Marzo 18, 2013
Il rovesciamento della Jamahiriya Libica e l’assassinio del
suo leader non avevano nulla a che fare con i diritti umani e altra spazzatura
ideologica. “Chi oggi cerca di far credere ciò, dovrebbe essere accusato di
apologia di crimini di guerra e complicità dalla Corte penale internazionale,
se questa vuole ancora avere un minimo di credibilità.”
‘Combattenti per la
Libertà’ in Siria, per i quali Laura Boldrini, come ha già fatto in occasione
della distruzione della Libia, invoca il ‘supporto della Comunità
Internazionale’ (ovvero, l’intervento armato della NATO contro lo Stato e il
Popolo siriano)
Internazionale (ovvero, l’intervento armato della NATO contro lo Stato
e il Popolo siriani)
Nell’estate del 2010, montò un’aspra campagna anti-libica,
volta a sabotare gli accordi strategici tra Tripoli e Roma. In vista anche
dell’assalto e della distruzione della Repubblica popolare socialista delle
Masse (Jamahiriya) di Libia. La campagna
propagandistica, attuata dai mass media di sinistra: l’Unità,
Repubblica-L’espresso, Rai3/TG-3, ecc. verteva su una storia diffusa da alcune
ONG e dal CIR (Consiglio Italiani dei Rifugiati) che, basandosi sulle
oramai oggi famose e fumose ‘anonime voci locali’, affermavano che il 30 giugno 2010, 247
‘profughi’ eritrei e somali sarebbero stati “caricati a forza su tre
container e, dopo un viaggio di 10 ore, portati a Saba (ma le stesse fonti poi
parlano di Misurata. NdR), nel mezzo del deserto del Sahara, come
punizione per una rivolta e un tentativo di fuga dal centro di ‘detenzione’ di
Misurata”.
A queste ‘notizie’, il PD, la sinistra e i verdi prontamente
scattavano chiedendo l’intervento del premier Silvio Berlusconi, del ministro
degli Esteri Franco Frattini e di quello degli Interni Roberto Maroni, affinché
“l’Italia si faccia carico di queste persone”. In tale quadro, i Verdi, oramai in via di
estinzione, nel tentativo di riguadagnare i galloni da campo agli occhi della
dirigenza atlantista, scattavano a loro volta pretendendo “un’inchiesta
internazionale immediata e ai massimi livelli“, mentre il loro presidente
Angelo Bonelli insisteva “é materia da Tribunale penale internazionale, se
le notizie che arrivano dai campi libici fossero confermate, avremmo una
violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, con una implicita complicità
dell’Italia, cosa che getterebbe vergogna e fango sulla storia della nostra
democrazia“. I Verdi, come da
tradizione, accorrevano ad oliare i fucili della NATO, assieme ad altri figuri,
come il senatore dell’UDC Giampiero D’Alia che invitava il governo a “non
mettere la testa sotto la sabbia e a dimostrare almeno una volta di non essere
succube del colonnello Gheddafi“, mentre il deputato del PdL Enrico
Pianetta, ex-presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, si
appellava a Frattini e Maroni “Per salvare i nostri 300 fratelli eritrei che
hanno diritto ad avere asilo politico e non di essere trattati come bestie
dalla Libia…” concludendo che era una cosa “più grande degli interessi
geopolitici internazionali”. E difatti, un anno dopo, nel 2011, Frattini
accoglieva l’appello strappalacrime mettendo davanti agli interessi nazionali
ben altri interessi… Pianetta se ne sarà felicitato.
Infatti, la ben istruita Amnesty International
avviava la sua ben rodata prassi di disinformazione e propaganda negativa
contro i prossimi bersagli della NATO; Riccardo Noury di Amnesty
International Italia collegava le due ‘feroci dittature’ libica ed eritrea,
da sempre invise sia alla NATO e ai suoi petro-ascari arabi: “Il destino per
chi viene rispedito in Eritrea è il carcere, torture e maltrattamenti per loro
e i familiari. Chiediamo alla Libia il rispetto degli obblighi umanitari”,
corredandole di accuse contro Asmara: leva militare permanente, mancanza di
libertà di stampa, persecuzioni religiose, ecc. Al solito, tutto l’occorrente
hollywoodiano per creare il fantoccio del nemico perfetto da bombardare in
modalità ‘politically correct’.
Difatti, nel dicembre 2009, le Nazioni Unite imponevano le
routinarie sanzioni all’Eritrea, compreso il congelamento dei beni e il divieto
di espatrio dei membri del Governo. Le solite cose viste, regolarmente
applicate ai nemici della NATO e delle istituzioni finanziarie internazionali,
come le agenzie finanziarie di George Soros, bandito transnazionale, uso pagare
ONG e guitteria dirittumanitarista affinché svolgano i richiesti
servizi mirati di disinformazione strategica. Infatti, il governo libico,
davanti alle operazioni di ingerenza interna imbastita guarda caso dall’Alto
Commissariato dei Rifugiati delle Nazioni Unite, la cui portavoce era proprio
Laura Boldrini, decideva di espellere dalla Libia l’UNCHR, per l’opera di
destabilizzazione che stava svolgendo soprattutto, sempre un caso, a Misurata,
futura roccaforte della sovversione salafita-atlantista del 2011.
Di fronte alla pronta reazione di Tripoli, scattavano la
controffensiva mediatica delle varie guapperie del ‘politically correct’
viola o arancione che fossero. In sostanza le associazioni anti-razziste,
pro-migranti, dirittumanitariste a senso unico, iniziavano il battage
pubblicitario anti-libico, ottenendo il sostegno dei su ricordati pavidi
‘personaggi istituzionali’, nel mettere sotto pressione il governo italiano,
affinché auto-sabotasse la propria iniziativa verso la Jamahiriya Libica.
All’orizzonte, intanto, si profilava il golpe-insurrezionale
anglo-franco-qatariota di Bengasi. Fonte principale di questa storia dei
profughi eritrei picchiati e internati in Libia, erano le ONG Fortress
Europe e Habesha, che da Roma raggiunsero agevolmente alcuni
presunti ‘detenuti’ a Misurata. Resta da spiegare come fosse possibile che dei
‘detenuti vessati e picchiati’, potessero colloquiare tranquillamente al
telefono con esponenti di note ONG eritree anti-governative e foraggiate da
frazioni della dirigenza italiana e dal Vaticano. Ma nonostante tutto, la
terribile repressione denunciata dall’ONG Habesha riguardava dei feriti
e dei tentati suicidi “per evitare la compilazione dei moduli di
identificazione”; una pratica normale in qualsiasi Paese.
Va ricordato che Habesha è un’agenzia diretta e
gestita da elementi contrari al governo di Asmara, e che a sua volta rilanciava
tali notizie presso l’UNCHR, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni
(OIM), il CIR, e gli immancabili Amnesty International e Human Rights
Watch. Lo scopo come detto era sabotare un’intesa italo-libica, da sempre
contrastata dai partiti di centro-sinistra e della destra filo-sionista, da
sempre totalmente proni agli interessi statunitensi, inglesi, francesi e
israeliani, come ben dimostra la carriera ONUsiana dell’attuale presidente
della Camera Laura Boldrini. Anche lei direttamente coinvolta e partecipe in
tali eventi dalle origini e modalità più che dubbie.
Esilarante, poi, quando quell’estate 2010 accade un evento
che sebbene svoltosi sotto gli occhi di un pubblico di milioni telespettatori,
sfuggì totalmente alla loro attenzione. Ebbene, il TG-3, il telegiornale di
sinistra, gestito dal PD in base alla spartizione partitocratica (e
privatistica) delle risorse pubbliche, trasmise per alcuni giorni la notizia
allarmante sui migranti eritrei, lanciando l’allarme sulle brutali condizioni
vigenti nei ‘campi di concentramento’ di Gheddafi, dove perfino un milione,
dicevano, di africani veniva brutalizzato e perfino lasciato morire. I
‘migranti eritrei’ denunciavano al TG-3 i maltrattamenti subiti dalla polizia
di Gheddafi: torture, bastonature, incatenamenti, isolamento, denutrizione,
maltrattamenti, malattie e fame. Sembrava che tutte le storie horror delle
varie agenzie antirazziste, oggi scopertesi al soldo della NATO, del
social-colonialismo parigino e dei petro-emirati del Golfo Persico, venissero
verificate e dimostrate. Ma la cosa strana, che ai giornalisti del TG-3 sfuggì,
o che semplicemente ignorarono contando sulla dabbenaggine del telespettatore
medio di ‘sinistra’, era dato dal fatto che i poveri migranti eritrei,
‘internati e torturati’ nei lager gheddafiani, potessero tranquillamente
spargere questa disinformazione intervenendo in diretta, durante il
telegiornale stesso, parlando con lo speaker del TG-3 che, candidamente, diceva
al pubblico che i “migranti-prigionieri” intervenivano grazie alla disponibilità
di un telefono satellitare. Ovviamente si guardarono bene dallo specificare
come fosse possibile che dei ‘prigionieri’ incatenati in un lager, avessero a
disposizione, e chissà grazie a chi, addirittura un telefono satellitare con
cui poter screditare il sistema libico parlando in diretta con i giornalisti
del TG-3.
Il TG 3 si era prestato ad un’operazione di disinformazione
strategica e di preparazione all’aggressione bellica alla Jamahiriya Libica, e
questo ben sei-sette mesi prima che si sentisse parlare di “Primavera Araba”, con ciò dimostrando che l’intervento contro la
Libia Popolare era in preparazione da molto tempo, anni se non decenni prima
del 2011. Come si vedrà, la presunta ‘Primavera Araba’ in Libia è sempre stata
seguita, coccolata e protetta fin dal primo giorno della “rivolta” di Bengasi.
Altrimenti, cosa ci facevano la Portaeromobili Garibaldi e la nave-spia Elettra
della marina militare italiana, nelle acque al largo di Bengasi, proprio nei
giorni dell’esplosione della rivolta Gheddafi? Senza parlare
poi della nave da carico utilizzata dalla nota ONG Emergency per
prestare soccorso ai golpisti islamisti di Misurata (e solo a loro), che veniva
regolarmente utilizzata per trasportare armi, mercenari, terroristi e
consulenti occidentali, addirittura dei droni canadesi, per supportare la
sanguinaria rivolta islamista e atlantista contro la Libia socialista e
popolare.
Assalto all’ambasciata jamhiriyana libica di Roma da parte delle
forze politiche (sinistra italiana e islamisti nordafricani) di cui, oggi,
è espressione la neo-eletta presidente della camera Laura Boldrini.
Come mai al centro di queste vicende si trovano dei profughi
eritrei? E come mai la pronta sollecitudine di ONG eritree, o presunte tali,
nel denunciare sia Tripoli che Asmara? Come scrive un intellettuale-gangster
nemico di Gheddafi e di Afeworki: “Se si dovesse ricomporre una vecchia
canzone eritrea per descrivere quante volte il Presidente eritreo ha visitato
la Libia negli ultimi dieci anni, uno dei versi reciterebbe così: ‘L’aereo
vola, vola, viaggiare da Asmara a Tripoli è diventato un divertimento’”.
Isaias Afeworki è il leader del Fronte Popolare di
Liberazione Eritreo e presidente dell’Eritrea. In un’intervista del
presidente eritreo ai media libici, del 5 gennaio 2011, descrisse la relazione
tra i due Paesi come speciale e storica. Aveva anche dichiarato di aver
visitato la Libia durante le sanzioni delle Nazioni Unite imposte alla
Jamahiriya Libica dal 1992 al 2003, sottolineando la forte opposizione della
Libia quando sanzioni analoghe sono state inflitte Eritrea, nel 2007. L’ultimo
viaggio del Presidente Isaias Afeworki in Libia avvenne il 9-12 ottobre 2010,
mentre l’ultimo incontro tra i due leader libico ed eritreo, avvenne a
N’djamena, in Chad, il 21 luglio e poi in Libia il 23 dello stesso mese.
Aferworki si recava in Libia per avere supporto materiale e politico, per
affrontare le cospirazioni organizzategli contro. Afeworki compì la sua prima
visita in Libia il 3 febbraio 1998, stabilendo in quell’occasione le relazioni
diplomatiche tra i due Paesi, che migliorarono notevolmente dopo la guerra
eritreo-etiopica del maggio 1998, quando l’Eritrea ricevette il sostegno dalla
Libia, che dopo di allora chiese di spostare la sede dell’OUA da Addis Abeba a
Tripoli.
Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara (CEN-SAD)
In tale quadro, il 4 febbraio 1998, la Jamahiriya Libica
creò la Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara (CEN-SAD), con sede a
Tripoli. La Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara è una delle Comunità
economiche regionali del continente (CER) riconosciuti dall’Unione africana.
L’Unione Africana riconosce attualmente otto CER, ognuna di esse ha un ruolo
chiave nel processo d’integrazione africana. Al vertice di fondazione del
CEN-SAD parteciparono Gheddafi, i capi di Stato di Mali, Chad, Niger, Sudan e
un rappresentante del presidente del Burkina Faso (come non notare tra essi i
diversi Paesi aggrediti negli ultimi anni, dalle forze atlantiste). Le
relazioni tra i due Paesi divennero ancora più strette dopo che l’Eritrea aderì
all’organizzazione nell’aprile 1999. Difatti, il CEN-SAD arrivò a riunire 23
Strati (circa il 43% di tutti i membri dell’Unione Africana) divenendo a sua
volta una piccola Unione africana. In ultima analisi, in questo attivismo
anti-coloniale della Libia, che ostacolava l’invadenza dell’Unione del
Mediterraneo, sponsorizzata dalla Francia, e del Comando Africa degli USA
(AFRICOM), sul continente africano, risiede la motivazione profonda
dell’aggressione e della distruzione della Jamahiriya Libica. Aggressione e
distruzione sponsorizzate da Laura Boldrini, che nel suo ruolo di esponente
dell’UNCHR, ha condotto la campagna mediatica volta a promuovere il
bombardamento umanitario della Libia, così come oggi, marzo 2013, la medesima
Boldrini svolge una campagna mediatica per promuovere il bombardamento della
Siria baathista.
Gheddafi, promuovendo la sua politica panafricana, avviò il
CEN-SAD per conseguire i seguenti obiettivi:
- la creazione di un’unione economica basata sull’attuazione
complessiva di un piano di sviluppo della comunità integrando e supportando i
piani di sviluppo nazionali dei Paesi membri, comprendenti diverse aree di
sviluppo economico e sociale come l’agricoltura, l’industria, l’energia, le
iniziative sociali, culturali e sanitarie
- L’eliminazione di tutte le restrizioni che ostacolano:
• La libera circolazione delle persone, dei capitali e degli
interessi dei cittadini degli Stati membri
• Le libertà di residenza, proprietà ed esercizio di
attività economiche
• Le libertà di commercio e di circolazione di beni,
prodotti e servizi degli Stati membri
• La promozione del commercio estero e di una politica di
investimenti negli Stati membri
• Lo sviluppo dei trasporti tra gli Stati membri e di
congiunti progetti per le comunicazioni terrestri, aerei e marittime
• Riconoscimento ai cittadini degli Stati membri degli
stessi diritti e obblighi
• Armonizzazione dei sistemi di istruzione, educativi,
scientifici e culturali.
Sempre più Stati africani s’interessavano ai piani di
Gheddafi.
Nel 2009, all’ottavo vertice dell’organismo erano presenti
28 Stati: Libia, Burkina Faso, Mali, Chad, Sudan, Niger, Repubblica
Centrafricana, Eritrea, Senegal, Gambia, Gibuti, Egitto, Marocco, Tunisia,
Nigeria, Somalia, Togo, Benin, Guinea-Bissau, Costa d’Avorio, Ghana Sierra, Leone,
Guinea, Comore, Kenya, Mauritania, Sao Tome e Principe, Liberia. In
conclusione: in meno di dieci anni l’organizzazione del CEN-SAD era riuscita a
riunire 28 paesi con 350 milioni di abitanti, che si estendevano dall’Atlantico
al Oceano Indiano, dal Mar Mediterraneo al Golfo di Guinea, cioè la metà
settentrionale del continente. Il governo jamahiriyano libico copriva il 15 per
cento dell’intero bilancio dell’Unione Africana, pagando le quote annuali degli
stati africani più piccoli e poveri. Negli ultimi dieci anni, aveva donato
miliardi di dollari in aiuti a vari Paesi africani, e aveva istituito un fondo
di 1,5 miliardi dollari per l’Africa.
Fu questo imponente e rapido processo che spinse le potenze
occidentali, soprattutto le vecchie potenze coloniali come Francia e Regno
Unito, ad organizzare il sabotaggio di questo programma, con l’attivo supporto
di frange dell’ONU e delle ONG finanziate o da Parigi/Londra, o dai loro nuovi
alleati del Golfo Persico, gli oscurantisti regni petro-islamisti del Golfo
Persico come Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Quwait e
Oman. Gli USA a loro volta reagirono costituendo nel 2004 l’iniziativa
antiterrorismo trans-sahariana e nel 2008 l’AFRICOM. Per poter giustificare la
nuova ingerenza delle potenze della NATO, vennero ricreati e favoriti i locali
‘gruppi islamici terroristi’ come Ansar al-Din, MUJAO o l’AQMI, al-Qaida
nel Maghreb Islamico, di cui fa parte il Gruppo islamico combattente in Libia
(LIFG), armato e finanziato dalla NATO allo scopo di distruggere la Libia. Il
LIFG é il principale ispiratore della repressione degli immigrati africani e
della minoranza libica-africana, a cittadina di Tarhouna, composta da 40000
abitanti discendenti degli schiavi africani, è stata rasa al suolo, sotto lo sguardo
compiaciuto di Laura Boldrini e di quelle ONG dirittumanitariste e
‘antirazziste’ che per prima sparsero la voce che i 2,5 milioni di immigrati
presenti nella Jamahiriya Libica fossero ‘mercenari di Gheddafi’. Menzogna
diffusa per giustificare i veri crimini contro l’umanità commessi dai mercenari
salafiti-taqfiriti arruolati dalla NATO e dal Qatar.
Gheddafi visitò l’Eritrea il 7-9 febbraio 2003, dove fu
ricevuto a Massaua e ad Asmara da migliaia di eritrei. Fu proprio in quel
periodo che l’agenzia para-governativa bzrezinskiana statunitense Human
Rights Watch lanciò l’offensiva mediatica mondiale tesa a screditare
l’Eritrea. Allo scopo sono stati fondati e finanziati ONG e Partiti di
Opposizione che, come il Partito Nazionale Wufaq, che apertamente invoca
la rivolta armata per rovesciare il governo eritreo, prendendo come esempio le
‘Primavera araba’. Il Partito Wufaq
fa parte del Congresso nazionale per il cambio democratico (NCDC); più che un
titolo un marchio di fabbrica che porta direttamente alle agenzie d’influenza e
d’intelligence statunitensi, come il NED, l’IRI e la CIA. La sigla standard di ‘Congresso democratico’ è
già stata ampiamente utilizzata dagli ascari delle forze d’opposizione siriane,
irachene e iraniane, che hanno sempre fatto ricorso al terrorismo e hanno
sempre invocato l’intervento armato della NATO contro i rispettivi Paesi. Ed è
a questo tipo di forze che si richiama Laura Boldrini, quando parla di “richieste
di pace e libertà” in Siria.
Ritornando al NCDC, non è una pura coincidenza che abbia
sede ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, con cui l’Eritrea è in conflitto da
decenni. Nel frattempo i cosiddetti Democratici ed attivisti dei diritti umani
eritrei, radunati dalla Rete della Società Civile eritrea in Europa
(NESC-Europe), dopo aver trovato “edificante vedere questa nuova ondata
democratica che attraversa l’Africa, l’emergere dell”Africa in movimento’”,
ovvero l’intervento della NATO in Costa d’Avorio, Libia, Repubblica
centrafricana e Mali, i ‘democratici euro-eritrei’ chiedono all’Unione europea
di saper cogliere “l’ora della resa dei conti” con il governo di Asmara,
per “cambiamento strategico”. Cambiamento, l’attuale parola
d’ordine degli ascari del Pentagono e di Wall Street risuona in continuazione
in questi ultimissimi anni, in tutti gli angoli in cui vi siano interessi degli
statunitensi e dei loro alleati. Infatti, la Rete NESC-Europa chiede all’UE
supporto finanziario-politico; l’avvio di una campagna d’infiltrazione presso
la ‘società civile’ eritrea, ovvero preparare l’ennesima rivoluzione colorata;
il riconoscimento di unico rappresentante legittimo dell’Eritrea; ecc.
Insomma, il solito armamentario mieloso, che serve solo a
nascondere i proiettili e le bombe dell’armamentario effettivo. Non a caso una
copia di tale ‘appello’ era stata speranzosamente inviata a Nicolas Sarkozy,
l’ex-presidente della Repubblica francese, primo responsabile della tragedia
libica. E infatti, l’UE, e soprattutto Roma, ha prestato orecchio a tale
commovente appello. L’Intergovernmental Authority on Development (IGAD)
è un’ente regionale per lo sviluppo del Corno d’Africa, rifondato nel 1996, e
che riunisce Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan e
Uganda. Notare che nel 2007 l’Eritrea è stata sospesa, mentre l’inesistente
Somalia, e lo Stato fantoccio Sud Sudan, prede di una inestinguibile guerra
civile, continuano a farne parte, ricevendo i sostanziosi fondi elargiti dai
‘partner’ occidentali dell’IGAD, riuniti nel FPI (Forum dei Partner dell’IGAD),
fondato a Roma nel gennaio 1998, dove si decise d’istituire il Comitato di
attuazione del progetto, poi attivato nel novembre 1998. Il Presidente
dell’IGAD è il Presidente del FPI, e il governo italiano è il primo
co-presidente. Si noti che all’FPI fa parte anche la già accennata
Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), coinvolta nella
sovversione in Libia. In sostanza, l’Eritrea è stata sospesa dall’IGAD, e
quindi esclusa da qualsiasi finanziamento per lo sviluppo dall’UE e dagli USA,
e l’Italia in tale decisione ha avuto un ruolo determinate. Si ricordi che all’epoca era al governo in
Italia il centro-sinistra, cui ideologicamente si richiama Laura Boldrini.
Le ONG eritree, soprattutto quelle che si occuperebbero di
migranti e profughi, sono finanziate dai Paesi occidentali, dal Vaticano e
dalle petro-monarchie, tutti nemici dichiarati del governo Afeworki. Quindi, non è una casualità che si sia colta
l’occasione dei presunti abusi, probabilmente inventati, sugli immigrati
eritrei in Libia. Si è cercato di colpire non solo i rapporti tra Roma e
Tripoli, ma anche quelli tra Tripoli e Asmara. L’Eritrea, come visto, aveva un
grande amico in Gheddafi, colpendo i legami tra Eritrea e Libia, quindi, si è
cercato di destabilizzare anche Aferworki, giocando la carta di una presunta
persecuzione dei migranti eritrei pur di suscitare una reazione tra la
popolazione eritrea contro il governo in Patria.
Tale accanimento contro l’Eritrea è dettato soprattutto
dall’importante posizione strategica che occupa, sul Mar Rosso, laddove passa
la maggior parte del flusso petrolifero che va dal Golfo Persico al
Mediterraneo-Europa occidentale. Asmara coltiva solidi rapporti con potenze
eurasiatiche come l’Iran e la Cina popolare, Stati percepiti come avversari
strategici dagli USA, e quindi dalla NATO, e dai loro petro-ascari delle
monarchie oscurantiste arabe e delle varie fazioni terroristiche salafite che
tormentano il Medio Oriente. E quindi non è un caso che, dopo la farsa del
presunto ‘golpe’ del gennaio 2013, quando vi fu un’azione sconclusionata di
alcuni squinternati in cerca di denaro, venne gonfiata e trasfigurata in una
‘rivoluzione’ dagli organi di disinformazione occidentali. Tra queste, in prima
linea, la solita al-Jazeera, e quindi l’emiro del Qatar, che cercava di
esportare la sua ‘democrazia’ anche in Eritrea. Giustamente il governo di
Asmara ha adottato i provvedimenti necessariamente adeguati nei confronti delle
spie e dei propagandisti del salafismo militante qatariota, espellendoli dal
Paese. Difatti, anche in Eritrea il regime del Qatar ha dimostrato di cooperare
con Israele.
Secondo il think tank statunitense Stratfor: “Iran,
Qatar, Arabia Saudita ed Egitto stanno diventando stretti alleati del piccolo
Paese africano. L’Iran ha fornito armi e addestra i ribelli yemeniti al-Houthi
sistemati sulle coste eritree. Ciò ha svegliato l’interesse dell’Arabia saudita
per l’Eritrea, poiché Riyadh vuole contenere i ribelli. Il Qatar, che vuole
aumentare la sua influenza in Africa orientale, ha mediato nella disputa di
confine tra Eritrea e Gibuti”. D’accordo con il governo di Asmara, nel 2008
l’Iran ha attivato una piccola guarnigione militare a protezione della
raffineria di Assab, e nel 2009 l’Export Development Bank of Iran ha
investito nel paese 35 milioni di dollari.
Secondo Stratfor, per l’Iran è importante la posizione
strategica dell’Eritrea, che controlla lo stretto di Bab el-Mandeb, importante
passaggio del traffico marittimo internazionale, soprattutto del trasporto di
greggio.
Sempre secondo Stratfor, “Israele ha una piccola ma
significativa presenza” in Eritrea: una stazione di ascolto ad Amba Soira e
un attracco nell’arcipelago delle isole Dahlak. “L’arrivo degli israeliani,
secondo fonti dell’intelligence italiana, è stato mascherato da investimenti
nel settore ittico, in particolare nella costruzione di progetti per
l’allevamento intensivo dei gamberetti. La funzione di questa presenza sarebbe
tenere sotto controllo i movimenti degli iraniani, senza però ledere le
relazioni, importanti per la politica africana di Israele, con l’Etiopia.
Secondo la stampa israeliana, l’attracco nelle isole Dahlak verrebbe utilizzato
dai sottomarini israeliani nelle operazioni per contrastare il presunto
traffico di armi dall’Iran verso Hamas ed Hezbollah, via Sudan.”
E secondo l’intelligence italiana, nel Paese vi sarebbero
anche i cinesi, che controbilanciano la presenza nella confinante Gibuti di
statunitensi e francesi, tutte presenze che rientrano nelle missioni navali
antipirateria di NATO, Russia India, Iran e Cina popolare, che pattugliano Bab
el-Mandeb e le acque del Golfo di Aden.
Fonte: visto su STAMPA LIBERA del 18 marzo 2013
Alessandro Lattanzio, 18/03/2012
Fonti:
RAI-news24
Il
Fattoquotidiano
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Il
Fattoquotidiano
Comaguer
LAURA BOLDRINI,
LINGUA BIFORCUTA E VOLTO ‘UMANO’ DELLA NATO
“A tutte quelle donne che, pur nascondendo i loro volti
con una sciarpa perché temono ritorsioni, non rinunciano a denunciare gli abusi
subiti e che con coraggio e determinazione testimoniano la tragedia di un
popolo. A loro, la prova vivente delle atrocità commesse dal regime che si
accanisce contro i suoi cittadini, va tutta la mia solidarietà, in una giornata
che ricorda al mondo quanto essere donna significhi ancora, a ogni latitudine,
essere discriminata, usata, violata. In Siria è in corso un disastro umanitario
con milioni di persone in fuga ma il mondo sembra voltarsi da un’altra parte,
sordo alla richiesta di porre fine a tanto spargimento di sangue. Per quanto
ancora le voci di queste donne verranno ignorate?”
Le ‘atrocità commesse dal regime siriano’, ovviamente,
questa è la posizione, espressa l’8 marzo 2013, quindi quest’anno, da Laura
Boldrini, oggi eletta presidente della Camera dei deputati. Laura Boldrini è
una giornalista che ha lavorato per la RAI, e dal 1989 per l’ONU. È stata
portavoce dell’UNCHR, l’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’ONU, per il
quale ha coordinato anche le attività di informazione per l’Europa meridionale.
Ritornando alla posizione assunta dalla portavoce ONUsiana sulla situazione in
Siria, chiaramente si schiera con l’asse dell’aggressione anti-siriana, non
soltanto elogiando l’operato della Turchia, che avrebbe allestito dei campi che
ospiterebbero 65.000 profughi siriani; sebbene siano decine le
testimonianze che indicano in questi campi null’altro che delle facciate
per camuffare le basi operative della NATO, utilizzate per addestrare ’65.000′
terroristi e mercenari integralisti islamisti, arruolati e infiltrati in
territorio siriano per destabilizzare il governo socialista e patriottico di
Damasco, allo scopo di disintegrare la Siria in tanti staterelli etnici
governati da banditi salafiti proni agli interessi della NATO e delle petro-monarchie
arabe.
Laura Boldrini sa benissimo quel che accade realmente in
Siria, ma se ne guarda bene dall’indicarlo, poiché all’assalto concentrico alla
Siria, hanno fornito un sostegno mediatico decisivo anche gli organismi
ONUsiani proprio come accaduto in Libia, nel 2011. Non si trascuri questo
passaggio: “...il mondo sembra voltarsi da un’altra parte, sordo alla
richiesta di porre fine a tanto spargimento di sangue…”, ebbene, proprio
come nel caso della Jamahiriya Libica, la richiesta di porre fine allo
spargimento di sangue viene avanzata dagli esponenti del terrorismo
integralista attivo in Siria, che chiedono che la ‘comunità internazionale’,
ovvero la NATO e gli USA, invii armi ai cosiddetti ‘ribelli’, bombardi la
Siria, e imponga aree protette e ‘corridoi umanitari’ con cui rifornire di armi
la legione islamista-atlantista e avere a disposizione una porzione del
territorio siriano per poter proclamare un governo provvisorio, a cui poter
assegnare la qualifica di governo legittimo della Siria, e avviare l”intervento
umanitario’ della NATO, come invocato da Boldrini, e come visto in modo
lampante e netto in Libia.
A proposito della Libia, Laura Boldrini aveva già, nel 2010,
aggredito, grazie alla copertura di esponente dell’UNCHR, l’accordo tra Libia e
Italia riguardo la gestione del flusso di migranti dall’Africa all’Italia. Era
chiaramente un’operazione mediatica di preparazione all’aggressione e
all’invasione della Libia socialista. Un puro volgare pretesto, poiché la
stessa Libia jamahiriyana ospitava ben 2,5 milioni di lavoratori immigrati
africani e nordafricani, su circa 6 milioni di abitanti. La strumentalità delle
posizioni di Laura Boldrini sono evidenziate dal suo assordante silenzio verso
le attuali persecuzioni continue contro gli immigrati e la minoranza libica
africana, attuate dagli integralisti-atlantisti finanziati dal Qatar, e armati
dalla Turchia, che oggi saccheggiano e devastano ciò che resta della Libia.
“Quando si bolla un migrante come clandestino non è un
problema di semantica ma si compie una scelta politica … è ovvio che chi fugge
da una guerra o una persecuzione non abbia il tempo di portare con sé un
documento”. Laura Boldrini afferma così di preoccuparsi della sorte dei
migranti che fuggono dalle guerre. Dovrebbe chiarire se fa rientrare in queste
guerre anche la categoria degli ‘interventi umanitari’ dell’occidente in Costa
d’Avorio, Libia, Mali, Afghanistan, ecc., e quindi se siano colpevoli del
disastro umanitario quelle potenze che fomentano rivolte, sovversioni, guerre
civili e cambiamenti di regime, tutti causanti una notevole quota di queste
migrazioni forzate a mano armata. Ma finora, Laura Boldrini si è limitata ad
accusare e a denigrare i governi di Libia e Siria, vittime, e non responsabili,
delle guerre e dei conflitti che sfociano in massicci flussi di profughi. Qui,
Boldrini può fare la voce grossa sul rispetto dei diritti umani, ma nel suo
ruolo di ufficiale dell’ONU, appare chiaramente complice e collusa con le cause
e i fautori proprio di quelle tragedie che formalmente denuncia.
Non paga del suo interventismo nel Grande Medio Oriente,
svolgendo propaganda attiva a favore delle operazioni di Turchia, Giordania e
Qatar in Siria e Libia, Laura Boldrini ha puntato la sua artiglieria
‘umanitaria’ anche contro il popolo greco, accusandolo di razzismo e
persecuzione degli immigrati.
Il totale disprezzo verso la sorte dei greci, è ben
evidenziato da questo passaggio: “caso della Grecia è forse il più
eloquente. Nel clima di esasperazione che da due anni vive una parte della
società greca si sono insinuati gruppi di ispirazione neonazista che hanno tra
gli obiettivi quello di tutelare i valori greci e “ripulire” il paese dagli
immigrati considerati la causa dei problemi odierni. … Il partito Alba Dorata
che siede nel Parlamento greco non fa mistero delle proprie idee ultra
nazionaliste e della sua matrice d’ispirazione politica, così come ha fatto
delle drastiche misure anti-immigrazione un suo cavallo di battaglia. … Sulla
scorta dell’esperienza greca, a pochi mesi dalle elezioni e nel clima generale
di smarrimento, l’avanzare di queste componenti politiche non dovrebbe forse
destare preoccupazione e suscitare un serio dibattito?” E altrove
ribadisce: “Con una telefonata mentre ero in Grecia: un paese in cui la
crisi sociale sta mettendo a rischio in modo impressionante la sicurezza fisica
stessa dei migranti di colore, che ormai vengono aggrediti e picchiati in
strada senza che nessuno intervenga” Anche in questo caso, la popolazione
greca viene colpevolizzata, la tragica situazione socio-economica totalmente
ignorata, quando non strumentalizzata, e per l’ennesima volta s’invoca
l’intervento armato (l’Eurogendfor? la Blackwater?) contro
la Grecia. Un’ottima scusa, il razzismo, per avviare la repressione di un
popolo giunto al limite della sopportazione a cause delle politiche economicide
e sociocide della burocrazia dell’Unione europea. Burocrazia sovranazionale di
cui fa parte la stessa Laura Boldrini.
La putrefazione ideologico-culturale cui è giunta la
sinistra, viene per l’ennesima volta espressa da questa signora: sostegno
all’intervento armato della NATO nel mondo extra-occidentale, supporto alla
repressione armata della maggioranza della popolazione in Europa, utilizzando,
in ognuna di tali occasioni, la copertura ideologica della difesa dei ‘più
deboli’, ovviamente quelli ritenuti tali nel quadro di una visione
liberal-liberista della società, quindi i più deboli sono le donne, ‘tutte le
donne’ indistintamente intese; le minoranze sessuali, anche quando si tratta
delle potenti lobby gay degli USA; una massa indistinta di ‘immigrati’ cui si
vuole attribuire ‘carta bianca’. Lavoratori, operai, studenti, disoccupati,
casalinghe, soprattutto se italiani, scompaiono totalmente dal quadro generale
della situazione. Non hanno più diritto di cittadinanza, in quanto bianchi e
italiani?
Si leggano la promesse elettorali della stessa Boldrini: “Si
parta con la riforma della legge sulla cittadinanza, in modo da consentire
l’inclusione di chi nasce, vive, studia e lavora in Italia … Bisogna superare
la ‘Bossi-Fini’, così come il pacchetto sicurezza. L’attuale legislazione non
ha in alcun modo facilitato il processo di integrazione e oggi assistiamo al
dilagare dello sfruttamento e degli abusi su migranti e rifugiati, oltre ad un
aumento esponenziale dei casi di razzismo e xenofobia”. “Valorizzare la figura
del migrante vuol dire comprendere la mobilità contemporanea e gestire con
realismo e serenità un fenomeno naturale del processo di globalizzazione.”
Valorizzare la globalizzazione, ovvero, niente tutele e
garanzie per i cittadini normali, tutela e garanzie indiscriminate ai migranti.
Ma perché al compimento del 18.mo anno di età di un immigrato di seconda generazione,
non gli deve essere consentito di scegliere, come giustamente propone il
M5S? Imporre una cittadinanza a priori, che senso ha? Nessuno governo espelle i
figli minorenni di immigrati che vivono e lavorano regolarmente in Italia, o in
Europa. Quindi qual’è il problema? Perché poi dev’essere una priorità
modificare una delle poche leggi civili, quella sulla cittadinanza, varate in
Italia? E questa storia della sicurezza? A che pro? Serve forse a fare entrare
in Italia le oramai migliaia di terroristi-mercenari salafiti che hanno
compiuto atti di sangue nel Medio oriente? Magari per costituire e fare agire
liberamente e impunemente organizzazioni armate islamiste, e magari intruppate
da galeotti e finanziate dai petrodollari provenienti dal Qatar, dall’Arabia
Saudita e dagli altri regni petroliferi del Golfo Persico, verso cui Laura
Boldrini ha mostrato, riguardo la loro politica regionale, più che
comprensione, complicità?
Attenzione: sul suo account Twitter, al
momento dell’elezione a presidente della Camera, ha scritto: “il mio
pensiero a Jamila, Nur, Iman, Fadila e a tutte le donne siriane.”
Prepariamo i già magri portafogli per finanziare la guerra ‘umanitaria’ contro
la Siria di questi dirittumanitaristi al servizio del Pentagono.
Appendice – Orgogliose di aver bombardato la Libia.
Di seguito, un’intervista a Laura Boldrini, che ne traccia,
elogiativamente, il ruolo di supporter dell’aggressione alla Jamahiriya Libica,
contro cui ha condotto una campagna denigratoria allo scopo di preparare il terreno
sia per la successiva distruzione della repubblica araba socialista
nordafricana, sia per scardinare gli ultimi residui del sovranismo italiano.
“Indicata
come “Italiana dell’anno 2009” dal settimanale Famiglia Cristiana, in ragione
del “costante impegno a favore di migranti, rifugiati e richiedenti asilo,
oltre che della dignità e della fermezza mostrate nel condannare i
respingimenti degli immigrati nel Mediterraneo..”,
Laura Boldrini, aveva da poco pubblicato nell’aprile
del 2010 per Rizzoli “Tutti Indietro”, un libro che ha squarciato il
silenzio sulla realtà dei respingimenti in Libia, affidati dal governo italiano
al braccio armato di Muhamar Gheddafi, in cambio di sostanziosi aiuti economici
e in palese violazione di diritti riconosciuti dalla Costituzione della
Repubblica italiana e dalla Convenzione ONU di Ginevra.
Con Lei ho cercato
di riflettere sugli atteggiamenti di paura e di difesa che la gran parte dei
nostri concittadini ha assunto in questi ultimi 15 anni nei confronti del
fenomeno dei migranti e, più in generale, sulla necessità culturale e politica
di restare ben ancorati al rispetto di diritti umani uguali per tutti,
nonostante la deriva prodotta in Italia dall’introduzione del reato di
clandestinità e dalle politiche dei respingimenti. L’intervista, di cui sono
particolarmente orgogliosa, è stata registrata tre giorni prima che il
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite autorizzasse – con la risoluzione
1973 – l’imposizione di una “no fly zone” sulla Libia e il successivo intervento
militare delle forze internazionali a protezione dei civili libici.”
Fonte: Telestense
Radere al suolo uno Stato, il più avanzato dell’Africa, per
questi figuri continua ad essere un atto ‘umanitario’. Dietro a quello che
Sartre definì il ‘razzismo delle anime belle’, in realtà si nascondono i più
ripugnanti e spregevoli interessi neocolonialisti e imperialisti.
Il razzismo insito nel ’Fardello dell’Uomo bianco’ che
esporta la civiltà, si aggiorna nel razzismo dell”antirazzismo’ dell’uomo
bianco che esporta diritti umani con gli stessi mezzi: le cannoniere.
Chissà poi, se fosse vero quanto segue, che sia possibile un
linkage tra Laura Boldrini e l’ENI nell’operazione di sovversione e
distruzione della Jamahiriya Libica nel 2011.
Infatti, Boldrini è
presumibilmente, (non avendo trovato elementi determinati al riguardo) una
discendente di Marcello
Boldrini, stimato docente universitario amico di Dossetti, Lapira e di
Enrico Mattei, alla cui morte, occorsa nell’attentato aereo del 1962,
divenne presidente dell’ENI. Nel 1919, Marcello Boldrini, casualmente, lavorò a
Ginevra per la Società delle Nazioni, l’antenata dell’ONU. Una parentela
probabile, suffragabile dall’idolatria cui è oggetto da parte del settimanale Famiglia
Cristiana, che le ha assegnato il suddetto premio ‘Italiana del 2009′, e
dal fatto di essere entrata in RAI a soli 24 anni, e già con la qualifica di
giornalista… Siamo sempre in Italia, no?
Fonte: visto su Stampa Libera del 18 marzo 2013
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