mercoledì 30 dicembre 2009

Verona: I tesori sepolti possono diventare una risorsa




Bertocchi nelle cantine sotto piazza Corrubio

LA CITTÀ NASCOSTA: In lungadige Capuleti  c’era un forno e piazza Corrubio cela una necropoli romana. Lo storico Battiferro Bertocchi interviene sul dibattito relativo ai ritrovamenti archeologici. E spiega come trasformare un disagio in vantaggio.

«Verona non è una città qualsiasi, e quello che si trova nel suo sottosuolo non sono reperti qualsiasi».
Esprime indignazione lo storico dell’arte Riccardo Battiferro Bertocchi sul dibattito a proposito dei ritrovamenti archeologici in occasione dei recenti scavi per la realizzazione di parcheggi pertinenziali.
«Non si può dire che un muro od una tomba valgano meno di un’altra», aggiunge, insistendo sull’idea che Verona si renda finalmente conto dell’«inestimabile valore storico-artistico» di cui è depositaria.
«I reperti che vengono portati alla luce non vanno visti come un problema, bensì come una risorsa».
 Oltre che sul valore artistico, Battiferro pone l’accento sui risvolti turistici che tali ritrovamenti possono avere.
«La complessità architettonica e urbanistica della nostra città non si può semplificare nei percorsi stereotipati e ormai stantii dei tour operator.  Il trittico Casa di Giulietta, piazza delle Erbe e piazza Bra è ormai logoro e semplicistico rispetto alla reale portata culturale del veronese».
Secondo Bertocchi, è ormai tempo di creare dei circuiti turistico-artistici alternativi,  «che rendano veramente onore al valore millenario della storia di Verona».

Nel caso i recenti ritrovamenti «vengano ignorati», lo storico propone di presentare Verona all’Unesco come «luogo a rischio, così come la valle di Noto in Sicilia».

Per meglio comprendere cosa sta sotto i piedi dei veronesi, disegna una mappa ideale.

LE STRADE.

Tre erano le arterie principali che in epoca romana attraversavano la città. La via Augusta, corrispondente all’attuale via Mameli, conduceva a Nord, verso Trento. La via Postumia che da est ad ovest entrava in città attraverso un ponte che non esiste più (tra ponte Pietra e ponte Nuovo) e diventata Decumano Massimo nella sponda interna dell’Adige, correva lungo l’attuale corso Porta Borsari, corso Cavour e corso Porta Palio, portando in direzione di Genova; infine, la via Gallica, che arrivando dall’attuale corso Milano incrociava la via Postumia a San Zeno, in piazza Corrubio.

PIAZZA SANTI APOSTOLI.



Lo scavo in piazza Santi Apostoli

I reperti antichi ritrovati in piazza Santi Apostoli, potrebbero appartenere a strutture abitative o sepolcrali di epoca romana o longobarda. Si tratta di uno dei primi luoghi dove, nell’Alto Medioevo (VIII-XII secolo dopo Cristo), si costruì fuori dalle mura cittadine.
«Questa zona era divisa in quattro piccole contrade: Fratta, Ferraboi, Falsorgo e San Michele alla Porta. Proprio in prossimità di piazza Santi Apostoli, si ergeva la chiesa Sacello delle Sante Teuteria e Tosca, edificata dai Longobardi nell’VIII secolo dopo Cristo», spiega Bertocchi.
Il passaggio della via Postumia lungo l’attuale corso Cavour, è testimoniato anche dai ritrovamenti de un’antica pavimentazione romana in occasione del rifacimento del corso nel 1999. Senza considerare il ritrovamento di una villa romana perfettamente conservata in occasione dei lavori all’ex cinema Astra di via Oberdan. Questa villa faceva parte di un’immensa necropoli che si spingeva fino a viale Colonnello Gallieno: «A riguardo si ricordino i ritrovamenti nei primi anni Novanta in occasione della realizzazione dei due sottopassi».

PORTA SAN GIORGIO.


Porta San Giorgio

Gli antichi romani erano soliti costruire le loro necropoli al di fuori delle mura cittadine, proprio ai lati delle vie consolari principali.  Per questo è più che ipotizzabile l’esistenza di un’ampia necropoli ai lati di via Mameli, dove un tempo correva via Claudia Augusta.
«Ne è una prova il rinvenimento di una villa romana in via Nino Bixio, in occasione dei lavori per la realizzazione di una palazzina ancora nel 1926, sempre in coincidenza con via Mameli, scorre l’acquedotto romano che portava l’acqua in città tramite tubi di piombo dalla Valpolicella», continua Bertocchi.  L’acquedotto entrava in città tramite ponte Pietra versando l’acqua direttamente nel Foro Romano (l’attuale piazza Delle Erbe).
Inoltre, proprio in prossimità di porta San Giorgio, si dovrebbe trovare la chiesa di San Barnaba, di epoca romanica (XII e XIII secolo dopo Cristo).

LUNGADIGE CAPULETI.



Muro a fiume

Quello portato alla luce in lungadige Capuleti è il  «muro a fiume» della cittadella viscontea della fine del 1300. «Si trattava di un muro di cinta del piccolo forno militare che Giangaleazzo Visconti fece erigere per proteggere la città dall’estero ma anche dall’interno, cioè da eventuali sommosse popolari. Le altre facciate del quadrilatero (corso Porta Nuova e Circonvallazione Maroncelli) sono andati distrutti durante la dominazione austriaca».
Il muro scoperto recentemente durante gli scavi, costituisce l’unica traccia superstite di quella fortezza e dovrebbe essere lungo circa 100 metri.
«La sua locazione si vede benissimo dalla mappa disegnata nel 1648 dal Frambotti, illustre cartografo del XVII secolo».

PIAZZA ARDITI.


Scavo di Piazza  Arditi

I ritrovamenti di piazza Arditi appartengono al cimitero della chiesa romanica di San Silvestro, dipendente dall’omonima chiesa di Nonantola in provincia di Modena.

PIAZZA CORRUBIO.

Piazza «Corrubio», dal latino quadrivium, vale a dire «incrocio». Il nome stesso della piazza rivela che proprio alla sua altezza, in età romana, c’era un incrocio tra due grandi strade: la via Consolare Gallica e, molto probabilmente, la via Postumia.
«All’epoca, gli antichi romani erano soliti costruire le loro necropoli al di fuori delle mura cittadine, proprio ai lati delle vie consolari. I ritrovamenti di molti resti avvenuti in occasione di lavori ai sottoservizi in piazza Corrubio non fa che avvalorare questa tesi. Inoltre, il vano sotterraneo recentemente ripristinato all’interno della pasticceria San Zeno corrisponde alla superstite cripta della primitiva chiesa di San Luca, costruita probabilmente nel XII secolo, lungo l’antica via Mantovana (l’odierna via Scarsellini), che conduceva un tempo alla Porta di San Massimo».

Questa Porta faceva parte della cinta muraria scaligera, poi ricostruita in età veneziana e successivamente dagli austriaci. Solo successivamente l’Ordine Crocifero costruì un ospizio con annesso luogo di culto dedicato a San Luca evangelista nei pressi dei portoni di piazza Bra.


Fonte: srs di Alessio Pisanò da  L’Arena di Verona di domenica 02 marzo 2008;  cronaca pag. 16

(VR 30 dicembre 2009)

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