venerdì 12 aprile 2013

FORSE SCOPERTI I RESTI DEL PRIMO IBRIDO NEANDERTHAL-SAPIENS


La ricostruzione di una femmina di Homo neanderthalensis. Fotografia di Joe McNally

Un accenno di mento in una mandibola neandertaliana potrebbe essere la prima prova fisica di incroci tra le due specie avvenuti più di 30 mila anni nelle grotte del veronese.
Un frammento di mandibola scoperto nel Riparo Mezzena di Avesa nel 1957 potrebbe appartenere al primo ibrido Neanderthal-Sapiens mai scoperto finora.


È il risultato di un nuovo studio internazionale pubblicato su Plos One, che ha analizzato un fossile proveniente dai Monti Lessini, in Veneto, scoprendo caratteristiche tipiche della nostra specie nella conformazione del mento dell'esemplare.

Secondo i ricercatori, tra i quali figurano David Caramelli e Martina Lari dell'Università di Firenze, è la prova di un incrocio tra le due specie, avvenuto nel nord della penisola circa 40 mila anni fa.

La mandibola fossile di Riparo Mezzena oggetto dello studio pubblicato su PlosOne.

Per arrivare alla loro conclusione, i ricercatori hanno utilizzato un approccio multidisciplinare e nuove tecniche di indagine innovative, come la morfometria geometrica (un insieme di tecniche che si propongono di analizzare le differenze tra le forme biologiche catturando la geometria complessiva, e non semplici misure, delle strutture biologiche) e lo studio del Dna antico.

La mandibola fu scoperta alla fine degli anni Cinquanta a Riparo Mezzena, una cavità dei Monti Lessini, in associazione con strumenti in selce riferibili alla cultura musteriana, cioè quella prodotta dai Neanderthal, e secondo la datazione al radiocarbonio eseguita qualche anno fa risale a un periodo compreso tra i 35 e i 40 mila anni fa.

Un momento cruciale per la comprensioni dei diversi destini evolutivi delle due specie in quanto coincide, in Europa, alla comparsa dei sapiens e alla scomparsa dei Neanderthal.

Lo studio dei ricercatori si è concentrato sul confronto morfologico della mandibola con altri reperti neandertaliani europei dello stesso periodo e altri appartenenti a Homo sapiens, con il fine di verificare e valutare eventuali somiglianze fisiche.

Il mento, infatti, è una di quelle caratteristiche che ben differenziano le due specie: se nei Neanderthal il mento è quasi assente, nell'uomo anatomicamente moderno si fa invece sempre più marcato. Nel frammento di Riparo Mezzena queste differenze non sono invece così evidenti, visto che è presente un lieve accenno di mento.

"Il mento non è più sfuggente come nei neanderthaliani classici", spiegano i ricercatori, "ma mostra un accenno di protuberanza come negli uomini moderni e lascia supporre l’esistenza di una possibile specie ibrida".

A riprova della tesi ci sarebbe inoltre un altro elemento: anche in altre aree geografiche d’Europa dove le due specie hanno convissuto sono stati trovati neanderthaliani con un inizio di mento osseo.

Comunque, la mandibola di Riparo Mezzena sarebbe quindi una delle prime testimonianze dirette degli incontri sessuali tra gli ultimi neanderthaliani e i primi uomini moderni giunti in Europa.

Le analisi genetiche condotte sul DNA mitocondriale estratto dalla mandibola, hanno dimostrato infatti l’appartenenza del reperto alla specie neanderthaliana, e dato che il DNA mitocondriale si trasmette solo per via materna, di madre in figlio, l’accenno di mento descritto dai ricercatori nel loro studio potrebbe appartenere a un ibrido nato dall’unione di una femmina Neaderthal e di un maschio sapiens.

Fonte:  visto su NATIONAL GEOGRAPHIC ITALIA del  4 aprile 2013



DA VERONA UNA SCOPERTA
 CHE RISCRIVE LA PREISTORIA: PROVATO  L´INCROCIO NEANDHERTALIANI-HOMO SAPIENS

 Laura Longo con un  teschio fossile: per 12 anni ha lavorato al museo di Verona



LA RICERCA. Il risultato sulla rivista Plos One. Il gruppo di scienziati guidato da Laura Longo, 52 anni, nata nella nostra città Parte da Verona la scoperta
che rivoluziona la preistoria
Nel mento di un teschio la prova dell´incrocio fra Neanderthal e Sapiens: il fossile è stato trovato a Riparo Mezzena, sopra Avesa

Un accenno di mento nel fossile di un Neanderthal scoperto in Italia è la prima caratteristica fisica che prova l´incrocio tra Neanderthal e Homo Sapiens. Il risultato, pubblicato sulla rivista Plos One, si deve a un gruppo internazionale coordinato dalla veronese Laura Longo, 52 anni, dei Musei Civici Fiorentini dopo essere stata per 12 anni Conservatore di Preistoria al Museo di Storia naturale di Verona.

Numerosa la partecipazione italiana, con l´archeologo Paolo Giunti, dell´Istituto Italiano di Preistoria e protostoria, David Caramelli e Martina Lari, dell´Università di Firenze, e Silvana Condemi, del Consiglio Nazionale delle Ricerche francese a Marsiglia.
La ricerca, alla quale ha partecipato anche Aurelien Mounier dell´Università di Cambridge, è stata condotta sulla mandibola fossile dell´uomo di Neanderthal di Riparo Mezzena che si trova a Verova, ad Avesa, risalente a un periodo compreso fra 40.000 e 30.000 anni fa.

Riparo Mezzena sopra Avesa: qui è stato trovato l´importante fossile oggetto della scoperta

Con resti rinvenuti nel 1957 e conservati al Museo di Storia naturale. «Analizzando la mandibola di questo fossile di Neanderthal e grazie a un modello al computer abbiamo individuato delle convergenze fisiche con il Sapiens», spiega la Longo, coordinatrice del progetto di ricerca sui “Fossili umani veronesi”. Il carattere fisico in comune si trova nel mento, non più sfuggente come nei Neanderthaliani classici ma che comincia ad accennarsi. La presenza del mento è invece tipica dei Sapiens.
Secondo la Longo gli «incontrì fra Neanderthal e Sapiens non devono essere stati neanche tanto sporadici, ma devono essere avvenuti più volte nel corso di più generazioni se una mutazione così significata come un mento incipiente si è resa evidente a livello morfologico. L´analisi sul Dna che si eredita solo per via materna (Dna mitocondriale) e quella delle caratteristiche fisiche dei resti hanno permesso inoltre di ricostruire che gli incroci sono sempre nati da coppie formate da femmine Neanderthal e maschi Sapiens.


I Neanderthaliani sono una popolazione che ha vissuto come unica specie in Europa per circa 200.000 anni e sono scomparsi gradualmente con l´arrivo dei Sapiens, circa 40.000 anni fa.  La convivenza, probabilmente non proprio felice fra queste due popolazioni, è andata avanti per molto tempo, ma i ricercatori sono divisi sulla possibilità che vi siano stati incroci fra loro.
Per questo, sottolinea ancora la Longo, la ricerca è importante: il fatto che il fossile di Mezzena, geneticamente attribuito all´uomo di Neanderthal, presenti questi caratteri fisici tipici del Sapiens può essere interpretato come esempio di un incontro biologico tra gli ultimi neandertaliani e i nuovi arrivati, i Sapiens, sul territorio europeo.

La prova dell´incrocio fra Neanderthal e Sapiens nell´accenno di mento scoperto in un fossile italiano, per la Longo potrebbe essere «un caso ante litteram di “ratto delle sabine”». Che sia chiaro, sottolinea, «è solo un´interpretazione, che siano stati incontri “consensuali” o forzature non emerge dai dati genetici, ma non è poi così lontano dal vero pensare che si si tratti di un esempio preistorico di stupro etnico perpetrato ai danni delle donne Neanderthal dai Sapiens che avanzavano conquistando i loro territori.
D´altro canto, le analisi del Dna che si eredita per via materna e permettono di conoscere le varie “Eva” che hanno preceduto il fossile, mostrano che gli incroci sono nati da coppie formate da femmine Neanderthal e maschi Sapiens e non viceversa.

Il fossile si sta mostrano una miniera per i ricercatori. Le analisi hanno già mostrato che quest´uomo primitivo aveva i capelli rossi e la pelle chiara. «I nostri musei contengono non solo preziose opere d´arte ma anche altrettanto significativi pezzi di storia dell´umanità» conclude, «Anche “dimenticati e polverosi” fossili umani possono invece essere portatori di importantissime informazioni». Le collezioni museali «sono un valore immenso, non solo patrimoniale». Questo tipo di ricerche, rileva, applicate a collezioni archeologiche dimostrano «che molte risposte alle istanze dell´uomo possono essere cercate e trovate in quello sterminato database conservato nei musei e nei loro depositi».

Fonte:  da L’Arena di Verona  di giovedì 28 marzo 2013 pag.19

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