San Giovanni Lupatoto anno 1974 lavoro di verniciatura nel calzaturificio Sartica
Di Matteo Corsini
“In un mondo governato per troppi anni dalle speculazioni
finanziarie, ci siamo dimenticati che l’unico modo per creare ricchezza e
distribuirla è creare il lavoro. Di questo, immediatamente, dobbiamo tornare a
parlare”.
Capita abbastanza spesso di sentire affermazioni come quella di Annamaria
Furlan, segretario generale della Cisl. E non solo da parte di
sindacalisti.
Non intendo soffermarmi sulla prevedibile condanna delle
“speculazioni finanziarie”, quanto sul passaggio successivo, che stravolge
completamente la realtà.
Non è creando lavoro che si crea ricchezza.
La ricchezza si crea se, utilizzando diversi fattori produttivi, tra
i quali il lavoro, si riesce a offrire beni o servizi che incontrano la domanda
dei consumatori generando ricavi superiori ai costi.
Se la creazione di ricchezza genera un aumento degli investimenti
produttivi è probabile che aumenti la domanda di lavoro.
Ogni posto di lavoro che non sia generato in tal modo non
contribuisce a creare ricchezza, bensì a distruggerla.
Per questo non hanno alcun senso interventi governativi che creino
lavori definiti “socialmente utili” o il mantenimento in vita di aziende
fallite mediante sussidi pubblici.
Ciò che si vede, in quei casi, sono i redditi percepiti dai
beneficiari dei provvedimenti.
Ciò che non si vede sono i beni e servizi che non possono essere
prodotti e scambiati volontariamente da coloro ai quali le risorse per “creare”
lavoro sono prelevate.
Non si può creare ricchezza dal nulla, e neppure lavoro.
Fonte: da Miglioverde del 4
marzo 2015
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