martedì 31 marzo 2015

GLI IMMIGRATI SI GUARDINO DAGLI SCHIAVISTI ANTIRAZZISTI, NON DA SALVINI







L’altra sera dopo la trasmissione su Rai3 D-DAY I GIORNI DECISIVI DI HITLER e MUSSOLINI il noto giornalista Paolo Mieli ha consigliato di pubblicare Main Kampf in modo tale da consentire a noi stessi di verificare come procedeva la storia del nazismo. Io proporrei di fare ancora un passo indietro per conoscere come si è evoluta la storia del razzismo. Perché non esiste nulla di più nuovo di ciò che viene dimenticato.

Il razzismo inizia ad apparire tra il XVI e più costantemente il XVII secolo. 
Gli europei per centinaia di anni riducevano in schiavitù i popoli dell’africa e del nuovo mondo. 
La storia del razzismo nel mondo eurocentrico è strettamente collegata con la schiavitù come prima forma del colonialismo.
Proprio in questo contesto appare il concetto delle razze; quale concezione che i popoli non europei ricadono sotto il potere e la gestione dei popoli europei.


Per gli americani del XVII e XVIII secolo la visione razzista era inevitabile. Poiché il razzismo è cresciuto dai coatti rapporti di interazione tra gli individui.
Il concetto di razzismo non è stato inventato dalle persone come un’astrazione intellettuale per poi calarlo nella realtà pratica.
Si può dire che i bianchi, cosi come i neri e gli indiani hanno sviluppato questo senso delle razze nel momento in cui si sono confrontati l’uno con l’altro.

I britannici sono diventati negrieri e schiavisti, non poiché razzisti, ma perché hanno iniziato a fruire del lavoro di schiavi per guadagnare maggiormente nelle Americhe, ed hanno sviluppato per se stessi questo comportamento nei confronti dei neri, giustificativo del loro sfruttamento.
L’economia è il motore dello schiavismo. L’utilizzo del lavoro dello schiavo è diventato un metodo di arricchimento per la Gran Bretagna.

I britannici con la forza portavano via dall’Africa gli schiavi, e quelli che portavano via le grandi navi attraverso l’oceano non hanno più fatto ritorno. In quattro secoli vennero trasferiti all’incirca 11 000 000 di africani trasportati nelle peggiori condizioni; incatenati e nelle gabbie alla stregua di animali. Durante le traversate sono morti circa 2 000 000 milioni di esseri umani.

Lo schiavo diveniva una persona priva di radici, di un luogo di nascita, isolato dalla società. Questa gente allontanata dalle proprie origini, era priva di qualsiasi diritto.
Dal punto di vista sociale gli schiavi erano morti. E ciò consentiva al proprietario di mantenere il potere assoluto sullo schiavo, al di là di ogni legge.  Il padrone disponeva sia della loro vita che della loro morte. Essi erano costretti a lavorare sia di giorno che di notte con la forza.
In quel periodo nasce la paura che lo schiavo potesse ribellarsi, uccidendo il proprio padrone e la famiglia nel sonno. Ed ogni bianco poteva essere visto da un nero come un nemico. Il risultato era che ambedue le parti si temevano vicendevolmente. E ciò poteva promuovere una divisione razziale. L’unico metodo di garantire la sicurezza nella società schiavista era quello di fornire tutti gli uomini e le donne bianchi di armi.

Nonostante l’abrogazione della schiavitù da oltre un secolo e mezzo, gli anglosassoni sono passati da essa ad una espansione ed ad un rafforzamento della loro oppressione coloniale in Africa.
Le multinazionali continuano a sfruttare le risorse dell’Africa, aumentando la loro produzione di cibo, ma non per sfamare il popolo bensì per l’unico scopo di guadagnare più soldi.

Irina Sokolova


Fonte: da Imola Oggo del 29 marzo 2015


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