di GILBERTO ONETO
Garibaldi resta la più intoccabile delle icone sacre
dell’italianità: resiste a ogni ricerca storiografica, a ogni rivisitazione
o analisi – come si dice oggi – revisionista.
La sua posizione resta solida per la resistenza della
vulgata “ufficiale” (favorita dalla scarsa diffusione di cultura storica che
per la stragrande maggioranza dei cittadini si limita a quella acriticamente
assorbita sui banchi di scuola), per il relativo splendore del personaggio
rispetto alle meschine angustie di tutti gli altri padri, zii e cugini della
Patria, ma soprattutto per la sua versatilità ideologica.
L’immagine di Garibaldi è andata bene per massoni e
anticlericali (ed è facile capirne le ragioni) ma anche per socialisti e
comunisti (che nel 1948 ne hanno usato l’effige come simbolo elettorale),
fascisti e nazionalisti, e qualche volta (e questo risulta davvero difficile da
capire) addirittura per certi cattolici di stomaco buono.
In realtà chi ne può davvero vantare la coerente eredità
ideologica (anche se non c’era nulla di coerente e neppure di troppo
ideologico nel confuso pensiero dell’Eroe dei Due Mondi) è la destra
nazionalista. Sono negli ultimi tempi
stati editi alcuni studi che tracciano con chiarezza il solido legame di idee e
comportamenti che c’è fra Garibaldi e il fascismo (appena mediato dal
“crispismo”, che era cresciuto per contatto personale fra Crispi e il
Generale) ma è un bel libro di Marcello
Caroti che più di altri scandaglia le profondità culturali (si fa per dire)
in cui si è sviluppato il legame fra camice rosse e camice nere, fra
l’autoritarismo dittatoriale teorizzato da Garibaldi e il sistema politico
realizzato da Mussolini.
Con buona pace di una volonterosa parte della sinistra
che ha cercato di “recuperare” Garibaldi fra le sue fila (le varie “Brigate
Garibaldi” di Spagna e della Guerra Civile, i fazzoletti rossi e il “Fronte
Popolare” di cui si è detto), sono i fascisti e i nazionalisti più duri che ne
hanno proseguito insegnamenti e seguito gli esempi.
Garibaldi ha sempre proclamato la necessità della “guerra
giusta”, della “violenza patriottica”, Garibaldi ha cercato di costruire un
esercito popolare parallelo e il solo che ci sia riuscito è il fascismo con la
MVSN, le Camice Nere insomma.
Garibaldi teorizzava la “Nazione in armi”, che solo
Mussolini ha cercato di costruire sia pur con le buffonate delle “otto milioni
di baionette” e degli esercizi miliari obbligatori dei “sabati fascisti”.
I “legionari di Fiume” e i “marciatori su Roma” sono figli
di Garibaldi.
L’idea di sostituire la rappresentanza parlamentare eletta
con un dittatore probo e patriottico, il Duce l’ha imparata direttamente dagli
scritti del Generale.
Il disprezzo per le istituzioni parlamentari (“ludi
cartacei” e “aula sorda e grigia”) i fascisti l’hanno succhiato dal latte
tricolore delle mammelle garibaldine.
E anche certo genere un po’ naif di antipolitica odierna
deriva dalle elucubrazioni dell’ultimo Garibaldi.
Insomma che il fascismo si stato il vero artefice della
missione risorgimentale è un fatto che trova molti solidi riscontri,
puntualmente raccolti in questo lavoro.
Il volume Garibaldi il primo fascista è piacevole
da leggere, pieno di spunti e riflessioni interessanti, è ben documentato:
è insomma un raro gioiello da non lasciarsi scappare. È naturalmente difficile
da trovare (per fortuna c’è Internet) e non sarà certo recensito da alcun
quotidianone: è il sicuro certificato di garanzia della sua qualità. Un
altro bel segno è costituito dall’autore che non fa lo storico di mestiere ma
per profonda passione, che non prende stipendi per insegnare panzane
“politicamente corrette” ma che ci mette del suo per rovistare fra la
spazzatura della storia risorgimentale e tirare fuori utili verità. Sono
queste persone che danno la voglia di continuare e che lasciano sperare che –
nonostante tutto – le cortine fumogene tricolori non prevarranno.
AUTORE: Marcello Caroti; TITOLO: Garibaldi il primo
fascista-Le radici del Fascismo nel Risorgimento italiano; EDITORE:
youcanprint.it, 2012; PAGINE: 186; PREZZO: 11,90 Euro
Fonte: srs di Gilberto Oneto, visto su L’Indipendenza del 1 maggio 2013
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