Fa innervosire leggere che, in epoca preunitaria, un
francese vedesse con tanta chiarezza quello che stava succedendo nella penisola
e come sarebbe andata a finire. Fa innervosire che lo vedesse prima delle
sanguinose guerre risorgimentali, prima del brigantaggio, dei paesi rasi al
suolo, prima dell’emigrazione di massa, delle catastrofiche guerre mondiali,
prima della dittatura, dello scandalo della banca di Roma, prima di mani
pulite, delle olgettine…
Eppure, ancora oggi, molti veneti moderni si ostinano a non
vedere. O meglio, solo adesso cominciano a vedere. Meglio tardi che mai! Sappiamo
che il risveglio è cominciato e con altrettanta chiarezza sappiamo che
sarà INARRESTABILE.
Leggendo un libro di Lorenzo Del
Boca (“Polentoni”) mi sono imbattuta in qualcosa che, da molti
anni, avremmo dovuto sapere… tutti noi! Vi riporto alcuni stralci del libro in
questione
Stagione breve. I vecchi regimi sono stati restaurati e
Proudhon, per evitare i guai giudiziari delle sue scelte politiche, ha preso la
strada del Belgio. Da quell’osservatorio ha seguito le vicende del Risorgimento
che gli hanno strappato commenti al vetriolo “Quando l’unità sarà
realizzata, il popolo italiano non starà affatto meglio!”. […] Cupe
previsioni.
“Il primo effetto della centralizzazione sarà la
scomparsa di ogni sorta di carattere indigeno nelle diverse località del paese.
Si crede, con questo, di esaltare nella massa la vita politica: invece la si
distrugge nelle sue parti costitutive e fin nei suoi elementi. Uno stato di
ventisei milioni di anime è uno stato nel quale ogni libertà provinciale e
municipale è confiscata a vantaggio di un potere superiore che è il governo.
Ogni località deve tacere. Il campanilismo deve fare silenzio.
Si fa appello alla nazionalità e il primo atto
dell’indipendenza è fagocitarla: napoletani, romani, lombardi, toscani non
sono in Italia più di quanto ungheresi, boemi, croati siano in
Austria…Contraddizione clamorosa, derisione della specificità
individuali, delusione per un progetto destinato a morire.” […]
“Per far funzionare questa macchina immensa” – sosteneva –
“è necessaria una burocrazia prodigiosa e legioni di funzionari. Per
difenderla dall’interno e dall’esterno, renderla rispettabile ai propri sudditi
e ai propri avversari, occorre un esercito permanente […] Le spese generali
dello Stato aumentano in modo proporzionale alla centralizzazione e in modo
inverso alla libertà lasciata alle province.” […]
Ed ancora “L’Italia è una lunga penisola, divisa nella sua
lunghezza da una catena continua di montagne dalle quali si dipartono, su
entrambi i lati, un gran numero di vallate, separate da altrettanti crinali e
perfettamente indipendenti. Lo si direbbe lo scheletro di un immenso cetaceo.
La conformazione più originale e più decisamente federalista che ci sia al
mondo. Queste piccole divisioni sono tanto ravvicinate da poter consentire un
mutuo soccorso ma altrettanto indipendenti e libere da ogni vincolo reciproco.
Come riunificarle senza fare loro violenza?
Che bisogno c’è di unire sotto uno stesso governo la
Sicilia e la Sardegna? Che bisogno hanno queste isole l’una dell’altra, o del
continente dirimpetto, per la loro sicurezza, la loro agricoltura o la loro
industria? Solo il commercio potrebbe giustificare l’annessione, ma il
commercio, l’attività più necessaria dopo il lavoro, è quella che più
volentieri fa a meno della centralizzazione. Non c’è forse il libero scambio?
Si potrebbero creare sessanta sovranità in Italia! Del resto
è così che ha vissuto per molti secoli, prima della conquista romana e, con la
caduta dell’impero d’Occidente, è ritornata alla sua condizione naturale. E
fanno mille anni.
La lezione è una sola: è evidente – di un’evidenza
immediata – che l’Italia è antiunitaria.[…]
Il movimento dell’unità d’Italia è diventato camarilla governativa.
La camarilla è la politica degli affari. Se vogliamo chiamarla con il suo nome
è corruzione. Unità dunque centralizzazione, grossi emolumenti, sinecure,
monopoli, privilegi, concessioni, regalie”
* “Contro l’Unità d’Italia” di Pierre-Joseph
Proudhon
Fonte: visto su VIVERE VENETO del 3 novembre 2013
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