«La decisione di far uccidere
Moro non venne presa alla leggera. Ne discutemmo a lungo, perché a nessuno
piace sacrificare delle vite. Ma Cossiga mantenne ferma la rotta e così
arrivammo a una soluzione molto difficile, soprattutto per lui. Con la sua
morte impedimmo a Berlinguer di arrivare al potere e di evitare così la
destabilizzazione dell’Italia e dell’Europa».
Così parlò nel 2006 Steve
Pieczenik, il consigliere di Stato USA, chiamato al fianco di Francesco Cossiga per risolvere la
condizione di crisi, in un’intervista pubblicata in Francia dal giornalista Emmanuel Amara, nel libro Nous avons tué Aldo Moro.
Ancora prima il 16 marzo del 2001 in una precedente
dichiarazione rilasciata a Italy Daily,
lo stesso Pieczenik disse che il suo
compito per conto del governo di Washington era stato quello
«di stabilizzare l’Italia in modo che la Dc non cedesse.
La paura degli americani era che un cedimento della Dc avrebbe portato consenso
al Pci, già vicino a ottenere la maggioranza. In situazioni normali, nonostante
le tante crisi di governo, l’Italia era sempre stata saldamente in mano alla
Dc. Ma adesso, con Moro che dava segni di cedimento, la situazione era a
rischio. Venne pertanto presa la decisione di non trattare. Politicamente non
c’era altra scelta. Questo però significa che Moro sarebbe stato giustiziato. Il fatto è che lui non era indispensabile
ai fini della stabilità dell’Italia».
Queste dichiarazioni di un esponente ufficiale del governo
United States of America (assistente del segretario di Stato sotto Kissinger, Vance, Schultz, Baker) di
dominio pubblico da tempo, anzi il 9 marzo 2008 sono peraltro state riportate
dal quotidiano La Stampa ("Ho
manipolato le br per far uccidere Moro"). E non sono mai state
smentite da Cossiga e Andreotti.
Ma allora, come mai la magistratura italiana, ovvero la
procura della Repubblica di Roma, non convoca Steve Pieczenik in Italia e lo
torchia legalmente a dovere?
Proprio Pieczenik nei primi anni Settanta fu chiamato da
Henry Kissinger a lavorare da consulente presso il ministero degli Esteri con
l'approvazione di Nixon.
Kissinger aveva
minacciato di morte Aldo Moro. Kissinger ai giorni nostri è stato ricevuto
come se niente fosse da Giorgio Napolitano, quello eletto da onorevoli
illegittimi, che ha piazzato ben tre governi abusivi, ossia Monti, Letta, Renzi
(sentenza della Corte costituzionale numero 1 del gennaio 2014) che il popolo
"sovrano" non ha votato.
L'ex vicepresidente del CSM ed ex vicesegretario della
Democrazia Cristiana Giovanni Galloni
il 5 luglio 2005, in un'intervista nella trasmissione NEXT di Rainews24, disse
che poche settimane prima del rapimento, Moro gli confidò, discutendo della
difficoltà di trovare i covi delle BR, di essere a conoscenza del fatto che sia
i servizi americani che quelli israeliani avevano degli infiltrati nelle BR, ma
che gli italiani non erano tenuti al corrente di queste attività che sarebbero
potute essere d'aiuto nell'individuare i covi dei brigatisti. Galloni sostenne
anche che vi furono parecchie difficoltà a mettersi in contatto con i servizi
statunitensi durante i giorni del rapimento, ma che alcune informazioni
potevano tuttavia essere arrivate dagli USA:
«Pecorelli scrisse che il 15 marzo 1978 sarebbe accaduto
un fatto molto grave in Italia e si scoprì dopo che Moro doveva essere rapito
il giorno prima (...) l'assassinio di Pecorelli potrebbe essere stato
determinato dalle cose che il giornalista era in grado di rivelare».
Lo stesso Galloni aveva già effettuato dichiarazioni simili
durante un'audizione alla Commissione Stragi il 22 luglio 1998, in cui affermò
anche che durante un suo viaggio negli USA del 1976 gli era stato fatto
presente che, per motivi strategici (il timore di perdere le basi militari su
suolo italiano, che erano la prima linea di difesa in caso di invasione
dell'Europa da parte sovietica) gli Stati Uniti erano contrari ad un governo
aperto ai comunisti come quello a cui puntava Moro:
«Quindi, l'entrata dei comunisti in Italia nel Governo o
nella maggioranza era una questione strategica, di vita o di morte, "life or death" come dissero, per
gli Stati Uniti d'America, perché se fossero arrivati i comunisti al Governo in
Italia sicuramente loro sarebbero stati cacciati da quelle basi e questo non lo
potevano permettere a nessun costo. Qui si verificavano le divisioni tra
colombe e falchi. I falchi affermavano in modo minaccioso che questo non lo
avrebbero mai permesso, costi quel che costi, per cui vedevo dietro questa affermazione
colpi di Stato, insurrezioni e cose del genere».
La prigione di Aldo
Moro, nel cuore di Roma, ovvero nel quartiere ebraico, ad un soffio da via
Caetani dove il 9 maggio 1978 fu ritrovato il corpo senza vita dello statista,
era ben nota al governo di allora (Cossiga e Andreotti).
Il 16 marzo 1978 la strage di via Fani fu compiuta da uomini
dei servizi segreti italiani. Era presente in loco il colonnello Camillo Guglielmi, ufficiale del Sismi,
il servizio segreto militare, addetto all’Ufficio “R” per il controllo e la
sicurezza. Quei cosiddetti brigatisti rossi non sapevano neanche tenere in mano
un'arma giocattolo, figuriamoci sparare con armi vere e assassinare due carabinieri
e tre poliziotti. Mai come allora gli apparati di cosiddetta sicurezza italiana
unitamente alle forze dell’ordine, mostrarono una così grande inettitudine
voluta. I brigatisti grazie a una trattativa segreta con lo Stato tricolore
sono oggi tutti liberi. Come se la spassano adesso Valerio Morucci (vari ergastoli), Mario Moretti (condannato a 6 ergastoli) e Barbara Balzerani?
A proposito: le carte sulla vicenda Moro, in barba alla
legge vigente, sono ancora sottoposte all’impermeabile segreto di Stato,
nonostante i proclami propagandistici di Renzi. Anche per questo siamo una
colonia a stelle e strisce, un’Italietta delle banane eterodiretta dall'estero,
a sovranità inesistente.
Fonte: da PRESS NEWS DEL del 10 marzo 2015
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