Mai furono più attuali le parole
di Giuseppe Verdi, appena 7 anni dopo l'Unità d'Italia.
Una lettera,
pochissimo conosciuta e diffusa, scritta da Giuseppe Verdi il 16
giugno 1867, sette anni dopo l’Unità d’Italia, all’on. Opprandino
Arrivabene. Entrambi erano stati eletti parlamentari nel
primo parlamento del Regno.
«Cosa fanno i nostri uomini di Stato? Coglionerie sopra coglionerie!
Ci vuol altro che mettere delle imposte sul sale e sul macinato e
rendere ancora più misera la condizione dei poveri. Quando i padroni dei fondi non potranno, per troppe imposte, far più lavorare, allora
moriremo tutti di fame.
Cosa singolare!
Quando l' Italia era divisa in tanti piccoli Stati, le finanze di tutti
erano fiorenti!
Ora che tutti siamo uniti, siamo rovinati.
Ma dove sono le ricchezze d' una volta? Addio, addio»
Lettera che fa il paio con un’altra datata 2 settembre
1899 del potentino sen. Giustino Fortunato al
napoletano sen. Pasquale Villari.
Sen. Giustino Fortunato
« L'unità d'Italia è stata e sarà - ne ho fede invitta - la nostra redenzione
morale.
Ma è stata, purtroppo, la nostra rovina economica.
Noi eravamo, il 1860, in floridissime condizioni per un risveglio
economico, sano e profittevole.
L'Unità ci ha perduti.
E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all'opinione di
tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province
settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali.»
Della serie: stavamo meglio quando eravamo...single!
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