mercoledì 2 dicembre 2009
Il Ponte di Veja
Verona: Ponte di Veja di Sant’Anna d’Alfaedo.
Visto che per il blog ho usato il nome Veja, andiamo a rendere omaggio all’originale: «Il meraviglioso Ponte naturale di Veja».
Ho scelto quel nome, non solo per richiamare alla memoria quella meraviglia naturale della Lessinia, ma per serbar il ricordo dell’antichissimo significato di «Veja», cioé guardia. Il ponte della guardia.
Ancor oggi se ne ritrova la sua etimologia nel nostro dialetto veronese nel termine di “svejarse” al mattino, o nell’aggettivo “sveja” detto a persone un po’ “intontolite”, perché stiano più attente, ma anche in portoghese, che vuol dire guardia, guardare, vedere.
Il Ponte di Veja, questa interessantissima località, merita sicuramente una visita. È il più importante monumento geologico della Lessinia, il più rappresentativo fra tutti i fenomeni geologici .
Raggiungibile da Giare di Sant’Anna d’Alfaedo, è situato sotto la contrada Crestina; esso giace a 602 m. sul livello del mare, al termine delle vallette Crestene e Fenile, nel punto di incrocio in cui esse si uniscono per confluire sul bordo occidentale del vajo della Marchiora, poco prima che quest’ultimo incontri il vajo dei Falconi, dando così inizio alla Valpantena.
Spiegare a parole la maestosità di una simile architettura naturale non è facile. Quello che si vede, una volta giunti sul posto è un massiccio ponte di roccia ad un’ arcata, dello spessore di circa 10 metri circa, della lunghezza di 50 e una larghezza di 17 metri circa, sotto il quale, a 30 metri scorre un ruscello
Esso è l’architrave d’ingresso di un immenso cavernone carsico, sopravvissuto al crollo progressivo della volta centrale della caverna.
Le acque torrentizie, che una volta scorrevano sul ponte, furono lentamente e totalmente catturate da inghiottitoi che si erano aperti nel tetto della caverna e che portarono l’acqua all’interno della grotta.
L’arcata, costituita da resistenti lastriformi calcari del Rosso ammonitico, dotati di grande capacità portante, fu così risparmiata dall’erosione, mentre il torrente andò scavando, nei sottostanti calcari più teneri, una sempre più grande apertura che causò alla fine il crollo parziale della volta e il formarsi dell’attuale slanciata architettura del ponte. I numerosi massi ammucchiati nella zona sottostante il ponte, documentano questi avvenimenti.
Sono scampate al crollo anche alcune grotte calcaree minori, alcune identificate con nomi curiosi come: grotta dell’Orso e grotta dell’Acqua, altre contraddistinte semplicemente con una lettera alfabetica.
Numerosi itinerari escursionistici attraversano il territorio circostante il Ponte di Veja, tra cui il sentiero europeo n° 5, permettendo agli appassionati di trekking di osservarne il bellissimo ambiente naturale.
Il Ponte di Veja, oltre ad essere un eccezionale monumento naturalistico, è anche una importantissima area archeologica, che ha permesso il ritrovamento di svariati reperti.
Fu frequentato dall’uomo nel paleolitico superiore e, molto prima dell’ultima glaciazione, più di 100.000 anni fa; la permanenza è durata interrottamente fino ad alcune migliaia di anni fa, periodo di probabile decadenza della lavorazione delle selci per l’apparizione dei metalli.
Fu un centro di primaria importanza per l’estrazione e la lavorazione della selce lessinese (frecce, punte, aghi). Lascia affascinati il fatto che si sono trovati manufatti di selci lessinesi, non solo nel Nord d’Italia, ma in molte parti d’Europa, dalla estremità francese all’attuale Polonia.
Il ponte di Veja è stato visitato, nel corso della storia, da personaggi illustri:
la sua struttura ardita ha sempre attratto gli artisti, probabilmente il più famoso fu Andrea Mantegna che lo riprodusse a Mantova nel Palazzo Ducale, all’interno degli affreschi della Camera degli Sposi.
La tradizione popolare riporta anche che Dante Alighieri, esiliato a Verona ospite di Cangrande Della Scala nel descrivere le Malebolge dell’inferno, nella Divina Commedia si sia proprio ispirato al Ponte di Veja.
(Dante Alighieri visse a Verona, alla corte degli Scaligeri, alcuni anni del suo esilio. Suo figlio Pietro acquistò nel, 1353, Casal dei Ronchi nella vicina Gargagnago, nel cuore della Valpolicella).
Anche Il gigantesco castagno, nelle immediate vicinanze del Ponte, viene chiamato Castagno di Dante.
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2 commenti:
Caro Gio' [Giorgio?],
Il suo "blog" è una minera che sembra inesauribile. Ma come fa (e come ha fatto) a trovare tante "robe" da "postare"? Dire grazie è poco...
Cordiali saluti.
Salvatore Totò Santamaria
PS. Sono entrato nel suo "blog" per via del Mazzini, "apostolo" della "mazzetta"! La prima mazzetta di 'Talia...
ED ALLORA CHIAMIAMOLO Giuseppe Mazzetta!
A Bolzano, come in tante altre città, c'è Piazza Mazzini... Piazza Mazzetta.
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