Confessionale in Notre Dame de Parigi
Confessarsi faccia a faccia con il sacerdote, anche quando si è all’interno di un vero e proprio confessionale, è diventato ormai la norma. È uno dei tanti piccoli cambiamenti introdotti all’insegna della maggiore vicinanza all’uomo, del superamento di tradizioni considerate fredde formalità, espressioni di una Chiesa ritenuta, anche inconsciamente, rigida e distante. Mentre non si è capito che certe ritualità codificate nei secoli servivano proprio a facilitare l’«accesso» a Dio.
Confessarsi faccia a faccia con il sacerdote, anche quando si è all’interno di un vero e proprio confessionale, è diventato ormai la norma. È uno dei tanti piccoli cambiamenti introdotti all’insegna della maggiore vicinanza all’uomo, del superamento di tradizioni considerate fredde formalità, espressioni di una Chiesa ritenuta, anche inconsciamente, rigida e distante. Mentre non si è capito che certe ritualità codificate nei secoli servivano proprio a facilitare l’«accesso» a Dio.
L’uso del confessionale tridentino e soprattutto della
grata erano e sono per la Confessione quello che l’inginocchiarsi – e in grado
diverso il ricevere l’Eucaristia direttamente in bocca - sono per la Comunione.
Segni che aiutano a tenere vivo il senso del sacro, della grandezza del
sacramento, del fatto che non si sta partecipando a un’azione meramente umana
(un semplice colloquio spirituale nel caso della Confessione, una semplice
agape fraterna nel caso della Comunione).
Per la Confessione la grata è sempre stata anche un
accorgimento prudenziale, per mantenere una sana distanza tra sacerdote e
penitente, e un prezioso aiuto psicologico, per aiutare a superare l'imbarazzo
e la difficoltà nel confessare i segreti del proprio cuore.
Riproponiamo di seguito la risposta data dal padre
domenicano Angelo Bellon alla domanda di un suo lettore, pubblicata nel bel
sito «Amici Domenicani».
QUESITO
Caro Padre Angelo,
la seguo sempre le volevo chiedere perchè oggi i
confessionali non vengono più usati, anzi i sacerdoti non confessano mai prima
della messa, ma penso che, se ci fossero, le confessioni aumenterebbero perchè
i confessionali quelli di una volta alleviano il senso di vergogna cosa
ne pensa?
RISPOSTA
Carissimo,
1. il fatto di non usare più i confessionali
tradizionali è un abuso attuato da alcuni sacerdoti. Di fatto la Chiesa vuole
che ci siano sempre anche confessionali muniti di grata.
La presenza del confessionale è un segno importante e di sua
natura eloquente: è capace di richiamare alla memoria l’esistenza del
Sacramento e la necessità di celebrarlo. Ecco quanto dispone il Codice di
diritto canonico:
«Relativamente alla sede per le confessioni, le norme
vengano stabilite dalla Conferenza episcopale, garantendo tuttavia che su
trovino sempre in luogo aperto i confessionali, provvisti di una grata fissa
tra il penitente e il confessore, cosicché i fedeli che lo desiderano possano
liberamente servirsene» (can. 964,2).
Tuttavia per qualsiasi motivo serio, il sacramento può
essere celebrato anche altrove (can. 964,3).
2. La possibilità di confessarsi prima della Messa è
senza dubbio molto utile e anche comoda per i fedeli.
Ma non sempre lo è per il sacerdote, che prima della Messa,
soprattutto domenicale, deve attendere alla preparazione (anche spirituale)
della celebrazione, al raccoglimento interiore, alla concentrazione per
l’omelia. Quando c’erano molti sacerdoti, uno poteva attendere alle confessioni
e l’altro alla celebrazione.
Adesso le cose si sono complicate. Il sacerdote deve
celebrare più Messe, distanziate tra loro da poco tempo. Succede che talvolta,
finita la Messa e senza un istante di ringraziamento personale, si mette subito
in confessionale e esce di lì solo per la celebrazione della Messa successiva.
Non è una bella cosa: non ha neanche la possibilità materiale di raccogliersi
un momento.
3. I sacerdoti hanno il dovere di rendersi reperibili
per le confessioni, magari mettendo un apposito cartello con tanto di orario
nei vari giorni della settimana in modo che i fedeli sappiano orientarsi e
programmare con certezza la loro confessione.
I fedeli certamente possono chiedere di essere confessati
anche fuori dell’orario indicato, soprattutto se ne hanno una vera necessità. E
se la loro richiesta è ragionevole, compatibilmente con quello che il sacerdote
in quel momento sta facendo o sta per fare, hanno anche il diritto di essere
confessati.
Ma, dal canto loro, devono andare incontro alle esigenze del
sacerdote.
4. Desidero infine spendere una parola sulla
preziosità di questo ministero che è essenziale per la vita per la vita della
Chiesa, ma anche per la vita del sacerdote, riportando quanto ha detto il
cardinale Meisner, arcivescovo di Colonia, in un incontro internazionale di
sacerdoti a conclusione dell’anno sacerdotale nella basilica di san Paolo fuori
le Mura a Roma il 9 giugno 2010:
«Una delle défaillance più tragiche che la Chiesa ha subito
nella seconda metà del XX secolo è l'aver trascurato il dono dello Spirito
Santo nel sacramento della penitenza. In noi sacerdoti questo ha determinato
una tremenda perdita di profilo spirituale. Quando dei fedeli cristiani mi
chiedono: "Come possiamo aiutare i nostri sacerdoti?", rispondo
sempre: "Andate da loro a confessarvi!".
Laddove il sacerdote
non è più confessore, diventa un operatore sociale di carattere religioso.
Gli viene infatti a mancare l'esperienza del più grande
risultato pastorale, di collaborare cioè affinché un peccatore, grazie anche al
suo aiuto, lasci il confessionale nuovamente santificato. Nel confessionale il
sacerdote può penetrare nei cuori di molte persone e da questo gli derivano
impulsi, incoraggiamenti e ispirazioni per la propria sequela di Cristo».
Personalmente sono convinto di quanto ha detto il cardinale.
Ti saluto, ti ringrazio, ti ricordo al Signore e ti
benedico.
Padre Angelo
Fonte:
da «Amici
Domenicani» pubblicato 02.09.2012
Fonte:
visto su IL TIMONE
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