Nevio Bottazzi
Nevio Bottazzi, eletto cittadino illustre, aveva raccontato
il suo "segreto" solo qualche anno fa. Aveva cestinato o cambiato
indirizzo alle cartoline-precetto
VICENZA - E’ scomparso ieri a Vicenza, all’età di 96 anni,
Nevio Bottazzi, uno dei cittadini illustri della città berica. La morte è
avvenuta all’ospedale San Bortolo, dove era stato ricoverato da qualche giorno
per l'aggravarsi di alcune patologie.
Era considerato il “Perlasca vicentino” in quanto salvò
11 mila persone dai campi di concentramento durante la Seconda Guerra
Mondiale: lo fece con un’idea ingegnosa, buttando via le cartoline-precetto
destinate ai vicentini da arrestare e deportare in Germania oppure cambiando
gli indirizzi, in modo che il pacco con le cartoline destinate non arrivasse
mai a destinazione. La particolarità sta nel fatto che mantenne questo segreto
per oltre 60 anni, raccontando pubblicamente questa vicenda solo pochi anni fa.
Dopo questa sua testimonianza, l’attuale sindaco di Vicenza,
Achille Variati, lo insignì del titolo di cittadino illustre. I funerali
di Bottazzi si terranno domani mattina in città.
Fonte: visto su il gazzettino del 9 gennaio 2014
VICENZA, NEVIO BOTTAZZI “CITTADINO ILLUSTRE”
Nevio Bottazzi, 94
anni, sorride dopo aver svelato il segreto che portava da anni
Vicenza. Il primo riconoscimento, per ora ufficioso
ma presto ufficiale, gli arriva dal Comune di Vicenza.
Dopo aver appreso la vicenda di Nevio Bottazzi proprio dalle
pagine del Giornale di Vicenza, il sindaco Achille
Variati ha deciso di conferirgli il titolo di “cittadino illustre”. Un
premio annunciato e che dovrà essere ratificato dalla giunta comunale, ma il
primo cittadino non ha dubbi.
E lo spiega in un comunicato: «Non conoscevo questa storia e
mi ha molto colpito. Mi onora sapere che un mio concittadino si sia prodigato,
anche a rischio della vita, per salvare migliaia di vicentini altrimenti
destinati alla deportazione nazifascista».
Una scoperta condivisa con tutti quelli che domenica mattina
hanno aperto la prima pagina di cronaca e letto l'intervista di colui che già
in molti chiamano il “Perlasca vicentino”,
custode di un segreto conservato gelosamente per oltre 60 anni. Un po' come
quei soldati che ogni tanto riappaiono dal profondo di una giungla riportando
alla luce date, luoghi e fatti che il tempo sembra aver centrifugato.
Rotto finalmente il riserbo dal cronista, complici un paio
di amici, è ora il tempo della memoria e della riconoscenza. Continua Variati:
«Molti, in quegli anni, sapevano. Pochi hanno avuto il coraggio di opporsi.
Inviterò il signor Bottazzi a palazzo Trissino per ascoltare dalla sua voce
questa incredibile vicenda e proporrò alla giunta di attribuirgli il titolo di
cittadino illustre. È davvero il minimo che possiamo fare in segno di
ringraziamento per la sua azione rimasta per tanto tempo sconosciuta, forse
anche a causa della riservatezza così tipica dei vicentini più autentici».
Riservatezza che sorprende anche Giuseppe Pupillo, presidente dell'Istituto Storico della Resistenza
e dell'Età Contemporanea. «Non conosco questa vicenda - sottolinea con cautela
più che per scetticismo - e sarà mia cura prenderne visione. Certo, sarebbe di
grande interesse se corrispondesse alla realtà, però francamente non posso
dirle niente perché ignota». Contatterà anche lui il signor Bottazzi, per
capire e magari aggiungere una nuova pagina nel libro vicentino della lotta
partigiana.
Da parte sua Bottazzi
aggiunge un nuovo racconto:
«Riuscii a far
scappare 30 ragazzi mi sembra di Lugo portati nella caserma di raccolta di
Treviso per essere deportati in Germania. Usai uno stratagemma: provocai, con
una richiesta di cibo, e poi minacciai con il fucile armato il sergente delle
SS che gestiva il luogo, attirando in tal modo l'attenzione delle due giovani
guardie fasciste al portone, che lo lasciarono incustodito per una decina di
minuti».
Chi si rivede in questo racconto può contattarlo al suo
numero di telefono o chiamare la redazione. Di storie di coraggio e di speranza
c'è sempre un gran bisogno.
«Cittadino illustre?
Sono cittadino lo stesso. Cos'è, mi vuole “lustrare”?».
Ci ride su Nevio Bottazzi, ma il riconoscimento alla fine
gli fa piacere.
Allora, signor
Bottazzi, lusingato?
«Io ho sempre risposto
alla mia coscienza, mi piace aver fatto ciò che ho fatto. Ho sempre cercato di
aiutare la gente, anche ora che ho 94 anni vado a fare la spesa ad una signora.
Si vede che ho un istinto dentro».
Lei sdrammatizza.
Forse si è tolto anche un peso.
«Non era un peso
tenere questo segreto per me, senza divulgarlo».
Cosa pensavano i suoi
di quello che faceva?
«Non lo sapevano.
Nessuno sapeva nulla, nemmeno mio papà, sfollato alle Maddalene».
Qualcuno di quelli
che ha salvato si è fatto vivo?
«Qualche telefonata
c'è stata. L'unica cosa che mi dispiace è che uno di quelli che salvai una
mattina a San Domenico, mentre andavo al lavoro, non mi abbia mai detto grazie.
Era un disertore, aveva documenti falsi e fu beccato, io riuscii a farlo
scappare, ma non ha mai detto niente».
Ci pensa mai che
avrebbero potuto scoprirla?
«Andai lì perché c'era
qualcuno che voleva fare quello ma non aveva il coraggio e così chiamò me,
dandomi il suo sostegno. Anche tra i fascisti c'erano brave persone.
Brutta bestia la guerra. Specie quella civile. L'odio tra fratelli è
terrificante».
Roberto Luciani
Fonte: da IL GIORNALE DI VICENZA del 1 maggio 2012
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