domenica 20 dicembre 2009

Le Pasque Veronesi del 1798 furono anche Legnaghesi








LEGNAGO. Una studentessa, Selena Rossello, ricostruisce nella sua tesi la dominazione francese nella Bassa tra la fine del ’700 e l’inizio dell’800 scoprendo molti episodi dimenticati. Angherie e chiese spogliate fecero insorgere la città ma i francesi portarono anche cultura, salute e progresso


L’epopea napoleonica a Legnago tra il bene ed il male. I francesi cambiarono la città, non riuscirono a cambiare in meglio la fortezza ma generarono odio a tal punto che anche Legnago ebbe le sue Pasque.


A raccontare cosa accadde dentro la fortezza veneziana tra la fine del ’700 ed i primi anni dell’800 è una dettagliata ricerca di Selena Rossello, vincitrice della seconda edizione del premio assegnato alle migliori tesi universitarie dedicate a Legnago. Il pezzo forte della ricerca sono i progetti di come Napoleone in persona voleva modificare la struttura stessa della fortezza. Ma la sorpresa maggiore arriva dall’episodio poco conosciuto della rivolta anti-francese dell’aprile 1797, in reazione alle continue ruberie e requisizioni, alla distruzione di interi raccolti ed alla profanazione delle chiese. Anche i legnaghesi risposero all’eco delle Pasque veronesi organizzando la reazione violenta contro l'autorità francese che, per tentare di prevenirla, arrivò anche a voltare i cannoni della fortezza verso la città, oltre che a vietare il fiorente mercato settimanale, le funzioni della Settimana santa e gli assembramenti.


La tesi di Rossello ricostruisce bene quegli anni durante i quali il confine tra territori occupati dai francesi e quelli in mano agli austriaci arrivò a dividere la città: Porto con Vienna, Legnago con Parigi. Con i francesi costretti, per sovvenzionare le ingenti spese militari, a confiscare tutti i beni posseduti dall’amministrazione cittadina: in pochi mesi furono venduti la maggior parte dei terreni e spogliate le chiese di paramenti e oggetti di inestimabile valore. Vennero poi soppressi gli ordini ecclesiastici e le confraternite. Un altro motivo di grande dissapore fu anche l'introduzione della coscrizione obbligatoria di 48 mesi per tutti i giovani dai 20 ai 25 anni: vennero così sottratte le braccia più forti al lavoro dei campi. Nonostante gli inviti e le minacce i disertori che preferirono nascondersi nel bosco di Porto e tra i canneti della valle furono moltissimi. Legnago perse anche la sua autonomia giudiziaria: mantenne la pretura e le fu assegnato un giudice conciliatore, ma non riottenne mai un tribunale di prima istanza.


L'occupazione fu comunque caratterizzata anche da molti aspetti positivi. Nella fortezza le condizioni delle strade e delle case erano pessime, con la palude che si estendeva a ridosso delle mura e la malaria che mieteva vittime. Gli interventi dei francesi in questo senso furono molti: fu costruita una grande cloaca per il convoglio delle acque sporche e i cittadini furono obbligati a tenere pulito il tratto di strada prospiciente la loro abitazione ed il loro negozio. Vennero varate norme sulla gestione delle risaie e sulla macerazione della canapa, fu proibito l'uso dei fornelli per la cottura della seta nei luoghi pubblici, vennero perseguiti i mendicanti ed i vagabondi, furono regolamentate le abilitazioni mediche e la profilassi contro il vaiolo divenne obbligatoria negli ospedali e gratuita per i poveri.


Sotto il profilo dell'istruzione, posta sotto il controllo statale, ogni Comune ebbe una scuola primaria per accelerare l'alfabetizzazione: nel 1805 a Legnago esistevano dieci scuole elementari. Due anni più tardi l'amministrazione fece anche richiesta di una scuola ad indirizzo classico ma la pratica, respinta a più riprese, si risolse solo sotto il dominio austriaco. Furono migliorate le vie di comunicazione e il servizio di traghetto tra le due sponde dell'Adige, ridotto il pedaggio e costruiti gli argini dell'Adige e dei corsi d'acqua per impedire le inondazioni.


Il mercato settimanale di Legnago divenne un importantissimo centro di raccolta e smistamento del grano e un punto di riferimento nel fissare i prezzi del pane per i fornai veronesi. (GI.BA.)


Quel campo trincerato sognato da Napoleone


La città fortezza legnaghese, senza l'intuizione napoleonica che la vide come un luogo strategicamente rilevante, avrebbe avuto un ben altro ruolo nella storia. «È un'ipotesi molto accattivante», ammette Selena Rossello, «ma l'alta considerazione del Bonaparte per la città, spesso invece trascurata dai Veneziani, potrebbe aver determinato la scelta austriaca di farne uno dei capisaldi del quadrilatero. Posso azzardare che se gli austriaci non avessero trovato la fortezza rinforzata e ben predisposta forse non ci avrebbero investito». Quello che è certo è che l'occupazione francese trasformò Legnago in un cantiere a cielo aperto, con lo scopo di renderla inaccessibile  al nemico austriaco. Secondo il progetto disegnato dallo stesso Napoleone la fortezza doveva essere ingrandita con la costruzione di una seconda cinta muraria più esterna. «Dai documenti non è chiaro se il progetto sia mai iniziato», spiega Rossello, «se non con il rifacimento della fortificazione lungo l'Adige, che fu innalzata e resa più resistente. E soprattutto con la realizzazione di un campo trincerato, nell'area dell'attuale parco comunale». Ordinato da Napoleone nel 1802, aveva lo scopo di salvaguardare la cinta muraria interna e di proteggere le truppe accampate e gli armamenti. Il luogo scelto non era poi casuale: sorgeva sulla strada che portava a Mantova, roccaforte del nemico.


La realizzazione del campo trincerato divenne da subito un'ulteriore motivo di dissapore per i legnaghesi, che non solo si videro espropriare circa 2mila campi e demolire diversi fabbricati privati e pubblici - il cui indennizzo fu di molto inferiore al dovuto - ma furono anche costretti ad inviare ogni giorni al cantiere una ventina di uomini e quattro carri trainati da buoi. Un'imposizione che per molti si tradusse in una fuga a sinistra Adige, ancora in mano austriaca.


Nel corso degli anni furono realizzati anche altri interventi: dall'innalzamento di piazza San Martino nel 1797, soggetta a frequenti allagamenti che infiltrandosi raggiungevano le sepolture sotterranee, fino alla costruzione di porta Ferrara, conclusa poi dagli austriaci, e alla realizzazione di un cimitero appena fuori di essa. Napoleone stesso fece modificare pesantemente il progetto di costruzione del duomo di San Martino. La vecchia chiesa doveva essere demolita per i forti cedimenti strutturali, ma fu fatto talmente in fretta, nel 1802, che alcune preziosità andarono letteralmente perse, come l'organo, restaurato nel maggio di quell'anno da Francesco Salieri, fratello del grande musicista. I lavori proseguirono lentamente e nel 1805 Napoleone impose l'abbassamento del tetto e l'abolizione della cupola: troppo esposti all'artiglieria pesante. (GI.BA.)


Il PREMIO: La storia
raccontata
dagli archivi


«Permanenza e trasformazioni a Legnago tra riforme settecentesche ed età napoleonica».
Il secondo premio biennale del concorso sulle tesi di laurea su Legnago, indetto dall'assessorato alla Cultura in collaborazione con la biblioteca di Porto, ha permesso di aprire una pagina della storia cittadina ancora poco esplorata e in parte del tutto sconosciuta.
Selena Rossello, laureata in lettere e filosofia all'università di Verona, ha infatti convinto la commissione grazie al dettagliato approfondimento della storia legnaghese dal momento della discesa napoleonica, analizzando gli aspetti storici, economici, sociali e amministrativi che hanno contraddistinto il periodo di occupazione francese. «Il merito particolare di questa ampia ricerca storica», si legge nella motivazione, «sta nell'aver usato materiale archivistico. Un approccio che consente a tutti di rendersi conto del ricchissimo patrimonio di storia e di testimonianze presenti negli archivi del territorio». La tesi è a disposizione sugli scaffali della biblioteca di Porto che, nel frattempo, ha già aperto il bando per il prossimo biennio che scadrà il prossimo 31 marzo 2009. (GI.BA.)


Fonte: srs di Giorgia Baldin da L’Arena di Verona di Martedì 22 Aprile 2008; PROVINCIA, pagina 31


(VR 20 dicembre 2009)

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