Innocenzo VIII. Cybo
Innocenzo VIII. Genovese
per nascita. Romano in morte. 213esimo Papa della Chiesa cattolica.
Figlio di un patrizio e senatore. Venuto alla luce mentre la
Superba pativa il primo governo straniero, quello dei Visconti milanesi che
reggeranno la città finché lui, Giovanni Battista Cybo, non avrà raggiunto i
quattro anni di età. Per questo il padre decide che la sua istruzione avverrà
altrove. Presso la corte napoletana, anzitutto, poi a Padova ed a Roma, infine.
Giovanni Battista è svelto, e sa farsi tanti amici. Amici che contano, però.
Tanto che presto trova il modo di incanalare questa sua naturale propensione
nell’alveo della chiamata cui non ha saputo sottrarsi, quella del Signore. Sul
trono di Pietro siede un veneziano nipote di un papa che, a sua volta, era
nipote di un altro patriarca della Chiesa latina. Pietro Barbo, si chiama. Ma i
devoti d’Occidente lo chiamano in un altro modo. Paolo II. Appartenente ad una
famiglia di mercanti fatti e finiti, una volta eletto Papa lo zio si avvia alla
carriera ecclesiastica. Ed anche lui è veloce nel bruciare le tappe. Paolo II
riconosce lo stesso estro in quel genovese cresciuto un po’ ovunque.
Così gli concede il vescovato di Savona, un incarico
prestigioso che gli spalanca le porte verso la nomina a cardinale. Ruolo,
quest’ultimo, che ricoprirà finché, in quel di Molfetta, non verrà raggiunto
dalla notizia del decesso di Sisto IV, il Della Rovere che ha sostituito il suo
mentore Paolo II a Roma.
Morto un Papa, tuttavia, se ne fa sempre un altro. Così, al
dolore per la scomparsa di Sisto si sostituisce presto l’ansia per il capitolo
nuovo di storia che la sua improvvisa nomina a Sommo Pontefice gli chiede di
scrivere. E’ il 29 agosto 1484. Giovanni Battista ha cinquantadue anni e la sua
vita cambia di colpo. Da allora sarà Innocenzo VIII. Fino alla fine dei suoi
giorni. Difensore della cristianità. Zelante ispiratore di crociate. Ed al
contempo primo Papa a stringere rapporti con il nemico ottomano, con il sultano
Bāyazīd II che favorisce, complici un tributo di 40mila ducati all’anno ed un
frammento della lancia di Longino, arrivando a detenere in confino forzato
presso il Vaticano il di lui fuggitivo fratello Jem.
Severo avversatore di eretici e streghe sul suolo tedesco,
elabora principi di fede militante che faranno parte integrante del preambolo
storico del Malleus Maleficarum, il martello delle streghe che con tanto
fragore si abbatterà sugli eretici facendone scempio all’alba del XVI secolo.
Fedele al suo essere al centro della pubblica scena,
Innocenzo ha a che vedere con tutto ciò che accade ai suoi tempi. Nel bene e,
soprattutto, nel male. E’ responsabile della nomina del primo grande inquisitore
di Spagna, Tomàs del Torquemada e detrattore delle proposizioni eretiche di
Pico della Mirandola – che finiscono divorate dalle fiamme del pubblico rogo.
Indice la crociata
anti-valdese e promette plenaria indulgenza a tutti gli sciagurati partecipanti.
Conia l’epiteto solenne di “Maestà Cattolica” e lo attribuisce in saecula
saeculorum ai sovrani di Spagna, che cancellano la presenza mora in Granada
nel gennaio del 1492.
I giorni del suo effimero pontificato passano in fretta.
Ormai Innocenzo ha sessanta anni. Consumando avidamente le sue ore ha finito
per vivere un’esistenza straordinaria. Una vita di potere, soprattutto. Non
vedrà l’agosto 1492. Muore lasciandosi alle spalle la lunga scia dei passi con
i quali ha solcato la storia. E tanti figli.
“Octo Nocens pueros genuit, totidemque puellas; hunc
merito poterit dicere Roma patrem.”
Recita il muto Pasquino in sua morte. Innocenzo ha generato
otto maschi ed altrettante femmine; così, a buon diritto Roma potrà chiamarlo
padre. Un genitore, per di più, tanto sfacciato quanto palese è il nepotismo
che propugna nei confronti di quelle creature, frutti di un amore assai poco
spirituale e ben più carnale del dovuto. Il più tristemente famoso è Francesco.
O, come lo definisce una certa cronaca, Franceschetto Cybo.
Futuro marito di Maddalena de' Medici, figlia di Lorenzo il Magnifico e sorella
del Leone X passato alla storia come Pontefice Mediceo.
Francesco incarna
alla perfezione il modello d’uomo espresso dal più potente genitore. E’
talmente vulcanico ed abile che tante delle imprese di Innocenzo VIII portano
anche la sua di firma. Insieme al padre crea una banca di grazie
temporali, che esige pagamenti salati e sonanti per elargire impunità per qualunque
tipo di crimine. Assassinio compreso. Il perdono supremo costa almeno 150
ducati, la somma che la Camera papale intasca senza battere ciglio. Tutto ciò
che superchia finisce nelle casse di Franceschetto. Al Papa piace tanto questo
gioco perverso che finisce per dimenticarsi dell’ordine pubblico che dovrebbe
amministrare. Così Roma diventa un covo di briganti impuniti, che sperperano la
vita in faide immorali mentre il controllo dell’autorità rovina fragorosamente
al suolo. l suo successore faticherà non poco a riprendere il controllo della
città. Ma si tratterà di un Borgia, erede ed esponente di una famiglia cui
nessuna porta è davvero preclusa.
Pochi giorni prima del trapasso, è un Pontefice stremato
quello che si rivolge al Moro signore di Milano, Lodovico, affinché questi gli
agevoli le attenzioni del suo archiatra di corte. Il protomedico ed astrologo
si chiama Ambrogio Varese da Rosate. Esamina Sua Santità, lo soppesa, lo
scruta. Il suo verdetto è fosco, la morte è vicina. Puntualmente, la fine di
quell’uomo di potere, scandalosamente padre ed al contempo figlio di una stirpe
orientale cresciuta al sole di Rodi, isola di cavalieri eredi dei beni –
spirituali e non solo – templari, arriva un 25 di luglio.
Appena una settimana più tardi, dal porto di Palos de la
Frontera, un altro genovese solcherà il Mare Oceano verso l’avventura. E verso
un Mondo nuovo. Il lasso di tempo è talmente poco che il navigatore prende il
largo senza sapere che il Papa non c’è più. A dire la verità, Cristoforo
Colombo non ha nemmeno idea che il Pontefice sia malato. In effetti, si tratta
di una possibilità che nessuno tiene nel dovuto conto.
L’unico che la dà praticamente per scontata è un valenciano
dal nome quasi impronunciabile. Roderic Llançol de Borja. Rodrigo Borgia.
Signore degli inganni. Massimo esperto della sua epoca di cantarella –
veleno ed afrodisiaco preparato con la bava di maiale affetto da rabbia appeso
a testa in giù e battuto a morte. Successore di Innocenzo col nome di
Alessandro VI.
Muore, dunque, Innocenzo, in modo repentino ed imprevisto ai
più. Il suo trapasso genera un vuoto di potere nel quale si insinua proprio
quel Borgia durante il regno del quale Colombo diverrà Ammiraglio Supremo del
Nuovo Mondo.
l genovese soffrirà non poco quella perdita. Perché
Innocenzo ha i suoi medesimi natali, certo. Origini tanto affini che da più
parti si suggerirà che quella sintonia travalichi i semplici confini di un
sodalizio ideale per accedere al legame terreno. Un vincolo di sangue, per
l’esattezza, che legherebbe il grande navigatore alla famiglia Cybo in qualità
di nipote – ma alcuni lo vorrebbero addirittura figlio – di Innocenzo e di una
nobildonna romana, Anna Colonna.
Sembrerebbe una teoria campata in aria. Eppure, se
confermata potrebbe spiegare alcune singolarità che costellano la vita
dell’Ammiraglio delle Indie Occidentali passato alla storia come prodigioso
figlio di un umile tessitore di lana, Domenico Colombo, avviato agli studi
presso uno Studium Ticinese fin troppo esclusivo per ammettere figli del
volgo tra le sue mura.
Il dato farebbe tra l’altro il paio con le nozze di Colombo,
che impalmò una nobildonna del calibro di Filippa Munoz Perestrello sebbene
altro non fosse che un povero uomo di mare.
Sembra che nel 1446, durante il soggiorno partenopeo del
futuro pontefice, l’allora quattordicenne Giovanni Battista Cybo avesse dato
prova della sua precoce ars amatoria facendosi irretire dalla più matura
patrizia romana che, consumato l’amplesso galeotto tra le mura del Maschio
Angioino, avrebbe riparato in terra emiliana per terminare la gravidanza
sospetta e subito affidare il neonato alla coppia genovese.
Tomba di papa Innocenzo VIII
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Columbus nepos
e Columbus primus sta
scritto in più passi della Geografia tolemaica datata 1508. Si tratta di
diciture identiche a quelle impiegate altrove per etichettare la più o meno
riconosciuta progenie papale.
Se poi si guarda al ritratto del navigatore attribuito al sapiente pennello del Ghirlandaio, non si può evitare di notare la curiosa rassomiglianza con un’altra opera, stavolta firmata dal Pollaiolo e realizzata nel 1497. Il monumento funebre di Papa Innocenzo VIII presso la Basilica di San Pietro.
Se poi si guarda al ritratto del navigatore attribuito al sapiente pennello del Ghirlandaio, non si può evitare di notare la curiosa rassomiglianza con un’altra opera, stavolta firmata dal Pollaiolo e realizzata nel 1497. Il monumento funebre di Papa Innocenzo VIII presso la Basilica di San Pietro.
Visto sotto questa luce, Cristoforo Colombo diviene, se
possibile, ancor più di quello che già rappresenta. Non certo un semplice
marinaio, ma un intellettuale. Uno scienziato, perfino. Tanto versato nelle
arti del quadrivio che aritmetica e geometria, astronomia e musica non sembrano
avere per lui riserva alcuna. Il personaggio giusto, insomma, per l’impresa di
spalancare le porte e le coscienze all’ingresso di un Mondo Nuovo. Illuminato
quanto Innocenzo, il suo presunto (Santo) Padre e, dicono alcuni, finanziatore
massimo dell’impresa americana. Un semplice caso? E se considerassimo l’esistenza
di un’acquaforte in cui è riprodotto il patrizio genovese Arano (o Aronne)
Cybo, padre di Innocenzo, che possiede una straordinaria somiglianza con il più
noto dei navigatori?
Innocenzo è un Papa, dunque cristiano, cattolico e romano.
Ma a dispetto di questo suo status esclusivo ha storicamente mostrato singolari
aperture nei confronti dei musulmani e degli ebrei. La motivazione va forse
ricercata proprio nel padre, Arano. Un nome ebraico.
Giovanni Battista Cybo, per di più, è nipote di una donna
che si chiama Sarracina Marocelli. Altro nome, stavolta di derivazione
musulmana. Tutto sembra insomma indicare che nella singolare, discussa ad
anticonvenzionale figura di questo Papa si concentri un crogiuolo di etnie,
razze e credenze tale da farne un simbolo. Forse, quello di una nuova éra, di
una rivoluzione del pensiero affacciatasi – tuttavia - troppo presto sulla
pubblica ribalta, e dunque altrettanto presto contenuta ed annientata dal
vecchio che avanza, dagli intrighi dei Borgia.
Una conciliazione alchemica degli opposti che perdurerà
tuttavia nel sangue dei Cybo, forse rimasto intonso nelle vene di
quell’Ammiraglio che ebbe in sorte di scoprire i semi di una nuova epoca.
Cristoforo Colombo che si firma con un criptogramma a forma
di triangolo, mistero buffo mai sviscerato in cinque secoli di storia. Al
centro, una X, una M ed una Y maiuscole. Forse, le iniziali di Cristo, Maometto
e Jahweh. Una simbologia che fa rima con il testamento spirituale del
navigatore, che sorprendentemente sta tutto in una frase. Lo Spirito Santo è
presente in cristiani, musulmani ed ebrei. Più Cybo di così…
Fonte: srs di Simone Petrelli da Sguardo
Sul Medioevo del 23 aprile 2013
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