E’ tutto falso, ma c’è un problema: sembra
vero.
Viviamo in mezzo a verità di
fede, spacciate per realtà. Basta ripeterle all’infinito, sui giornali e in
televisione. I mercati infallibili, la spesa pubblica da tagliare,
l’inevitabile Europa
dell’euro. Dogmi che servono a occultare il conflitto tra oligarchia
parassitaria e cittadini-lavoratori. Economia,
legittimazione del potere,
interpretazione della storia. Avverte Marco Della Luna: chi osa uscire dal
recinto dei dogmi viene etichettato come «antagonista, estremista, antisociale,
populista», viene delegittimato ed emarginato, «finché i fatti e le realtà
censurate non rompono l’incantesimo del sistema dogmatico».
E’ la legge del regime attuale,
con la «classe finanziaria» che si prende quasi tutto il reddito disponibile ed
erode, «attraverso l’indebitamento pubblico e le tasse», anche il risparmio.
Questo, grazie al consenso e all’acquiescenza «ottenuti tanto mediante
l’indottrinamento con dogmi, quanto con il sistematico nascondimento di
conflitti di interessi, che non devono apparire onde evitare che la gente
percepisca il male che le viene fatto».
Nel suo blog, Della Luna offre un
drammatico “inventario” dei dogmi su cui si fonda la falsa verità spacciata dal
sistema.
Prima favola, quella dei
“mercati efficienti”, cioè liberi e trasparenti: moneta, credito, materie
prime ed energia non sono oggetto di monopoli e di cartelli. I mercati «prevengono
o correggono efficientemente le crisi
e realizzano l’ottimale distribuzione delle risorse e dei redditi», in più
«abbassano i prezzi e le tariffe» e inoltre «puniscono gli Stati inefficienti e
spendaccioni mentre premiano quelli efficienti e virtuosi». Di conseguenza, «la
regolazione della politica va ultimamente affidata ad essi, non ai Parlamenti».
Così si arriva al
secondo dogma, quello della spesa
pubblica concepita come zavorra: «La spesa pubblica è la causa
dell’indebitamento pubblico, il quale a sua volta è la causa delle tasse, della
recessione e dell’inefficienza del sistema». Obiettivo? Facile: «Tagliare la
spesa pubblica come tale e affidare i servizi pubblici alla gestione del
mercato, cioè alla logica del profitto».
Tutto questo, in Europa, sotto il grande
ombrello del terzo dogma, quello
dell’integrazione europea: che è al tempo stesso «benefica, possibile e
inevitabile».
Dunque, chi la contrasta «si oppone a una tendenza naturale
e storica, va contro la realtà e gli interessi di tutti». L’Europa quindi
«legittimamente detta le regole a cui tutti devono adeguarsi».
A cominciare dalla moneta
unica, cioè il dogma dell’euro,
valuta che «produce la convergenza delle economie europee, quindi sostiene
l’assimilazione e l’integrazione tra i paesi europei, favorisce la crescita
economica e la loro solidarietà».
Bugia per bugia, ecco
il quinto dogma: la preziosità e scarsità oggettiva della moneta, che «non
è un simbolo prodotto a costo zero, ma è un bene, una commodity, con un costo
di produzione che giustifica il fatto che coloro che la producono (come moneta
primaria o creditizia), in cambio di essa, tolgano grandi quote del reddito a
chi produce beni e servizi reali».
Lo fanno anche grazie alla pretesa “indipendenza” della banca centrale, sesto dogma: la banca
centrale è indipendente dalla politica, dai governi e dai Parlamenti. «Non è
vero che renda la politica dipendente dai banchieri, bensì assicura al paese
un’adeguata disponibilità di liquidità e di credito, previene le bolle
speculative e le crisi
bancarie».
Il settimo dogma è
quello della contrazione salariale: «Se si riducono i salari e i diritti dei lavoratori,
se si rende liberi i licenziamenti e impraticabili gli scioperi, allora i costi
di produzione calano, l’economia
diventa più competitiva, la disoccupazione viene riassorbita, gli investimenti
aumentano e diventiamo tutti più ricchi, e non è vero che la domanda interna
cali».
Il lavoro scarseggia ma l’immigrazione aumenta? Nessun
problema, perché l’immigrazione – ottavo
dogma – è sempre benefica: «Va accolta anche sostenendo grosse spese»,
perché ormai «è indispensabile per compensare l’invecchiamento e il diradamento
della popolazione attiva, quindi per sostenere il sistema previdenziale e per
coprire i molti posti di lavoro che gli italiani rifiutano; non è vero che
tolga posti di lavoro agli italiani, che faccia loro concorrenza al
ribasso sui salari, che serva come manovalanza alle mafie, che comporti un apprezzabile
aumento della criminalità e dei costi sanitari o assistenziali».
Carattere comune di
questo catechismo propagandistico, continua Della Luna, è la censura: l’occultamento dei
conflitti di interesse e di bisogni, e ancor più della lotta di classe in atto.
Il primo conflitto
oppone la «classe globale finanziaria, improduttiva, parassitaria e
speculatrice» alle classi produttive dell’economia reale,
«legate ai loro territori e sempre più private di potere», di istituzioni
democratiche nonché di quote di reddito, «in favore delle rendite finanziarie»,
attraverso «una serie di riforme del sistema finanziario, del diritto del
lavoro e delle Costituzioni», e anche attraverso «i trattati internazionali
come quelli europei e come il Wto, che modificano dall’esterno le
Costituzioni».
Forte, in Italia, il
conflitto di interessi tra Nord e Sud, con risorse trasferite verso «alcune
regioni meridionali, onde tenere unito il sistema paese».
Terzo conflitto
negato, quello dei bisogni oggettivi tra paesi manifatturieri come Italia e
Germania, «nel quale la Germania ha interesse a tenere l’Italia entro una
moneta comune per togliere all’Italia il vantaggio di una moneta più debole,
quindi di una maggiore competitività rispetto alla Germania, così da prendere
anche sue quote di mercato».
Poi c’è il conflitto
di bisogni oggettivi tra paesi creditori, come la Germania, e paesi
debitori, come l’Italia: «I tedeschi, essendo detentori di crediti sia
personali, previdenziali, da investimento, sia anche pubblici, sono interessati
a mantenere forte il ricorso della valuta in cui quei crediti sono denominati, cioè
l’euro». Da qui «l’esigenza di tenere stretti i cordoni della borsa, cioè di
far scarseggiare la moneta» per tenerne alto il costo. Per contro, «l’Italia e
gli italiani, essendo indebitati e avendo i loro investimenti perlopiù in
immobili, hanno bisogno di una moneta meno forte».
Quinto conflitto
oscurato: quello tra paesi in recessione, che hanno bisogno di politiche
monetarie espansive, e paesi in crescita, che hanno bisogno di politiche
monetarie restrittive. Poi ci sono paesi ad economia
manifatturiera-trasformatrice e paesi ad economia basata sui
servizi finanziari e il commercio, come il Regno Unito. «Tutti conflitti che
rendono dannosa l’unione monetaria, o meglio che fanno sì che la politica
monetaria faccia gli interessi del paese più forte dentro di essa (la Germania)
a danno dei paesi meno forti».
Gli ultimi due
conflitti d’interesse sono fortemente paralleli.
Un conflitto classico
oppone gli imprenditori ai lavoratori: «I primi hanno interesse a togliere
ai lavoratori quanto più possibile forza negoziale e capacità di resistenza, di
sciopero, oltre che di salario».
L’altro grande
conflitto, ormai dilagante, vede da una parte i cittadini-utenti e dall’altra i
monopolisti (o al massimo oligopolisti) dei servizi pubblici: «Questi
ultimi hanno interesse a imporre tariffe sempre più alte in cambio di servizi
sempre più scarsi, onde massimizzare i loro profitti; da qui la privatizzazione
sistematica di tali servizi».
I pochi che, da sinistra, contestano il trend neoliberista
in chiave socialista, spesso «dimenticano che il settore pubblico spende in
modo inefficiente e molto condizionato dalla criminalità burocratica,
partitica, mafiosa», senza trascurare il «cattivo sindacalismo» che ha
incoraggiato «una mentalità e una prassi parassitarie e improduttive»,
squalificando la pur sacrosanta difesa dei diritti del lavoro,
quelli che il neoliberismo oggi confisca.
Grazie al mainstream politico e mediatico, «il complesso di
dogmi e nascondimenti è stato costruito come senso comune socio-economico, cioè
come percezione comune e condivisa della realtà».
Proprio questo, scrive Della Luna, «consente a una classe
globale parassitaria di perfezionare la spoliazione dei diritti e dei redditi
delle altre classi, facendola apparire come espressione naturale di leggi
impersonali del mercato, e non come una guerra di classe», come se la storia
del genere umano non fosse nient’altro che «una competizione assoluta e totale
tra individui per la conquista della ricchezza e del potere».
Ideologia del “mercatismo”, individualismo di massa:
«Ciascuno è solo davanti allo schermo, davanti alle tasse, davanti alle banche, davanti ai
problemi di salute, vecchiaia, disoccupazione».
Ognuno è solo «soprattutto davanti a un sempre più
impersonale e grande datore di lavoro», e si scopre «senza diritti comuni, senza
solidarietà e garanzie».
Si vive in un mondo «dove tutto è merce e prestazione, dove
la vita è riconosciuta solo come scambio di valori commerciali, dove tutto è
quantificato in debiti e crediti, dove è proibito agli Stati persino introdurre
tutele alla salute pubblica, se queste possono limitare il profitto delle
corporations (norme del Wto e del Ttip)».
Lavoro autonomo, piccole imprese, professionisti
indipendenti? Tutti «vessati e costretti a cedere il campo o a confluire in
grandi aziende», mentre i lavoratori dipendenti «sono impossibilitati a
conservare i propri diritti,
conquistati con dure e lunghe lotte, dalla scelta politica di mantenere il
sistema economico, attraverso la pratica dell’austerità (della anemizzazione
monetaria), in una condizione di diffusa disoccupazione e precarietà che,
combinata col diritto al libero licenziamento e demansionamento dei lavoratori,
priva questi di ogni potere
di lotta e contrattazione, rendendo pressoché impraticabile lo sciopero».
E’ un modello socio-economico «che viene costruito
metodicamente, anche a livello legislativo e costituzionale, nazionale ed
europeo, dalle nostre élites», denuncia Della Luna, indicando in Italia «la
staffetta dei governi Berlusconi-Monti-Letta-Renzi
(sotto la guida dei banchieri centrali e la locale regia di Giorgio I».
E’ un modello “markt-konform”, «conforme e ideale per le
esigenze del mercato, del capitale e del profitto», ma incompatibile con «le
esigenze psicofisiologiche dell’essere umano, inteso sia come individuo che
come famiglia, che come comunità sociale». Esigenze che comprendono «una
prospettiva stabile per la progettazione e l’impostazione della vita, per la
procreazione e l’educazione della prole», ma anche «ambiti di
non-mercificazione e di non-competitività», con in più «la garanzia di una
dimensione pubblica sottratta alla logica del profitto finanziario».
L’Interesse Pubblico, estirpato dalle riforme neoliberiste degli ultimi
decenni.
Lo spettacolo attuale è desolante: generazioni di giovani
senza lavoro o costretti ad accettare salari precari e irrisori, da contendere
ai colleghi-coetanei in una spietata gara al ribasso. «E quando iniziano a
invecchiare e non riescono più a tenere il ritmo, sono fuori».
La prospettiva della pensione? Diventa un miraggio. Nessuna
speranza, se a decidere saranno gli yes-men di cui si circonda Renzi. Nessuno
che si possa opporre alla “voce del padrone”:
«Se guardiamo alla storia, vediamo sempre, solo e dappertutto
società che non si gestiscono dal loro interno per i loro interessi, ma sono
gestite da padroni (oligarchie) esterni, che perseguono il duplice obiettivo di
rinforzare il loro dominio sulla società e di intensificare lo sfruttamento di
essa».
Tecnologia e globalizzazione, accentramento planetario degli
strumenti di controllo: oggi l’élite piò spingersi oltre ogni limite,
sottoponendoci a tensioni altissime.
Un giorno, però, la corda si spezzerà: «I vari sistemi di
dominazione, nel corso dei secoli, si sono rotti tutti, prima o poi». Qualche
fattore fa sempre saltare il gioco, conclude Della Luna. E paradossalmente,
oggi più che mai, «la più concreta ragione di speranza del genere umano sta
proprio in questo, ossia nel fatto che finora tutti i tentativi umani di
soggiogare definitivamente l’umanità siano falliti, si siano rotti.
Speriamo quindi nel caos, che vinca ancora e presto,
nonostante la tecnologia».
Fonte: visto su LIBTR del
4 novembre 2014
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