Il Bigio in Piazza Vittoria a Brescia
PUO UNA STATUA METTERE PAURA ALLA LEONESSA D'ITALIA
A raccontare la storia del Bigio, scultura in marmo di Carrara nata dal genio di Arturo Dazzi nel 1932 e posizionata in
Piazza della Vittoria a Brescia, si direbbe proprio di sì.
Il colosso, che venne elogiato da Benito
Mussolini come raffigurazione dell’Era fascista (nome che divenne poi quello
ufficiale dell’opera), riposa in un magazzino comunale, abbandonato
dall’amministrazione di centrosinistra insediatasi lo scorso anno. Del resto il
Bigio non è nuovo alle contestazioni: nell’immediato dopoguerra fu oggetto di
numerosi assalti antifascisti, fino alla deposizione del 1945.
Dopo quasi settant’anni di oblio e proposte sul
suo recupero, nel 2013 la giunta guidata dall’allora sindaco Pdl, l’onorevole
Adriano Paroli, aveva dato il via al restauro del colosso in vista di un
ricollocamento collegato all’apertura della fermata “Vittoria” della metropolitana
di Brescia. Ma il Bigio non aveva fatto i conti con il Pd e i suoi alleati
“partigiani”. Così, subito dopo aver vinto in Comune, Emilio Del Bono (Pd, già
ultimo segretario bresciano della storia della Dc) ha bloccato subito il
progetto.
«Una statua non è, non può essere e non può
diventare il problema della città - aveva sottolineato il sindaco Del Bono
rispondendo alla polemica riaccesa dopo le critiche del vicesindaco Laura
Castelletti “inorridita” dall’idea di un bando di gara internazionale per
sostituire il Bigio con un altra opera -. Collocare la statua del Dazzi su quel
piedistallo sarebbe motivo di divisione. E io voglio una città unita, non
divisa. Questo lo dico anche a tutela dello stesso manufatto, che verrebbe
immediatamente deturpato perché individuato come elemento simbolico. Ricordo
che questa è la città della Strage di piazza Loggia...». Come dire che dietro
al “niet” del sindaco renziano non ci sarebbero ragioni ideologiche, anche se
in giunta siede come assessore Marco Fenaroli, ex presidente dell’Anpi
bresciana.
Nelle prossime settimane la Loggia istituirà un
gruppo di lavoro ristretto, composto da figure autorevoli per decidere il
destino della statua che «fa ancora paura».
Intanto il caso è arrivato anche in parlamento
dove sia Massimo Corsaro di Fratelli d’Italia che Gregorio Gitti, genero del
banchiere Giovanni Bazoli, ex montiano ora deputato dei Popolari per l’Italia,
hanno preso posizione. «La statua deve tornare sul suo piedistallo - ha
affondato Gitti -. Del Bono si prenda le sue responsabilità. Il dibattito sulla
statua è stato condizionato da una lettura politica, per non dire ideologica,
della questione. Dico: qualcuno ha mai pensato di buttare giù il Foro
italico?».
La soluzione possibile l’ha indicata il critico
Philippe Daverio, lanciando l’idea
del referendum popolare già proposto dall’ex assessore ai lavori pubblici Mario
Labolani (FdI), che ieri mattina ha presentato un esposto alla Corte dei Conti
per chiedere chiarezza sui 500 mila euro spesi dal Comune per il restauro della
statua e del piedistallo di piazza Vittoria. «Del Bono dovrà dare conto dei
soldi pubblici spesi fino ad oggi - ha rimarcato l’ex assessore Labolani di
Fratelli d’Italia -. Il Bigio doveva tornare in piazza. È come se decidessimo
di abbattere il palazzo delle Poste perché di epoca fascista. Non ci siam.
L’ideologia non può cancellare l’arte o la storia».
Ancora più diretto il Fai che con la portavoce
bresciana, Giusi Archetti, si è schierato a favore del Bigio: «Siamo favorevoli
al ritorno del Bigio in piazza Vittoria».
Tutti lo vogliono ma nessuno se lo piglia. E il
colosso fascista intanto fa proseliti su Facebook, dove la pagina “FreeBigio”
ha raccolto oltre duemila sostenitori in pochi giorni, tra cui figurerebbe pure
il vice sindaco Castelletti.
«La richiesta di Fratelli d’Italia-Alleanza
nazionale - ha spiegato Viviana Beccalossi, assessore regionale e leader
bresciana del centrodestra - è di natura amministrativa. La Giunta che ha
governato Brescia fino a un anno fa ha provveduto a restaurare la piazza
secondo le indicazioni della Sovraintendenza ai Beni architettonici e
culturali. Proprio questo organismo, infatti, ha indicato l’opportunità di
riportare piazza Vittoria al suo aspetto originario».
E al ministro Franceschini, che nelle scorse
settimane si è allineato con il «no al Bigio» del sindaco di Brescia, la
Beccalossi ha voluto ricordare le parole di un altro ministro della cultura,
anche lui di centrosinistra, Valter Veltroni: «Rimuovere i simboli dei nostri
errori significa ripeterli».
di Giuseppe Spatola
Fonte: srs di Giuseppe Spatola, da
Libero.it del 18 luglio 2014
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