Zacarias Moussaui
Non fanatici, ma
mercenari. Dirottati in mezzo mondo – Afghanistan, Balcani, Medio Oriente –
per scatenare il terrore, fornendo l’alibi per la “guerra infinita” degli Usa.
Al-Qaeda e Isis sono
due maschere dello stesso network, organizzato dai sauditi sotto la regia di
Washington.
«Dalle viscere del carcere di massima sicurezza statunitense
di Florence (Colorado), il componente di Al-Qaeda Zacarias Moussaui, condannato all’ergastolo, fa luce su quello che
certamente è il segreto più sporco della “guerra
al terrore”», scrive Pepe Escobar.
«In più di 100 pagine
di testimonianze rese nei giorni scorsi in una corte federale di New York,
Moussaui fa “esplodere” delle autentiche bombe legate alla “Casa di Saud”».
Tra i più importanti finanziatori di Al-Qaeda prima dell’11
Settembre compaiono i principali esponenti del potere saudita, alleato
di Washington. Le prime avvisaglie dello scandalo esplodono adesso, spiega
Escobar, perché gli Usa
ricattano l’Arabia Saudita: guai se Riyadh si sfilasse dall’alleanza, cessando
di sostenere sottobanco il network del terrore, che oggi si chiama Califfato, o
a scelta Isis, Isil o semplicemente Daesh. E guai se smettono di pompare petrolio,
facendone crollare il prezzo per colpire Putin.
Nelle rivelazioni dell’ergastolano Moussaui, scrive Escobar
in un post ripreso da “Come
Don Chisciotte”, troviamo nientemeno che l’ex capo dell’intelligence
saudita, il principe Turki al-Faisal,
già grande amico di Osama Bin Laden,
insieme un personaggio come il principe Bandar
Bin Sultan, detto “Bandar Bush”,
già ambasciatore saudita negli Stati Uniti «e mancato sponsorizzatore di
jihadisti in Siria».
Turki e Bandar sono in compagnia «di un caro amico dei
mercati occidentali (e di Rupert Murdoch)», cioè il principe Al-Waleed Bin Talal, e con lui «tutti i
maggiori “chierici” wahhabiti dell’Arabia Saudita».
In altre parole, «nessuno
di loro è nuovo a chi segue fin dai tempi dell’Afghanistan degli anni ’80 le
sporche vicende degli jihadisti finanziati dai wahhabiti sauditi».
Le informazioni, aggiunge Escobar, assumono maggiore
importanza se messe in relazione al prossimo libro di Michael Springmann, ex capo della sezione visti a Jeddah, in Arabia
Saudita. In “Visto per al-Qaeda”,
svelando «tutti gli sdoganamenti della Cia che hanno sconvolto il mondo»,
Springmann descrive in dettaglio le mosse dell’armata del terrore messa
in piedi dagli Usa.
Negli anni ’80, la Cia reclutò e addestrò «agenti musulmani» per contrastare
l’invasione sovietica in Afganistan. «Più
tardi, la Cia avrebbe spostato questi agenti dall’Afganistan ai Balcani, poi in
Iraq, in Libia e in Siria, facendoli viaggiare con visti statunitensi illegali».
Questi guerriglieri addestrati dagli Usa «si sarebbero poi riuniti in un’ organizzazione che è sinonimo di terrorismo jihadista: Al-Qaeda».
Lo scopo politico di queste rivelazioni, dal punto di vista
di Washington, secondo Springmann «è di
esercitare pressioni sulla Casa di Saud per continuare a pompare le loro
eccedenze petrolifere: i recenti rimbalzi petroliferi stanno provocando
l’isterismo a Washington, poiché potrebbero essere il segnale di un
ripensamento dei sauditi sulla loro guerra dei prezzi del petrolio contro,
prima fra tutti, la Russia».
Dunque, verso la metà degli anni ’80, “Al-Qaeda” era solo un database in un computer collegato al
dipartimento delle comunicazioni del segretariato della Conferenza Islamica,
scrive Escobar. «A quel tempo, quando
Osama Bin Laden non era che un agente “delegato” Usa che operava a Peshawar,
l’intranet di Al-Qaeda era un ottimo sistema di comunicazione per lo scambio di
messaggi in codice tra i guerriglieri».
“Al-Qaeda” non
era un’organizzazione terrorista – ovvero un esercito islamico – e neanche
proprietà privata di Osama Bin Laden.
«In seguito, verso la
metà degli anni 2000 in Iraq, Abu Musab al-Zarqawi – il precursore giordano di
Isis/Isil/Daesh – stava reclutando giovani militanti-fanatici-arrabbiati, senza
un diretto input da parte di Bin Laden. La sua copertura era Aqi (Al-Qaeda in
Iraq)».
Quindi, continua Escobar, Al-Qaeda era e resta un marchio di
successo.
«Non è mai stata
un’organizzazione; piuttosto era un elemento operativo essenziale di un’agenzia
di intelligence. Da qui l’imperativo categorico: Al-Qaeda è essenzialmente una
derivazione dell’intelligence saudita».
La miglior prova è il ruolo oscuro, fin dall’inizio, del
principe Turki, ex direttore
generale per lungo tempo del Mukhabarat, l’intelligence della Casa di Saud («ma
Turki non parla, e mai lo farà»).
L’intelligence turca, per parte sua, «non ha mai creduto al mito dell’“organizzazione” Al-Qaeda».
Le rivelazioni di Moussaui, aggiunge Escobar, «diventano davvero esplosive quando si
collegano tutti i punti tra l’ideologia politica della Casa di
Saud, la piattaforma politica
di Al-Qaeda e l’abbozzo ideologico del falso Califfato di Isis/Isil/Daesh. La
matrice di tutti questi è il wahhabismo del
19° secolo – e la sua interpretazione/appropriazione medievale dell’Islam.
Tutti usano metodi diversi, alcuni più rumorosi di altri, ma tutti hanno lo
stesso fine: il proselitismo wahhabita».
La differenza fondamentale, secondo Escobar, è che Al-Qaeda
e Isis/Isil/Daesh «sono dei rinnegati
wahhabiti che intendono, alla fine, prendere il posto della Casa di Saud –
fantoccio comandato dall’Occidente
– instaurando in modo ancora più intollerante il potere salafita e/o del
Califfato».
Per cui, «quando
questa “bomba” ancora segreta verrà fuori dal vaso di pandora arabico,
crolleranno i presupposti che reggono quel dono che viene continuamente
elargito dagli Usa, la
“Guerra al Terrore” (guerra infinita)».
Non è rassicurante nemmeno il nuovo capo della Casa di Saud,
il principe Salman, che «negli anni ’90 era uno strenuo sostenitore
del salafismo e del Jihad», inclusa la pratica Bin Laden.
Più tardi, come governatore di Riyadh, «si distinse nell’avversione più totale verso gli sciiti, che poi si
espandeva nell’odio verso l’Iran nel suo complesso – per non parlare poi del
suo odio per qualsiasi cosa che lontanamente ricordasse la democrazia
all’interno dell’Arabia Saudita».
Assurdo aspettarsi che Salman sia un “riformatore”, «come è assurdo
aspettarsi che l’amministrazione Obama interrompa una volta per tutte la sua
storia d’amore con i suoi “bastardi preferiti” del Golfo Persico».
Ma ora, aggiunge Escobar, c’e’ un nuovo elemento chiave: «La Casa di Saud è disperata. Non è un
segreto a Riyadh e in tutto il Golfo che il nuovo Re e i suoi consiglieri
ammaestrati dall’Occidente
stiano letteralmente perdendo la testa. Si ritrovano circondati dall’Iran –
che, per giunta, è sul punto di concludere un accordo nucleare con il Grande
Satana l’estate prossima».
La situazione non è allegra:
i sauditi «vedono il falso Califfato di Isis/Isil/Daesh che
controlla gran parte del “Siraq” – e con gli occhi già puntati verso la Mecca e
Medina.
Vedono gli sciiti Houthi pro-Iran che controllano lo Yemen.
Vedono gli sciiti della maggioranza in Bahrein repressi con
grandi difficoltà dalle forze mercenarie.
Vedono disordini sciiti diffusi nelle province orientali
dell’Arabia Saudita, dove c’è il petrolio.
Sono sparsi in tutto il Medio Oriente ancora in preda alla
psicosi “Assad deveandarsene” (mentre lui non va da nessuna parte).
Hanno bisogno di finanziare la “junta” militare al potere in Egitto con
miliardi di dollari (l’Egitto è al verde).
E oltre a tutto questo, si sono bevuti la storia
America-contro-Russia,
impegnandosi in una guerra dei prezzi del petrolio che sta consumando il loro
budget».
Non ci sono prove che Salman sia deciso a compiere lo sforzo
di cooperare con il governo di maggioranza sciita a Baghdad, né che tenterà di
raggiungere un compromesso con Teheran: «Al
contrario, regna la paranoia, poiché nel momento in cui l’Iran riaffermasse la
sua supremazia nucleare, una volta concluso l’accordo atteso per l’estate
prossima, i sauditi si ritroveranno emarginati ideologicamente e politicamente».
Soprattutto, conclude Escobar, non ci sono prove che
l’amministrazione Obama abbia la capacità di riconsiderare le relazioni coi
sauditi.
«Ciò che è certo è che il più sporco segreto della “guerra
al terrore” resterà off-limits. Tutto il “terrore” che stiamo vivendo, sia
quello reale sia quello costruito a tavolino, proviene da un’unica fonte: non è
“l’Islam”, ma l’intollerante e demente wahhabismo», irresponsabilmente
incoraggiato, organizzato e finanziato con la piena collaborazione della Cia.
Stesso film: dalla strage di americani innocenti l’11
Settembre alla ricomparsa dei “tagliatori di teste” in Siria, in Iraq e ora in
Libia.
Fonte: visto su Libre del
3 marzo 2015
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