Arundhati Roy
Arundhati Roy è conosciuta internazionalmente come
scrittrice impegnata culturalmente sul fronte della critica alla
globalizzazione – da ‘Il dio delle piccole cose’ ai suoi scritti ecologisti,
come ‘La fine delle illusioni’, a quelli più dolenti, sulla guerra, ‘War
Talks’. Le riflessioni di Arundhati colpiscono per la sua prosa semplice
ed incisiva, la sua passione letteraria e politica – che e’ anche la
nostra. Ma nella conferenza che ha tenuto ad Istambul nel gennaio 2008,
Arundhati si e’ spinta più in là sul terreno dell’analisi storico-sociale,
scegliendo come tema il genocidio, ovvero lo sterminio volontario di un popolo
considerato nemico. Nel primo anniversario dell’uccisione di Hrant Dink,
attivista armeno assassinato ad Istambul, Arundhati riporta alla nostra
coscienza una storia dimenticata dal mondo dopo gli orrori della Shoa. Gli
armeni rappresentavano una minoranza cristiana nell’impero ottomano; avevano
vissuto in Anatolia fino alla primavera 1915, quando un milione e mezzo
di loro furono sistematicamente uccisi : ancora oggi l’accadimento di
questo genocidio e’ negato dal governo turco. « Un milione e mezzo, più
uno » avrebbe scritto Arundhati su un cartello, se avesse potuto
essere presente ai funerali di Hrant Dink. Mentre oggi ad Istambul si e’
diffuso un nuovo logo: il berretto bianco usato dall’assassino e’ di moda tra i
giovani della capitale che intendono così manifestare la loro solidarietà
personale con chi ha ucciso. Una carrellata di genocidi, racconta Arundhati,
quelli del passato e quelli del presente, quelli della destra e quelli più
scomodi per noi, fatti in nome della sinistra, quelli etnici, quelli religiosi.
In questa traduzione/riduzione ho privilegiato gli elementi analitici rispetto
a quelli di cronaca affinché emergesse chiaramente il punto teorico centrale
dell’argomentazione di Arundhati: tutti i genocidi hanno una base
socio-economica e sono messi in atto in nome del progresso e del benessere –
variamente definiti. Questa “abitudine umana”, il genocidio, sarebbe in realtà
un costrutto funzionale. Che incontri il silenzio o la celebrazione, la
rimozione o la rivendicazione, il risultato non cambia poiché i presupposti
sono simili. Il titolo originale della conferenza di Arundhati « Listening
to the Grasshoppers » (Ascoltando le cavallette) prende spunto da un
racconto che le aveva fatto la madre di un amico armeno, prima di morire
vecchissima. Aveva dieci anni nel 1915 ma ricordava ancora il senso di allarme
destato dall’arrivo di uno sciame di cavallette nel suo villaggio. Gli anziani
sapevano che si trattava di un cattivo auspicio, e avevano ragione. Da li’ a
pochi mesi, quando il grano era maturo, il villaggio non esisteva più, gli
uomini erano stati uccisi e le donne deportate. Forse, si chiede Arundhati,
oggi dovremmo imparare ad ascoltare le cavallette, i segni premonitori di
qualcosa che sta per succedere. Ciò riguarda l’India « la più grande
democrazia del mondo » che ha spalancato le porte al neoliberismo – ma riguarda
anche il nostro mondo, quei rigurgiti autoritari e sciovinisti, viriloidi e
fascisti, xenofobi e razzisti – così funzionali alle nuove forme di
accumulazione e di difesa dei privilegi, così radicati nei sentimenti di paura
e insicurezza sociale – che proprio il neoliberismo crea. Arundhati ci
suggerisce che abbiamo davanti agli occhi gli elementi per poter parlare
del futuro, del genocidio che verrà. [Laura Corradi]
1. Cosa è un genocidio
(…) Nello stato del Gujarat c’è stato un genocidio contro la
comunità musulmana nel 2002. (…) Il genocidio e’ iniziato come punizione per un
crimine rimasto irrisolto: l’incendio di un vagone ferroviario in cui 53
pellegrini induisti furono bruciati vivi. In una pianificata orgia di vendetta,
2000 musulmani sono stati macellati in pieno giorno da squadroni di killer
armati ed organizzati da milizie fasciste, protetti dal governo del Gujarat.
Donne musulmane hanno subito stupri di gruppo e sono state bruciate vive.
Negozi, bancarelle, uffici e moschee sono stati sistematicamente distrutti.
Circa 150.000 persone hanno dovuto lasciare le loro case.
Ancora oggi molti di loro vivono in ghetti, alcuni costruiti
su montagne di spazzatura, senza acqua ne’ fognature, senza illuminazione ne’
assistenza sanitaria. Vivono come cittadini di seconda classe, boicottati
economicamente e socialmente. Nel frattempo i killer, sia poliziotti che
civili, sono stati ricompensati e promossi. Tale stato di cose e’ considerato
normale. Per suggellare la « normalità » nel 2004 sia Tata che Ambani,
i leader industriali dell’India, hanno definito pubblicamente il Gujarat come
una destinazione da sogno per il capitale finanziario.
Le proteste iniziali della stampa si sono acquietate. In
Gujarat il genocidio e’ stato celebrato come manifestazione di orgoglio etnico,
religioso e persino nazionale. Tale mistura velenosa e’ stata usata due volte
di fila per vincere le elezioni statali; con campagne che hanno
intelligentemente usato il linguaggio e gli apparati della democrazia e della
modernità. Il capobanda, Narendra Modi [ex governatore del Gujarat] e’
diventato un eroe popolare, invitato dal Bjp [partito della destra
fondamentalista hindu] a fare campagne elettorali anche in altri stati indiani.
Il genocidio del Gujarat non può essere confrontato con
quello di Congo, Rwanda o Bosnia. Non ci sono milioni di persone uccise.
Non si tratta nemmeno del primo, in India. Nel 1984 circa 3000 Sikh sono
stati massacrati nelle strade di Delhi con uguale impunita’, sotto gli occhi
del Congress Party [la formazione politica tuttora al governo]. Ma il genocidio
del Gujarat è rilevante perché fa parte di una visione sistematica ed
elaborata. Ci dice che il grano sta maturando e le cavallette sono arrivate nel
cuore dell’India.
E’ una vecchia abitudine umana, il genocidio. Ha avuto un
ruolo importante nella marcia delle varie civilta’, dalla distruzione di
Cartagine – con cui termina la terza guerra punica nel 149 a.C – in
poi. Ma la parola genocidio e’ stata coniata solo nel 1943 da
Raphael Lemkin ed e’ stata adottata dalle Nazioni Unite nel 1948 dopo
l’Olocausto nazista. L’articolo 2 della convenzione Onu su prevenzione e
punizione del crimine di genocidio (United Nation Convention on the
Prevention and Punishment of the Crime of Genocide) lo definisce come
« Qualsiasi fra gli atti che seguono
commessi con l’intento di distruggere, totalmente o in parte, un gruppo
nazionale, etnico, razziale o religioso: uccidere membri del gruppo ;
causare danni seri fisici o mentali ai membri del gruppo ; infliggere
deliberatamente al gruppo condizioni di vita mirate al raggiungimento della sua
distruzione fisica completa o parziale ; imporre misure intese a prevenire
le nascite all’interno del gruppo o trasferire forzosamente i bambini del
gruppo ad un altro gruppo ».
Poiché questa definizione lascia fuori la persecuzione di
dissidenti politici – reali o immaginati – essa non include alcuni dei più
grandi omicidi di massa della storia. Personalmente ritengo che la definizione
di Frank Chalk e Kurt Jonassohn, autori del libro The History and Sociology
of Genocide sia più adatta. Genocidio, dicono loro, è “una forma di uccisione di massa commessa solo da una parte, in cui uno
stato o altra autorità intende distruggere un gruppo, per come il gruppo e
l’appartenenza ad esso sono stati definiti dal perpetratore” (…).
La parola sterminio sarebbe forse quella più corretta
da usare, evoca la disinfestazione da insetti, pidocchi o lombrichi. Infatti,
per potersi mettere in affari con le uccisioni di massa occorre prima recidere
le connessioni umane. Bisogna vedere le vittime come sub-umane, parassiti la
cui eradicazione sia considerata un servizio alla società. Come nel racconto
del massacro dei Nativi Americani ‘Pequotes’ – da parte di puritani inglesi
guidati da John Mason – in Connecticut nel 1636 « Quelli che fuggivano dal fuoco furono trafitti dalla spada, alcuni
fatti a pezzi (…). Faceva paura vederli mentre friggevano nel fuoco e la
puzza era orribile ma per la vittoria apparve come un dolce sacrificio ».
Quattro secoli più tardi, uno dei maggiori responsabili dei
linciaggi, nel genocidio del Gujarat, ha dichiarato alle telecamere: « Non abbiamo risparmiato neanche un negozio
musulmano, abbiamo incendiato tutto … Crediamo che sia giusto metterli a fuoco
perché quei bastardi non vogliono essere cremati, ne hanno paura … Ho solo un
desiderio finale: avere una condanna a morte, non mi interessa se mi impiccano,
solo che mi diano due giorni prima dell’esecuzione ed andrò in uno di quei
posti dove ci sono centinaia di migliaia di questa gente e ne faccio morire un
altro po’ … almeno altri 25.000 o 50.000 ne dovrebbero morire »
Questo personaggio ha avuto la benedizione dell’ex
governatore Marendra Modi, è protetto dalla polizia e amato dalla sua gente.
Continua a lavorare e prosperare come uomo libero in Gujarat. L’unico crimine
di cui non può essere accusato e’ quello di nascondere la verità, di negare
l’accadimento di un genocidio.
2. Occultare gli olocausti
La negazione del genocidio e’ una variante sul tema,
rispetto al vecchio trionfalismo assetato di sangue. Si sviluppa come risposta
alla doppia morale del 19esimo secolo, quando l’Europa si dota di forme
limitate ma nuove di democrazia e diritti di cittadinanza, mentre
simultaneamente stermina milioni di persone nelle sue colonie. Improvvisamente
paesi e governi cominciano a negare o a tentare di nascondere i genocidi da
loro commessi. Come dice Robert Jay Lifton, autore di Hiroshima and America:
Fifty Years of Denial: « la
negazione e’ come dire che, in effetti, gli assassini non hanno assassinato. Le
vittime non sono state uccise. La conseguenza diretta della negazione e’ un
invito a futuri genocidi ».
Oggi, quando le politiche di genocidio incontrano il libero
mercato – si tratti di riconoscimento ufficiale o di negazione – gli olocausti
e i genocidi diventano una impresa, un business multinazionale. Diventano
processi di negoziazione aggressivi, che appartengono più alla Organizzazione
Mondiale del Commercio che all’Onu, hanno a che fare con la geopolitica, con i
mercati che fluttuano sulle risorse naturali (…). Detto crudelmente :
elementi quali l’oscillazione del prezzo di un barile di petrolio, o di una
tonnellata di uranio, il permesso garantito ad una base militare o il grado di
‘apertura economica’ di un paese, possono essere elementi decisivi perché un
governo si aggiudichi il fatto che un genocidio non e’ in realtà successo. O se
un genocidio succederà o non succederà. E se succede, se verrà riportato dalla
stampa, e in che misura. Per esempio : la morte di due milioni di persone
in Congo passa inosservata. E che dire della morte di un milione di iracheni
durante l’embargo, prima dell’invasione Usa ? Si e’ trattato di genocidio,
come dice Denis Halliday (coordinatore Onu per l’Iraq) oppure ‘ne valeva la
pena’ come sostiene Madleine Allbright. Tutto dipende da chi fa le regole, se è
Bill Clinton o la mamma irachena che ha perso il bambino.
Come diceva Mac Namara (quello del bombardamento di Tokyo,
poi della guerra in Vietnam, e infine presidente della Banca Mondiale) « il problema e’ : quanto male bisogna
fare per poter fare del bene ? » Ci può essere un esempio più
perfetto di quello che sosteneva Robert Jay Lifton, che la negazione del
genocidio e’ un invito ad altri genocidi?
E quando le vittime diventano perpetratori, come in Rwanda e
in Congo ? Cosa bisogna ancora dire di Israele, creato dopo uno dei più
crudeli genocidi della storia umana, e delle sue azioni nei territori occupati?
Insediamenti che implicano la colonizzazione dell’acqua, il nuovo ‘muro della
sicurezza’ che separa i palestinesi dalle loro fattorie; dal loro lavoro, dai
loro parenti, dalle scuole dei loro bambini, da ospedali e centri per la salute
– si tratta di un genocidio che si può osservare come se avvenisse nella vasca
dei pesci, un genocidio al rallentatore, che serve ad illustrare bene quella
sezione dell’articolo 2 sopra menzionato, laddove si dice che genocidio è
qualsiasi atto mirato a “infliggere
deliberatamente ad un gruppo delle condizioni vita mirate al raggiungimento
della sua distruzione fisica completa o parziale”.
La storia dei genocidi ci dice che non si tratta di una
aberrazione, di una genocidiomalia. Poiché gli Usa sono il più ricco e potente
paese del mondo, hanno anche assunto il privilegio di essere al primo posto
nella negazione di genocidio. Si continua a celebrare il giorno in cui
Cristoforo Colombo arrivò nelle Americhe, che marca l’inizio di un olocausto
che ha cancellato milioni di nativi, circa il 90% della popolazione originale.
Lord Amherst, che ebbe l’idea di distribuire coperte infette di vaiolo agli
indiani ha dato il suo nome ad una cittadella universitaria ed a prestigiosi
college.
Nel secondo olocausto americano, 30 milioni di Africani
furono rapiti e venduti come schiavi. La metà moriva in viaggio. Nel 2002 alla
conferenza mondiale contro il razzismo tenutasi a Durban, la delegazione Usa
abbandonava la sala rifiutando di accettare che la schiavitù e il commercio di
schiavi fossero crimini. La schiavitù – hanno insistito – a quei tempi
era legale. Gli Usa hanno anche rifiutato di accettare che il
bombardamento di Hiroshima e Nagasaki fossero crimini – senza parlare di
genocidi. La loro risposta fu che il governo non intendeva uccidere
civili. Quello deve essere stato il primo passo verso la teoria dei ‘danni collaterali’. Dalla fine della
seconda guerra mondiale il governo Usa ha interferito centinaia di volte
apertamente e non, con il proprio esercito. (…) L’invasione del Viet-nam
ha implicato lo sterminio – con eccellenti intenzioni , ovviamente – di 3
milioni di Vietnamiti, circa il 10% della popolazione.
Nessuno di questi atti e’ stato riconosciuto come crimine di
guerra o genocidiomalia, o di un difetto del sistema umano. E’ una abitudine,
tanto vecchia e persistente come molta parte della condizione umana, come
l’amore, l’arte e l’agricoltura.
3. Lo spazio vitale per i più forti
Molte delle uccisioni genocide dal 15 secolo in poi sono
state parte integrante della ricerca europea di quello che il tedeschi in
seguito chiamarono Lebensraum : lo spazio vitale. La parola lebensraum
fu coniata da un geografo e zoologo tedesco, Freidrich Ratzel, per descrivere
quello che a lui sembrava un impulso naturale delle specie dominanti ad
espandere il proprio territorio in cerca non solo di spazio ma anche di
sostegno. Tale impulso alla espansione naturalmente avverrebbe a spese di
specie meno dominanti, specie più deboli che gli ideologi nazisti credevano
dovessero dare la precedenza – o essere costrette a dare la precedenza – a
quelle più forti.
L’idea di lebensraum venne precisata nel 1901, ma
l’Europa aveva già cominciato ad espandere il proprio spazio vitale 4 secoli
prima, quando Colombo arrivò in America. La ricerca di lebensraum portò
gli Europei anche in Africa, scatenando un olocausto dopo l’altro. I tedeschi
sterminarono quasi interamente la popolazione degli Hereros nell’Africa
sud-occidentale, mentre in Congo i belgi sperimentavano l’espansione
commerciale con un costo di 10 milioni di vite. Entro l’ultimo quarto del
19esimo secolo, gli inglesi avevano sterminato i popoli aborigeni della
Tasmania e la maggior parte di quelli dell’Australia.
Sven Lindqvist, autore di Exterminate the Brutes,
sostiene che fu la ricerca hitleriana di lebensraum in un mondo già
occupato da altri paesi europei, che spinse i nazisti verso l’Europa dell’est e
la Russia – ove gli ebrei si opposero alle ambizioni coloniali di Hitler. Per cui, come gli altri popoli nativi di
Africa, America ed Asia, dovevano essere schiavizzati o liquidati.
Lindqvist dice che la de-umanizzazione razzista degli ebrei non può essere
letta come il parossismo di una malvagia follia. Ancora una volta si è trattato
di una mistura famigliare: suprematismo
economico ben marinato nel vecchio razzismo, parte integrante della tradizione
europea del tempo.
Non è una coincidenza che il partito politico fautore del
genocidio degli armeni nell’impero ottomano, si chiamasse Committee for
Union & Progress. L’Unione (di razza o etnica, religiosa o nazionale) e
il Progresso (inteso come supremazia economica) sono state a lungo le coordinate
gemelle dei genocidi.
Armati di questa lettura storica, è ragionevole preoccuparsi
quando un paese si trova sulla soglia del progresso: che si trovi anche sulla
soglia del genocidio? Può l’India – celebrata in tutto il mondo come miracolo
di progresso e democrazia – essere sul punto di commettere un genocidio? Questa semplice suggestione può sembrare del
tutto fuori luogo. (…) Ma se guardiamo al futuro, e se gli zar dello sviluppo
credono nelle loro pubblicità, se credono davvero che non ci sia alternativa al
modello di progresso che hanno scelto – allora inevitabilmente dovranno
uccidere, e uccidere in grandi numeri, se vorranno averla vinta. E questo, per
quel poco che possiamo sapere, sembra già iniziato.
Fu nel 1989, poco dopo il collasso dell’Unione sovietica,
che il governo dell’India restituì la tessera di paese non allineato e diventò
membro dei ‘completamente
allineati’ – arrivando a considerarsi come ‘alleata naturale’ di Israele e degli Usa. (Qualcosa in comune ci
sarebbe anche: tutti e tre sono apertamente impegnati in occupazioni militari
di tipo neocoloniale, l’India in Kashmir, Israele in Palestina e gli Usa in
Iraq). Quasi si fossero sincronizzati, i due maggiori partiti nazionali, il Bjp
e il Congress, si sono imbarcati in un programma unificato per l’avanzamento
dell’India con le parole d’ordine di Nazionalismo e Sviluppo, eufemismi moderni
di Union & Progress. Ogni tanto, specie durante le elezioni, mettono
in scena una specie di rumorosa rissa famigliare – ma finora sono riusciti ad
gestire il tutto, tirando dentro anche i parenti riottosi del Partito Comunista
di India (marxista).
4. Unione & Progresso
La parte di progetto che riguarda l’Unione offre come
ricetta il nazionalismo hindu (unire il voto induista è vitale per una grande democrazia
come l’India, sareste pronti ad ammettere); la parte di progetto che riguarda
il Progresso mira ad una crescita del 10% all’anno. Entrambe le parti del
progetto sono portatrici potenziali di genocidi.
La parte di progetto che riguarda l’Unione è stata in gran
parte affidata ad una formazione, l’Rss, che è il cuore ideologico del Bjp, con
le sue milizie (…). Rss nasce nel 1925, e negli anni ‘30 il suo fondatore
diventa un fan di Mussolini. Anche Hitler era ed e’ fonte di ispirazione.
Leggiamo qualche passaggio nella bibbia Rss : « Da quel dannato giorno, quando i musulmani sono arrivati in Hindustan,
fino al presente momento, la nazione hindu ha fieramente combattuto per
liberarsi da questi sfruttatori. Lo spirito della razza si e’ svegliato ».
Ancora : « In Hindustan, la
terra degli hindu, vive e dovrebbe vivere la nazione hindu … Tutti gli altri
sono traditori e nemici della causa nazionale, o se vogliamo essere
caritatevoli, degli idioti … Le razze forestiere in Hindustan, possono stare
nel paese totalmente subordinandosi alla nazione hindu, senza chiedere nulla,
non meritando privilegio alcuno, men che meno un trattamento preferenziale,
nemmeno i diritti di cittadinanza ». E ancora: “Per mantenere la purezza della sua razza e cultura, la Germania ha
scosso il mondo, purgando il paese dalla razza semitica, gli ebrei. L’orgoglio
della razza ai suoi livelli più alti si e’ così manifestato … una buona lezione
per noi in Hindustan, da imparare e trarne profitto ».
Come si combatte questo tipo di odio organizzato? Non certo
con qualche piagnisteo sul secolarismo (…). Il potere reale dell’ Rss risiede
nel fatto che ha lavorato duramente per decenni ed ha creato una rete di
organizzazioni a tutti i livelli della società, qualcosa che nessuna altra
organizzazione può vantare. Il Bjp è il suo fronte politico, ma ha anche
sindacati, gruppi di donne, organizzazioni studentesche, economiche ed
educative con 13.000 istituti scolastici, 70.000 insegnanti e 1.7 milioni di
studenti, organizzazioni che lavorano con le tribù, con i poveri degli slum,
per l’integrazione delle caste; cooperative, istituzioni sanitarie, case
editrici, oltre ai gruppi religiosi (…).
Nel 1989 il primo ministro del Congress Party, Rajiv Gandhi,
fece un dono all’ Rss : riaprire la contesa moschea di Ayodhya [era stata
costruita dai musulmani sulle ceneri del tempio di Rama, luogo di nascita del
dio guerriero. Il Bjp produsse una risoluzione per demolire la moschea e
ricostruire il tempio, che si sarebbe tradotta in voti - nel passaggio da 2 a
120 seggi in parlamento - ed orchestrò una campagna di isteria culminata nel
1992, quando la folla rase al suolo la moschea. Ma fu solo il primo passo]. Nel
2002 il governo di Narendra Modi pianificò e mise in atto il genocidio del
Gujarat (…) Si assicuro’ completa impunita’ per coloro che avevano preso parte
alle uccisioni. Nei rari casi di incarcerazione si e’ trattato della più bassa
manovalanza, non dei registi.
L’impunità è un pre-requisito essenziale per le uccisioni
genocide. L’India ha una grande tradizione di garanzia di impunità per gli
assassini di massa, potrei riempire volumi con i dettagli. In una democrazia,
per avere impunità dopo le uccisioni, bisogna saper aprire i canali giusti. La
procedura è tutto. Nel caso di diversi massacri, gli avvocati che il governo
del Gujarat ha nominato come pubblici prosecutori in realtà hanno lavorato per
gli accusati. Diversi di loro appartenevano al Rss o alla milizia ed erano
apertamente ostili nei confronti di coloro che avrebbero dovuto rappresentare.
I testimoni sopravvissuti, quando andavano alla polizia per fare denuncia,
trovavano che le loro deposizioni erano riportate in maniera inaccurata o
addirittura i poliziotti si rifiutavano di registrare i nomi dei perpetratori.
In diversi casi, quando i sopravvissuti hanno visto membri della loro
famiglia uccisi (e bruciati, così che i corpi non fossero trovati) la polizia
si e’ rifiutata di registrare la denuncia di omicidio.
Ehsan Jaffri era un uomo politico del Congress ed un poeta –
ha commesso l’errore di organizzare una campagna contro Modi durante le
elezioni ed è stato macellato in pubblico, da una folla guidata da un collega
del Congress. Con le parole di uno degli uomini che ha preso parte al massacro:
« Cinque persone lo tenevano, poi
qualcuno lo ha colpito con una spada, tagliate le sue mani e poi le sue gambe e
tutto il resto. Dopo averlo messo sulla legna che avevano impilato, gli hanno
dato fuoco (…)».
Un commissario di polizia fu abbastanza gentile da visitare
il quartiere mentre la folla linciava Jaffri, assassinava altre 70 persone e
stuprava 12 donne, prima di bruciarle vive. Dopo la ri-elezione di Modi,
fu promosso ed e’ diventato direttore generale della polizia del Gujarat.
L’ intero apparato di assassini e’ rimasto al suo posto. La Corte Suprema
ha fatto qualche rumore minaccioso, poi ha messo il tutto in frigorifero. Il
Congress e il Partito Comunista hanno fatto un bel baccano ma nulla di
concreto.
In una recente trasmissione televisiva (…) un assassino dopo
l’altro hanno raccontato come il genocidio e’ stato pianificato e messo in
atto, come Modi ed altri politici e poliziotti sono stati coinvolti. Niente che
non fosse già risaputo, ma eccoli qua, sul piccolo schermo in orario di punta,
i macellai che non solo ammettono ma anche si vantano dei loro crimini. La
reazione del pubblico non e’ stata di oltraggio ma di sospetto : molti
hanno pensato che questa fosse una pubblicità per Modi, affinché vincesse
ancora le elezioni. Alcuni addirittura hanno creduto che lo scoop televisivo
fosse stato organizzato proprio da lui. Ha vinto le elezioni. E questa volta
grazie alla formula Union & Progress. Alle manifestazioni del Bjp,
migliaia di sostenitori adoranti ora indossano la maschera di Modi in plastica,
cantando slogan di morte. Il democrata fascista si è trasformato fisicamente in
un milione di piccoli fascisti. Queste solo le gioie della democrazia:
chi nella Germania nazista avrebbe osato mettersi la maschera di Hitler ?
I preparativi per replicare quanto successo in Gujarat sono
già in atto in diversi stati governati dal Bjp (…). Per commettere un
genocidio, dice Peter Balkian, studioso del genocidio armeno, devi
marginalizzare un sotto-gruppo per un lungo periodo. Tale criterio è già ben
applicato in India. I musulmani indiani sono stati sistematicamente
marginalizzati ed ora si sono uniti agli Adivasi [indigeni] ed ai Dalit [senza
casta] che non solo sono stati marginalizzati ma anche de-umanizzati della
società indiana delle caste, per secoli. Un tempo venivano de-umanizzati al
fine di far svolgere loro quei lavori che le caste alte non volevano. Ora,
grazie alla tecnologia persino il loro lavoro diventa inutile. Parte della
politica dell’Rss consiste nel mettere i Dalit contro i musulmani, gli Adivasi
contro i Dalit.
Mentre ‘il popolo’ si dà da fare con il progetto di Union
[nazional-religiosa] e la sua dottrina di odio, la parte Progress del
progetto procede velocemente. Il nuovo regime di privatizzazioni e
liberalizzazioni e’ risultato in una svendita delle risorse naturali del paese
e delle pubbliche infrastrutture a compagnie private. Ciò ha creato una
inimmaginabile ricchezza nelle classi superiori e la crescita di classi medie
che naturalmente sono diventate militanti del nuovo vangelo (…). La Corte
Suprema, la più potente istituzione dell’India e’ diventata una colonna dei
poteri imprenditoriali, consentendo la costruzione di dighe, lo spostamento di
fiumi, miniere dappertutto, la distruzione delle foreste e dei sistemi idrici.
Tutto questo potrebbe essere definito come ecocidio – forse un preludio al
genocidio. Ma criticare la Corte è un crimine, punibile con la prigione.
5. La secessione di classe
Ironicamente, l’era del libero mercato ha portato alla più
importante guerra di secessione dell’India: la secessione delle classi medie e
superiori dal resto del paese lasciato a se stesso. Da qualche parte, lassù
nella stratosfera, le classi medie e superiori si uniscono al resto delle èlite
mondiali. Tale ‘regno del cielo’ è un universo a sé stante, ermeticamente
sigillato dal resto dell’India. Ha i suoi giornali, film, programmi televisivi,
i suoi sistemi di trasporto e di shopping, i suoi intellettuali. E non pensate
che sia tutta felicità: hanno anche le loro tragedie, i loro problemi
ambientali (dove parcheggiare?) e le loro lotte di classe. Una organizzazione
che si chiama « gioventù per
l’uguaglianza » ha criticato l’esistenza delle quote [posti di lavoro
e di studio riservati alle caste basse] ritenendo si tratti di una
discriminazione contro le caste alte (…). Hanno i loro sogni, che prendono la
forma delle pubblicità televisive. Sognano le pubblicità di creme che
schiariscono la pelle, uffici con donne bianche che vogliono farsi portare a
letto – la conquista finale – uomini bianchi che li applaudono, disposti a
farsi da parte per i nuovi re del cielo. Intanto la folla dei portatori di
carte di credito urla nello stadio « India ! India ! ».
Ma c’è un problema, e il problema è la lebensraum. Un
regno ha bisogno del suo spazio vitale. E il ‘regno del cielo’ dove lo
troverà ? I cittadini del cielo guardano verso la vecchia India e vedono
indigeni che siedono su montagne di bauxite o di ferro, vedono i musulmani e i
Dalit che occupano terre proprio là dove dovrebbe esserci una fabbrica chimica.
Vedono migliaia di acri di campi e pensano che questa dovrebbe diventare una
‘Special Economic Zone’ per le industrie, vedono le coltivazioni di Singur e
sanno che qui veramente dovrebbe esserci la fabbrica della nuova ‘automobile
per il popolo’ [quella della Tata]. Loro
pensano: si tratta della nostra bauxite, del nostro ferro, del nostro uranio.
Cosa fa quella gente sulla nostra terra ? Cosa fa la nostra acqua nei loro
fiumi ? Cosa ci fa il nostro legname nei loro alberi ?
Se guardiamo alla mappa delle foreste indiane e delle
ricchezze minerali, essa si sovrappone ai territori Adivasi. Così, in realtà,
quelli che chiamiamo poveri sarebbero veramente ricchi. Ma quando i cittadini
del cielo gettano gli occhi sulla terra, essi vedono gente superflua seduta su
preziose risorse. I nazisti avevano un termine per loro: Uberzahligen
Essern, mangiatori superflui.
La lotta per il lebensraum, disse Friedrich Ratzel
dopo aver studiato il conflitto tra Nativi americani e colonizzatori europei, è
una lotta annichilente. Per annichilire non e’ necessario lo sterminio fisico –
colpire, bruciare, accoltellare, gassare, bombardare o sparare – tranne qualche
volta, in particolare, se tentano di resistere e combattere. Perché in quel
caso diventano terroristi. Ma storicamente la forma più efficiente di genocidio
e’ stata quella di spostare la gente dai loro luoghi, ammucchiarli da qualche
parte e bloccare il loro accesso a cibo ed acqua. In queste condizioni muoiono
senza evidente violenza, e spesso in numero anche maggiore. Scrive Sven
Lindqvist: « I nazisti diedero agli
ebrei una stella sul loro cappotto e li affollarono dentro a ‘riserve’ proprio
come i nativi-americani, gli Herero, i Bushmen, gli Amandabele e tutti gli
altri figli delle stelle che sono stati sfollati, deportati – e sono morti da
soli, quando gli approvvigionamenti di cibo sono stati interrotti” (…) .
Forse con l’eccezione della Cina, l’India ha oggi la
maggiore popolazione interna delocalizzata. Solo le dighe ne hanno sfollati più
di 30 milioni. Lo spostamento è stato imposto con decreti della Corte Suprema o
con le pistole della polizia, da milizie controllate dal governo o da banditi
delle imprese (…). I delocalizzati vengono assembrati in tende, campi e colonie
di ricollocazione; tagliati fuori dalla possibilità di guadagnarsi da vivere, finiscono
nella spirale della povertà.
Nello stato di Chhattisgarh, obiettivo delle corporation
per la sua ricchezza di ferro, è stata usata una tecnica diversa. In nome della
lotta contro i ribelli maoisti, centinaia di villaggi sono stati evacuati e
quasi 40.000 persone spostate in campi della polizia. Il governo ha armato
alcuni di loro ed ha creato una ‘milizia
del popolo’. Mentre i poveri combattevano i poveri, in condizioni che
assomigliavano ad una guerra civile, i gruppi Tata ed Essar hanno potuto tranquillamente
negoziare i loro diritti di miniera per il ferro in Chhattisgarh. Possiamo
stabilire una connessione? Non vorremmo, ma l’istituzione di tale ‘milizia del popolo’ e’ stata resa
pubblica solo, guarda caso, il giorno dopo che l’accordo tra Tata ed il governo
e’ stato firmato.
(…) Ramachandra Guha, storico liberale e membro della
‘Fondazione Nuova India’ – finanziata dalle corporation – ci spiega nel
suo libro, ed in una serie di interviste molto pubblicizzate, che il Governo
del Gujarat non è davvero fascista, e che il genocidio è stata solo una
aberrazione, auto-correttasi dopo le elezioni. Editor e commentatori della
stampa nazionale laica, avendo digerito l’oltraggio del genocidio in Gujarat,
ora apprezzano i talenti amministrativi di Modi, e ne sono uniformemente
sorpresi. Il direttore di The Hindustan Times ha detto « Modi può anche essere un omicida di massa,
ma e’ il nostro omicida di massa » ed ha continuato a trasmettere i
suoi dilemmi su come ci si debba comportare con un omicida di massa che e’
anche un buon primo ministro.
In questo universo parallelo e contraffatto, nel regno della
cultura, nel nuovo cinema di Bolliwood, nel boom della letteratura, i poveri in
gran parte sono semplicemente assenti. Sono stati cancellati in anticipo. Possono
solo fare una breve apparizione come sorridenti beneficiari di prestiti del
micro-credito, negli schemi per lo sviluppo e nelle elemosine elargite dalle
Organizzazioni Non Governative.
La scorsa estate, mi e’ successo di entrare in una stanza
fresca in cui quattro belle e giovani ragazze, con capelli stirati e pelle
color porcellana, stavano facendo salotto e le presentazioni fra i loro
cagnolini. Una di loro si e’ girata verso di me e ha detto: “ Ero in vacanza con la famiglia ed ho trovato
un tuo vecchio saggio sulle dighe eccetera – ho chiesto a mio fratello se
sapeva qualcosa di questi guai successi ai Dalit ed Adivasi, che venivano
spostati … voglio dire, cacciati dalle loro case e robe del genere – mio
fratello e’ un tale coglione: ha detto che loro sono quelli che stanno tirando
indietro l’India. E che dovrebbero essere sterminati. Te lo puoi immaginare?”
Il problema è che si’, me lo potevo, e me lo posso,
immaginare. I cagnolini erano una tenerezza. Mi sono chiesta se i cani possono
immaginare di sterminarsi gli uni con gli altri. Forse non sono abbastanza
progressisti.
6. L’universo parallelo
[In occasione del sessantesimo anniversario della
liberazione dell’India dal dominio inglese, un famoso personaggio televisivo ha
partecipato ad una campagna mediatica, per ispirare la gente a lasciare
indietro ‘il limitante fantasma del passato’ e perché si scelga l’ottimismo
contro il pessimismo] “ Ci sono due Indie in questo paese” ha detto con la sua
nota voce baritonale: “Una India sta
scalpitando alla corda, desiderosa di lanciarsi in avanti e di mostrare al
mondo tutti gli aggettivi che recentemente ci sono piovuti addosso. L’altra
India è la corda. Una India dice ‘dammi una possibilità e ti darò prova di me.
L’altra dice ‘prima dai prova di te, poi forse ti verrà data una possibilità.
Una India vive con l’ottimismo dei nostri cuori ; l’altra con lo
scetticismo delle nostre menti. Una India vuole ; l’altra spera. Una India
guida, l’altra segue. Le conversioni aumentano. Ogni giorno più gente dell’altra
India vengono da questa parte. E quietamente, mentre il mondo non sta
guardando, una nuova India pulsante e dinamica sta emergendo ». Poi
alla fine: « Ora e’ il nostro 60°
anniversario come nazione libera, il viaggio ci ha portato sull’orlo del grande
precipizio del tempo. Una India, come una vocina nel retro della mente,
guarda giù ed esita. L’altra India guarda su, nel cielo, e dice che è il
momento di volare ».
Questo è l’universo parallelo detto semplicemente. Ci dice
che i ricchi non hanno la possibilità di scegliere (‘Non c’è alternativa’, dice
il loro slogan preferito) ma che i poveri possono optare. Possono decidere di
diventare ricchi. Se non lo fanno e’ perché scelgono il pessimismo e non
l’ottimismo, l’esitazione al posto della fiducia, la speranza invece della
volontà. In altre parole, scelgono di essere poveri. E’ colpa loro. Sono
deboli. (E sappiamo quello che i cercatori di lebensraum pensano dei
deboli). Sono ‘il limitante fantasma del passato’. Sono già fantasmi.
Con un universo parallelo contraffatto (counterfeit
universe) che funziona, dice Robert Jay Lifton, il genocidio diventa
facile, quasi naturale. I poveri, i cosiddetti poveri, possono solo scegliere
tra resistere o soccombere. E’ vero, mentre il mondo non guarda, stanno cambiando
idea, ma non nella direzione in cui si pensa – bensì verso un altro strapiombo:
quello della lotta armata. Da lì guardano indietro, verso gli zar dello
sviluppo, e ripetono il loro slogan: non ci sono alternative.
Hanno guardato i grandi movimenti popolari gandhiani
rintuzzati ed umiliati, affondati nelle corti di giustizia; scioperi della fame
su scioperi della fame. Forse questi milioni di ‘limitanti fantasmi del passato’ si chiedono: quale consiglio Gandhi
avrebbe dato ai nativi americani, agli schiavi africani, ai tasmaniani; agli
herero agli ottentotti agli armeni; agli ebrei di Germania ; ai musulmani
del Gujarat. Forse, si chiedono, come possono fare uno sciopero della fame
quando stanno già morendo di fame? Come possono boicottare i beni stranieri
quando non hanno denaro per comprare alcunché? Come possono rifiutarsi di
pagare le tasse quando non hanno un salario?
La gente indiana che ha imbracciato le armi [ribelli,
maoisti, naxaliti, etc.] lo ha fatto in piena consapevolezza delle conseguenze
di tale decisione. Hanno scelto, sapendo di essere lasciati a se stessi. Sanno
che le nuove leggi della terra criminalizzano i poveri e fanno equivalere
resistenza e terrorismo. Sanno che gli appelli alla coscienza, la morale
liberale, e la copertura della stampa ora non sono d’aiuto. Sanno che nessuna
marcia internazionale, nessun dissidente globale, nessun famoso scrittore
saranno da quelle parti quando voleranno le pallottole.
Centinaia di migliaia hanno perso fiducia nelle istituzioni
della democrazia indiana. Grandi parti del paese sono uscite dal controllo del
governo – all’ultimo conteggio si è parlato di un 25%. La battaglia puzza
di morte e non ha niente di bello (…). Questi idealisti stanno davvero
combattendo per un mondo migliore? Beh … qualsiasi cosa è meglio
dell’annichilimento.
Il primo ministro ha dichiarato che la resistenza maoista è
la maggiore minaccia alla sicurezza interna. Ci sono stati appelli affichè
intervenga l’esercito. I media continuano senza fiato a condannare. Questo è un
tipico report giornalistico, nulla al di fuori dell’ordinario. Si intitola ‘Fare fuori i Naxaliti’
« Il governo finalmente si sta dando
da fare nella lotta al Naxalismo. Meno di un mese fa, il primo ministro
Manmohan Singh ha chiesto ai governi degli stati di colpire le infrastrutture
Naxalite, mutilare le loro attività attraverso un corpo preparato ad eliminare
il virus. Questo segnala la realizzazione che il Naxalismo deve essere fatto
fuori attraverso l’applicazione delle leggi, piuttosto che spendendo soldi
nello sviluppo ».
Colpire, mutilare, virus, disinfestare, far fuori,
eliminare. Sì, l’idea dello sterminio è nell’aria. E la gente crede che di
fronte alla prospettiva di essere sterminati ci sia il diritto di reagire e
combattere. Con ogni mezzo necessario. Forse hanno imparato ad ascoltare le
cavallette.
[Il testo di Arundhati Roy è stato scritto nel 2008 e
viene, per la sua attualità, ripubblicato in Inchiesta 172, 2011, alla
fine di un dossier sulle lotte in India curato da Laura Corradi, studiosa
e attivista impegnata nei movimenti eco-femministi contro la guerra e per la
salute ambientale, ricercatrice e docente di Studi di Genere e di Sociologia
della Salute e dell’Ambiente presso la Facoltà di Scienze Politiche, Università
della Calabria]
Fonte: visto su INCHIESTA del 15 giugno 2011
Nessun commento:
Posta un commento