In margine alla visita del Papa alle grotte di San Pietro
per pregare sulla tomba che conterrebbe le ossa dell'apostolo è rispuntata
fuori la millenaria fandonia di Nerone «primo persecutore dei cristiani».
Nerone non perseguitò mai i cristiani in quanto tali, per la loro fede. In
materia religiosa era, nel solco della migliore tradizione romana, estremamente
tollerante. La questione è un'altra.
Tutto nasce dal devastante incendio che nella notte fra il
18 e il 19 luglio del 64 colpi' Roma e vi infurio' per alcuni giorni. Non era
certo il primo. Ce ne erano stati nel 6, nel 27, nel 36, nel 54. Ma quello del
64 fu il più disastroso. La Roma di allora era stretta fra vicoli tortuosi,
dove il popolino faceva un uso disinvolto e spesso irresponsabile di bracieri,
di fornelli, di torce fra catapecchie di legno che aspettavano solo di prender
fuoco (e Nerone ricostruirà Roma in pietra ignifuga).
L'incendio fu casuale. Che Nerone ne sia stato l'autore
nessuno storico serio, nè antico nè, tantomeno, moderno l'ha mai sostenuto.
Saranno il pettegoliere Svetonio, sett'anni dopo i fatti, e Dione Cassio un
secolo dopo Svetonio a costruire l'immagine di un imperatore che «dall'alto del
Palatino», munito di cetra osserva la distruzione della capitale per ispirare
la sua musa. Ma Nerone sul Palatino non ci poteva essere per la semplice
ragione che era in fiamme.
Quella notte Nerone si trovava ad Anzio e, a cavallo, si
precipito' a Roma per dirigere le operazioni dei soccorsi con una serie di
misure degne, seguendo il racconto di Tacito che pur gli era ostilissimo, di
una moderna protezione civile.
L'incendio fu casuale. Ma non è escluso che, alcune frange
di estremisti cristiani, che vedevano la Roma baccante di Nerone come una nuova
Sodoma e ne sognavano la distruzione, ci abbiano messo una manina per
alimentarlo (lo stesso Paolo, nella 'Lettera ai romani' si mostra preoccupato
per l'estremismo di alcuni suoi compagni di fede).
In ogni caso la comunità cristiana ebbe l'imprudenza di
manifestare la propria gioia per quella immane catastrofe. Per questo gli
uomini di Tigellino diressero la loro attenzione verso quelle parti.
Alcuni confessarono prima ancora di essere arrestati: per la
gloria del martirio, come i moderni terroristi islamici, anche se probabilmente
non avevano fatto niente. In tutto ne furono arrestati 300.
Alcuni vennero assolti, altri condannati a pene minori, 200
a morte.
I processi furono accurati, durarono due mesi, tanti per la
veloce e pragmatica giustizia romana. le pene terribili: arsi vivi, crocefissi,
dati in pasto ai cani. Tutto si svolse secondo le leggi e i costumi dell'epoca.
Niente di più. Ma anche niente di meno. In quella occasione Nerone, «per quanto
forte fosse la sua avversione per le pene capitali» (Grant) uso' il massimo
rigore.
Ma se le autorità romane credevano, a torto o a ragione, che
frange di estremisti cristiani fossero responsabili di un atto terroristico
cosi' grave, di fronte al quale quello dell'11 settembre impallidisce, la
reazione non fu sproporzionata: 200 esecuzioni su una comunità che contava 3000
persone e che, in quanto tale, non fu toccata.
Lo stesso Paolo, il leader dei cristiani a Roma, potè
continuare la sua predicazione e nessuna conseguenza ci fu per i cristiani
delle province. E in seguito, durante il principato di Nerone, non fu varata
nessuna legge che proibisse ai cristiani di professare la propria fede.
Le persecuzioni cominciarono dopo con Domiziano (81-96), e
proseguirono con Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio, Settimio Severo,
Massimino, per assumere, con Diocleziano, le forme del genocidio.
Ma con tutto questo Lucio Domizio Enobarbo, alias Nerone,
non c'entra nulla.
Massimo Fini
Fonte: srs di Massimo Fini, da Massimo Fini.it del 5 aprile 2013
Link: http://www.massimofini.it/articoli/nerone-e-i-cristiani-la-millenaria-frottola-della-persecuzione
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