venerdì 11 dicembre 2009

Quando Winston Churchill preparò la strada ai mostri del 900








Tra 1918 e 1919  la Gran Bretagna  sancì il blocco navale  che affamò la Germania.  Ci furono un milione di morti e l’umiliazione della popolazione civile.   L’elenco delle iniquità  imposte nella “pace” di Versailles è lunghissimo. Americani allibiti. Intervenne persino Papa Benedetto XV


In un suo intervento al Parlamento inglese nei 1091 Winston Churchill dichiarò: «The wars of people will be  more terribile than those of kings»  
Le guerre dei popoli saranno molto più terribili di quelle dei re. 


Frase profetica, per quello che sarebbe successo lungo tutto il secolo XX allora incipiente, ma su un punto Churchill  sbagliava, chiamando «guerre  dei popoli» quelle che, in realtà, erano le «guerre degli stati».


Non si trattava, però, semplicemente di una svista, ma di quel che con la psicoanalisi potremmo chiamare un “lapsus”, un errore che lascia intuire un certo modo di vedere, l’indizio evidente di una certa  modo concezione  della politica. E anche in ciò, ma questa volta involontariamente, Churchill  fu profetico. Le guerre degli stati, che hanno percorso  tutto il secolo XX sarebbero state terribili proprio perché fatte a spese dei popoli.


Questa idea di guerra totale  in cui i popoli non sono che la carne da macello dei giochi di potere di  lobbies occulte si sarebbe paradossalmente reso evidente alla fine della Prima Guerra Mondiale.


Si era dopo la cessazione del fuoco  ottenuta dal  presidente americano Wilson con la promessa alla Germania di una pace equa, quando tra il novembre del 1918 e restate del 1919. Le potenze alleate e, i n primis,  proprio la Gran Bretagna di Churchill, decisero di proseguire e intensificare il blocco navale della Germania impedendo l’approdo di ogni tipo di generi alimentari.


La Germania, confidando proprio nel principio di autodeterminazione dei popoli sostenuto da Wilson, aveva già accettato gran parte delle condizioni previamente chieste per avviare l’armistizio e il Parlamento tedesco aveva già esautorato il Kaiser, chiedendo poi agIi Alleati la possibilità di acquistare dei generi alimentari di primissima necessità. La risposta fu negativa. Anzi, al blocco navale dei porti tedeschi si aggiunse il sequestro di tutta la flotta mercantile e persino dei pescherecci del Mare del Nord e  del Baltico.


Si trattava di un’operazione che non aveva nulla di “militare” e che si proponeva come unico scopo quello di affamare una popolazione già ampiamente indebolita dallo sforzo bellico e dalla tragica pandemia del la Spagnola. A tutt’oggi non sono ancora noti i dati esatti di quella terribile operazione di  “persuasione” ai danni di tutto un popolo, che gli storici tedeschi ancora liberi di fare il loro mestiere chiamano la «Hungerblockade», il blocco della fame, ma dati realistici parlano di più di un milione di morti tra Germania e Austria tra la fine del 1918 e l’estate del 1919.


In alcuni territori tedeschi, come la Renania, la situazione era così tragica che il governo inglese dovette impedire i contatti tra i propri soldati e la popolazione civile.
Il generale britannico Herbert Plumer inviò una lettera ai tre grandi (Wilson, Clemenceau e Lloyd  George) a Parigi. chiedendo di allentare il blocco perché lo spettacolo di bambini tedeschi denutriti, i continui  funerali, l’odore di morte e i suicidi - «perché una pallottola in testa è meglio che vedere i propri figli morire di fame» - stavano facendo precipitare il morale dei propri soldati.


Le conseguenze del «blocco della fame»  proseguirono lungo tutto il 1920 anche dopo che l’importazione di generi alimentari fu resa possibile dagli Alleati  con una terribile recrudescenza della tubercolosi e della mortalità infantile.


Un appello di papa Benedetto XV perché si intervenisse in favore della popolazione civile fu completamente ignorato  come già era stato ignorato (da tutti, ma non dall’Austria di Carlo d’Asburgo) il suo precedente appello a cessare «l’inutile strage».


Il blocco fu allentato solo quando il Parlamento tedesco accettò di firmare le condizioni di pace imposte dagli Alleati.  A Vienna, nel congresso che seguì le guerre napoleoniche la Francia aveva potuto dire la sua ed ottenere eque condizioni di pace. A Parigi la Germania non fu invitata e fu “convinta” con più di un milione di morti civili uccisi con la fame.


Contro il principio di autodeterminazione, la Germania fu privata di un ottavo del proprio territorio e di un decimo della propria popolazione.  La Francia pretese e non ottenne, per la contrarietà degli Stati Uniti, il bacino della Saar, ma alla Germania fu imposto di “ricomprarsi” le proprie miniere.


L’elenco delle iniquità imposte a Versailles è lunghissimo ed è stato, discusso in numerosi saggi storici. Lo sciacallaggio posto in atto nei confronti  della Germania lasciò allibiti gli stessi Americani, tanto che proprio gli Stati Uniti si rifiutarono di ratificare il Trattato di Versailles, vedendo applicato il principio di  autodeterminazione solo in favore dei vincitori.
Anche il generale francese Ferdinand  Foch ebbe a osservare: «Questa non è una pace, ma un armistizio per vent'anni».


Alla Germania era inoltre imposto di farsi carico della piena e totale responsabilità dell’inizIo del conflitto,  cosa che, oggi, nessuno storico serio potrebbe accettare.
Tra l’altro, si stabilì così, in maniera anche ufficiale, che  «la storia la scrivono i vincitori», e non gli storici.


Alla fine il Parlamento tedesco, con il voto decisivo dei Socialdemocratici e dei Cristiano-Democratici (il “Centro”) accettò tutte le condizioni poste dai “tre  grandi” (si noti che la storiografia anglosassone e i contemporanei non considera in nessun modo il ruolo della diplomazia italiana).  Del resto, in quella situazione che cosa avrebbe potuto fare un parlamento liberamente eletto? In questo modo l’umiliazione della Germania divenne anche l’umiliazione della democrazia tedesca. Quell’ umiliazione e la spaventosa crisi economica che investi poi quel paese aprirono la strada all'ascesa al potere di Adolf Hitler e del nazionalsocialismo, una delle cui bandiere fu sempre proprio la volontà di vendicare la «vergogna di Versailles».


Le guerre degli stati sono più terribili di quelle dei re e producono mostri che la storia non ha mai visto in precedenza.  Non stupisce, perciò, che tra i maggiori sostenitori della persuasione mediante il terrore e la fame ci fosse proprio Winston Churchill.
Le guerre degli stati sono certamente peggiori delle guerre dei re, proprio perché per gli stati,   i popoli non sono che amorfi strumenti per il potere.




Fonte: srs di Giuseppe Reguzzoni; da La Padania  del 19 agosto 2009; pag. 20

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