Anche se il danno è fatto e certi Paesi arabi sono
devastati, non è mai troppo tardi capire come la stupidità e l’arroganza dei
tunisini siano state sfruttati per destabilizzare la Tunisia e distruggere
altri tre Paesi arabi. Se il rapporto degli Stati Uniti non ci dice nulla di
nuovo, dato che siamo stati i primi a denunciare l’impostura della “primavera
araba”, è possibile sfidare gli idioti che continuano a celebrare la
“rivoluzione” e accusare i cyber-collaborazionisti e i mercenari che hanno
sulla coscienza la morte di migliaia di tunisini, libici, egiziani, yemeniti e
siriani.
Un documento rilasciato da un think tank statunitense rivela
che la “primavera araba” è ben lungi dall’essere un movimento spontaneo di
persone desiderose di un cambiamento politico, ma piuttosto una deliberata e
orchestrata riconfigurazione da parte dell’amministrazione statunitense.
L’organizzazione Middle
East Briefing (MEB), basandosi su un rapporto ufficiale del
dipartimento di Stato statunitense conferma il coinvolgimento della Casa Bianca
nelle “rivoluzioni” che hanno scosso molti Paesi del Medio Oriente e Nord
Africa.
Il documento del 22 ottobre 2010 intitolato “Middle East Partnership Initiative:
Panoramica“, è riservato ma MEB ha potuto visionarlo tramite il Freedom
of Information Act.
La terra dello Zio Sam ha ideato nei suoi uffici le tante
strategie per sconfiggere i regimi nei Paesi mirati, basandosi sulla “società civile”controllata tramite il
lavoro profondo delle organizzazioni non governativa (ONG).
L’approccio statunitense è manipolare le ONG allineandole
alla sua politica estera e ai suoi obiettivi riguardo la sicurezza interna,
osserva MEB. “Il Middle East Partnership Initiative (MEPI) è un programma
regionale che rafforza i cittadini del Medio Oriente e Nord Africa sviluppando
società pluraliste, partecipative e prospere. Come dimostrato dai dati forniti
in tale valutazione, il MEPI fu avviato nel 2002 per divenire uno strumento
flessibile regionale per trarre un sostegno diretto dalle società civili
indigene alla diplomazia del governo degli Stati Uniti nella regione“, si
può leggere nella relazione del dipartimento di Stato che usa e abusa del linguaggio
diplomatico per mascherare la natura egemonica di tale iniziativa. Nella
sezione intitolata “Come funziona il MEPI” viene chiaramente spiegato
come i principali obiettivi del MEPI siano “costruire reti di riformatori
che condividano conoscenze e si aiutino a vicenda, catalizzando il cambio
nella regione“.
La sovversione finanziata dalle ambasciate statunitensi
L’amministrazione Obama non lesina sui mezzi della sua
ingerenza negli affari interni dei Paesi mirati.
Le sovvenzioni locali “forniscono un sostegno diretto ai
gruppi indigeni che ora rappresentano più della metà dei progetti del MEPI“,
osserva il rapporto. “Agenti designati dalle ambasciate statunitensi
gestiscono finanziamenti e collegamenti con vari ONG e gruppi della società
civile” beneficianti di tali sovvenzioni. “I progetti specifici nei
Paesi sono volti a soddisfare le esigenze di sviluppo locale, individuate dalle
ambasciate, dai riformatori locali e dalla nostra analisi sul campo. Gli
sviluppi politici in un Paese possono portare a nuove opportunità e nuove sfide
nel raggiungimento degli obiettivi politici del governo degli Stati Uniti, e il
MEPI trasferirà i fondi per soddisfare tali esigenze“, dice ancora.
Va da sé che i promotori di tale programma sabotano le
istituzioni e i governi locali. Viene infatti indicato che il MEPI ha
interlocutori solo tra gli attori della società civile attraverso le ONG
interessate negli Stati Uniti e nella regione. “Il MEPI non finanzia governi
stranieri e non negozia contratti di assistenza bilaterale“, dice il
rapporto.
Secondo il MEB, il documento stabilisce un elenco di Paesi
prioritari da colpire secondo gli obiettivi della dirigenza statunitense. Sono
Yemen, Arabia Saudita, Tunisia, Egitto e Bahrayn. Libia e Siria furono aggiunti
un anno dopo la redazione della relazione del dipartimento di Stato.
Sull’Egitto si apprende che il governo degli Stati Uniti
contattò i Fratelli musulmani considerati compatibili con la politica estera
del governo statunitense. L’amministrazione Obama prevede anche un “servizio
post-vendita” di tali “rivoluzioni” volte a ridisegnare il “Grande Medio
Oriente” secondo la visione statunitense.
L’ufficio del coordinatore speciale della transizione in
Medio Oriente fu fondato nel settembre 2011. William B. Taylor ne fu nominato a
capo. Il diplomatico sapeva di rivoluzioni dato che fu l’ambasciatore degli
Stati Uniti in Ucraina durante la “rivoluzione arancione” del 2006-2009.
Secondo il rapporto del dipartimento di Stato, l’Ufficio del coordinatore
speciale della transizione nel Medio Oriente coordina l’assistenza del governo
degli Stati Uniti presso le “democrazie emergenti” in Medio Oriente e Nord
Africa, tra cui Egitto, Tunisia e Libia.
Documento del Middle East Briefing (MEB) “U.S. State Dept. Document Confirms
Regime Change Agenda in Middle East”
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Fonte: visto su Arianna Editrice del 17 giugno 2014
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