Sono passati vent’anni giusti giusti. Salta fuori un a lettera aperta che Umberto Bossi aveva siglato l’11 gennaio del 1994 per spiegare gli ultimi (allora) riposizionamenti ideologici e tattici del partito. La Lega era in un momento di grande crescita e Bossi stava preparando l’alleanza con Berlusconi e con le destre.
Il testo è quasi sicuramente stato redatto da Luigi Rossi,
vecchio cronista parlamentare romano che faceva da ghost writer di Bossi, su
suggerimento di quest’ultimo. Questo potrebbe spiegare la straordinaria
insalata concettuale contenuta nella lettera e anche l’abbondanza di refusi.
Di sicuro non vi si trova la mano di Miglio che stava
già cominciando a essere “scomodo”.
Il testo è interessante per documentare le acrobazie
ed evoluzioni in cui la Lega si è cimentata in quattro lustri.
Ecco il testo: LETTERA
BOSSI 1994
LA LETTERA DI
UMBERTO BOSSI
11 gennaio 1994
LA LETTERA DI UMBERTO BOSSI:
“AUTONOMIA REGIONALE E FEDERALISMO"
Roma, 11 gennaio (AGELEGA). « Nel mio libro "Vento del Nord" ho
scritto testualmente:
"L'unificazione europea non è in contraddizione con la
proposta federalista: anzi. E' forse il caso di ricordare che Carlo Cattanei,
padre del federalismo italiano fu anche l'illuminato teoretico di un'Europa
tendente "alla associazione e all'unità". Il suo motto non fu solo "Stati uniti
d'Italia", ma anche "Stati uniti d'Europa".
Del resto lo stesso Mazzini,
sommariamente definito antifederalista, tutto impegnato nella lotta per l'unità
d'Italia, fu il fondatore non solo della "Giovine Italia" ma anche
della "Giovine Europa". E questo lasciava intendere che il cammino
storico dell'unità civile, pacifica, democratica tra i popoli, era possibile
solamente se inserita in una matrice federalistica.
Quindi la polemica organizzata
attorno alle mie ultime dichiarazioni, presentate come una revisione programmatica
degli obiettivi della Lega, è nettamente strumentale.
"Il federalismo - disse
Cattaneo a d'Azeglio - è come un fiume carsico che appare e dispare, Ma esso
rappresenta certamente, quando raggiungerà la fine del suo corso a cielo
aperto, il fluido vitale delle Costituzioni non più dominate dalla volontà di
alcuni potenti laici o religiosi, ma dalla libera scelta del popoli".
Questo il quadro politico che la
Lega è venuta sviluppando dalla sua nascita ad oggi e che ha consolidato nella
stessa coscienza del popolo italiano la funzione politica, costituzionale,
rigidamente unitaria del federalismo. Contro ogni mistificazione scissionistica
e peggio ancora, razzistica.
Ciò non significa che
l'evoluzione federalistica non abbia bisogno di tempo e soprattutto di
progressivo sviluppo intrinseco nelle strutture ambientali attraverso le quali il
federalismo potrà raggiungere, naturalmente, nei tempi storici necessari, i
suoi obiettivi.
Non voglio soffermarmi per controbatterle,
sulle mistificazioni tuttora in atto circa la limpida tattica e la lungimirante
strategia della Lega
Intanto nessuno può opporre
smentite (se non mendaci e opportunistiche) al fatto che la Lega, e soltanto la
Lega, col suo cuneo parlamentare, ha
rappresentato il catalizzatore per il definitivo passaggio dalla Prima alla
Seconda Repubblica.
Ne ho bisogno di ripetere che il
primo passo verso il federalismo è rappresentato dalle "autonomie regionali''.
In questo campo la Lega e solo Lega ha chiuso definitivamente l'obbrobrioso
capitolo del centralismo partitocratico. Ed è strano (ma fino ad un certo
punto) che i critici della Lega, soprattutto preoccupati per la loro
sopravvivenza nell'ambito di Tangentopoli e del centralismo partitocratico, non
vogliano rendersi conto che hanno definitivamente superato l'ultima spiaggia.
La storia li ha cancellati o li sta cancellando definitivamente. Ciò spiega
perchè sono molte le fonti - sollecitate direttamente e indirettamente dai
programmi della Lega - che confluiscono nell'alveo delle autonomie locali,
affluenti naturali del grade bacino europeo di domani e intercontinentale di
dopodomani.
Ennio Scaglione scrive
testualmente in un suo studio: "Si tratta invero nell'ambito delle
autonomie locali e delle comunità europee di realtà politiche e giuridiche
"compresenti". Ciascuna descrivibile e inquadrabile in un contesto
ordinamentale che è suo proprio e cioè per quanto riguarda le autonomie locali
solitamente nel quadro degli ordinamenti giuridici sub-statuali e per quanto
riguarda le comunità europee nel novero degli ordinamenti autonomi - sia pure
atipici o nuovi - di diritto internazionale".
D'altra parte il progetto di
autonomie regionali, (sostanzialmente le cellule vitali del federalismo), fu
recepito anche nella prima Costituzione Repubblicana, nel titolo S, dedicato
appunto alle Regioni, Provincie e Comuni.
In particolare sottolineo
l'importanza - in funzione della
autonomia regionale e quindi, in sostanza immediatamente prefederalistica -
dell'articolo 117 che stabilisce "le funzioni della Regione" e
dell'articolo 132 che stabilisce
"la fusione di regioni esostenti o la creazione di nuove Regioni con un
minimo di un milione di abitanti". Nei lavori preparatori di quest'ultimo
articolo l'onorevole Ambrosini spiegò che il Comitato aveva ritenuto
"elemento essenziale la volontà delle popolazioni". Ed è ben strano allora sottolineare che la
sterile Commissione Bicamerale a Montecitorio abbia, con estrema esitazione e
ripetuti rinvii, soltanto lambito l'articolo 132 nel timore di affrontare a
viso aperto il centralismo partitocratico fulcro della prima repubblica e di
Tangentopoli.
A questo punto vale la pena di ricordare
mentre si stanno manifestando concretamente - in vista delle imminenti elezioni
- le volontà di costituire un polo liberaldemocratico (del quale la Lega rivendica la primogenitura) che proprio Don
Sturzo (e tanto va ribadito a quegli epigoni malversatori [che si appropriano
indebitamente dell'eredità del partito Popolare Italiano) disse in un storico discorso
al Senato del 27 giugno 157: “Temiamo che lo spirito acritico e l'adattamento
conformista ci rendano Vieppiù indifferenti agli strappi che si vanno facendo e
non da ora alla Costituzione. Valga per questo mio giudizio la mia ultra
decennale campagna contro la
partitocrazia. La Costituzione è il fondamento della Repubblica democratica. Se
cade dal cuore del popolo se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno
solido sul quale debbono erigersi le nostre istituzioni ed essere ancorate le
nostre libertà. Se ciò avviene cade la repubblica non con il ritorno di un Re,
ma con l'avvento dei partiti e delle sinistre.
E' chiaro che questo profetico
ammonimento non ha nessun valore per i residui della Democrazia Crlstiana
ancorati al compromesso storico ed oggi guidati dalle “passionarie” Rosy Bindi, Tina Anselmi e Rosa Russo
Iervolino. La funzione delle quali non è
certo quella di ricostituire lo spirito
ed i programmi del Partito Popolare Italiano. Al contrario, piuttosto, il compito delle
Parche, simbolo della morte definitiva delle ultime sparute cellule democratiche
agonizzanti nella sinistra Dc. Si
compie, sul coma irreversibile della Dc, il dramma quarantennale del
compromesso storico che viene da lontano
e che iniziò il suo malefico sortilegio
per l'Italia, nell'incontro a San Ginesio tra Forlani e De Mita molti anni fa.
Ecco perché la Lega è il nuovo.
Ecco perché la Lega è l'avvenire.
Ecco perché la Lega è il punto di riferimento di quel polo
liberaldemocratico cui spetta salvare l'Italia dagli zombi della partitocrazia
centralistica, di Tangentopoli e dagli epigoni travestiti della nomenklatura,
guidati da Occhetto, Cossutta, Mattarella, Elia, nel girone dantesco del
"demitismo" ». (AGELECA)
Fonte: visto su L’Indipendenza del 11 gennaio 2014
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