Attilio Benetti
davanti al Museo geopaleontologico di Camposilvano, la sua «creatura»
VELO VERONESE. È morto alla soglia dei 90 anni: “el Tilio” non aveva mai smesso di
studiare e di scrivere. Memoria storica
dell´altopiano e autorità riconosciuta nel mondo della paleontologia si è
spento nella sua casa di Camposilvano. È stato anche pioniere della speleologia.
Martedì 23 aprile il funerale.
Si è fermato quasi alla soglia dei novant´anni, il cuore
forte e indomito di Attilio Benetti, il patriarca della Lessinia, l´uomo, prima
ancora che il ricercatore e lo studioso, che meglio l´ha rappresentata negli
ultimi decenni e sicuramente più di tutti l´ha amata. Il funerale sarà celebrato
martedì 23 nella chiesa parrocchiale di Velo, alle 15.30.
Ricoverato nel reparto di lungodegenza dell´ospedale di
Marzana per i postumi di una frattura al femore che dallo scorso ottobre lo
costringeva su una sedia a rotelle, aveva voluto tornare a casa sua, a
Camposilvano, perché non si rassegnava a stare «a guardare i muri», come ci
aveva confidato lo scorso gennaio durante una visita; non poteva stare senza i
suoi fossili e il suo computer zeppo di schede e ricerche. «Ho ancora tanto
lavoro da fare, ci sono delle scoperte nuove di cui devo scrivere. Ho bisogno
ancora di tempo per studiare», ci aveva ripetuto raccomandando di tornare a
trovarlo perché c´erano cose di cui non poteva tacere.
Non erano una novità, purtroppo: ne parlava ogni volta con
sempre più tristezza, ma mai rassegnato: lo tormentava l´abbandono del
patrimonio architettonico, anche quei piccoli capitelli che ai più sfuggono
nella fretta dei passaggi in auto, ma per lui ogni pietra aveva una storia,
ogni angolo apriva visioni diverse e si stupiva che non ci fosse gente
abbastanza indignata per ridare decoro e rispetto.
Con la terza elementare, dopo aver ripetuto due volte la
prima e due volte la seconda, è diventato memoria storica della Lessinia e
autorità riconosciuta nel mondo della geopaleontologia, che gli ha dedicato due
nuove scoperte: il brachiopode «Benetticeras Benettii», esemplare unico al
mondo e l´ammonite «Lessinorhynchia Benettii», di cui sono stati trovati altri
esemplari, ma la prima scoperta e classificazione è universalmente riconosciuta
a Benetti.
Benetti con il bastone
con ammonite ricevuto per il compleanno 2011
«A scuola non andavo
bene perché la maestra non mi sopportava. Facevo domande a cui non sapeva
rispondere. Allora andavo a scuola solo quando faceva freddo e nei giorni di
pioggia. Per il resto dell´anno la mia scuola era la montagna, i suoi animali,
anche le sue pietre e le sue piante. Ho imparato molto in ore di silenzio e di
osservazione e ho coltivato il mio spirito libero», ci aveva raccontato in
occasione dell´intervista per i suoi 80 anni.
Affascinato da quei «serpenti pietrificati nelle acque del
diluvio universale» come gli erano stati raccontati i fossili da piccolo,
non si era convinto che quella fosse la giusta spiegazione e aveva letto e
riletto, pagine e pagine, fino a diventare tra i massimi esperti riconosciuti
della materia e intrattenere conversazioni e scambi con studiosi di tutto il
mondo.
La curiosità e la ricerca delle spiegazioni meno ovvie lo
avevano portato a calarsi anche nel cuore della montagna, scendendo da
speleologo tra i pionieri della Spluga della Preta, l´abisso più profondo e
misterioso allora conosciuto.
Da minatore, in Belgio, aveva frequentato altre profondità
ed era stata proprio la passione per i fossili e le simpatie di un ingegnere
minerario per quel minatore che sapeva spiegargli tutto sui reperti che
emergevano dai blocchi di carbone, a rendergli meno duro un lavoro nel quale
non sarebbe resistito molto: «Amavo
troppo la luce, il cielo, gli spazi aperti, l´aria dei miei monti: sarei morto
se fossi rimasto là», confidò.
Una scorza dura come le pietre dei suoi
fossili e un animo sensibile e attento come quello di un bambino: così era «El
Tilio», capace di avviare in un garage di casa una raccolta di fossili ai quali
poi la Comunità montana della Lessinia ha dato dignità di Museo geopalentologico;
capace di raccontare favole ai bambini ma anche di scrivere in modo documentato
di storie e tradizioni lessiniche; rispettoso di tutti, ma capace di essere
sempre libero.
Fonte: srs di Vittorio
Zambaldo, da L’Arena di Verona sabato 20
aprile 2013 PROVINCIA, pagina 27
Link: http://www.larena.it/stories/Home/499674_se_n_andato_attilio_benettiil_patriarca_della_lessinia/
NELLE SUE PAROLE OGNI STORIA
DIVENIVA LEGGENDA, MITO,
ETERNITÀ
Benetti con Alessandro
Anderloni e il regista Josef Schwellensattl
IL RICORDO. Il regista e autore Alessandro Anderloni
racconta il suo rapporto con il maestro
«Vei avanti e séntete
qua».
Il custode del Cóvolo apriva la porticina del suo rifugio ai
piedi dell´erta che sale alla caverna. «Anche
Dante salì questo pendio, quando visitò il Cóvolo per trarne ispirazione per
l´ingresso dell´Inferno».
In quella stanza pregna del fumo del trinciato, con
l´impressione di trovarsi in un sacello sacro, al cospetto di un maestro, di un
sacerdote, del «patriarca della Lessinia», ogni storia, nelle parole di Attilio
Benetti, si trasfigurava, diveniva leggenda, mito, eternità.
«Siediti su una galassia e contempla l´infinito», mi disse un
giorno.
Lo scrissi sul muro della mia camera, come quel verso di
Goethe che ti accoglieva, all´ingresso della sua stanza in contrada Cóvolo:
«Ogni cosa che vuoi fare, o sognare di fare, incominciala. L´audacia ha in sé
genio, potere, magia. Incomincia adesso». La stessa caparbietà e tenacia lo
guidarono quando costruì il piccolo Museo dei fossili di Camposilvano dove
aveva esposto la sua prima collezione di ammoniti. Le sue mani di pietra
cavavano dal passato i segni della vita sulla terra, grattando via la patina
dell´oblio. Recuperò e salvò la memoria della Lessinia senza nostalgia,
sentimento di chi ha paura del nuovo. Nessuna paura del futuro negli occhi di
Attilio, nelle sue dita grandi a correre veloci sui tasti di una tastiera,
nelle sue email che dal Cóvolo partivano, in molte lingue diverse, verso il
mondo.
«Camposilvano è il centro della Terra», diceva. E lui era
figlio di Silvano, il progenitore «kimbro» che dalla Danimarca percorse le
terre germaniche per giungere e fondare la sua stirpe qui. Era il prediletto
dalle fade a cui, uniche, regalò il suo cuore, dischiuse la sua tenerezza di
amante. Era il figlio di Bertoldo, lui, lo scienziato di Camposilvano che, come
l´astuto contadino metteva in ridicolo l´arroganza del Re, si confrontava con
saccenti professori, per poi non curarsene e dedicarsi con molta più passione
ai loro studenti. Seduto su una pietra, davanti al suo museo, Attilio
dischiudeva in poche parole il mistero della nascita della vita sulla terra,
l´evoluzione del mondo vegetale e animale, fino al protagonismo, spesso
distruttivo, della specie umana. Erano l´arroganza e la disonestà dell´uomo a
farlo arrabbiare e accendevano in lui la tempra di un combattente indomito,
capace di guardare negli occhi e di non abbassare mai lo sguardo.
«Vai avanti. Non
fermarti. Non avere paura. Fai cose grandi». Quante volte sono salito a
Camposilvano a cercare coraggio e ispirazione? Attilio mi aprì la porta per il
mondo delle fiabe, e io geloso, perché lui soltanto sapeva dei baci e delle
carezze della Fada Àissa Màissa, lui soltanto aveva penetrato l´antro della
Fada Calamita, lui aveva fatto a pugni con Mùssele e Màssele, i due orchi dei
Marognoni. Io a chiedere storie e lui a suggerirmi di inventarle, come in un
infinito e interminabile filò. Di ogni ferita inferta dagli uomini alla
Lessinia, Attilio portava i segni nelle sue rughe, perché lui era la Lessinia.
Nella mappa impressa sul suo volto si potevano decifrare i segni della sua
giovinezza, dei viaggi di emigrante, dell´amore totale per la sua montagna,
dove ha voluto tornare, negli ultimi giorni, per andarsene proprio da qui,
portato in volo da una fada dentro la spirale infinita di un´ammonite.
Fonte: srs di Alessandro
Anderloni, da L’Arena di Verona di sabato 20 aprile 2013 PROVINCIA,
pagina 27
SUI MONTI L´ADDIO
AL «TILIO», ANIMA
DELLA LESSINIA
VELO VERONESE. Oggi nella parrocchiale. Al funerale di
Benetti le armonie delle Falìe dirette da Anderloni
Oggi pomeriggio alle 15.30, nella chiesa parrocchiale di
Velo ci sarà l´ultimo saluto ad Attilio Benetti, nella cerimonia funebre
accompagnata dalle voci del coro Le Falìe, dirette da Alessandro Anderloni. Per desiderio della famiglia, dopo la
comunione, la figura del «patriarca della Lessinia» sarà commemorata da una
sola persona, che parlerà a nome di tanti amici e amiche che vorranno
accompagnare il suo ultimo viaggio.
Benetti, «El Tilio» per gli amici, è stata la figura di
riferimento al Museo geopaleontologico di Camposilvano e il personaggio di Velo
più conosciuto nel mondo per la sua attività legata agli studi sui fossili, ma
anche alla vita, alle tradizioni e alla toponomastica della Lessinia. «Sarò al
funerale con la fascia tricolore», assicura il sindaco di Velo Emiliano
Ferrari, «perché la nostra comunità riconosce l´indiscutibile valore
intellettuale di questo suo figlio, che è anche figlio e padre dell´intera
Lessinia, ma nello stesso tempo lo sentiamo vicino nella modestia e nella
semplicità. Non ha mai fatto pesare il suo sapere perché si è sentito e lo
abbiamo sentito come uno di noi».
«È stata una perdita importante per il nostro territorio»,
ammette il presidente della Comunità montana della Lessinia Paolo Garra,
«perché si è fondata su di lui la voglia di aprire orizzonti importanti di
ricerca in Lessinia e credo che continuerà ad essere, con il suo esempio di
studioso autodidatta, propulsore di interesse sulla nostra storia e cultura.
Alle condoglianze alla famiglia da parte di tutto l´ente, unisco anche la
promessa di attivarci per poterlo ricordare degnamente».
«L´ultimo saggio di questa nostra terra», definisce Benetti
Diego Lonardoni, direttore del Parco naturale regionale della Lessinia,
«persona saggia che sapeva sempre che cosa dire, con argomentazioni concrete,
reali e nitide, sempre molto a fuoco nonostante i problemi di salute degli
ultimi anni. Con lui ho avuto un filiale rapporto da allievo a maestro», confessa
Lonardoni, «che mi sarà difficile ripetere con altre figure. Conservo
gelosamente la sua voglia di tornare a casa, a Camposilvano, dove la sua vita è
iniziata e dove voleva si concludesse, come un´ammonite, che resta per sempre,
come pietra, là dov´è vissuta».
«Attilio è un pezzo di cuore della Lessinia», rimarca i
consigliere regionale Stefano Valdegamberi, «che ha fatto appassionare molti a
questa terra, facendo conoscere a noi stessi quanto neppure sapevamo di avere,
grazie alla sua cultura straordinaria, a competenza enorme e profonda
conoscenza».
Ugo Sauro, già docente di Geografia all´università di
Padova, riconosce all´amico Tilio «la forza di aver aperto orizzonti nuovi;
infatti, con il suo impegno nella ricerca ci ha svelato svariati aspetti, prima
pressoché sconosciuti, ha testimoniato che è fondamentale conoscere per amare:
se si conosce si ama, e diventa più facile rispettare e valorizzare ciò che è
patrimonio di tutta la comunità. Ora è nostro compito far conoscere lui e
proporlo alle nuove generazioni come esempio da imitare, che continuerà ad
accompagnarci e a incoraggiarci nel nostro impegno per un futuro migliore».
Fonte: srs di
Vittorio Zambaldo, da L’Arena di Verona, di martedì 23 aprile 2013, PROVINCIA, pagina
23.
Link:
L´ULTIMO SALUTO AL PATRIARCA
«TILIO, CUSTODISCI LA
LESSINIA»
Folla commossa ai funerali del patriarca della Lessinia,
Attilio Benetti (FOTO AMATO)
VELO. Folla commossa e autorità alle esequie di Attilio
Benetti, studioso di fama internazionale e cantore dei miti locali.
Lonardoni: «Il museo dei fossili di Camposilvano venga
intitolato a lui», il canto del coro La Falìa per un uomo semplice e profondo
Il sole accarezzava i prati attorno al monte Purga che
fasciano il piccolo camposanto di Velo, mentre la bara di Attilio Benetti
calava nella fossa e il coro La Falìa dava l´ultimo saluto in canto: «Lessinia
del primo sole, il cielo non ha confini il vento ti canterà».
C´erano tutti gli elementi cantati: il sole, il cielo, i
prati come mare verde e una leggera brezza pungente, ultimo soffio d´inverno a
salutare El Tilio, il patriarca della Lessinia, studioso di fama
internazionale, cantore di miti e leggende della sua terra, accompagnato
nell´ultimo viaggio da una chiesa stracolma di parenti, paesani, amici, dal
sindaco Emiliano Ferrari in fascia tricolore come il vicesindaco di Bosco
Chiesanuova Claudio Melotti e il consigliere Vincenzo Danzi, delegato dal
sindaco di San Pietro di Morubio Giorgio Malaspina, perché il paese della
Bassa, grazie alla consulenza prestata da Benetti per una mostra
geopaleontologica, gli ha conferito lo scorso gennaio la cittadinanza
onoraria.
Sono stati numerosi i riconoscimenti che Benetti ha ricevuto
ancora in vita ma altri continueranno a testimoniare il debito che questa terra
ha nei suoi confronti. Quella piccola raccolta di fossili e ammoniti in
particolare, che erano la sua specializzazione di studioso autodidatta, è
diventata un importante museo geopaleontologico inserito nel sistema museale
del Parco che ora il direttore Diego Lonardoni vorrebbe proporre di
intitolargli, in segno di riconoscenza.
In chiesa il parroco don Giuseppe Campara aveva concelebrato
con l´amico di Attilio don Luigi Adami, parroco a San Zeno di Colognola ai
Colli, mentre otto portatori di grosse torce accese, simbolo pasquale della
risurrezione e della vitalità della comunità, facevano da ali al feretro.
«Sono qui solo da cinque anni», ha ricordato don Giuseppe
nell´omelia, «ma ho avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo entrando nella sua
casa dove notavi il computer acceso, centinaia di ritagli di riviste,
tantissimi libri e il quadro di san Giovanni Calabria a cui era devoto. La sua
capacità di riflettere sul mondo e sulla natura lo ha portato a capire che alla
fine di tutto c´è Qualcuno più grande di noi che sovrintende le cose».
La benedizione della salma di Attilio Benetti
La preghiera dei fedeli è stato un ringraziamento a Dio per
il dono di una personalità così semplice e profonda: da imitare, da seguire per
contemplare le meraviglie del creato. «Tilio, custodisci la Lessinia», è
risuonata alta la supplica durante la preghiera.
Vittorio Castagna, già presidente dell´Accademia di
agricoltura, scienze e lettere di Verona, compagno dei primi anni di scuola, ne
ha tracciato il ritratto di «uomo semplice e spontaneo, alieno all´alterigia,
di fede solida, di profondo senso di giustizia, carità e solidarietà» e Vito
Massalongo, presidente del Curatorium Cimbricum Veronense, ha ricordato come
Benetti abbia insegnato a tutti «l´umiltà e l´essenzialità, il rispetto per la
terra, a essere uomini liberi».
«Uomo di ieri, oggi e domani», lo ha definito lo studioso
Ugo Sauro, annunciando che sarà dedicato a lui il prossimo «Quaderno della
Lessinia», riconoscimento a «un uomo tenace, profondo che ora ci affida il
compito di farlo conoscere ai giovani e al quale chiediamo di aiutarci a
custodire la Lessinia».
Un ricordo intimo è stato quello di Adriana Rezzele, l´amica
che con i familiari lo ha seguito e accompagnato fino agli ultimi giorni: di
lui ha raccontato l´infinito amore per il creato, per quella formichina che gli
camminava sulla manica e che lei avrebbe voluto togliere: «Lasciala, non
toccarla», mi disse, «sono due giorni che sale e scende. Le ho anche messo
qualche cristallo di zucchero. Torna sempre e mi fa compagnia».
Alessandro Anderloni, che ha portato in teatro le sue storie
di fade e orchi, ha parlato di Attilio come «roccia a cui la Lessinia si sente
stretta, e ora non traballa più perché si aggrappa a lui».
«Dio del cielo, Signore delle cime», cantato dal coro La
Falìa assieme a tutti i fedeli e accompagnato all´organo dal suo autore, Bepi
De Marzi, ha spalancato le porte della chiesa: usciva il corpo di un uomo molto
amato il cui spirito da oggi sta con più forza dentro il cuore di tutti.
Fonte: srs di Vittorio Zambaldo , da L’Arena di mercoledì 24
aprile 2013 PROVINCIA, pagina 23.
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