Il monastero di Lepia, un tesoro artistico abbandonato al degrado. L’antico complesso è ormai circondato da strade e capannoni e rischia di sparire. Allarme anche per il Colle di San Giacomo.
Fermate la distruzione di Corte Lepia, ricca di cultura e storia; fermate lo stravolgimento del territorio attorno al colle di San Giacomo dove don Luigi Verzè intende realizzare il proprio ospedale». Ancora una volta l’Archeoclub d’Italia, sezione di Legnago, lancia il proprio grido di allarme a tutela del «territorio del Comune di Lavagno in generale e della Corte Lepia in particolare».
Il monastero di Lepia, fondato nel 1176, si trova infatti inserito in una zona destinata a «essere trasformata da agraria ad artigiano-industriale-commerciale». Una sorte quasi simile rischiano di subire anche i dintorni del colle di San Giacomo per il futuro ospedale San Raffaele, «con irreparabile perdita di un irrepetibile paesaggio di natura e di arte». Cosa veramente don Verzè intenda realizzare vicino al colle di San Giacomo molti cittadini non l’hanno ancora capito. Ma tutti sanno che i dintorni del colle su cui è edificata la «basilica incompiuta» di San Giacomo non saranno più come sono oggi.
Un grido preoccupato, quello dell’Archeoclub, per i guasti che, a scadenza ravvicinata, si potrebbero verificare. Proprio per questo Luisa Bellussi, presidente della sezione dell’Archeoclub, ha inviato una nuova lettera al sindaco di Lavagno, a Legambiente, alla Soprintendenza ai beni ambientali e culturali di Verona, alla Soprintendenza ai beni culturali e architettonici di Venezia e al ministero per i beni culturali con lo scopo di richiamare la loro attenzione sul pericolo che importanti testimonianze della nostra storia passata vengano distrutte per sempre.
«Quando ancora», scrive, «si realizzava la sistemazione della strada Porcilana, di origine romana, ritenuta ormai inadeguata anche per il traffico locale, già allora si prefigurava quale poteva essere il destino del territorio adiacente: quello di essere trasformato in appetibile area artigiano-industriale-commerciale».
Corte Lepia di Vago si affaccia proprio sulla strada Porcilaia, che era, fino al suo allargamento, la via d’accesso al convento. Ora, invece, un guard-rail privo di interruzioni, corre appena al di fuori del portone della corte tanto che, per poter entrare nell’ex convento, occorre inoltrarsi nella nuova zona industriale su cui è sorto anche «Casamercato», il megastore della casa inaugurato l’estate scorsa.
«Allora», continua la lettera dell’Archeoclub, «facevamo osservare che Corte Lepia era un insediamento di antica origine, testimonianza di importanti avvenimenti storici, tuttora ricco di significativi elementi e, perciò, meritevole di essere tutelato nel suo complesso di corte rustica e dell’ambiente agrario in cui era insediato». Purtroppo, però, la situazione va sempre più deteriorandosi.
Eppure Corte Lepia con tutta la zona vicina è ricca di importanti testimonianze storiche e culturali. In particolare si possono ricordare il sito preistorico denominato «Castellar di Lepia», ancora da indagare adeguatamente, e la villa dei conti Da Lisca con il parco ricco d’acque e di piante secolari. Poco più avanti, fuori dal Comune di Lavagno, ma sempre lungo la Porcilana, si trova anche un altro gioiello dell’arte romanica veronese da poco restaurato: la chiesa della Madonna della Stra’.«Il nostro precedente intervento», ricorda con profonda amarezza Bellussi, «è rimasto senza risposta. La Porcilana è stata allargata; il traffico dell'ex statale 11 in buona parte è stato dirottato su di essa. Ed ora del tutto, per i lavori al ponte delle Asse».
L’Archeoclub dà voce a una sensazione condivisa da molti abitanti di Lavagno e da quanti amano il suo territorio. «Quel che è peggio», si legge nella lettera, «è che, a lato della Porcilana, il Comune di Lavagno ha lasciato edificare mostruose costruzioni... e altre ne sorgeranno sicuramente nei terreni adiacenti in cui già sono state realizzate le infrastrutture. Frattanto, però, nessuno ha pensato a Corte Lepia, in attesa che vandalismi e crolli la facciano sparire del tutto». O possano servire da copertura per far approvare un progetto che la stravolga.
A questo punto l’Archeoclub evidenzia l’altro interevento urbanistico che potrebbe deturpare una delle più interessanti porzioni del territorio di Lavagno: la collina di San Giacomo, «minacciata dal mega ospedale» di don Verzè. «Eppure», propone Bellussi, «sarebbe ancora possibile alla Soprintendenza vincolare l’immobile e il terreno libero che sta attorno a Lepia e all’Amministrazione comunale acquisirne la proprietà, per curarne il restauro».
Fonte: srs di di Giuseppe Corrà, da L’Arena di Verona di Venerdì 28 dicembre 2007; provincia pag. 24
Il fronte della protesta: L’obiettivo? «Degrado e poi la demolizione»
Il degrado
Oltre all’Archeoclub, anche Legambiente è preoccupata e sensibile verso le sorti di Corte Lepia. Per questo ha inserito l’antico monastero nella dodicesima campagna itinerante nazionale «Salvalarte», che punta a sensibilizzare al recupero delle testimonianze del passato segnalandole nella guida «Gioielli ritrovati».
Con la voce preoccupata delle due associazioni concorda anche lo storico Guerrino Maccagnan di Veronella nella sua lettera indirizzata al nostro giornale. Anche lui vuole alzare la propria voce contro lo «scandaloso scempio che si sta verificando lungo la via Porcilana». Per l’ex convento di San Giuliano di Lepia, precisa lo storico, la tecnica per arrivare alla sua demolizione è semplice: «Attendere che il complesso precipiti sempre più nel degrado, lasciandolo ai ladri, ai senzatetto ed ai drogati». Poi arriverà il colpo finale. «In nome di un progresso inarrestabile e per il pericolo di crolli o di ricoveri di clandestini o sbandati», scrive Maccagnan, «si dà il via libera alle ruspe. E magari con il beneplacito degli amministratori, che riusciranno ad ottenere il nulla osta della Soprintendenza». (G.C.)
I monastero di Lepia, un gioiello fondato nel 1176
La Corte Lepia
Il monastero di Lepia, come tanti altri, rispondeva alle esigenze medievali della consacrazione religiosa. Ma ha rappresentato anche un momento importantissimo sulla strada del risorgere della cultura e della rivalutazione del lavoro manuale. Il convento, con la chiesa dedicata a San Giuliano, venne fondato nel 1176 nella parte sud di Lavagno, adiacente alla via Imperialis da Bozoto (o Barzoto) degli Avvocati (o Avogadri), nobile famiglia veronese e affidato a due sorelle monache benedettine: Redalda (o Realda) e Gemma. Le due sorelle vi costituirono una congregazione di monache che osservavano la Regola di San Benedetto, ma con un particolare voto di obbedienza al Papa. Sembra che il convento sia stato visitato anche da papa Lucio III che visse i suoi tre anni di magistero in Verona. La sua soppressione avvenne nel 1771 per ordine della Serenissima preoccupata dell’eccessivo potere dei religiosi. L’elenco dei beni fatto in quell’occasione annoverava possessi a Giara, Sabbionara, Vago, Cellore, Badia, Illasi, Cogollo, Tregnago, Marcellise. (G.C.)
San Giacomo e la basilica incompiuta
Chiesa di San Giacomo
Il complesso di San Giacomo è posto sulla sommità del colle del Grigliano a Vago. Qui il 20 giugno 1396, sui resti di un tempio più antico, venne posta la prima pietra di quella che avrebbe dovuto diventare una chiesa monumentale gotica a cinque navate di 80 metri di lunghezza e quasi 40 di larghezza. L’edificazione della grandiosa basilica venne promossa dopo il ritrovamento delle presunte ossa dell’apostolo san Giacomo.
Nel 1407 le opere di costruzione della basilica erano in fase di realizzazione. Ma cessarono quasi del tutto con l’arrivo al pontificato di Gregorio XII che manifestò dubbi sull’autenticità delle ossa attribuite all’apostolo Giacomo. Però, solo nel 1886 papa Leone XIII pose fine alla vertenza definendo autentiche quelle del santuario spagnolo di Compostela. La chiesa e il convento, sorto nel frattempo accanto ad essa, vennero affidati ai monaci.
Nel 1895 il colle passò ai fratelli Milani che vi edificarono la villa. Infine, negli anni ’30, il complesso fu acquistato dai fratelli Battiato che nel 1951 lo donarono alla congregazione di san Giovanni Calabria. G.C.
Fonte: Fonte: srs di di Giuseppe Corrà, da L’Arena di Verona di Venerdì 28 dicembre 2007; provincia pag. 24
(VR 30 dicembre 2009)
4 commenti:
Posto il seguente articolo, che ritengo abbastanza obiettivo:
http://www.vocidallastrada.com/2009/06/quo-vadis-lecomostro-con-il-michochip.html
Attualmente chi è in possesso della corte?
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