Negli anni Novanta i liberali si aspettavano che il
crollo dei regimi comunisti trascinasse definitivamente nella polvere le
dottrine di Karl Marx, ma per uno strano e inspiegabile paradosso della
storia è avvenuto il contrario: mai come in questi tempi si innalzano tante
lodi alla sua opera.
Esattamente venticinque anni dopo la caduta del Muro di
Berlino, gli intellettuali considerati più chic nel dibattito
intellettuale sono quelli che ricordano quanto sia “attuale” il pensiero
di Marx.
Il celebrato storico inglese Eric Hobsbawn, scomparso
nel 2012, nel suo ultimo libro Come cambiare il mondo. Perché
riscoprire l’eredità del marxismo, aveva sentenziato tra plausi di
approvazione che «la crisi finanziaria rilancia la lezione di Marx, il quale
aveva previsto con largo anticipo la crisi del capitalismo globalizzato».
Un altro britannico, il politologo David Harvey, gli ha
fatto eco pubblicando il libro Introduzione al capitale. 12 lezioni sul
primo libro e sull’attualità di Marx. Anche lo studioso francese Pierre
Dardot, per non sbagliare, ha intitolato un suo recente saggio Pensare
l’attualità di Marx. In questi giorni tuttavia i riflettori
sono puntati sull’economista francese Thomas Piketty, autore del
best-seller Il capitale nel XXI secolo.
Stando agli opinion leader più accreditati, Piketty
sarebbe l’autore di un aggiornamento del Capitale di Marx
adatto all’uomo del nuovo millennio, quindi una sorta di Marx redivivo.
Pure in Italia i fautori dell’attualità di Marx non mancano. Un convegno tenuto
a Riccione l’8 Febbraio 2014 è stato intitolato, tanto per cambiare, L’attualità
di Marx, e ha visto come partecipanti, oltre all’immancabile politico Marco
Rizzo, filosofi come Remo Bodei e Domenico Losurdo.
Neppure l’economista Giulio Sapelli si è tirato indietro,
e ha voluto dare il suo contributo al dibattito con un libro dal titolo
originale: L’attualità di Marx. Sul web va forte invece la conferenza ‘Attualità
di Marx e critica dell’ideologia‘ del giovane filosofo rampante Diego
Fuffaro [Fusaro - errata corrige] autore del libro Bentornato Marx.
Che dire di questa corale e sorprendente rivalutazione di un pensatore, le cui
idee hanno lasciato un segno così terribile nella storia? E’ possibile che le
teorie del padre fondatore del socialismo scientifico non abbiano alcuna
relazione con i crimini perpetrati dal comunismo, i 200 milioni di morti, le
carestie, i gulag, le purghe, il terrore, il totalitarismo, l’annientamento
della libertà individuale, la miseria di massa?
Ribaltando tutti i luoghi comuni sulla presunta
incontaminazione e purezza dell’ideale marxiano rispetto ai fallimenti della
realtà, il grande economista Murray
N. Rothbard ha affermato che il marxismo prefigura un sistema sociale molto
peggiore di quelli che si sono storicamente instaurati nei paesi del socialismo
reale. In tutta la costruzione marxiana, spiega Rothbard nella sua monumentale
storia del pensiero economico (Classical Economics,
1995), è fondamentale l’idea che il comunismo si realizzi solo con la scomparsa
dei due elementi fondamentali del mercato: la specializzazione del lavoro e lo
scambio, che rappresentano la fonte di tutte le disuguaglianze tra gli uomini.
La dottrina marx-engelsiana si pone quindi l’obiettivo
disumano di sostituire l’infinita diversità degli individui con l’uniformità
tipica del formicaio.
La realizzazione di questo programma spaventoso richiede un
uso continuo e massiccio della coercizione e della violenza. Ecco perché, lungi
dall’essere un nobile ideale tradito da maldestri esecutori, il comunismo di
Marx ha rappresentato un modello talmente negativo, che anche i rivoluzionari
più fanatici non sempre hanno avuto il coraggio di seguire fino in fondo.
Per capire se Rothbard ha ragione occorre confrontare le
realizzazioni storiche del comunismo con l’ideale marxiano della società
comunista. Marx purtroppo ha descritto molto laconicamente l’ultimo stadio
della futura società senza classi, ma ha messo in luce alcuni caratteri
essenziali, senza i quali non si può neanche parlare di comunismo: la completa
abolizione della specializzazione e della divisione del lavoro, con conseguente
scomparsa delle contraddizioni (cioè delle differenze, nell’oscuro gergo
marxiano) tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, e tra città e campagna;
l’abolizione della proprietà privata e di ogni forma di scambio e di moneta; la
scomparsa delle sovrastrutture tradizionali, morali e religiose.
Se questo è l’obiettivo da raggiungere, bisogna ammettere
che nessuno dei comunismi realizzati, salvo forse quello instaurato dai khmer
rossi in Cambogia, ha eguagliato la radicalità del progetto ideale.
L’estinzione dello scambio e della moneta si verificò parzialmente solo nei momenti
più terribili della storia sovietica, quando il terrore e le carestie
falciarono milioni di vite umane: durante il comunismo di guerra introdotto da
Lenin nel 1919 e nel corso delle collettivizzazioni delle campagne ordinate da
Stalin nei primi anni ’30.
Anche in Cina si verificò una situazione del genere
quando Mao decise di collettivizzare l’agricoltura alla
fine degli anni ’50, provocando 40 milioni di vittime in quella che
fu la più grande carestia della storia. Durante questa folle campagna,
denominata ‘Grande balzo in avanti’, il dittatore comunista cinese tentò
persino di superare le contraddizioni tra città e campagna ordinando
l’installazione di una fornace metallurgica in ogni villaggio contadino.
Qualche anno dopo, durante la Rivoluzione Culturale,
attaccò invece le contraddizioni tra lavoro intellettuale e lavoro manuale
spedendo migliaia di intellettuali a lavorare nelle campagne. Nello stesso
periodo, la guerra alle sovrastrutture culturali venne condotta in Urss e in
Cina attraverso la distruzione vandalica di monumenti, chiese templi, libri e
reperti del passato.
Salvo questi atroci periodi, in cui i comunisti al
potere tentarono il salto immediato nel puro comunismo di Marx provocando
cataste di morti, l’ideologia scese fortunatamente a compromessi con la realtà:
la diffusa corruzione dei funzionari e la tolleranza di un fiorente mercato
nero furono i due fattori correttivi del sistema che permisero alle popolazioni
di sopravvivere.
Per questa ragione il leninismo, lo stalinismo e il maoismo
vanno probabilmente considerati come applicazioni più o meno moderate dei
dettami del socialismo scientifico: dei “marxismi dal volto umano”. L’unico
caso storico in cui tutte le condizioni richieste da Marx per l’esistenza della
società comunista furono messe in pratica con la massima coerenza è stato
probabilmente quello della Cambogia dal 1975 al 1979.
Poiché le troppe tracce borghesi rimaste rendevano
evidente la lontananza tra le realizzazioni dei regimi comunisti esistenti e
l’ideale marxiano, i khmer rossi giunsero alla conclusione, condivisa da
schiere di intellettuali occidentali di sinistra, che russi e cinesi avevano
fallito a causa della loro eccessiva moderazione, e che le indicazioni
contenute nei testi di Marx e di Engels dovevano essere applicate senza
compromessi.
Per farla finita una volta per tutte con la divisione del
lavoro si fece di ogni cambogiano un contadino costretto al lavoro forzato;
la differenza tra città e campagna venne superata deportando l’intera
popolazione urbana nelle campagne; la contraddizione tra lavoro
intellettuale e lavoro manuale venne risolta mediante la soppressione fisica
degli intellettuali; l’uguaglianza tra lavoratori intellettuali e manuali venne
realizzata attraverso l’uccisione in massa di coloro che sapevano leggere o che
portavano gli occhiali; la proprietà privata, la moneta e gli scambi furono
completamente aboliti; le sovrastrutture religiose e tradizionali vennero
distrutte eliminando fisicamente coloro che avessero avuto la coscienza ancora
inquinata da tracce del mondo precedente. Il risultato, come si sa, fu un dei
più crudeli genocidi della storia, che condusse alla tomba almeno un terzo
della popolazione cambogiana.
Gli avvenimenti storici sembrano quindi confermare
l’intuizione di Murray N. Rothbard: i governanti comunisti sono stati tanto più
dispotici quanto più cercavano di avvicinarsi al modello puro di
comunismo prefigurato da Marx.
«La nozione prevalente che il comunismo marxiano rappresenti un glorioso ideale
umanitario pervertito dal tardo Engels, da Lenin, o da Stalin può ora essere
posta nella giusta prospettiva.
«Nessuno degli orrori commessi da Lenin, Stalin o da
altri regimi marxisti-leninisti» conclude Rothbard «può essere
paragonato alla mostruosità dell’ideale comunista di Marx». E’
difficile credere che questo ideale abbia ancora qualcosa da insegnare agli
uomini del XXI secolo.
* Articolo tratto da http://www.libreriadelponte.com/
Fonte: srs di Guglielmo Piombini, da LIBRERIA DEL PONTE del 12 novembre 2014
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