non è vero infatti che la libertà non ha limiti: il supremo
e sublime limite della libertà è la libertà stessa, che impedisce di
divenire schiavi di se stessi.
Non è vero che si è liberi di diventare anche schiavi delle
proprie idee, perché a noi le nostre idee ci chiedono di essere loro cavalieri,
altrimenti sono idee davvero dappoco.
Non è vero che la libertà di espressione è illimitata: il
suo cavaliere è la verità. Sempre. Per tutti.
Quello che nessuno di noi deve tollerare è il male: il male
c’è, beninteso, ma non può avere la nostra benedizione quando fa carne di
porco.
Quelli di Charlie Hebdo sono morti per questa convinzione,
mica per le panzane di Voltaire.
Avevano una netta percezione di ciò che per loro era il male
e hanno combattuto una battaglia che giudicavano buona.
Un’idea del male e una buona battaglia diverse dalle
mie, opposte a quelle di molti, antitetiche a quelle di tanti, ma questo è
l’Occidente bellezza. Motivo in più per maledirlo, penserà qualcuno (e non
solo in Medioriente); motivo invece per benedirlo.
Il relativismo dell’Occidente moderno è l’urlo di ribellione
a un ordine morale: il moralismo del mondo non occidentale è il conformismo
alla relatività di tutto.
Il Dio dell’Occidente, quello giudeo-cristiano, sceglie di
rispettare la libertà e la ragione umane di cui è causa; il Dio dell’islam è un
volontarismo assoluto che può mutare la realtà a ogni secondo.
La fede nel Dio giudeo-cristiano chiede la libertà e
la ragione; Allah chiede dei sottomessi.
Il Dio cristiano, cioè, rischia. Rischia il rifiuto, lo
sberleffo, la bestemmia, Charlie Hebdo. Ma è così da più di 2mila anni, da che
volle rischiare grosso con Maria di Nazareth. Suor Marie-Emmanuel in piazza
domenica a Parigi è la misura del rischio cui il Dio giudeo-cristiano si
sottopone.
Friedrich A. von Hayek traduceva da par suo il rischio che
Dio si prende in Occidente, invitando l’uomo a rischiare con lui: «Potrebbe
essere che una società libera come l’abbiamo conosciuta porti in sé le forze
della propria distruzione, e che quando la libertà si realizza è data per
scontata e cessa di essere valorizzata».
Riguardate la foto di suor Marie-Emmanuel. Una suora difende
non ciò in cui non crede, ma la libertà di certi uomini di difendere ciò in cui
essi credono, convinta che se non vi è la paradossale libertà di bestemmiare
non vi è nemmeno quella di adorare Dio.
Adesso riguardate le
foto di quei musulmani solidali che dicono «Je suis Charlie».
Suora e musulmani solidali lo fanno entrambi a Parigi; se lo
facessero nei luoghi dove l’islam è legge, farebbero la medesima fine dei
giornalisti di Charlie Hebdo. Quei tali occidentali per cui a Charlie Hebdo “se
lo sono meritata” dovrebbero almeno rivendicare l’orgoglio della giurisdizione.
Quel velo da suora in piazza domenica voleva dire solo
grazie: grazie di cuore all’Occidente per quel che di meglio potrebbe essere
perché non è peggio di come è. Je suis Marie, insomma, o meglio (come
suona l’Avemaria in francese) Je vous salue, Marie.
Fonte: visto su L’Intraprendente di martedì 13 gennaio 2015
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