mercoledì 3 dicembre 2014

ARUNDHATI ROY: IL GENOCIDIO CHE VERRÀ



Arundhati Roy


Arundhati Roy è conosciuta internazionalmente come scrittrice impegnata culturalmente sul fronte della critica alla globalizzazione – da ‘Il dio delle piccole cose’ ai suoi scritti ecologisti, come ‘La fine delle illusioni’, a quelli più dolenti, sulla guerra, ‘War Talks’.  Le riflessioni di Arundhati colpiscono per la sua prosa semplice ed incisiva, la sua passione letteraria e politica – che e’ anche la nostra.  Ma nella conferenza che ha tenuto ad Istambul nel gennaio 2008, Arundhati si e’ spinta più in là sul terreno dell’analisi storico-sociale, scegliendo come tema il genocidio, ovvero lo sterminio volontario di un popolo considerato nemico. Nel primo anniversario dell’uccisione di Hrant Dink, attivista armeno assassinato ad Istambul, Arundhati riporta alla nostra coscienza una storia dimenticata dal mondo dopo gli orrori della Shoa. Gli armeni rappresentavano una minoranza cristiana nell’impero ottomano; avevano vissuto in Anatolia fino alla primavera 1915, quando  un milione e mezzo di loro furono sistematicamente uccisi : ancora oggi l’accadimento di questo genocidio e’ negato dal governo turco. « Un milione e mezzo, più uno » avrebbe scritto Arundhati su un cartello, se avesse potuto essere presente ai funerali di Hrant Dink.  Mentre oggi ad Istambul si e’ diffuso un nuovo logo: il berretto bianco usato dall’assassino e’ di moda tra i giovani della capitale che intendono così manifestare la loro solidarietà personale con chi ha ucciso. Una carrellata di genocidi, racconta Arundhati, quelli del passato e quelli del presente, quelli della destra e quelli più scomodi per noi, fatti in nome della sinistra, quelli etnici, quelli religiosi. In questa traduzione/riduzione ho privilegiato gli elementi analitici rispetto a quelli di cronaca affinché emergesse chiaramente il punto teorico centrale dell’argomentazione di Arundhati: tutti i genocidi hanno una base socio-economica e sono messi in atto in nome del progresso e del benessere – variamente definiti. Questa “abitudine umana”, il genocidio, sarebbe in realtà un costrutto funzionale. Che incontri il silenzio o la celebrazione, la rimozione o la rivendicazione, il risultato non cambia poiché i presupposti sono simili. Il titolo originale della conferenza di Arundhati « Listening to the Grasshoppers » (Ascoltando le cavallette) prende spunto da un racconto che le aveva fatto la madre di un amico armeno, prima di morire vecchissima. Aveva dieci anni nel 1915 ma ricordava ancora il senso di allarme destato dall’arrivo di uno sciame di cavallette nel suo villaggio. Gli anziani sapevano che si trattava di un cattivo auspicio, e avevano ragione. Da li’ a pochi mesi, quando il grano era maturo, il villaggio non esisteva più, gli uomini erano stati uccisi e le donne deportate. Forse, si chiede Arundhati, oggi dovremmo imparare ad ascoltare le cavallette, i segni premonitori di qualcosa che sta per succedere. Ciò riguarda l’India « la più grande democrazia del mondo » che ha spalancato le porte al neoliberismo – ma riguarda anche il nostro mondo, quei rigurgiti autoritari e sciovinisti, viriloidi e fascisti, xenofobi e razzisti – così funzionali alle nuove forme di accumulazione e di difesa dei privilegi, così radicati nei sentimenti di paura e insicurezza sociale – che proprio il neoliberismo crea.  Arundhati ci suggerisce che abbiamo davanti agli occhi gli elementi per poter parlare del futuro, del genocidio che verrà. [Laura Corradi]

1. Cosa è un genocidio

(…) Nello stato del Gujarat c’è stato un genocidio contro la comunità musulmana nel 2002. (…) Il genocidio e’ iniziato come punizione per un crimine rimasto irrisolto: l’incendio di un vagone ferroviario in cui 53 pellegrini induisti furono bruciati vivi. In una pianificata orgia di vendetta, 2000 musulmani sono stati macellati in pieno giorno da squadroni di killer armati ed organizzati da milizie fasciste, protetti dal governo del Gujarat. Donne musulmane hanno subito stupri di gruppo e sono state bruciate vive. Negozi, bancarelle, uffici e moschee sono stati sistematicamente distrutti. Circa 150.000 persone hanno dovuto lasciare le loro case.
Ancora oggi molti di loro vivono in ghetti, alcuni costruiti su montagne di spazzatura, senza acqua ne’ fognature, senza illuminazione ne’ assistenza sanitaria. Vivono come cittadini di seconda classe, boicottati economicamente e socialmente. Nel frattempo i killer, sia poliziotti che civili, sono stati ricompensati e promossi. Tale stato di cose e’ considerato normale. Per suggellare la « normalità » nel 2004 sia Tata che Ambani, i leader industriali dell’India, hanno definito pubblicamente il Gujarat come una destinazione da sogno per il capitale finanziario.

Le proteste iniziali della stampa si sono acquietate. In Gujarat il genocidio e’ stato celebrato come manifestazione di orgoglio etnico, religioso e persino nazionale. Tale mistura velenosa e’ stata usata due volte di fila per vincere le elezioni statali; con campagne che hanno intelligentemente usato il linguaggio e gli apparati della democrazia e della modernità. Il capobanda, Narendra Modi [ex governatore del Gujarat] e’ diventato un eroe popolare, invitato dal Bjp [partito della destra fondamentalista hindu] a fare campagne elettorali anche in altri stati indiani.

Il genocidio del Gujarat non può essere confrontato con quello di Congo, Rwanda o Bosnia. Non ci sono milioni di persone uccise. Non si tratta nemmeno del primo, in India. Nel 1984 circa 3000 Sikh sono stati massacrati nelle strade di Delhi con uguale impunita’, sotto gli occhi del Congress Party [la formazione politica tuttora al governo]. Ma il genocidio del Gujarat è rilevante perché fa parte di una visione sistematica ed elaborata. Ci dice che il grano sta maturando e le cavallette sono arrivate nel cuore dell’India.

E’ una vecchia abitudine umana, il genocidio. Ha avuto un ruolo importante nella marcia delle varie civilta’, dalla distruzione di Cartagine – con cui termina la terza guerra punica nel 149 a.C  – in poi.  Ma la parola genocidio e’ stata coniata solo nel 1943 da Raphael Lemkin ed e’ stata adottata dalle Nazioni Unite  nel 1948 dopo l’Olocausto nazista. L’articolo 2 della convenzione Onu su prevenzione e punizione del crimine di genocidio (United Nation Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide) lo definisce come « Qualsiasi fra gli atti che seguono commessi con l’intento di distruggere, totalmente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso: uccidere membri del gruppo ; causare danni seri fisici o mentali ai membri del gruppo ; infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita mirate al raggiungimento della sua distruzione fisica completa o parziale ; imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo o trasferire forzosamente i bambini del gruppo ad un altro gruppo ».

Poiché questa definizione lascia fuori la persecuzione di dissidenti politici – reali o immaginati – essa non include alcuni dei più grandi omicidi di massa della storia. Personalmente ritengo che la definizione di Frank Chalk e Kurt Jonassohn, autori del libro The History and Sociology of Genocide sia più adatta. Genocidio, dicono loro, è “una forma di uccisione di massa commessa solo da una parte, in cui uno stato o altra autorità intende distruggere un gruppo, per come il gruppo e l’appartenenza ad esso sono stati definiti dal perpetratore” (…).

La parola sterminio sarebbe forse quella più corretta da usare, evoca la disinfestazione da insetti, pidocchi o lombrichi. Infatti, per potersi mettere in affari con le uccisioni di massa occorre prima recidere le connessioni umane. Bisogna vedere le vittime come sub-umane, parassiti la cui eradicazione sia considerata un servizio alla società. Come nel racconto del massacro dei Nativi Americani ‘Pequotes’ – da parte di puritani inglesi guidati da John Mason – in Connecticut nel 1636 « Quelli che fuggivano dal fuoco furono trafitti dalla spada, alcuni fatti a pezzi (…). Faceva paura vederli mentre friggevano nel fuoco e la puzza era orribile ma per la vittoria apparve come un dolce sacrificio ».

Quattro secoli più tardi, uno dei maggiori responsabili dei linciaggi, nel genocidio del Gujarat, ha dichiarato alle telecamere: « Non abbiamo risparmiato neanche un negozio musulmano, abbiamo incendiato tutto … Crediamo che sia giusto metterli a fuoco perché quei bastardi non vogliono essere cremati, ne hanno paura … Ho solo un desiderio finale: avere una condanna a morte, non mi interessa se mi impiccano, solo che mi diano due giorni prima dell’esecuzione ed andrò in uno di quei posti dove ci sono centinaia di migliaia di questa gente e ne faccio morire un altro po’ … almeno altri 25.000 o 50.000 ne dovrebbero morire »

Questo personaggio ha avuto la benedizione dell’ex governatore Marendra Modi, è protetto dalla polizia e amato dalla sua gente. Continua a lavorare e prosperare come uomo libero in Gujarat. L’unico crimine di cui non può essere accusato e’ quello di nascondere la verità, di negare l’accadimento di un genocidio.

2. Occultare gli olocausti

La negazione del genocidio e’ una variante sul tema, rispetto al vecchio trionfalismo assetato di sangue. Si sviluppa come risposta alla doppia morale del 19esimo secolo, quando l’Europa si dota di forme limitate ma nuove di democrazia e diritti di cittadinanza, mentre  simultaneamente stermina milioni di persone nelle sue colonie. Improvvisamente paesi e governi cominciano a negare o a tentare di nascondere i genocidi da loro commessi. Come dice Robert Jay Lifton, autore di Hiroshima and America: Fifty Years of Denial: « la negazione e’ come dire che, in effetti, gli assassini non hanno assassinato. Le vittime non sono state uccise. La conseguenza diretta della negazione e’ un invito a futuri genocidi ».

Oggi, quando le politiche di genocidio incontrano il libero mercato – si tratti di riconoscimento ufficiale o di negazione – gli olocausti e i genocidi diventano una impresa, un business multinazionale. Diventano processi di negoziazione aggressivi, che appartengono più alla Organizzazione Mondiale del Commercio che all’Onu, hanno a che fare con la geopolitica, con i mercati che fluttuano sulle risorse naturali (…). Detto crudelmente : elementi quali l’oscillazione del prezzo di un barile di petrolio, o di una tonnellata di uranio, il permesso garantito ad una base militare o il grado di ‘apertura economica’ di un paese, possono essere elementi decisivi perché un governo si aggiudichi il fatto che un genocidio non e’ in realtà successo. O se un genocidio succederà o non succederà. E se succede, se verrà riportato dalla stampa, e in che misura. Per esempio : la morte di due milioni di persone in Congo passa inosservata. E che dire della morte di un milione di iracheni durante l’embargo, prima dell’invasione Usa ? Si e’ trattato di genocidio, come dice Denis Halliday (coordinatore Onu per l’Iraq) oppure ‘ne valeva la pena’ come sostiene Madleine Allbright. Tutto dipende da chi fa le regole, se è Bill Clinton o la mamma irachena che ha perso il bambino.

Come diceva Mac Namara (quello del bombardamento di Tokyo, poi della guerra in Vietnam, e infine presidente della Banca Mondiale) « il problema e’ : quanto male bisogna fare per poter fare del bene ? » Ci può essere un esempio più perfetto di quello che sosteneva Robert Jay Lifton, che la negazione del genocidio e’ un invito ad altri genocidi?

E quando le vittime diventano perpetratori, come in Rwanda e in Congo ? Cosa bisogna ancora dire di Israele, creato dopo uno dei più crudeli genocidi della storia umana, e delle sue azioni nei territori occupati? Insediamenti che implicano la colonizzazione dell’acqua, il nuovo ‘muro della sicurezza’ che separa i palestinesi dalle loro fattorie; dal loro lavoro, dai loro parenti, dalle scuole dei loro bambini, da ospedali e centri per la salute – si tratta di un genocidio che si può osservare come se avvenisse nella vasca dei pesci, un genocidio al rallentatore, che serve ad illustrare bene quella sezione dell’articolo 2 sopra menzionato, laddove si dice che genocidio è qualsiasi atto mirato a “infliggere deliberatamente ad un gruppo delle condizioni vita mirate al raggiungimento della sua distruzione fisica completa o parziale”.

La storia dei genocidi ci dice che non si tratta di una aberrazione, di una genocidiomalia. Poiché gli Usa sono il più ricco e potente paese del mondo, hanno anche assunto il privilegio di essere al primo posto nella negazione di genocidio. Si continua a celebrare il giorno in cui Cristoforo Colombo arrivò nelle Americhe, che marca l’inizio di un olocausto che ha cancellato milioni di nativi, circa il 90% della popolazione originale. Lord Amherst, che ebbe l’idea di distribuire coperte infette di vaiolo agli indiani ha dato il suo nome ad una cittadella universitaria ed a prestigiosi college.

Nel secondo olocausto americano, 30 milioni di Africani furono rapiti e venduti come schiavi. La metà moriva in viaggio. Nel 2002 alla conferenza mondiale contro il razzismo tenutasi a Durban, la delegazione Usa abbandonava la sala rifiutando di accettare che la schiavitù e il commercio di schiavi fossero crimini.  La schiavitù – hanno insistito – a quei tempi era legale. Gli Usa hanno anche rifiutato di accettare che il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki fossero crimini – senza parlare di genocidi. La loro risposta fu che il governo non intendeva uccidere civili.  Quello deve essere stato il primo passo verso la teoria dei ‘danni collaterali’. Dalla fine della seconda guerra mondiale il governo Usa ha interferito centinaia di volte apertamente e non, con il proprio esercito. (…) L’invasione del Viet-nam  ha implicato lo sterminio – con eccellenti intenzioni , ovviamente – di 3 milioni di Vietnamiti, circa il 10% della popolazione.

Nessuno di questi atti e’ stato riconosciuto come crimine di guerra o genocidiomalia, o di un difetto del sistema umano. E’ una abitudine, tanto vecchia e persistente come molta parte della condizione umana, come l’amore, l’arte e l’agricoltura.

3. Lo spazio vitale per i più forti

Molte delle uccisioni genocide dal 15 secolo in poi sono state parte integrante della ricerca europea di quello che il tedeschi in seguito chiamarono Lebensraum : lo spazio vitale. La parola lebensraum fu coniata da un geografo e zoologo tedesco, Freidrich Ratzel, per descrivere quello che a lui sembrava un impulso naturale delle specie dominanti ad espandere il proprio territorio in cerca non solo di spazio ma anche di sostegno. Tale impulso alla espansione naturalmente avverrebbe a spese di specie meno dominanti, specie più deboli che gli ideologi nazisti credevano dovessero dare la precedenza – o essere costrette a dare la precedenza – a quelle più forti.

L’idea di lebensraum venne precisata nel 1901, ma l’Europa aveva già cominciato ad espandere il proprio spazio vitale 4 secoli prima, quando Colombo arrivò in America. La ricerca di lebensraum portò gli Europei anche in Africa, scatenando un olocausto dopo l’altro. I tedeschi sterminarono quasi interamente la popolazione degli Hereros nell’Africa sud-occidentale, mentre in Congo i belgi sperimentavano l’espansione commerciale con un costo di 10 milioni di vite. Entro l’ultimo quarto del 19esimo secolo, gli inglesi avevano sterminato i popoli aborigeni della Tasmania e la maggior parte di quelli dell’Australia.

Sven Lindqvist, autore di Exterminate the Brutes, sostiene che fu la ricerca hitleriana di lebensraum in un mondo già occupato da altri paesi europei, che spinse i nazisti verso l’Europa dell’est e la Russia – ove gli ebrei si opposero alle ambizioni coloniali di Hitler.  Per cui, come gli altri popoli nativi di Africa, America ed Asia, dovevano essere schiavizzati o liquidati.  Lindqvist dice che la de-umanizzazione razzista degli ebrei non può essere letta come il parossismo di una malvagia follia. Ancora una volta si è trattato di una mistura famigliare:  suprematismo economico ben marinato nel vecchio razzismo, parte integrante della tradizione europea del tempo.

Non è una coincidenza che il partito politico fautore del genocidio degli armeni nell’impero ottomano, si chiamasse Committee for Union & Progress. L’Unione (di razza o etnica, religiosa o nazionale) e il Progresso (inteso come supremazia economica) sono state a lungo le coordinate gemelle dei genocidi.

Armati di questa lettura storica, è ragionevole preoccuparsi quando un paese si trova sulla soglia del progresso: che si trovi anche sulla soglia del genocidio? Può l’India – celebrata in tutto il mondo come miracolo di progresso e democrazia – essere sul punto di commettere un genocidio?  Questa semplice suggestione può sembrare del tutto fuori luogo. (…) Ma se guardiamo al futuro, e se gli zar dello sviluppo credono nelle loro pubblicità, se credono davvero che non ci sia alternativa al modello di progresso che hanno scelto – allora inevitabilmente dovranno uccidere, e uccidere in grandi numeri, se vorranno averla vinta. E questo, per quel poco che possiamo sapere, sembra già iniziato.

Fu nel 1989, poco dopo il collasso dell’Unione sovietica, che il governo dell’India restituì la tessera di paese non allineato e diventò membro dei ‘completamente allineati’  – arrivando a considerarsi come ‘alleata naturale’ di Israele e degli Usa. (Qualcosa in comune ci sarebbe anche: tutti e tre sono apertamente impegnati in occupazioni militari di tipo neocoloniale, l’India in Kashmir, Israele in Palestina e gli Usa in Iraq). Quasi si fossero sincronizzati, i due maggiori partiti nazionali, il Bjp e il Congress, si sono imbarcati in un programma unificato per l’avanzamento dell’India con le parole d’ordine di Nazionalismo e Sviluppo, eufemismi moderni di Union & Progress. Ogni tanto, specie durante le elezioni, mettono in scena una specie di rumorosa rissa famigliare – ma finora sono riusciti ad gestire il tutto, tirando dentro anche i parenti riottosi del Partito Comunista di India (marxista).

4. Unione & Progresso

La parte di progetto che riguarda l’Unione offre come ricetta il nazionalismo hindu (unire il voto induista è vitale per una grande democrazia come l’India, sareste pronti ad ammettere); la parte di progetto che riguarda il Progresso mira ad una crescita del 10% all’anno. Entrambe le parti del progetto sono portatrici potenziali di genocidi.

La parte di progetto che riguarda l’Unione è stata in gran parte affidata ad una formazione, l’Rss, che è il cuore ideologico del Bjp, con le sue milizie (…). Rss nasce nel 1925, e negli anni ‘30 il suo fondatore diventa un fan di Mussolini. Anche Hitler era ed e’ fonte di ispirazione. Leggiamo qualche passaggio nella bibbia Rss : « Da quel dannato giorno, quando i musulmani sono arrivati in Hindustan, fino al presente momento, la nazione hindu ha fieramente combattuto per liberarsi da questi sfruttatori. Lo spirito della razza si e’ svegliato ». Ancora : « In Hindustan, la terra degli hindu, vive e dovrebbe vivere la nazione hindu … Tutti gli altri sono traditori e nemici della causa nazionale, o se vogliamo essere caritatevoli, degli idioti … Le razze forestiere in Hindustan, possono stare nel paese totalmente subordinandosi alla nazione hindu, senza chiedere nulla, non meritando privilegio alcuno, men che meno un trattamento preferenziale, nemmeno i diritti di cittadinanza ». E ancora: “Per mantenere la purezza della sua razza e cultura, la Germania ha scosso il mondo, purgando il paese dalla razza semitica, gli ebrei. L’orgoglio della razza ai suoi livelli più alti si e’ così manifestato … una buona lezione per noi in Hindustan, da imparare e trarne profitto ».

Come si combatte questo tipo di odio organizzato? Non certo con qualche piagnisteo sul secolarismo (…). Il potere reale dell’ Rss risiede nel fatto che ha lavorato duramente per decenni ed ha creato una rete di organizzazioni a tutti i livelli della società, qualcosa che nessuna altra organizzazione può vantare. Il Bjp è il suo fronte politico, ma ha anche sindacati, gruppi di donne, organizzazioni studentesche, economiche ed educative con 13.000 istituti scolastici, 70.000 insegnanti e 1.7 milioni di studenti, organizzazioni che lavorano con le tribù, con i poveri degli slum, per l’integrazione delle caste; cooperative, istituzioni sanitarie, case editrici, oltre ai gruppi religiosi (…).

Nel 1989 il primo ministro del Congress Party, Rajiv Gandhi, fece un dono all’ Rss : riaprire la contesa moschea di Ayodhya [era stata costruita dai musulmani sulle ceneri del tempio di Rama, luogo di nascita del dio guerriero. Il Bjp produsse una risoluzione per demolire la moschea e ricostruire il tempio, che si sarebbe tradotta in voti - nel passaggio da 2 a 120 seggi in parlamento - ed orchestrò una campagna di isteria culminata nel 1992, quando la folla rase al suolo la moschea. Ma fu solo il primo passo]. Nel 2002 il governo di Narendra Modi pianificò e mise in atto il genocidio del Gujarat (…) Si assicuro’ completa impunita’ per coloro che avevano preso parte alle uccisioni. Nei rari casi di incarcerazione si e’ trattato della più bassa manovalanza, non dei registi.

L’impunità è un pre-requisito essenziale per le uccisioni genocide. L’India ha una grande tradizione di garanzia di impunità per gli assassini di massa, potrei riempire volumi con i dettagli. In una democrazia, per avere impunità dopo le uccisioni, bisogna saper aprire i canali giusti. La procedura è tutto. Nel caso di diversi massacri, gli avvocati che il governo del Gujarat ha nominato come pubblici prosecutori in realtà hanno lavorato per gli accusati. Diversi di loro appartenevano al Rss o alla milizia ed erano apertamente ostili nei confronti di coloro che avrebbero dovuto rappresentare. I testimoni sopravvissuti, quando andavano alla polizia per fare denuncia, trovavano che le loro deposizioni erano riportate in maniera inaccurata o addirittura i poliziotti si rifiutavano di registrare i nomi dei perpetratori. In diversi casi, quando i sopravvissuti hanno  visto membri della loro famiglia uccisi (e bruciati, così che i corpi non fossero trovati) la polizia si e’ rifiutata di registrare la denuncia di omicidio.

Ehsan Jaffri era un uomo politico del Congress ed un poeta – ha commesso l’errore di organizzare una campagna contro Modi durante le elezioni ed è stato macellato in pubblico, da una folla guidata da un collega del Congress. Con le parole di uno degli uomini che ha preso parte al massacro: « Cinque persone lo tenevano, poi qualcuno lo ha colpito con una spada, tagliate le sue mani e poi le sue gambe e tutto il resto. Dopo averlo messo sulla legna che avevano impilato, gli hanno dato fuoco (…)».

Un commissario di polizia fu abbastanza gentile da visitare il quartiere mentre la folla linciava Jaffri, assassinava altre 70 persone e stuprava 12 donne, prima di bruciarle vive.  Dopo la ri-elezione di Modi, fu promosso ed e’ diventato direttore generale della polizia del Gujarat. L’ intero apparato di assassini e’ rimasto al suo posto. La Corte Suprema ha fatto qualche rumore minaccioso, poi ha messo il tutto in frigorifero. Il Congress e il Partito Comunista hanno fatto un bel baccano ma nulla di concreto.

In una recente trasmissione televisiva (…) un assassino dopo l’altro hanno raccontato come il genocidio e’ stato pianificato e messo in atto, come Modi ed altri politici e poliziotti sono stati coinvolti. Niente che non fosse già risaputo, ma eccoli qua, sul piccolo schermo in orario di punta, i macellai che non solo ammettono ma anche si vantano dei loro crimini. La reazione del pubblico non e’ stata di oltraggio ma di sospetto : molti hanno pensato che questa fosse una pubblicità per Modi, affinché vincesse ancora le elezioni. Alcuni addirittura hanno creduto che lo scoop televisivo fosse stato organizzato proprio da lui. Ha vinto le elezioni. E questa volta grazie alla formula Union & Progress. Alle manifestazioni del Bjp, migliaia di sostenitori adoranti ora indossano la maschera di Modi in plastica, cantando slogan di morte. Il democrata fascista si è trasformato fisicamente in un milione di piccoli fascisti.  Queste solo le gioie della democrazia: chi nella Germania nazista avrebbe osato mettersi la maschera di Hitler ?

I preparativi per replicare quanto successo in Gujarat sono già in atto in diversi stati governati dal Bjp (…). Per commettere un genocidio, dice Peter Balkian, studioso del genocidio armeno, devi marginalizzare un sotto-gruppo per un lungo periodo. Tale criterio è già ben applicato in India. I musulmani indiani sono stati sistematicamente marginalizzati ed ora si sono uniti agli Adivasi [indigeni] ed ai Dalit [senza casta] che non solo sono stati marginalizzati ma anche de-umanizzati della società indiana delle caste, per secoli. Un tempo venivano de-umanizzati al fine di far svolgere loro quei lavori che le caste alte non volevano. Ora, grazie alla tecnologia persino il loro lavoro diventa inutile. Parte della politica dell’Rss consiste nel mettere i Dalit contro i musulmani, gli Adivasi contro i Dalit.

Mentre ‘il popolo’ si dà da fare con il progetto di Union [nazional-religiosa] e la sua dottrina di odio, la parte Progress del progetto procede velocemente. Il nuovo regime di privatizzazioni e liberalizzazioni e’ risultato in una svendita delle risorse naturali del paese e delle pubbliche infrastrutture a compagnie private. Ciò ha creato una inimmaginabile ricchezza nelle classi superiori e la crescita di classi medie che naturalmente sono diventate militanti del nuovo vangelo (…). La Corte Suprema, la più potente istituzione dell’India e’ diventata una colonna dei poteri imprenditoriali, consentendo la costruzione di dighe, lo spostamento di fiumi, miniere dappertutto, la distruzione delle foreste e dei sistemi idrici. Tutto questo potrebbe essere definito come ecocidio – forse un preludio al genocidio. Ma criticare la Corte è un crimine, punibile con la prigione.

5. La secessione di classe

Ironicamente, l’era del libero mercato ha portato alla più importante guerra di secessione dell’India: la secessione delle classi medie e superiori dal resto del paese lasciato a se stesso. Da qualche parte, lassù nella stratosfera, le classi medie e superiori si uniscono al resto delle èlite mondiali. Tale ‘regno del cielo’ è un universo a sé stante, ermeticamente sigillato dal resto dell’India. Ha i suoi giornali, film, programmi televisivi, i suoi sistemi di trasporto e di shopping, i suoi intellettuali. E non pensate che sia tutta felicità: hanno anche le loro tragedie, i loro problemi ambientali (dove parcheggiare?) e le loro lotte di classe. Una organizzazione che si chiama « gioventù per l’uguaglianza » ha criticato l’esistenza delle quote [posti di lavoro e di studio riservati alle caste basse] ritenendo si tratti di una discriminazione contro le caste alte (…). Hanno i loro sogni, che prendono la forma delle pubblicità televisive. Sognano le pubblicità di creme che schiariscono la pelle, uffici con donne bianche che vogliono farsi portare a letto – la conquista finale – uomini bianchi che li applaudono, disposti a farsi da parte per i nuovi re del cielo. Intanto la folla dei portatori di carte di credito urla nello stadio « India ! India ! ».

Ma c’è un problema, e il problema è la lebensraum. Un regno ha bisogno del suo spazio vitale. E il ‘regno del cielo’ dove lo troverà ? I cittadini del cielo guardano verso la vecchia India e vedono indigeni che siedono su montagne di bauxite o di ferro, vedono i musulmani e i Dalit che occupano terre proprio là dove dovrebbe esserci una fabbrica chimica. Vedono migliaia di acri di campi e pensano che questa dovrebbe diventare una ‘Special Economic Zone’ per le industrie, vedono le coltivazioni di Singur e sanno che qui veramente dovrebbe esserci la fabbrica della nuova ‘automobile per il popolo’ [quella della Tata].  Loro pensano: si tratta della nostra bauxite, del nostro ferro, del nostro uranio. Cosa fa quella gente sulla nostra terra ? Cosa fa la nostra acqua nei loro fiumi ? Cosa ci fa il nostro legname nei loro alberi ?
Se guardiamo alla mappa delle foreste indiane e delle ricchezze minerali, essa si sovrappone ai territori Adivasi. Così, in realtà, quelli che chiamiamo poveri sarebbero veramente ricchi. Ma quando i cittadini del cielo gettano gli occhi sulla terra, essi vedono gente superflua seduta su preziose risorse. I nazisti avevano un termine per loro: Uberzahligen Essern, mangiatori superflui.

La lotta per il lebensraum, disse Friedrich Ratzel dopo aver studiato il conflitto tra Nativi americani e colonizzatori europei, è una lotta annichilente. Per annichilire non e’ necessario lo sterminio fisico – colpire, bruciare, accoltellare, gassare, bombardare o sparare – tranne qualche volta, in particolare, se tentano di resistere e combattere. Perché in quel caso diventano terroristi. Ma storicamente la forma più efficiente di genocidio e’ stata quella di spostare la gente dai loro luoghi, ammucchiarli da qualche parte e bloccare il loro accesso a cibo ed acqua. In queste condizioni muoiono senza evidente violenza, e spesso in numero anche maggiore. Scrive Sven Lindqvist: « I nazisti diedero agli ebrei una stella sul loro cappotto e li affollarono dentro a ‘riserve’ proprio come i nativi-americani, gli Herero, i Bushmen, gli Amandabele e tutti gli altri figli delle stelle che sono stati sfollati, deportati – e sono morti da soli, quando gli approvvigionamenti di cibo sono stati interrotti” (…) .

Forse con l’eccezione della Cina, l’India ha oggi la maggiore popolazione interna delocalizzata. Solo le dighe ne hanno sfollati più di 30 milioni. Lo spostamento è stato imposto con decreti della Corte Suprema o con le pistole della polizia, da milizie controllate dal governo o da banditi delle imprese (…). I delocalizzati vengono assembrati in tende, campi e colonie di ricollocazione; tagliati fuori dalla possibilità di guadagnarsi da vivere, finiscono nella spirale della povertà.

Nello stato di Chhattisgarh, obiettivo delle corporation per la sua ricchezza di ferro, è stata usata una tecnica diversa. In nome della lotta contro i ribelli maoisti, centinaia di villaggi sono stati evacuati e quasi 40.000 persone spostate in campi della polizia. Il governo ha armato alcuni di loro ed ha creato una ‘milizia del popolo’.  Mentre i poveri combattevano i poveri, in condizioni che assomigliavano ad una guerra civile, i gruppi Tata ed Essar hanno potuto tranquillamente negoziare i loro diritti di miniera per il ferro in Chhattisgarh. Possiamo stabilire una connessione? Non vorremmo, ma l’istituzione di tale ‘milizia del popolo’ e’ stata resa pubblica solo, guarda caso, il giorno dopo che l’accordo tra Tata ed il governo e’ stato firmato.

(…) Ramachandra Guha, storico liberale e membro della ‘Fondazione Nuova India’ – finanziata dalle corporation – ci spiega nel suo libro, ed in una serie di interviste molto pubblicizzate, che il Governo del Gujarat non è davvero fascista, e che il genocidio è stata solo una aberrazione, auto-correttasi dopo le elezioni. Editor e commentatori della stampa nazionale laica, avendo digerito l’oltraggio del genocidio in Gujarat, ora apprezzano i talenti amministrativi di Modi, e ne sono uniformemente sorpresi. Il direttore di The Hindustan Times ha detto « Modi può anche essere un omicida di massa, ma e’ il nostro omicida di massa » ed ha continuato a trasmettere i suoi dilemmi su come ci si debba comportare con un omicida di massa che e’ anche un buon primo ministro.

In questo universo parallelo e contraffatto, nel regno della cultura, nel nuovo cinema di Bolliwood, nel boom della letteratura, i poveri in gran parte sono semplicemente assenti. Sono stati cancellati in anticipo. Possono solo fare una breve apparizione come sorridenti beneficiari di prestiti del micro-credito, negli schemi per lo sviluppo e nelle elemosine elargite dalle Organizzazioni Non Governative.

La scorsa estate, mi e’ successo di entrare in una stanza fresca in cui quattro belle e giovani ragazze, con capelli stirati e pelle color porcellana, stavano facendo salotto e le presentazioni fra i loro cagnolini. Una di loro si e’ girata verso di me e ha detto: “ Ero in vacanza con la famiglia ed ho trovato un tuo vecchio saggio sulle dighe eccetera – ho chiesto a mio fratello se sapeva qualcosa di questi guai successi ai Dalit ed Adivasi, che venivano spostati … voglio dire, cacciati dalle loro case e robe del genere – mio fratello e’ un tale coglione: ha detto che loro sono quelli che stanno tirando indietro l’India. E che dovrebbero essere sterminati. Te lo puoi immaginare?

Il problema è che si’, me lo potevo, e me lo posso, immaginare. I cagnolini erano una tenerezza. Mi sono chiesta se i cani possono immaginare di sterminarsi gli uni con gli altri. Forse non sono abbastanza progressisti.

6. L’universo parallelo

[In occasione del sessantesimo anniversario della liberazione dell’India dal dominio inglese, un famoso personaggio televisivo ha partecipato ad una campagna mediatica, per ispirare la gente a lasciare indietro ‘il limitante fantasma del passato’ e perché si scelga l’ottimismo contro il pessimismo] “ Ci sono due Indie in questo paese” ha detto con la sua nota voce baritonale: “Una India sta scalpitando alla corda, desiderosa di lanciarsi in avanti e di mostrare al mondo tutti gli aggettivi che recentemente ci sono piovuti addosso. L’altra India è la corda. Una India dice ‘dammi una possibilità e ti darò prova di me. L’altra dice ‘prima dai prova di te, poi forse ti verrà data una possibilità. Una India vive con l’ottimismo dei nostri cuori ; l’altra con lo scetticismo delle nostre menti. Una India vuole ; l’altra spera. Una India guida, l’altra segue. Le conversioni aumentano. Ogni giorno più gente dell’altra India vengono da questa parte. E quietamente, mentre il mondo non sta guardando, una nuova India pulsante e dinamica sta emergendo ». Poi alla fine: « Ora e’ il nostro 60° anniversario come nazione libera, il viaggio ci ha portato sull’orlo del grande precipizio del tempo. Una India, come una vocina nel retro della mente, guarda giù ed esita. L’altra India guarda su, nel cielo, e dice che è il momento di volare ».

Questo è l’universo parallelo detto semplicemente. Ci dice che i ricchi non hanno la possibilità di scegliere (‘Non c’è alternativa’, dice il loro slogan preferito) ma che i poveri possono optare. Possono decidere di diventare ricchi. Se non lo fanno e’ perché scelgono il pessimismo e non l’ottimismo, l’esitazione al posto della fiducia, la speranza invece della volontà. In altre parole, scelgono di essere poveri. E’ colpa loro. Sono deboli. (E sappiamo quello che i cercatori di lebensraum pensano dei deboli). Sono ‘il limitante fantasma del passato’. Sono già fantasmi.

Con un universo parallelo contraffatto (counterfeit universe) che funziona, dice Robert Jay Lifton, il genocidio diventa facile, quasi naturale. I poveri, i cosiddetti poveri, possono solo scegliere tra resistere o soccombere. E’ vero, mentre il mondo non guarda, stanno cambiando idea, ma non nella direzione in cui si pensa – bensì verso un altro strapiombo: quello della lotta armata. Da lì guardano indietro, verso gli zar dello sviluppo, e ripetono il loro slogan: non ci sono alternative.

Hanno guardato i grandi movimenti popolari gandhiani rintuzzati ed umiliati, affondati nelle corti di giustizia; scioperi della fame su scioperi della fame. Forse questi milioni di ‘limitanti fantasmi del passato’ si chiedono: quale consiglio Gandhi avrebbe dato ai nativi americani, agli schiavi africani, ai tasmaniani; agli herero agli ottentotti agli armeni; agli ebrei di Germania ; ai musulmani del Gujarat. Forse, si chiedono, come possono fare uno sciopero della fame quando stanno già morendo di fame? Come possono boicottare i beni stranieri quando non hanno denaro per comprare alcunché? Come possono rifiutarsi di pagare le tasse quando non hanno un salario?

La gente indiana che ha imbracciato le armi [ribelli, maoisti, naxaliti, etc.] lo ha fatto in piena consapevolezza delle conseguenze di tale decisione. Hanno scelto, sapendo di essere lasciati a se stessi. Sanno che le nuove leggi della terra criminalizzano i poveri e fanno equivalere resistenza e terrorismo. Sanno che gli appelli alla coscienza, la morale liberale, e la copertura della stampa ora non sono d’aiuto. Sanno che nessuna marcia internazionale, nessun dissidente globale, nessun famoso scrittore saranno da quelle parti quando voleranno le pallottole.

Centinaia di migliaia hanno perso fiducia nelle istituzioni della democrazia indiana. Grandi parti del paese sono uscite dal controllo del governo – all’ultimo conteggio si è parlato di un 25%.  La battaglia puzza di morte e non ha niente di bello (…). Questi idealisti stanno davvero combattendo per un mondo migliore? Beh … qualsiasi cosa è meglio dell’annichilimento.

Il primo ministro ha dichiarato che la resistenza maoista è la maggiore minaccia alla sicurezza interna. Ci sono stati appelli affichè intervenga l’esercito. I media continuano senza fiato a condannare. Questo è un tipico report giornalistico, nulla al di fuori dell’ordinario.  Si intitola  ‘Fare fuori i Naxaliti’ « Il governo finalmente si sta dando da fare nella lotta al Naxalismo. Meno di un mese fa, il primo ministro Manmohan Singh ha chiesto ai governi degli stati di colpire le infrastrutture Naxalite, mutilare le loro attività attraverso un corpo preparato ad eliminare il virus. Questo segnala la realizzazione che il Naxalismo deve essere fatto fuori attraverso l’applicazione delle leggi, piuttosto che spendendo soldi nello sviluppo ».

Colpire, mutilare, virus, disinfestare, far fuori, eliminare. Sì, l’idea dello sterminio è nell’aria. E la gente crede che di fronte alla prospettiva di essere sterminati ci sia il diritto di reagire e combattere. Con ogni mezzo necessario. Forse hanno imparato ad ascoltare le cavallette.

[Il testo di Arundhati Roy è stato scritto nel 2008 e viene, per la sua attualità, ripubblicato in Inchiesta 172, 2011, alla fine di un dossier sulle lotte in India curato da Laura Corradi,  studiosa e attivista impegnata nei movimenti eco-femministi contro la guerra e per la salute ambientale, ricercatrice e docente di Studi di Genere e di Sociologia della Salute e dell’Ambiente presso la Facoltà di Scienze Politiche, Università della Calabria]


Fonte: visto su INCHIESTA del 15 giugno 2011



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