domenica 14 dicembre 2014

LA FESTA VERONESE DI SANTA LUCIA: LA FANTASTICA NOTTE DEL 13 DICEMBRE TRADIZIONE VERONESE DEL TREDICESIMO SECOLO

I banchetti di  Piazza Bra'



I doni di Santa Lucia   Tradizione veronese del tredicesimo secolo

Singolari coincidenze quali il culto assai diffuso, simbologia della luce, 13 dicembre antico solstizio ed usanze precristiane ad esso legate, favorirono il nascere, fin da epoche antiche, di numerose e diversificate tradizioni popolari intorno alla figura di Santa Lucia, molte delle quali sopravvivono ancor oggi con inalterata genuinità.

Il detto popolare “Santa Lucia il giorno più corto che ci sia” o meglio “… la notte più lunga che ci sia” ha origine antica e si riferisce al calendario giuliano che con numerosi adattamenti fu utilizzato fino alla fine del ‘500, quando venne sostituito da quello gregoriano.  

Il 13 dicembre coincideva anticamente con il solstizio d’inverno, momento in cui, in epoca precristiana, la gente si scambiava doni augurali in vista della nuova stagione.

La notte tra il 12 e il 13 dicembre era la più lunga dell’anno. Ma dal mattino del 13, festa di Santa Lucia, il sole riprendeva a splendere di più: in maniera quasi impercettibile all’inizio (a Santa Lussia na’ ponta de ùcia), ma sempre un po’ di più passando i giorni (da Santa Lussia a Nadal on passo de gal). Anche il nome Lucia, singolare coincidenza, è collegato alla promessa di giorni  più chiari, di nuova luce fisica e spirituale.  

Alcune espressioni legate al mondo dei non vedenti sono molto antiche come il detto augurale del mendicante cieco “Santa Lucia ti conservi la vista” da cui è nata la scherzosa risposta “perché l’appetito ce l’hai”.

Una bella tradizione è tutt’oggi viva in Danimarca e Svezia, sopravvissuta alla riforma protestante: il 13 dicembre una ragazza , vestita di bianco e con una corona di sette candele sul capo, percorre le strade dei villaggi scortata da compagne ugualmente vestite (chiamate “le lucie”) e distribuisce doni alle persone bisognose.

E’ difficile stabilire quanto l’usanza precristiana abbia influito su questa ed altre tradizioni, certamente forte influenza ha avuto la vita stessa di Santa Lucia che, per vivere più coerentemente lo spirito del Vangelo, aveva distribuito tutti i suoi beni ai poveri di Siracusa.  

Tradizioni diverse sono presenti in varie regioni italiane, in tanti paesi d’Europa e del mondo.
“Gli occhi di Santa Lucia”: pasta, dolciumi, pane, molluschi portano questo nome e sono legati a tradizioni di vari paesi mediterranei.

Anche Verona ha una suggestiva e dolce tradizione con protagonista Santa Lucia: è lei che, accompagnata dal Castaldo e aiutata dall'asinello (musseto),  la notte tra il 12 e 13 dicembre, porta i doni ai bambini buoni (ma anche carbone e una significativa bacchettina a quelli più birbanti!) entrando nelle case attraverso i camini.

L’origine è antica, come testimoniano poesie e filastrocche in dialetto arcaico, tradizioni orali mai interrotte, avvenimenti provenienti da un lontano passato ma ancor oggi in essere.

Vari storici dei secoli scorsi fanno concordemente risalire la tradizione al XIII secolo, quando si diffuse a Verona una pericolosa malattia agli occhi che colpiva soprattutto i bambini.

Genitori e familiari invocarono l’intervento di Santa Lucia, protettrice della vista, per far cessare l’epidemia, promettendo (facendo voto) di portare ogni 13 dicembre i loro figli in pellegrinaggio a piedi scalzi alla sua chiesa.

Ottenuta la guarigione rimase la tradizione dell’annuale pellegrinaggio votivo, inizialmente nella chiesa di Santa Lucia Intra (in corso Porta Palio, soppressa in periodo napoleonico) e poi in piazza Bra nella chiesa di Santa Agnese (demolita nel 1837 per far posto all’attuale municipio), in cui era conservata una pala di Bernardino India con le Santa Agnese e Lucia.

La stagione fredda non invogliava certo ad una passeggiata a piedi nudi e non era facile convincere i bambini a lasciare scarpe e calze a casa! Ma l’arguzia dei genitori superava la ritrosìa dei figli: con la promessa che Santa Lucia avrebbe riempito scarpe e calze di doni e dolciumi, li convincevano a partecipare al pellegrinaggio.

Un’antica filastrocca è testimone di questa tradizione:

“Santa Lussia, mama mia
porta conse in scarpa mia,
se la mama no gh’in mete
reste ude le scarpete
s’el bupà no’ghe ne porta
resta ‘uda anca la sporta”

Versioni simili sono presenti in tutta la provincia e giocano spesso sull’equivoco nel dire ai bambini, senza farlo troppo capire, che i doni arrivano dai genitori.

A partire dal XIV secolo l’usanza si estese alle città dominate dagli Scaligeri ed ebbe ulteriore impulso dal XV secolo quando i Veneziani, inclusa Verona nella Repubblica Veneta, estesero via via il loro dominio ad altre città, diffondendo anche le nostre tradizioni ben oltre i confini della Repubblica. Ancor oggi sono diverse le zone del nord Italia in cui è viva questa bella usanza, così come alcune aree dell’Austria e della Cecoslovacchia.

Non sappiamo quando cessarono i pellegrinaggi a piedi scalzi, ma l’abitudine di accompagnare i figli nella chiesa di Piazza Bra continuò fino alla sua soppressione.

L’affluenza di tanti bambini e genitori riuniti nella piazza più grande di Verona, richiamava la presenza di venditori di dolciumi e giocattoli da ogni parte del Veneto e, oggi, d’Italia (incoraggiando i genitori ad acquistare doni per i bimbi e mantenendo, di fatto, viva la tradizione).

Così è nata la “Fiera di Santa Lucia” specialsta in dolciumi e giocattoli, che il 12 dicembre di ogni anno riempie piazza Bra di colori, suoni e profumi indimenticabili. 

Passeggiando fra i “bancheti” sembrano ancora risuonare i versi in vernacolo del grande Berto Barbarani, insuperato cantore della Verona del passato.

“I l’à fati su de note,
co le asse e col martel
co le tòle mese rote
piturade da cortel,
co ‘na tenda trata sora
co i lumeti trati là
l’è così che salta fora
i bancheti de la Bra!”
.........

Ed ecco spiegato perché Santa Lucia è così cara ai Veronesi, cantata in ogni epoca da bambini,  poeti e “pori cani”, amata da tutti ieri e oggi, dolce sogno di grandi e piccini.

Per approfondimenti e riferimenti bibliografici vedi i quattro volumi “Un borgo, una storia, S.Lucia……”, suddivisi per periodi storici e il quaderno culturale “Valori” (primo numero), dedicato alla storia della parrocchia di Santa Lucia Extra, editi dalla Associazione Santa Lucia e disponibili presso la stessa.


Fonte: visto su ASSOCIAZIONE DI SANTA LUCIA


1 commento:

Ambra Emanuela ha detto...

L'epidemia di tracoma che aveva fatto scattare la devo zone nei confronti della Lucia, deve aver colpito in contemporanea anche i bambini di Bergam e Vicensa e qualche altro isolato centro padano, perché siamo i soli in tutta l'area a festeggiare.