di Luciano Lago
La cronaca di questi giorni fa registrare un nuovo attacco
terroristico realizzato all’università di Damasco, con relativo massacro
di alcuni studenti inermi che si trovavano nella facoltà di
Agraria. Questo è soltanto l’ultimo dei tanti attacchi terroristici che
si stanno verificando nel paese, quello precedente era stato fatto mediante
razzi e colpi di mortaio fatti esplodere nel centro di Damasco mietendo
parecchie vittime civili.
Il fronte dei ribelli siriani la “coalizione nazionale
siriana “ sta intensificando gli attacchi contro il regime di Al Assad
senza alcuna remora di colpire obiettivi civili ma anzi con la precisa
strategia di seminare il panico e la sfiducia tra la popolazione ed incrinare
la resistenza e la compattezza dei questa a favore del governo legittimo.
Bisogna capire che quello che avviene attualmente in Siria è
occultato da un’ opera di massiccia disinformazione e di manipolazione
mediatica che non ha paragoni con altre situazioni recenti se non con la guerra
in Irak e con l’operazione fatta a suo tempo in Libia.
Nonostante questa intensa campagna di propaganda svolta da
giornali e TV in Occidente (anche con l’apporto di televisioni come di Al
Jatzera e Al Arabiya finanziate dagli emiri del Golfo), quella che
in un primo tempo si è cercato di far apparire come una “rivolta
popolare” contro il regime di Assad, risultata ormai evidente che trattasi di una
macchinazione delle grandi potenze USA, GB, Francia ed Israele, per
destabilizzare la Siria e favorire gli interessi geo strategici ed energetici
delle potenze occidentali.
Si sapeva già da diversi anni che il Pentagono aveva i piani
nel cassetto che prevedevano la destabilizzazione della Siria fin dai tempi del
secondo intervento in Iraq ( anche quello mascherato dal pretesto delle “armi
di distruzione di massa”). L’azione
contro la Siria è parte di una “roadmap
militare“, una sequenza di operazioni militari. Secondo quanto rivelato
da l’ex comandante generale della NATO, Wesley
Clark, il Pentagono aveva chiaramente individuato a suo tempo, oltre
all’Iraq, ed alla Libia, anche Siria e Libano come paesi bersaglio di un
intervento USA-NATO. Si tratta di una strategia ad ampio raggio che prevede il
controllo della regione coinvolgendo anche altri paesi quali Sudan e Somalia.
Vedi: Testimonianza scioccante di un siriano alla radio
francese:
L’intervento in Siria era iniziato più di un anno fa
con l’infiltrazione nel territorio siriano, attraverso Giordania e
Turchia, di gruppi di miliziani con il preciso compito di effettuare azioni di
guerriglia contro i militari e forze di polizia siriane e massacri di civili
per gettane poi la responsabilità sull’esercito lealista attraverso la
falsificazione della propaganda. Il piano però ha funzionato soltanto in parte
e le forze ribelli, distintesi per crudeltà ed efferatezza (dei veri
“tagliagole”) sono state respinte.
Ultimamente gli americani hanno ammesso apertamente di aver
organizzato l’invio massiccio di armamenti al fronte dei ribelli siriani con la
complicità di Arabia Saudita, Qatar ed altre monarchie del Golfo, armi e
rifornimenti che arrivano attraverso un ponte aereo e successivamente vengono
inviate, attraverso la Giordania, il Libano e la Turchia, in territorio
Siriano.
Erano stati espliciti gli avvertimenti lanciati l’anno
scorso dalla Clinton ad Al Assad perché rassegnasse le dimissioni e favorisse
un avvicendamento alla presidenza della repubblica Siriana con un personaggio
“gradito” agli USA, minacciando un attacco catastrofico contro la Siria in caso
non ottemperanza agli “ordini” del gendarme USA.
Neanche a voler nascondere la pesante ingerenza del
dipartimento di stato USA nella “guerra sporca” pianificata in Siria per
deporre Assad e destabilizzare il paese.
Ed in effetti, visto che le forze ribelli sono state
sbaragliate sul campo dall’esercito lealista Siriano e rimaste isolate, anche
per l’appoggio dato dalla popolazione al presidente Assad, negli USA si è
deciso un cambio di strategia con l’invio diretto di armamenti e rifornimenti
alla guerriglia.
Gli USA negli ultimi mesi hanno organizzato e diretto un
ponte aereo, mediante il quale sono state trasportate, secondo un calcolo
approssimato, più di 3500 tonnellate di armi. I primi voli sono stati
effettuati, con aerei militari da trasporto C-130, dal Qatar in Turchia. Successivamente sono stati
utilizzati i giganteschi aerei cargo C-17, forniti dagli Usa al Qatar, che
hanno fatto la spola tra la base di Al Udeid e quella turca di Esenboga. Particolare non secondario: la base aerea
qatariana di Al Udeid è la stessa ove trovasi il quartier generale
avanzato del Comando centrale Usa, con un organico di almeno 10mila militari,
funzionando da base pilota per tutte le operazioni in Medio
Oriente.
In Turchia e Giordania sono presenti campi di addestramento
delle milizie affluite da altri paesi, in particolare da Libia, Tunisia,
Algeria e Giordania con la presenza di istruttori militari e supervisione di
istruttori militari della CIA e Britannici. I “volontari”, che sono in realtà
mercenari finanziati dalla monarchia Saudita, non provengono soltanto da
paesi arabi ma anche da paesi occidentali e perfino dalla Cecenia. Vedasi l’episodio dell’uccisione del figlio
del capo della guerriglia cecena per opera dell’esercito siriano a dimostrare
la provenienza internazionale dei miliziani.
I volontari sono miliziani, quasi tutti fanatici
integralisti di fede salafita, la più oscurantista delle sette islamiche,
fortemente rivale degli alawiti e degli sciiti (questi ultimi visti come
infedeli) che sono le confessioni di appartenenza rispettivamente del
presidente Assad e dell’Iran. Non si perdona alla Siria di essere un regime
laico, multi confessionale e tollerante verso tutte le confessioni e dove
esiste anche una numerosa comunità cristiana.
Questo spiega quindi anche la preoccupazione dell’Iran che,
alleato e sostenitore della Siria, in caso di una caduta del regime di Assad si
vedrebbe circondato alla sue frontiere da ovest e da est da paesi ostili.
Le “finte” rivolte organizzate inizialmente in Siria, in
particolare a Daraa ( città di confine a 10 Km dalla Turchia) non hanno avuto
il successo sperato e si sono risolte con incendi e saccheggi e scontri a fuoco
con le forze di polizia. Quello che è emerso da questi rapporti iniziali, è che
molti dei manifestanti non erano manifestanti, ma terroristi coinvolti in atti
premeditati di assassinio e di incendi dolosi. Dal titolo della notizia di
fonte israeliana si evidenzia quello che è successo: Siria: sette poliziotti
uccisi, Edifici incendiati nelle Proteste.
(Si veda Michel Chossudovsky, SYRIA: Who is Behind The
Protest Movement? Fabricating a Pretext for a US-NATO “Humanitarian
Intervention“, http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24591 Global
Research, 3 maggio 2011)
Lo stesso è accaduto quando l’azione delle milizie
integraliste si è spostato nella piccola città di Jisr al-Shughour sempre nelle
vicinanze del confine turco. I
miliziani si sono scontrati con le forze di polizia e dell’esercito ma non c’è
stata alcuna manifestazione di massa se non nelle false notizie inviate dai
media occidentali e da Al Jazeera. La
popolazione presa nel fuoco incrociato si è riversata fuggendo al confine,
ingrossando il numero dei rifugiati nei campi profughi.
Al contrario nella capitale a Damasco l’azione dei miliziani
è sempre rimasta isolata con attentati a colpi di mortaio ed auto bomba mentre
si sono svolte manifestazioni di massa, mai viste prima, (del tutto
oscurate dai media occidentali) a sostegno del presidente Assad.
Questo non toglie che il regime siriano non si può
certo considerare un sistema democratico (che non esiste in Medio
Oriente), tuttavia è chiaro che l’obiettivo dell’azione di sostegno degli
USA-NATO al fronte dei ribelli siriani, in accordo con Israele, non è
“promuovere la democrazia”. Un pretesto risibile vista la connotazione fanatica
ed integralista del fronte dei ribelli.
Il vero obiettivo di Washington è quello d’installare alla
fine in Siria un regime fantoccio che sia confacente ai propri interessi.
Questi consistono essenzialmente nell’accerchiare ed isolare l’Iran e preparare
un possibile intervento militare contro la nascente “potenza nucleare”
persiana.
In secondo piano non si può escludere anche l’ottenere il
controllo dei giacimenti di gas naturale nel Mediterraneo
prospicienti alle coste della Siria da poco scoperti.
La strategia della disinformazione mediatica è quella
di demonizzare il presidente al-Assad, e più in generale, destabilizzare la
Siria quale stato laico.
Esiste però un fronte antagonista agli interessi degli USA e
di Israele ed è rappresentato (oltre all’Iran) essenzialmente dalla Russia di
Putin, alleata di ferro del regime siriano, considerando anche che la Russia
mantiene una importante base nel Mediterraneo sulle coste siriane e Putin ha
manifestato chiaramente un altolà alle possibili ingerenze militari dirette
degli USA e della Nato sulla Siria, in particolare l’avviso è stato dato
ad Erdogan, il premier Turco, in occasione di alcuni incidenti avvenuti al
confine Turco Siriano.
Putin ha avvisato il “turco” che, se anche un solo soldato Nato dovesse entrare
nei confini siriani, Mosca valuterebbe questo come un atto ostile contro la
Russia e questa reagirebbe con tutta la sua forza con “orribili effetti” per un
intervento in Siria.
Questa volta gli USA e la Nato non avranno la partita facile
come avvenuto in Libia e Obama (nobel per la pace) è avvisato che in Siria gli
USA ed i loro alleati stanno “scherzando con il fuoco.”
Fonte: visto su STAMPA LIBERA del 29 marzo 2013
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