di Diana Ceriani
Ragionate con me: nelle Scuole si insegna la grande storia,
quella degli eroi, e dei farabutti, quella delle guerre, le vittorie e le
tremende sconfitte, quella delle rinascite, delle carestie, degli infiniti
errori politici e delle grandi idee sviluppate o spesso dimenticate.
Nelle Scuole, quindi, si insegna solo il lato eclatante della
vita, il comportamento di pochissimi individui su milioni di individui che
invece la storia l'hanno subita, senza possibilità di scelte e decisioni.
Chi studia questo tipo di storia non capirà mai il perché e come
siamo arrivati fino ad oggi, e, questo tipo di storia, non svelerà mai tra le
sue righe le implicite soluzioni ai secolari problemi che l'essere umano ha
trasportato, suo malgrado, subendo le scelte degli eroi e anche dei farabutti.
Ciò che non viene insegnato, è la storia popolare, quella della
gente comune, che poi è l'adattamento avvenuto di conseguenza alla grande
storia. Per poter portare tra i banchi tale memoria, bisognerebbe fare lunghe
ricerche locali, perchè ogni terra vissuta, si è adattata ai grandi eventi a
seconda delle sue caratteristiche e delle sue possibilità. In Lombardia, per
esempio, si studierebbe partendo dagli inequivocabili segni di un antico mare,
poi ritiratosi lasciando il posto ad animali come il Besano sauro, le prime
abitazioni dell'uomo sono state le palafitte essendo la nostra una terra ricca
di laghi, l'alimentazione era povera, le coltivazioni erano più ricche in
soleggiate zone di pianura, più scarne in montagna.
Eravamo un popolo di coltivatori ed allevatori che hanno saputo
sfruttare le qualità della nostra terra conoscendola e vivendola.
Inequivocabili segni di malattie e carestie si possono notare ancora nei nostri
Paesi storici, ove la peste fece ergere archi per dividere il popolo sano da
quello malato, poi ci furono le guerre, le distruzioni e la conseguente
benedizione di prodotti tipici abbondanti che hanno fatto sopravvivere il
nostro popolo come le castagne, il mais, la lavorazione particolare del
latte..... poi ci fu il tempo delle rinascite, come quella recente industriale
che il nostro operoso popolo non si fece sfuggire togliendo purtroppo l'uomo
dalle campagne e dalle conoscenze e sapienze agricole, oltre che dai ritmi
naturali.
Qui ora ho fatto davvero un minimale esempio di ciò che dovrebbe
essere approfondito nelle Scuole. Una storia locale e nostra, che racchiude in
se la soluzione a molti problemi e svelerebbe un futuro da vivere pienamente e
con consapevolezza.
Perché la storia si ripete. Dopo essere stata tagliata, l’erba
ricresce. Sempre.
Diana Ceriani
Ode ad uno dei tanti oggetti dimenticati che hanno fatto la
nostra storia agricola e campestre:
LA RANZA
Sevi drè pensà al so zifulà
Zifulà sturno che in d’un boff lüsent
A ranza via tuscoos in un mument
Prima un batt la lama fregia
che la sa scalda duprada e vegia
pö cunt ur cudee ga fan la cara
e ur cudè in d’un cornu d’aqua sa sara
ur vent ma vüta a scandì ur temp e taas
e ur silenzi ma mett in paas
un mument pien de puesia
al taia giò l’erba de cà mia
e ur prüfüm de fen ‘n’ammò secaa
intant ca lauri m’ha cunquistaa
cunt brasc e pasiensa in ‘na giurnada
l’erba p’ai besti l’hu taiada
l’è ura de metala in d’un cuvun
e fala saltà par fala secà
ciapi la ranza, la meti in su i spall
e vo a cà cunt ur cudèe in ra cinta
anca incö hu finì de laurà
g’ho da meritam ‘na bela pinta .
Fonte: da STAMPA LIBERA del 28 ottobre 2014
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