di Stefania Piazzo
In un bellissimo film con Ugo Tognazzi, “La vita agra”, proprio lui, l’attore cremonese figlio delle nostre nebbie, dice: “L’asfalto ha rovinato le rivoluzioni, non ci sono più sassi”. E’ vero, siamo nella polvere, non ci sono più sanpietrini o pietre da lanciare contro il Palazzo, la politica la fa chi non ha i calli. E Tognazzi supera se stesso quando urla con l’ira del giusto che si sente tradito: “Io vorrei far esplodere il Torracchione”, riferendosi ad un grattacielo di Milano, per vendicarsi dalle miniere chiuse, per fare giustizia dei lavoratori licenziati. Caro Ugo, l’è cambià nigot. Non è cambiato niente. Il Torracchione c’è ancora, anzi, a Milano ne hanno fatti altri di nuovi e ne combinano di ogni…
Mi hanno insegnato che le parole sono “come” pietre. Il “come” è di troppo, da direttore di questa nuova testata io dico che i giornali sono pietre, non gli somigliano soltanto. L’informazione può svegliare chi dorme e chi soffre di sonnambulismo, ovvero quasi tutti. Dormiamo a occhi aperti, mentre davanti a noi fanno e disfano.
In un bellissimo film con Ugo Tognazzi, “La vita agra”, proprio lui, l’attore cremonese figlio delle nostre nebbie, dice: “L’asfalto ha rovinato le rivoluzioni, non ci sono più sassi”. E’ vero, siamo nella polvere, non ci sono più sanpietrini o pietre da lanciare contro il Palazzo, la politica la fa chi non ha i calli. E Tognazzi supera se stesso quando urla con l’ira del giusto che si sente tradito: “Io vorrei far esplodere il Torracchione”, riferendosi ad un grattacielo di Milano, per vendicarsi dalle miniere chiuse, per fare giustizia dei lavoratori licenziati. Caro Ugo, l’è cambià nigot. Non è cambiato niente. Il Torracchione c’è ancora, anzi, a Milano ne hanno fatti altri di nuovi e ne combinano di ogni…
Mi hanno insegnato che le parole sono “come” pietre. Il “come” è di troppo, da direttore di questa nuova testata io dico che i giornali sono pietre, non gli somigliano soltanto. L’informazione può svegliare chi dorme e chi soffre di sonnambulismo, ovvero quasi tutti. Dormiamo a occhi aperti, mentre davanti a noi fanno e disfano.
E allora, veniamo a noi, al titolo di questa
testata. Si può spiegare un giornale dal titolo così deciso? Ci proviamo, in
tre modi semplici.
La prima
indipendenza – L’indipendenza è di chi pensa, è di chi parla, è di chi
scrive. E’ l’indipendenza cioè di pensiero, di parola, è l’indipendenza nello
scrivere. Ma l’indipendenza è e deve essere economica. Lo è innanzitutto per
l’individuo, che altrimenti non è uomo libero. Lo deve essere per
l’informazione, perché abbia le gambe per tirare i sassi.
Possiamo andare avanti anni luce nel dare un
perimetro d’azione all’indipendenza, ma abbiamo capito che l’altra faccia della
medaglia è la schiavitù morale e materiale, perché non ci rende liberi di poter
scegliere, di dire No o di dire Si, né di leggere la contro-informazione, di
usarla come strumento per svegliare chi dorme.
Le corazzate mediatiche come il gruppo
Repubblica-Espresso, Rizzoli…Corriere… hanno sostenuto Monti, le banche d’affari.
La controparte dovrebbero essere Libero, Il Giornale, e altri apparentemente
controcorrente, ma la cui area di lettura e d’opinione e sostegno è
rappresentata da chi ha votato in Parlamento il governo Monti prima e siede in
quello Renzi adesso o si siede con lui per trattare. Scusate, ma dov’è la
differenza? Forse solo nel fare più satira?
In tanti, in troppi (anche se pochi perché
contano molto), nell’informazione così come nella politica, nell’economia,
scelgono infatti per noi. Ci dicono che siamo liberi, in realtà la loro libertà
non è altro che un guinzaglio lungo che controllano e accorciano come vogliono.
E si guardano bene dallo scrivere di politica estera, di raccontarci quello che
in Francia o Germania, ad esempio, scrivono, raccontano su noi e
l’Europa. Noi, lo faremo. La rubrica Europa e Mitteleuropa ci aiuterà a
guardare oltre le beghette di casa. Anche oltre le beghette indipendentiste e
ai ragli che frazionano le forze. Iniziamo ad andare oltre i campanili del Lago
Maggiore o di Varese e alle dispute sui bambini che “disturbano” nei parchi. Ci
pare argomento senile.
Scriveremo di scuola, perché solo in Lombardia,
per fare dei numeri, 4 milioni di persone ne vivono e discutono tutte le sere a
casa. Perché dalle decisioni dei dirigenti scolastici, scelti dai partiti
checchè se ne dica, derivano i programmi di studio: ciò che si apprende. Al
Nord fino ad oggi la sinistra lo ha capito bene. La destra ha scelto di educare
con la televisione. Quel che resta ha deciso che gli insegnanti non votano per
l’indipendenza, quindi chi se ne frega di quelli della scuola. Asini di
politici!
L’indipendenza nuova sta con chi nutre – e la
racconta – l’ira dei giusti, di chi si ribella all’ingiustizia, all’accidia,
all’indifferenza e alla rassegnazione generate dai poteri forti e da chi ha
tradito la battaglia per l’indipendenza dei territori dal centralismo. Se siete
d’accordo, passiamo al secondo punto.
La
seconda indipendenza – Il territorio è luogo dell’indipendenza anche
come terreno di confronto. Un giornale che porta questo nome parla ai
federalisti, agli autonomisti, agli indipendentisti perché in questo periodo di
neocentralismo, unire le forze è vitale. Essere ecumenici, includere anziché
escludere, è segno di forza. Sparlarsi alle spalle o su facebook è da raglio
rancoroso.
Se siete ancora d’accordo, proseguite a
leggere.
La terza
indipendenza – Non siamo contro nessuno, tranne chi è contro di noi,
ovvero il centralismo. L’informazione che veicola rancori non è indipendente,
ha altri fini: sputtanare il rivale, denigrare il concorrente, personalizzare
una battaglia. Non ci interessa. Il nemico è altrove.
Positivi e propositivi, questa è la missione di
un giornale che si sforza di fare informazione per alimentare il dibattito
della cultura politica. Il nostro motto è vecchiotto ma utile: “Astieniti dal
parlare contro gli altri, ma difendi la verità in maniera che le cose dette da
te siano completamente irrefutabili”.
Se avete letto fin qui e siete ancora
d’accordo, l’invito che faccio ai lettori è questo: non credete a chi vive di
rancore. Siate indipendenti nel pensiero, nel parlare, nello scrivere. Siete i
benvenuti.
Infine, abbiamo un sottotitolo: giornale del
lombardo veneto. E’ l’area geografica, sociale ed economica che si affaccia al
mondo più simile al nostro idem sentire e ambire: la Mitteleuropa. Veniamo da
lì. L’Europa che viviamo è figlia di quelle rivoluzioni imposte e generate da
ciò che sta attorno a noi.
Non abbiamo bisogno di aprire sedi a Roma o a
Ragusa, già ci pensano altri, seguendo un’inevitabile mutazione genetica per
non perire in cabina elettorale.
Siamo convinti che la sfida più importante,
edulcorato, abortito il progetto civetta elettorale della cosiddetta
macroregione, sia nella tempesta perfetta che attende non solo la Lombardia,
nel breve tempo a venire, ma anche e soprattutto il Veneto, da sempre più
avanti nel rappresentare l’identità come modo di essere, di vita quotidiana,
quel non sentirsi padroni a casa propria per l’invadenza dello Stato. Armiamoci
di pietre e partiamo.
Fonte: srs di STEFANIA PIAZZO, da
L’Indipendenza del 13 luglio 2014
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