venerdì 8 marzo 2013

ALFONSO LUIGI MARRA: CASALEGGIO, FO E GRILLO GENI? NO, INCOLTI, VACUI, PERICOLOSI MISTIFICATORI AL SERVIZIO DEL REGIME, CHE SUBDOLAMENTE LI HA GENERATI E LI SOSTIENE.



Grillo, Casaleggio e Fo

(Sainte-Beuve: «Non tutti delinquenti sono moralisti, ma non ho mai conosciuto un moralista che non fosse un delinquente..»).

Speravo che il grillismo superasse il 50% dei voti perché sarebbe stata una 'terapia' radicale per la guarigione della società da questo stadio della cultura di massa: la cultura dell'illusione…


Tuttavia, anche l'inevitabile sciogliersi come neve al sole nonostante l'avere costoro un potere politico più che sufficiente, basterà ad indurre la società a iniziare a piegarsi all'indispensabilità della genialità. 


Quanto a Casaleggio e Grillo, ma anche Fo, benché la sua posizione sia più defilata, fermo restando l'essere anche loro espressioni della 'cultura' dell'illusione, sono però degli illusi molto mistificatori  i quali, aiutandosi in qualunque modo (venendo a patti con l'asserito nemico: il potere economico), sono bravi nell'annusare, di qualunque fetore sia carico, il vento del consenso, alzargli le vele, e farsi portare ovunque conduca e finché dura.

Illusione, velleitarismo, incultura, deliranti ambizioni, disponibilità a ogni tipo di patti, interpretati fin qui come 'doti' e garantiti e sostenuti in quanto funzionali al regime, perché la società stava bene come stava sicché, coerentemente, tributava il successo – dalla letteratura alla politica, dalla scienza alla comicità, dalla pittura alla 'normalità' – a coloro che appunto fossero funzionali a garantire l'immobilità in ogni campo, a partire dall'economia. 


Una 'cultura' che si è ad esempio inventa il 'movimentismo' e lo fa celebrare da un'infinita massa di insensati pronti a ballare qualunque quadriglia pur di essere presi in una qualche considerazione, e che non capiscono che esso è funzionale solo a eliminare il controllo della politica sulla società. 


Un controllo che può essere esercitato solo da partiti, non semplicemente organizzati, ma molto più organizzati e potenti di quanto lo siano oggi, perché la società o la controlla uno o la controlla l'altro, e il movimentismo serve solo a lasciare che la controlli il potere economico e le banche, che sono il vero referente di queste masse di sciagurati. 


Una sostanziale forma di pochezza che investe tutti gli stadi della cultura dell'illusione, compreso il Nobel Fo, e anzi il Nobel stesso, perché è ovvio sia che quando una cultura è errata i 'migliori' non possono che essere migliori solo nell'essere peggiori, e sia che qui non viene consentito a nulla e nessuno né di svilupparsi né di apparire se non sotto il controllo dei poteri. 


Poteri verso i quali dunque i deboli, come i vari Grillo o Fo o Casaleggio, propendono automaticamente scegliendo di istinto tutto quanto fare o non fare pur di compiacerlo. 


E più le cose sono importanti più sono controllate, come internet che, ben lungi dall'essere oggi lo strumento della liberazione, è invece tutta di proprietà Bilderberg e sempre più sta diventando strumento di repressione e controllo della collettività.


Fo, anch'egli un guitto nel senso di uomo pronto a recitare qualunque parte pur di avere un posto in commedia, e ciò attraverso l'esercizio di un tipo di 'dissidenza' in realtà apparente e pertanto utile al regime in quanto diversiva. 


Un uomo di cui, tra l'altro, mi disgusta – più ancora che la militanza fascista in ruoli così 'attivi' pur a fronte di tanta e tanto vantata democraticità – lo squallore e la volgarità del modo in cui tenta da tutta la vita di negarlo.


Un vorticare di cose grilliste e non, un accalcarsi di 'onesti' (è del 1998, quindi di epoca non sospetta, il mio La civiltà degli 'onesti') che sempre più riconduce i miei pensieri a Sainte-Beuve laddove scrive «non tutti delinquenti sono moralisti, ma non ho mai conosciuto un moralista che non fosse un delinquente». 


Una situazione – si badi – che però non è affatto senza speranza perché i poteri stessi sono in sempre più grave difficoltà, sicché alla fine – proprio come nel Dialogo tra l'uomo generico e il potere, di cui a La storia di Giovanni e Margherita – saranno proprio loro, i poteri, i primi ad accettare il patto con la cultura e la genialità, sia perché in un modo o nell'altro sono tuttavia più sensibili, e sia perché hanno più di chiunque altro da perdere, e la vita non è né buonismo né santità, ma rapporto di forza che solo dopo diviene regola che si affermerà e verrà introitata dagli individui come morale solo se sussisterà il controllo giudiziario.


Un padrone, il potere economico, che del resto «non paga più..», perché in realtà il consenso è comprato da sempre, sicché la massa, che prima taceva perché in un modo o nell'altro non se la passava troppo male, ora capisce «di avere bisogno del medico».


Senza contare che, dal signoraggio al grillismo eccetera, son tutte strullate che si consumeranno in breve, laddove il vero problema dell'umanità è che occorre un'immediata riconversione industriale planetaria o in pochi anni finirà il mondo.


Un 'medico' che può solo essere la genialità, perché il grillismo – fenomeno importantissimo ma per tutt'altri versi da quelli asseriti – simbolizza la fine dell'equivoco secondo il quale il principio che l'unione faccia la forza possa essere applicato anche all'intelligenza, perché 10 miliardi di persone confuse dagli strategismi di regime non ne faranno mai una lucida o intelligente, e meno che mai una geniale, e per di più, data la parità di forze, non concluderanno mai nulla perché si intralceranno eternamente gli uni con gli altri. 


Un quadro nel quale la forma di disonestà più grave è occupare i ruoli politici senza averne la capacità.


Detto quindi che ho definito altrove l'intelligenza come la capacità di svilupparsi passando attraverso lo sviluppo degli altri, e quindi come null'altro che una qualità morale (la massima), la genialità è la sua più acuta espressione, e si configura come la capacità di cogliere le essenze della positività e realizzarne sintesi organizzate funzionali allo sviluppo di contesti tanto più vasti quanto più è acuta. 


Genialità ai fini della quale oggi, specie in ambito politico, tenuto conto della grande complessità della società, non basta più nemmeno una straordinaria capacità di intuire, ma occorre anche la sapienza, e in particolare la sapienza giuridica, oltre al doversi attenere, nell'esercizio sia del pensiero che dell'essere, alle seguenti due regole:


-1)  il diritto a esserci e a essere riconosciuti si conquista con le opere di contributo alla vita degli altri;
e sulla successiva, complessa così come lo è ora la società, e cioè che:


-2) il diritto a vivere che tutti hanno comporta la necessità, che è amorosa, di negare – previa disamina analitica della fondatezza delle ragioni di ciascuno, e nei limiti, nelle forme e con gli obiettivi della morale, del diritto e più in generale dell’intelligenza – chi ci nega, per poter così salvare se stessi e contribuire, a mezzo della propria vita così salvata, sia alla vita del contesto che alla vita di chi ci ha negati, indicando inoltre a quest’ultimo la necessità di cambiare allo scopo di poterlo ritrovare. 


Ecco – non chi pensa che la morale sia fingere di non curarsi del denaro o del successo, o chi si accanisce sulle ruberie della politica solo per distoglie dalle ruberie migliaia di volte multiple delle banche – ma chi si riconosce in questi canoni, lui sì, scagli pure la prima pietra..


Fonte: srs di Alfonso Luigi Marra, dal Signoraggio.it   del 5 marzo 2013

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