Aleksandr Yakimenko
Polonia, Estonia,
Lettonia e Lituania: sarebbero le “pedine” utilizzate dagli Usa per destabilizzare sanguinosamente l’Ucraina, fino alla
caduta del regime di Yanukovich.
«L’Europa,
in quanto tale – dice Giulietto Chiesa
– sprofonda più che nella vergogna, nel ridicolo, trovandosi guidata da quattro
repubbliche ex satelliti o ex sovietiche (anche se con l’autorevole copertura
di Berlino, Londra, e Parigi) in un’avventura che non era stata nemmeno
discussa. E che non è europea, ma americana».
Dirompenti le dichiarazioni di Aleksandr Yakimenko, capo dell’intelligence ucraina con Yanukovic,
ora riparato in Russia.
Secondo Yakimenko, sarebbe stata la Cia a manovrare i cecchini che il 20
febbraio hanno fatto strage di dimostranti in piazza Maidan per poi poter
accusare il regime. A dirigere l’operazione, uomini della Cia coordinati
dall’ambasciata Usa di
Kiev. Complici, il rappresentante a Kiev dell’Unione Europea
ed emissari polacchi come Jan Tombinsky.
Le drammatiche
“rivelazioni” di Yakimenko, rilasciate alle televisioni russe?
«Probabilmente non tutte innocenti, ma certo molto credibili», scrive Chiesa sul
“Manifesto”. Tanto più che combaciano perfettamente con la famosa telefonata
del ministro degli esteri estone Urmas Paet alla signora Catherine Ashton, capo
della diplomazia europea: il ministro dell’Estonia disse che a sparare «anche»
contro i dimostranti non fu la polizia ucraina, bensì i cecchini «assoldati
dalle opposizioni». Le accuse, osserva Giulietto Chuiesa, «sono una più grave
dell’altra, una più infamante dell’altra». E se le televisioni russe le
riproducono con tanta ampiezza, «ciò vuol dire soltanto una cosa: che Vladimir
Putin non solo non intende retrocedere di un millimetro, ma intende
contrattaccare politicamente, diplomaticamente e anche dal punto di vista della
comunicazione».
Yakimenko ha chiamato in causa l’ex presidente ucraino
Viktor Yushenko, il vincitore – con Julia Tymoshenko – della ormai sfiorita
rivoluzione arancione. Sarebbe stato lui a «lasciar moltiplicare i campi
paramilitari in cui si sono allenati al golpe i nazisti e gli estremisti
nazionalisti seguaci di Stepan Bandera»,
l’uomo che nella Seconda Guerra Mondiale collaborò con Hitler, e la cui effigie
è tornata – dopo tanti anni – sulla piazza Maidan. Quando arrivò Yanukovic,
sempre secondo Yakimenko, i “campi paramilitari” non furono chiusi, ma spostati
– in Polonia, Lettonia e Lituania. Neppure Yanukovic decise di chiuderli,
osserva Chiesa: «Continuava il doppio gioco di un colpo al cerchio e di uno
alla botte, per tenere buoni russi e americani», perché evidentemente
«l’influenza degli Stati Uniti e dell’Europa erano già troppo
forti per poter essere contrastate».
Insomma, l’ex capo
della polizia politica ucraina sostiene che
l’eversione in Ucraina abbia origini lontane: non è stata né spontanea, né
improvvisata.
«Ha fatto parte di un piano strategico nato negli Stati
Uniti e che ha avuto come esecutori materiali un gruppo di paesi dell’Unione Europea».
Certo, continua Chiesa, «in piazza c’erano migliaia e migliaia di persone. Ma a
guidarle e a imprimere una svolta eversiva sono stati uomini armati e bene
addestrati da tempo, scatenati da una serie di comandi molto precisi. Fino alla
tremenda sceneggiata, costata quasi un centinaio di morti e oltre 800 feriti,
che servì a coprire di infamia il presidente Yanukovic, lordato di un sangue
che non aveva voluto e saputo provocare, ma la cui fuga fu applaudita da tutto
il “mondo libero”, indignato per la sua ferocia».
Yakimenko sostiene
che quei cecchini furono individuati: sparavano dal palazzo della Filarmonica,
erano una ventina, «bene armati, bene equipaggiati, con fucili di precisione
dotati di cannocchiale». Gli uomini
della sicurezza
ucraina erano nella piazza, mescolati alla folla e – dice Yakimenko – videro
tutto e riferirono.
Ma «non furono gli unici a vedere»: anche i leader di alcuni
gruppi estremisti videro che quei cecchini sparavano sulla folla, e si
allarmarono al punto da contattare lo stesso Yakimenko, «chiedendogli di porre
fine alla mattanza facendo intervenire la sue “teste di cuoio”, il famoso o
famigerato “Gruppo Alfa”». Yakimenko, continua Giulietto Chiesa, parla dunque
di una trattativa che si svolse tra lui e i rappresentanti di “Svoboda” e di
“Settore Destro”. Forse – dice – lo fecero per «crearsi un alibi». O forse
perché non erano loro, ma altri, ad avere organizzato la mostruosa operazione
diversiva.
E nel frattempo un gruppo di persone, tutte decisive nel
controllo delle forze di sicurezza,
visitavano l’ambasciata Usa
«tutti i santi giorni». Sono gli uomini che oggi incarnano il nuovo potere di
Kiev.
Fonte: da LIBRE del 15 marzo 2014
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