Vi siete mai chiesti perché dovete accendere i fari dell’automobile anche di giorno, quando magari c’è un sole accecante e non ce n’è assolutamente bisogno?
Per motivi di sicurezza?
Quali, se col sole non servono?
Per “uniformarci” agli altri paesi europei (altra favola in
circolazione)?
Beh, in Germania, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Spagna,
Svizzera e Belgio non vige questo obbligo assurdo, che, al massimo, può avere
(ed ha) un senso in inverno nei paesi scandinavi dell’estremo nord. Nei quali è
vero che si registrano in media meno incidenti che da noi, ma perché guidano in
maniera più disciplinata, non perché hanno le luci accese.
E allora perché io, italiano, devo accendere i fari della
mia auto anche se ciò non fa alcuna differenza né per la mia sicurezza, né per
quella degli altri?
Se ci sono pioggia battente, nebbia o condizioni di
visibilità ridotta va bene, ma col sole…
Il famoso consiglio “luci accese anche di giorno, casco ben
allacciato e prudenza, sempre” ha decisamente senso per un motociclista, che
generalmente sa che il principale pericolo che corre sulle strade è quello di
non essere “visto” (o spesso, non considerato) dagli altri mezzi in
circolazione.
Ma un’auto, o meglio ancora un autocarro, perché mai
dovrebbe tenere questi benedetti fari accesi in condizioni di totale
visibilità?
Qui c’è ancora una volta aria di presa in giro e, per la
risposta, tiriamo fuori un paio di cifre tratte da “Un futuro senza luce?”.
Nel libro sono descritti semplicemente i vari passaggi che
permettono di calcolare (approssimando tutto per difetto) che con i fari accesi
anche di giorno, il consumo annuo di carburante in più è di 41 litri per ogni
veicolo (con un incremento percentuale che oscilla fra il 2,7 e il 4,1).
Ciò è dovuto in sostanza all’aumento dell’energia necessaria
all’alternatore per permettere alle luci di funzionare nelle ore diurne.
Se si considera che gli automezzi in circolazione a fine
2002 (immaginiamo quindi oggi) erano circa 37,5 milioni (e trattando qui gli
autocarri alla stregua di automobili, anche se i primi sono ovviamente più
pesanti, hanno distanze medie di percorrenza ben più lunghe e molte più luci di
posizione da accendere), l’incremento complessivo dei consumi oscilla intorno a
1 miliardo e 500 milioni di litri di carburante. Ciò comporta anche un aumento
delle emissioni di diossido di carbonio di circa tre milioni di tonnellate.
Ma perché tutto ciò?
Perché se, sempre approssimando per difetto, si calcola
quanto le tasse incidano su questi enormi consumi di carburante in più, salta
fuori che l’erario con questa astuta mossa ha incrementato annualmente i suoi
incassi di circa 1 miliardo di euro.
Che dire, quindi?
Che non stupisce se i governi che si sono avvicendati negli
ultimi anni non hanno abrogato questo non-senso. E che se l’ambiente piange il
governo ride, alla faccia dei protocolli di Kyoto e, soprattutto, della nostra
salute e delle nostre tasche. Ma se la si deve dire tutta, fa anche ridere
vedere come gli italiani siano diventati all’improvviso così rispettosi delle
regole, tutti ben disciplinati con le loro belle luci accese. Peccato se in
molti, moltissimi casi, questi stessi timorosi delle multe viaggino sempre e
comunque a velocità ben superiori ai limiti consentiti.
Sarà perché, a differenza del faro, la velocità “non si
vede”?
O forse le luci accese servono a farsi notare meglio quando
anche a basse velocità si occupa la corsia centrale in autostrada, invece di
quella più libera a destra (motivo per il quale si dovrebbero giustamente
perdere quattro punti della patente, ma che non “spaventa” come i fari spenti)?
Forse faremmo meglio a spegnere i “riflettori” e far calare
il sipario su questa farsa, se non altro per i prezzi raggiunti dai carburanti,
e per i costi ed i rischi associati all’estrazione di petrolio. Quelli che la
BP e decine di altri incidenti ultimamente ci hanno ricordato.
Fonte: srs di Maurizio
Pallante e Andrea Bertaglio da Il Fatto del 11 agosto 2010
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