- La notizia è di qualche settimana fa, dei giorni
precedenti le elezioni del 23 e 24 febbraio, ma non avendo goduto del giusto
risalto nella stampa nazionale, ritengo sia utile riproporla e approfondire il
tema, anche in considerazioni delle implicazioni che determinerà
sul piano del controllo sui bilanci nazionali da parte degli organismi europei,
e quindi sull’ulteriore cessione di sovranità nazionale.
Non deve stupire affatto se, in Italia, la notizia relativa
l’approvazione del TWO PACK non
abbia trovato il giusto risalto, e ciò per un motivo tanto ovvio quanto
inquietante.
In effetti, da lì a poco, si sarebbero celebrate le
elezioni politiche nazionali e, stando al serpeggiare di sentimenti
contrari alle politiche europee, annunciare nel clou della campagna elettorale
l’approvazione del TWO PACK, sarebbe stato elemento di maggiore
destabilizzazione del consenso elettorale, proprio in quei partiti a
connotazione fortemente europeista. Ma questo è il livello
dell’informazione italiana con il quale ci dobbiamo confrontare, e non possiamo
che prenderne atto e trarre le dovute considerazioni.
Ad ogni buon conto, ritornando al tema che ci occupa, avrete
ben compreso che qualche settimana fa è stato trovato l’accordo tra
Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione Europea sull’istituto del TWO
PACK -successivamente approvato dal Parlamento Europeo nei giorni
scorsi- che mira ad introdurre nuove misure sul controllo e sulla
sorveglianza dei bilanci nazionali. In buona sostanza si tratta di un
pacchetto normativo composto da due regolamenti volti a rafforzare il
coordinamento delle politiche fiscali dei paesi dell’Eurozona. Invero, il primo
recepisce misure speciali per il monitoraggio e la valutazione delle
politiche economiche degli Stati alle prese con deficit eccessivi. Mentre il
secondo tende a fissare i criteri d’intervento verso quegli Stati in difficoltà
finanziaria.
In particolare, queste nuove misure, obbligheranno
i singoli governi nazionali a presentare alla Commissione Europea, entro il 15
ottobre di ciascun anno e prima dell’approvazione da parte dei singoli
parlamenti nazionali, le rispettive manovre di finanza pubblica al fine di
consentire di verificare il rispetto degli impegni presi con le autorità
europee nei primi sei mesi dell’anno (il così detto semestre europeo). In caso
di mancato o carente rispetto degli accordi sottoscritti, la commissione europea
potrà chiederne la modifica, seppur in assenza di diritto di veto. Nel
caso in cui il paese dovesse disattendere le raccomandazioni, oltre a subire
azioni legali, potrà incorrere in procedure per deficit eccessivo e nel
caso anche in sanzioni economiche.
Inoltre, sempre la Commissione Europea (organo
autoreferenziale privo di qualsiasi investitura democratica) potrà
mettere sotto stretta sorveglianza i Paesi “minacciati da difficoltà
finanziarie”, obbligando governi a colmare e redimere le cause strutturali,
sottoponendo il proprio operato a controlli trimestrali stringenti da parte di
una taskforce dedicata. E qui, la mente tende subito ad evocare
quanto è accaduto in Grecia in questi 3 anni, ma non solo.
Riassumendo, potremmo agevolmente affermare che il
Two Pack costituisce un'ulteriore cessione di pezzi di sovranità nazionale
verso strutture non elette ed autoreferenziali, in assenza di qualsiasi
criterio solidaristico, di mutualità e senza alcuna contropartita.
Il TWO PACK,
insieme al FISCAL COMPACT e al MES approvati appena un anno fa e al
trattato di Lisbona, costituiscono (al momento) i principali
strumenti di compressione della sovranità dei singoli stati, in nome
della realizzazione di procedure di convergenze di politiche fiscali ed economiche
dei paesi dell’Eurozona, secondo gli eurocrati, propedeutiche a colmare le
divergenze strutturali delle varie economie europee.
Il FISCAL COMPACT,
ad esempio, impone agli Stati appartenenti all’Eurozona il raggiungimento del
c.d. pareggio di bilancio, connotando tale pareggio non oltre un
disavanzo strutturale del -0,5%, depurato dagli effetti determinati di
eventuali recessioni. Inoltre, il F.C., impone agli stati la riduzione
dell’indebitamento di almeno 1/20 all’anno, per la parte eccedente il 60% del
rapporto debito/pil, fino a convergere al livello previsto dal trattato di
Maastricht, individuato, appunto, al 60%.
Tanto per offrirvi una banale idea dell’impatto che il
Fiscal Compact potrebbe avere sulla nostra economia già alle prese con una profonda
recessione, posto che il PIL è di circa 1500 miliardi di euro, se ne deduce che
il limite massimo di indebitamento consentito dal trattato di Maastricht, allo
stato attuale, sia di 900 miliardi (il 60% di 1500), e che l’Italia, avrebbe un
eccesso di indebitamente di oltre 1100 miliardi da sanare entro i prossimi 20
anni. Quindi, circa 50 miliardi all’anno, in assenza di una
crescita significativa del Pil tale da avvicinare il rapporto debito Pil al 60%
indicato nei trattati. Come, vi chiederete? O aumentando il proprio
PIL tale da ridurre il rapporto debito/Pil che tenderebbe a convergere verso
quel 60% indicato, oppure ridurre l’indebitamento, ossia rimborsando il debito
pubblico.
Arrivando al MES,
meglio noto come fondo salva stati, altro non è che uno strumento
attraverso il quale gli stati in difficoltà possono richiedere aiuti
finanziari, cedendo, in cambio, sovranità nazionale ad organismi del tutto
estranei a qualsiasi investitura democratica.
In un contesto come quello appena enunciato accade che i
governi alle prese con la necessità di finanziare i debiti pubblici e al
contempo ridurli entro parametri stabiliti dai trattati, in assenza di crescita
economica che appare del tutto irrealizzabile negli obiettivi prefissati, dovranno
verosimilmente invocare gli interventi di sostegno del fondo salva stati,
cedendo sovranità nazionale ad un gruppo di oligarchi al soldo dei banchieri di
mezzo mondo.
Fonte: srs di Paolo
Cardenà, visto su Vincitori e Vinti di Lunedì 15 aprile 2013
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