martedì 22 dicembre 2009

Verona - Località di Rivalunga di Zevio: Una necropoli sotto la ghiaia






ZEVIO ARCHEOLOGIA. Importante scoperta nella zona di Rivalunga: durante i lavori di miglioria fondiaria sono venute alla luce un’ottantina di tombe


In località Rivalunga, all’interno di un’ampia miglioria fondiaria, visibile percorrendo la provinciale 19 tra il Mulino dei Sassi e la rotonda per Volon, è stata dissepolta una nuova, importante necropoli utilizzata circa duemila anni fa dagli antichi abitatori della zona.
 La segnalazione è arrivata da Alberto Solinas, nominato dall’amministrazione comunale responsabile archeologico del territorio.


Una ottantina le tombe finora individuate, protette da teli di nylon disposti sul terreno dal personale della Soprintendenza archeologica del Veneto, intervenuta per scavare l’area.  Chino sul terreno, con pennello e paletta in mano, anche Calogero Cani, propiziatore di tutte le scoperte archeologiche avvenute nella zona.



I responsabili della Soprintendenza di Verona si limitano a spiegare che si tratterebbe di tombe di età romana, ma le operazioni di scavo sono solo all’inizio e c’è la preoccupazione di tutelare il sito che, pur essendo recintato, già ha subito un’incursione da parte di vandali o tombaroli, che hanno danneggiato alcune sepolture.



«Ci siamo rivolti ai carabinieri per sporgere denuncia contro gli ignoti che, di notte, si sono introdotti nella zona degli scavi; lo stesso hanno fatto proprietario dell’area e imprese che stanno eseguendo i lavori di miglioria fondiaria», fa sapere Brunella Bruno, archeologa e ispettore di zona della Soprintendenza.  «Al momento l’area è sotto tutela e stiamo lavorando per ottenere finanziamenti volti a un intervento di scavo con somma urgenza».

«Nel frattempo manteniamo il riserbo per non esporre la necropoli, vasta e importante, ad ulteriori danneggiamenti. Sarò ben lieta di dare precise informazioni quando la situazione sarà più distesa», ha concluso l’archeologa.



Le tombe erano celate da circa mezzo metro di terreno ghiaioso. La tipologia costruttiva dei sepolcri sembra essere quella a casetta, fatta cioè con tegole in cotto.  Lo strato affiorante di tombe potrebbe nasconderne un’altro d’epoca remota, tutte a incinerazione, rito funebre che contemplava la cremazione della salma con deposizione delle ceneri in un contenitore da seppellire assieme a oggetti che in vita furono cari al defunto e a monete per pagare il traghettamento nell’aldilà.


Ancora una volta, dunque, la zona intorno a Santa Maria conferma come fosse densamente abitata, tra il II secolo avanti Cristo e la prima età imperiale, da Galli Cenomani progressivamente integratisi con il mondo romano.
 Le numerose campagne di scavo susseguitesi negli anni sono state contrassegnate da altrettante polemiche. Quella attuale non fa eccezione.


L’assessore all’edilizia Maria Luisa Tezza, ex sindaco del paese e assessore provinciale all’istruzione, punta l’indice contro l’impossibilità per i Comuni di intervenire sulle migliorie fondiarie, di competenza regionale:  «Certe cose l’ente locale viene a saperle quando forse è troppo tardi», sottolinea.


E riferendosi a com’è andata per la lottizzazione in corso sulla curva di Santa Maria, la Tezza aggiunge:  «Non si capisce perché ai cantieri edili il Comune possa imporre carotaggi a tutela d’eventuali beni archeologici e non possa fare altrettanto quando si tratta di migliorie fondiarie».



Quanto alla Soprintendenza, l’ex sindaco lamenta assenza d’informazioni circa la nuova necropoli:  «Il Comune non ha alcun tipo di conoscenza su cosa stia venendo alla luce a Rivalunga, neppure una documentazione fotografica. Risultato: ancora una volta la comunità locale è privata per sempre di una parte della sua storia».



Replica l’archeologa Bruno: «Il paese non è tagliato fuori dagli scavi che stiamo attuando: collaboriamo attivamente con il gruppo archeologico di Santa Maria, inoltre ci siamo rivolti all’ufficio tecnico del Comune per istruire la pratica volta sospendere i lavori di miglioria fondiaria per il tempo necessario a individuare l’estensione dell’area archeologica, sospensione accordata dalla Regione.  Evidentemente la polemica della Tezza affonda le radici in malintesi del passato.
Ruolo dell’amministrazione, semmai, sarebbe quello di darci una mano».



Il sindaco Paolo Lorenzoni sembra non negare la possibilità di contributi.
«Siamo disposti a contribuire agli scavi a condizione che i reperti di Rivalunga e di precedenti campagne di scavo possano rimanere a Zevio, nel museo che vorremmo allestire.  Attualmente gli zeviani devono recarsi a Legnago se vogliono visionare testimonianze sui loro avi».


Lorenzoni: «Il museo va fatto sotto il municipio»


Allestire un museo che documenti la presenza in zona dei Galli Cenomani è sogno lungamente inseguito.  Gli zeviani lamentano di dover migrare per ammirare reperti scavati a Santa Maria.
Orgoglio di paese vorrebbe che almeno gli oggetti «minori» facessero parte di una collezione esposta localmente.


Memorie storiche attribuiscono la mancata realizzazione a un presunto dualismo tra il «padre» di tutte le scoperte sanmariesi, Calogero Cani, e le passate amministrazioni comunali. Oggetto del contendere la localizzazione del museo: Cani, determinato a realizzarlo a Santa Maria, epicentro di tutte le scoperte; l’amministrazione propensa ad allestirlo nel capoluogo.


L’attuale sindaco Paolo Lorenzoni sembra più che mai intenzionato ad allestire un museo in loco. E quanto a localizzazione non ha dubbi: «Lo faremo nei sotterranei del castello-municipio, contenitore ideale per custodire la storia del paese».


Di fronte alla manifesta intenzione del sindaco, Cani sembra mordere il freno:  «Intanto preoccupiamoci di ultimare gli scavi a Rivalunga e poi discuteremo l’eventuale da farsi».


L’estate scorsa, su «L’Arena», l’ispettore della Soprintendenza Brunella Bruno non aveva chiuso la porta a un museo locale: «Possiamo valutare progetti pensati e con disponibilità economiche». (P.T.)


Santa Maria è la zona «sensibile»


Dietro l’ennesima scoperta di un cimitero risalente a duemila anni fa ancora una volta c’è lo zampino di Calogero Cani, l’ex consigliere di Santa Maria che ha un filo diretto con la Soprintendenza, sempre di sentinella quando vede movimenti di terra in zone «sensibili».
 Innumerevoli gli interventi nella zona considerata di primaria importanza per lo studio antropologico delle popolazioni transalpine che scesero in Italia nel IV secolo avanti Cristo per insediarsi tra gli Insubri e i Veneti, nella zona di penetrazione etrusca lungo il Mincio, fra il Lago di Garda e il Po, fino all’Adige a est.
Nel 1986 a Fenil Novo furono recuperati corredi funebri da tombe distrutte in seguito a lavori edili;
l’anno dopo lo stesso sito fu oggetto di sondaggi archeologici; nel 1988 in località Mirandola fu eseguito lo scavo in emergenza di una necropoli, che proseguì nel 1991 e nel 1992.
Nel 1993 fu dissepolta una necropoli romana in via Matteotti, nei pressi della curva di Santa Maria, e in località Mulino Rizzardi iniziò lo scavo di un insediamento romano che, tra l’altro, portò alla luce resti di una villa e di una strada, scavo completato nel 1994.
Nel 1996 a Rivalunga fu scavata una prima necropoli romana.
La scoperta più importante risale al gennaio del 1998: all’interno di una necropoli comprendente 118 tombe databili dal II secolo a.C. al primo d.C., in località Lazisetta, fu recuperato anche il corredo funebre di una tomba a carro di un principe celtico, rarità in Europa. (P.T.)


Fonte: srs di di Piero Taddei  da L’arena di Verona di domenica 17 febbraio 2008 provincia pag. 31


(VR 22 dicembre 209)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Tanti sono i reperti trovati in questa zona, alcuni importantissimi come il Carro del Principe. C'è il pericolo che finiscano in scantinati e peggio ancora dimenticati in essi. Un museo locale, visto che non ce ne sono, potrebbe essere la giusta soluzione a questa ricchezza di reperti, che anche la popolazione stessa fatica a conoscere.