martedì 22 dicembre 2009

Garda: Addio a quattromila graffiti




Graffiti sul Monte Luppia


Garda: Quattromila graffiti torneranno presto sotto terra: è l’unica maniera per difenderli

Le incisioni rupestri del lago di Garda potremo vederle solo al cinema. Sono ammalorate, abbandonate, oltraggiate. Si vorrebbe coprirle per tutelarle. 
Intanto, si è scoperto un film girato nel 1977 da Roberto e Daniela Zecchini e dedicato al professor Mario Pasotti, lo scopritore delle incisioni. Sono ben 40 minuti di superotto che verranno presentati, in prima assoluta, martedì alle 17.30 in municipio a Garda dal professor Fabio Gaggia, nell’ambito del corso monografico di approfondimento del territorio Baldo-Garda della biblioteca comunale Pino Crescini.


Incisioni trovate ad Albisano 

Sono 300 i siti di incisioni rupestri gardesane della riviera veronese, con 4000 graffiti che spaziano dall’età del Bronzo a quella moderna. Stanno per tornare sotto terra: è l’unico modo per conservarle e difenderle dall’inquinamento e da vandali. In archeologia il problema sorge quando il reperto torna alla luce: se non ci sono strutture e volontà precise per tutelarlo, restaurarlo, conservarlo, è meglio che rimanga sottoterra, dicono gli addetti ai lavori. E loro, gli archeologi, dicono «abbiamo già dato». Dagli anni ’60 nei Comuni di Garda, Torri, Brenzone, Malcesine, San Zeno di Montagna e Costermano, fino ai 600 metri di quota, sulle bancate calcaree lisciate dai ghiacciai dell’era quaternaria, hanno trovato incisi stupendi disegni di ogni epoca, li hanno decifrati, interpretati e rilevati con sistemi non distruttivi, classificandoli, comparandoli, intervenendo a simposi sull’arte rupestre internazionale e, soprattutto, insistendo con gli enti competenti perché le straordinarie incisioni fossero protette, vincolate, rese accessibili senza danno, tutelate dal vandalismo e dalle «aggiunte grafiche».
Hanno vigilato perché non vi si costruisse sopra e non diventassero fondi di magazzino di museo. Sono invece puntualmente finiti così. Si è realizzata una guida trilingue con tre itinerari, ma nessuno è intervenuto sulle stesse proprietà private dove sono le testimonianze storiche, per convincere o incoraggiare qualsivoglia forma di tutela.
I graffiti sono diffusi nell’entroterra a partire da San Vigilio di Garda, disseminati lungo antichi sentieri e mulattiere che potevano costituire un itinerario eccezionale, un museo all’aperto dove le pietre incise emergono dalla vegetazione mediterranea, con il lago a un tiro di schioppo. Rappresentano, con varie tecniche e nelle varie epoche, la figura umana, uomini armati, cavalieri, armi e strumenti, animali, imbarcazioni, croci, edifici, simboli solari, figure geometriche ed enigmatiche. Adesso li vogliono coprire, unico modo per salvarli, anche perché pure gli agenti chimici dell’aria li erodono: inquinamento.
Fabio Gaggia, studioso di Garda, primo discepolo dello scopritore delle incisioni nel 1964 (Mario Pasotti), e fondatore del Centro studi per il territorio benacense, ha trovato Luciano Salzani, responsabile per la preistoria del Nucleo operativo di Verona della Soprintendenza archeologica del Veneto, d’accordo con la sua proposta: coprirli. «C’è stato un momento in cui tutti sembravano interessati ai graffiti, Provincia compresa», conferma Salzani, «erano gli anni 2003-2004. Poi, al solito, si è risolto in un nulla di fatto: non è facile intervenire in casa d’altri».
Di tutti i ritrovamenti esistono accurati rilievi fatti da Gaggia. Molti graffiti, dicono gli esperti, sono ancora da scoprire sotto la terra che li ha protetti nei nei millenni. In Valcamonica si è andati in una direzione diametralmente opposta: grande tutela e valorizzazione. Ma il turismo gardesano della riviera veronese, a quanto pare, «tira» anche senza incisioni rupestri.
La celebre Pietra di Castelletto, stupenda lastra di rosso ammonitico incisa dalla preistoria, rotta durante il prelievo per il salone del sammicheliano palazzo Pompei (sede del Museo di storia naturale di Verona) e poi indegnamente finita sui bastioni, allo zoo comunale, è stata riportata a Brenzone, dove è finita nell’atrio del municipio, dietro un grande Ficus benjamina, invisibile ai più.
Bartolo Fracaroli

LA DENUNCIA  «Qui fanno motocross» 
Inquinamento, atti vandalici maltempo e incuria hanno danneggiato i 300 siti con le incisioni rupestri. Sono accessibili a chiunque  ma mai sono state realizzate strutture per proteggerli



 Un  altro graffito rinvenuto sul Baldo



Le più a rischio tra i graffiti rupestri gardesani sono la Pietra delle Griselle, al confine tra Garda e Torri, quella dei Cavalieri di Brancolino, appena dopo punta San Vigilio, e le incisioni rupestri delle Senge di Marciaga, una bastionata calcarea nell’entroterra di Costermano: splendide sequenze di armi, figure, croci, lame e carrellate di uomini a cavallo, dall’età del Bronzo in poi.
Perché si pensa ora di coprirli? Spiega l’esperto Fabio Gaggia: «Devono tornare nel buio per difenderli dalle degradazioni naturali e da quelle causate dall’uomo.


Gli archeologi Fabio Gaggia e Mario Pasotti mentre rilevano

Le prime, su rocce calcaree o di rosso ammonitico, vanno imputate all’acidità dell’acqua piovana e allo scorrimento delle acque superficiali, alla formazione di concrezioni e alla stratificazione di licheni, ma anche a fessurazioni della roccia e rotture causate dal gelo o dal surriscaldamento. Tutti questi fenomeni non si verificano se la roccia è ricoperta da una coltre terrosa. Le rocce vergini sono perfettamente lucide, come il vetro. Adesso gli agenti atmosferici in vari modi corrodono la superficie».
«Se noi oggi possiamo ancora trovare incisioni preistoriche», continua Gaggia, «lo dobbiamo al fatto che queste rocce erano rimaste interrate. Disseppellendole, abbiamo reso un grosso servizio all’indagine archeologica ma insieme si è provocato un danno irreversibile. Poiché a tutt’oggi non esistono sistemi di conservazione delle rocce incise, l’unica soluzione possibile è ricoprirle di terra oppure, cosa mai realizzata, si potrebbe in alcuni casi costruire delle tettoie, deviando a monte lo scorrimento delle acque superficiali.
Non si conoscono sostanze protettive durevoli».
«Per le degradazioni dovute all’uomo», aggiunge Gaggia, «il problema maggiore riguarda l’espansione edilizia, un fenomeno oggi in fase di ripresa. Da un bilancio approssimativo si può dire che su due rocce molto importanti salvate grazie al nostro interessamento e all’intervento della Sovrintendenza archeologica, almeno altre 5 o 6 si devono considerare irrimediabilmente perdute, perché finite sotto strutture edilizie, soprattutto nella zona di Brancolino e Albisano. Sulla Grande Roccia di Crero doveva passare la superstrada Gardesana, speriamo definitivamente accantonata».
Altri interventi distruttivi dell’uomo? «I tentativi di asportazione. I soliti collezionisti che, in un caso, ci sono riusciti, in altri quattro, invece, hanno fallito lasciando evidenti segni distruttivi; per finire, le "incisioni” contemporanee». Su queste rocce c’è un costante passaggio di moto da cross, escursionisti e bici da montagna; e in alcuni casi i danni sono evidenti senza contare che sulla pietra, ormai, non si vedono che "decorazioni geometriche" prodotte dalle ruote delle moto». (b.f.)

Fonte: srs Bartolo Fracaroli da L’Arena di Verona di mercoledì 21 febbraio 2007 provincia pag. 29

(VR 22 dicembre 2009)





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